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Corri corri Carrasco
30 mag 2016
Presente e futuro di Ferreira Carrasco, il migliore dell'Atlético nella finale di Milano.
(articolo)
11 min
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Nelle biografie dei calciatori offensivi più di talento c’è sempre un momento in cui il protagonista deve varcare quella soglia immaginaria che divide le eterne promesse dai giocatori “veri”. Un passaggio quasi obbligato che si può leggere anche come il raggiungimento della capacità di caricarsi la squadra sulle spalle, imponendo il proprio gioco nei momenti più difficili per i propri compagni. In parole povere, un buon giocatore diventa un ottimo giocatore quando impara ad essere decisivo, a cambiare le partite.

Yannick Ferreira Carrasco ha segnato un gol da subentrante in una finale di Champions, invertendone l’inerzia quasi ogni volta che ha toccato palla, ma non è bastato a lui e ai suoi compagni per alzare al cielo la Coppa. Nonostante ciò, in quella che è stata senza dubbio la partita più importante della sua carriera, Carrasco ha dimostrato quanto meno di essere ad un passo dall’accesso definitivo al mondo dei calciatori decisivi, dei giocatori “veri”. Diciamo che in una biografia ancora da scrivere, in cui può succedere di tutto, Carrasco ha appena chiuso un ottimo capitolo.

Che sapesse scrivere belle frasi, certo, era chiaro da tempo. Questo è Carrasco nella stagione 2012-13:

Divorzio felice

Il 21 maggio 2014 Dimitrij Ryboloblev, imprenditore russo da anni nella classifica di Forbes degli uomini più ricchi al mondo, si separò dalla moglie in quello che sarebbe passato alla storia come il divorzio più caro del secolo. Soltanto due anni prima, insieme ad altri magnati, aveva rilevato l’AS Monaco, con una quota che attualmente è del 66%. All’epoca il club militava in Ligue 2, e l’obiettivo della nuova società era quello di riportarlo immediatamente in massima serie. Vennero acquistati Jacob Poulsen, Delvin Ndinga, Emir Bajrami, Andrea Raggi e Flavio Roma, da aggiungere ad un organico che poteva già contare su giocatori come Subasic, Ribas e Ibrahima Touré. La panchina venne affidata nuovamente ad un italiano, con Claudio Ranieri che subentrò a Marco Simone. Il Monaco riuscì a centrare l’obiettivo promozione, e protagonisti di quella stagione furono, tra gli altri, giovani che facevano parte del settore giovanile monegasco già da tempo, come Kurzawa e, appunto, Yannick Ferreira Carrasco.

L’anno dopo Ryboloblev optò per una campagna acquisti faraonica, portando nel principato, tra gli altri, campioni come Falcao, James Rodriguez, Joao Moutinho e Ricardo Carvalho. I numerosi volti nuovi tolsero spazio ai più giovani, e alcuni di loro furono tra l’altro sfavoriti dal passaggio di modulo dal 4-2-3-1 al rombo a centrocampo (per far giocare Toulalan in regia con James trequartista, più Moutinho e Kondgobia sui lati). Dopo il divorzio e una condanna in primo grado Ryboloblev fu costretto a sborsare 3,8 miliardi di euro per il divorzio: la cifra sarebbe stata abbassata a 534 milioni l’anno successivo ma nell’estate del 2014 (dopo aver chiuso il campionato al secondo posto) il Monaco lasciò andare, su tutti, Falcao e James Rodriguez, dando il segnale netto di un ridimensionamento delle ambizioni. Ranieri venne sostituito da Jardim che scelse di passare al 4-3-3. E questo cambiò giovò soprattutto a tre giocatori: Carrasco, Martial e Bernardo Silva.

La stagione 2014/15 è quella della consacrazione dell’esterno offensivo belga, che chiude il campionato con 6 gol e 10 assist da ala sinistra.

L’estate immediatamente successiva viene chiamato al telefono da Simeone, che gli chiede di trasferirsi all’Atletico, e lui non esita ad accettare. In un’intervista di qualche mese fa, il belga ha ribaltato l’immagine di generale severo del Cholo, sottolineando come gli abbia dato fin da subito la libertà di fare ciò che vuole in campo, purché lo “faccia bene”.

Sabato scorso in finale contro il Real Madrid, dopo aver rimesso in corsa l’Atletico, Carrasco è andato più volte vicino a decidere la partita da solo. Ci è voluto anche il cinismo di Sergio Ramos per prendere il cartellino giallo più intelligente della partita ed evitare il peggio.

Formazione

Yannick Ferreira Carrasco è nato ad Ixelles, in Belgio, ed è cresciuto con la madre Carmen, donna originaria di Siviglia che il quotidiano spagnolo El Mundo definisce “attraente”. Non ha mai conosciuto il padre e ha scelto il cognome materno. Carmen Carrasco fa la centralinista e, oltre a lui, deve badare ad altri tre figli (Mylan, Hugo e Celia), due dei quali nati da una relazione successiva. Yannick cita la madre praticamente in ogni intervista e nel contratto con l’Atlético c’è una clausola che obbliga il club a pagarle un biglietto aereo quando vuole venire a trovarlo (anche se pare fosse tifosa del Real).

Nel quartiere Vilvoorde, dove Yannick è cresciuto, c’è una delle più grandi comunità andaluse in Belgio e anche per questo, forse, i membri dello staff del Cholo hanno lodato la velocità con cui ha imparato la corretta pronuncia spagnola. A undici anni ha lasciato la casa materna, si è trasferito al Genk e ha imparato il fiammingo. Dal settore giovanile del Genk negli ultimi anni sono usciti, per fare alcuni nomi, Courtois, Benteke, Origi, Praet, Defour e De Bruyne, compagno di stanza di Ferreira Carrasco. In un’intervista recente, Mathias Schils, compagno di squadra a quei tempi (attualmente mediano del Sint-Truiden) ha detto che erano tutti consapevoli che Carrasco avrebbe lasciato il Belgio prima del diciottesimo anno d’età, perché aveva già mostrato grande personalità e talento ed era già stato cercato da diversi club tra cui l’Inter.

Quando gli viene chiesto di descrivere l’amico, Schils utilizza ripetutamente la parola “entusiasmo”. E in effetti Carrasco conserva un entusiasmo quasi infantile, uno stato psicologico che gli permette di giocare con la stessa leggerezza anche contro avversari più affermati o forti di lui. Stephen Pauwels, il primo osservatore che l’ha notato ha detto che “anche se aveva il corpo di un gamberetto c’era già tutto: entrambi i piedi, la visione di gioco, la velocità”.

Della leggerezza

Carrasco ha un destro molto sensibile, del quale usa ogni parte, e un modo con di accarezzare il pallone con la suola che lo fa quasi sembrare un giocatore di futsal, ma sa usare anche il piede debole, e quest’anno ha segnato tre dei quattro gol in campionato proprio con il sinistro.

Tipo:

Carrasco non è un vero e proprio rifinitore, l’assist sembra una conseguenza indiretta del suo modo di giocare, non una priorità. Il suo punto di forza, se ci fosse bisogno di dirlo, è il dribbling, il fatto di poter scegliere tra un vasto repertorio di numeri per scartare l’avversario. Il passaggio è quasi come un “piano B”, un’ultima spiaggia sulla quale ripiegare quando davvero non c’è più nessuno da mettere a sedere.

La cosa interessante è che il piano B gli riesce quasi sempre altrettanto bene di quello A.

In amichevole contro l’Italia, ad esempio, dopo aver dribblato un uomo con un classico crossover destro-sinistro, pensa di poter rientrare, ma poi si gira su sé stesso mentre la difesa resta passiva e gli lascia il tempo di servire da fermo l’assist per Batshuayi, con una facilità disarmante.

Carrasco non è particolarmente elegante, ma non è neanche sgraziato. Il suo dribbling è pulito e rapido e per quanto sarebbe esagerato definirlo un giocatore “sadico”, spesso dà l’impressione di voler umiliare gli avversari, o quantomeno di voler dimostrare qualcosa a qualcuno. Quando riceve il pallone si estranea dal contesto, a testa bassa non guarda neanche l’avversario: a tratti dà l’impressione di essere controllato da un joystick.

Contro il Barça, quest’anno, ha mandato in confusione l’intera catena di destra catalana. A tratti sembra quasi obbligato a continuare le sue corse, come se una volta lanciato non sia in grado di fermarsi.

Paradossalmente, si trova maggiormente a suo agio nelle situazioni più complicate, e uscirne sembra essere quasi un bisogno fisico. In alcuni momenti dà l’impressione di voler aspettare che l’avversario faccia la prima mossa, come se si trovasse su un ring e aspettasse che si aprisse la guardia davanti a lui. Riesce a muoversi con abilità sia negli spazi larghi che in quelli più stretti, e se prima preferiva evitare il contatto fisico, adesso è in grado di assorbire anche un minimo di urti senza perdere l’equilibrio.

A volte sembra un torero che agita un drappo rosso davanti agli avversari per poi mandarli a vuoto.

Cosa manca

Carrasco ha una concezione dello spazio tutto sommato pigra e immatura: senza palla non è dinamico, tende a tagliare poco e a restare sulla fascia dove ha più tempo per controllare e puntare l’avversario, in fase di possesso invece si scatena senza quasi tenere conto del movimento del resto della squadra. La carenza di movimenti senza palla è probabilmente il suo difetto più appariscente, e se vorrà continuare a crescere dovrà migliorare sotto questo aspetto, ma per ora nel gioco dell’Atlético il suo gioco lo rende un’arma letale nelle ripartenze.

La sua influenza sulla gara sta aumentando a vista d’occhio: con il passaggio in Spagna ha aumentato i dribbling (da 2.79 ogni 90 minuti a 3.45) e la precisione (dal 47,80% di riuscita al 53,66%). Ma sono scesi i passaggi chiave che erano già abbastanza pochi (prima ne faceva 1.48 ogni 90 minuti, ora 1.25). Se noi dobbiamo considerare il gioco “poco associativo” dell’Atletico, sicuramente anche Carrasco dovrebbe guardarsi di più attorno mentre gioca.

Adesso ha la resistenza per tenere botta ai ritorni dei difensori e chiudersi ancora di più in duelli individuali ma quando c’è un compagno i suoi pregi rischiano di diventare difetti.

Come molti talenti del calcio belga il suo gioco viene dal calcio di strada e Simeone non ha mai nascosto di amare la determinazione con la quale si fionda su ogni pallone. Carrasco da parte sua ha detto di “voler diventare al più presto una pedina fondamentale dell’Atletico”.

Diciamo che non gli manca la consapevolezza dei propri mezzi.

Inoltre, se Yannick Ferreira Carrasco è abilissimo nel cominciare l’azione e nel portarla il più avanti possibile, non si può dire che lo sia anche nel concluderla. Anche se segna abbastanza considerando la posizione del campo in cui gioca, il tiro non è tra le sue migliori qualità, anche se sarebbe altrettanto errato elencarlo come vero e proprio difetto.

I suoi tiri sono raramente potenti, quasi sempre mirati a cercare l’angolo. Chiaro che, quando la colpisce bene riuscendo ad angolarla, per l’estremo difensore c’è ben poco da fare. Lo sanno bene i tifosi del Valencia, contro cui quest’anno Carrasco ha segnato in entrambe le occasioni.

Lui stesso non sembra amare molto il tiro (calcia in porta 3.2 volte ogni 90 minuti, con una precisione di poco superiore al 24%) e soprattutto dà l’impressione di scegliere all’ultimo momento da che lato vorrà tirare: nella sua tecnica di calcio si nota una coordinazione sempre simile (ad esempio qui, qui, e qui) e quasi mai particolarmente bella. Il fatto che abbia raggiunto un buon compromesso con l’efficacia anche in questo fondamentale, però, conferma l’impressione che Carrasco possa aspirare alla completezza.

La maggior parte dei suoi gol, comunque, arriva da tiro rasoterra sul primo o sul secondo palo in seguito ad un uno contro uno con il portiere. La scorsa stagione contro l’Arsenal ha segnato uno dei gol più decisivi della sua carriera, bruciando letteralmente l’avversario in velocità per poi tirare sul secondo palo con una precisione chirurgica.

Va aggiunto che su punizione Carrasco sforna gol e assist in quantità industriale. È strano, anzi, che un giocatore di corsa come lui calci meglio da fermo.

Quindi, dove può arrivare?

Yannick Ferreira Carrasco è anzitutto un esterno che ama il pallone, tenerlo tra i piedi è la sua priorità e per questo se ne libera malvolentieri. Non lo vedrete quasi mai passarla di prima o calciare senza essere sicuro di prendere la porta. L’intelligenza tattica non sembra essere il suo forte, anche se è una caratteristica che sembra essere migliorata con il tempo e con l’esperienza. Se a tratti riesce a essere decisivo indipendentemente dalla condizione del resto della squadra, non è ancora in grado di influenzare in positivo il gioco dei compagni.

Nel gioco dell’Atlético può fare la differenza, e il fatto che Simeone gli lasci molta libertà è un buon indizio delle sue qualità. Come scritto da Daniele Morrone in passato, Simeone lo manda in campo quando vuole affidarsi a un tipo di gioco reattivo, affidando la rapidità delle ripartenze al suo cambio di passo. Nella finale di Champions League contro il Real Madrid è entrato in campo quando la partita era sul punto di addormentarsi, ha contribuito a risvegliare una squadra che sembrava mancare di un leader tecnico.

Ha suonato la carica e ha anche trovato il gol, oltre ad essere stato una vera spina nel fianco per la difesa del Real (Danilo se lo ricorderà a lungo).

Tra poche settimane lo vedremo di nuovo in azione all’Europeo, anche se nel Belgio la concorrenza offensiva è molto alta e difficilmente Wilmots gli assegnerà un ruolo da protagonista. Come detto all’inizio, la storia di Yannick Ferreira Carrasco è ancora piena di pagine bianche, noi lettori non possiamo fare altro che aspettare che gli arrivi l’ispirazione e che ci mostri presto i nuovi capitoli.

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