Nell’anno delle finali inaspettate, la Serie B – nel suo piccolo – ha deciso di non essere da meno. La sfida tra Verona e Cittadella è una novità assoluta, per la storia granata e per quella della Serie B, che quest’anno ospita una finale tra due squadre venete per la prima volta nella storia.
Le due squadre sono distanti meno di 100 km, ma sono arrivate a questa partita al termine di due percorsi completamente differenti. L’Hellas ha iniziato la stagione come una delle principali favorite del campionato, ma gli scaligeri si sono rivelati all’altezza del ruolo solo fino a metà novembre, quando il 4 a 2 subìto in casa del Brescia ha fatto scivolare i veronesi fuori dalla lotta per la promozione diretta. Nel finale di stagione l’Hellas è caduta in una profonda spirale negativa – costata la pancina a Grosso (sostituito da Aglietti) – e si è assicurata i playoff solo all’ultima giornata, battendo il Foggia in rimonta.
Le fatiche dell’Hellas
Nel breve periodo sulla panchina dell’Hellas Aglietti ha cercato soprattutto di “recuperare” la squadra dal punto di vista psicologico, senza cancellare l’impalcatura tattica costruita durante la gestione Grosso. Dopo il brutto esordio col Cittadella l’ex tecnico dell’Entella ha deciso di tornare al 4-3-3, affidandosi al tridente composto da Laribi, Di Carmine e Ryder Matos. Gli scaligeri cercano un controllo che parta dal possesso, sfruttando le due catene laterali ma anche i tagli verso il centro di Matos e Laribi, principali catalizzatori del gioco.
La squadra prova a occupare il campo in ampiezza, sfruttando le sovrapposizioni di Vitale e Faraoni, e appena possibile cerca il cross in mezzo, o la giocata risolutiva di uno dei tre attaccanti.
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A trenta minuti dal termine del campionato il Verona era in svantaggio contro il Foggia e rischiava di uscire dai playoff, ma la doppietta di Di Carmine nel finale ha permesso agli scaligeri di superare indenni il momento più difficile della stagione, e da lì tirare una linea in vista dei playoff.
La continuità del Cittadella
Il percorso del Cittadella di Venturato è stato molto diverso. La squadra è arrivata a questa finale al termine di una crescita lunga quattro anni. Il tecnico italo-australiano, arrivato nel 2015, ha riportato i granata in Serie B al primo colpo, e nelle tre stagioni in cadetteria è sempre arrivato ai playoff: dopo l’uscita al primo turno del 2017 e la sconfitta in semifinale della scorsa stagione i granata sono arrivati in finale, e giocheranno il ritorno con un vantaggio di 2 a 0.
I risultati di Venturato nella panchina granata assumono ancora più valore se consideriamo la linea societaria del Cittadella, che ha il monte ingaggi più basso del campionato, e per sostenersi fa grande affidamento al player trading. Rispetto alla scorsa stagione i granata hanno perso diversi giocatori importanti – tra gli altri Alfonso, Salvi, Bartolomei, Chiaretti e Kouamé – ma la squadra ha mantenuto la sua identità tattica, e ha valorizzato al meglio i nuovi innesti.
In questi playoff la squadra di Venturato è sempre partita da situazione di svantaggio, e in alcuni casi l’obbligo di vincere l’ha spinta a fare alcuni compromessi. Nei playoff la squadra ha avuto momenti di gioco brillanti – la gara di ritorno a Benevento, l’inizio di partita con Verona e Spezia – ma in altri momenti ha presentato il suo lato più pragmatico, nel tentativo di controllare più efficacemente la gara.
Nelle tre partite contro Benevento e Verona i granata hanno giocato una media di 270.6 passaggi a partita, un numero decisamente inferiore al dato stagionale (che si assesta sui 410.9), e si sono concentrati in particolare sulla fase di non possesso, cercando di sfruttare al massimo le situazioni in contropiede e da palla inattiva. Su calcio piazzato i granata hanno aperto sia la partita di andata col Benevento che quella col Verona, dopo che un corner aveva deciso la sfida con lo Spezia al primo turno; in contropiede hanno segnato due reti fondamentali: il gol del vantaggio a Benevento, che ha aperto all’impresa, e il 2 a 0 che ha messo in sicurezza la partita di andata contro il Verona.
In entrambi i casi il marcatore è stato Davide Diaw, un ragazzo che a inizio stagione faticava a trovare continuità da titolare all’Entella, in Serie C, e in questo finale di stagione – dopo aver segnato nelle ultime due di campionato, assicurando la qualificazione – è già al terzo gol nei playoff. La parabola dell’attaccante friulano racconta bene questa stagione del Cittadella, che quando è stata messa spalle al muro ha mostrato di poter alzare il proprio livello.
Nei suoi momenti migliori la squadra di Venturato è capace di controllare e governare il possesso, sfruttando le rotazioni del rombo per creare situazioni di superiorità e arrivare in attacco occupando tutti i corridoi offensivi. Generalmente il Cittadella prova a cucire il gioco su un lato del campo – con Iori, il terzino e la mezzala – per attirare gli avversari e cercare il lato debole, o pescare uno degli attaccanti sulla linea offensiva.
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Il vantaggio sullo Spezia è arrivato dopo uno scambio tra Iori, Branca e Benedetti sulla fascia sinistra, che ha liberato il third pass per Finotto in area di rigore; il secondo e il terzo gol contro il Benevento, invece, sono partiti da un cambio gioco per Panico sulla sinistra e un affondo di Ghiringhelli sulla fascia destra.
I precedenti
Dopo la pesante sconfitta dell’andata (4-0) il Cittadella ha ribaltato i rapporti di forza tra le due squadre venete, vincendo 3 a 0 in campionato e 2 a 0 nella finale di andata dei playoff. Lo scorso maggio i granata avevano sorpreso il Verona con un approccio molto aggressivo, premiato da 3 gol in 41 minuti, due dei quali su corner; stesso discorso lo scorso giovedì, quando la squadra di Aglietti – al quinto corner in sei minuti – ha dovuto capitolare sul colpo di testa di Diaw.
Il gol quasi immediato ha cambiato la gara, spingendo il Cittadella (privo di Panico e Branca) a una partita soprattutto difensiva. L’idea di Venturato è stata quella di bloccare il centro del campo al Verona, con Schenetti in marcatura sul mediano Gustafson, e le due punte pronte a staccarsi sul centrale in possesso, cercando di schermare il cambio gioco verso il terzino.
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Il pressing iniziale del Cittadella: il trequartista Schenetti marca Gustafson, Moncini e Diaw si dividono nella pressione dei due centrali; quando la palla va un fascia Siega lascia Colombatto per pressare Vitale.
Alle loro spalle, le mezzali Pasa e Siega marcavano Henderson e Colombatto, ma erano pronte a staccarsi sul terzino una volta che questi entrava in possesso. Dietro i quattro difensori restavano bloccati, in modo da mantenere la superiorità numerica sul tridente avversario.
Il pressing ha funzionato bene ad inizio gara, ma dopo il primo quarto d’ora la squadra di Aglietti – risvegliata dal palo di Laribi – è riuscita a prendere gradualmente in mano la gara, migliorando la gestione e l’aggressività del possesso. La chiave della partita è stata nella posizione di Vitale: il terzino sinistro ha iniziato a spingersi molto alto sulla fascia, con Colombatto (mezzala) e Laribi (ala) che si proponevano scaglionati sul semispazio sinistro.
Siega è in inferiorità numerica tra Vitale e Colombatto, che riuscirà a ricevere: Frara esce, lasciando un 3 vs 3 sulla linea difensiva.
In questo modo – con Iori a copertura della zona centrale, e Parodi impegnato a marcare Laribi – Siega restava spesso in inferiorità numerica, e il Cittadella era costretto a concedere una soluzione “libera” per l’uscita del pallone. Stessa cosa, con frequenza minore, accadeva sull’altra fascia, con le combinazioni tra Faraoni, Henderson e Matos.
Nonostante i problemi Venturato ha deciso di non rinunciare ai tre giocatori in pressione, lasciati in inferiorità numerica per permettere alle due mezzali di concentrarsi nella copertura del campo in ampiezza. In fase di non possesso Siega e Pasa hanno iniziato a prendere come riferimento Vitale e Faraoni, pressandoli ad inizio azione e seguendoli negli spostamenti in fase offensiva, fino ad abbassarsi posizione di quinto.
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Siega si abbassa seguendo Vitale, e finisce a fare il quinto a destra; Parodi segue Laribi.
Il Verona è riuscito comunque a ritagliarsi i suoi spazi, appoggiandosi alla qualità di Gustafson a centrocampo (fondamentale nel legare i reparti) e agli affondi Vitale sulla fascia sinistra (9 cross, 3 passaggi chiave e 6 dribbling). Il Verona ha dominato la fase centrale della gara, e se il Cittadella ha superato indenne la fase centrale della gara lo deve soprattutto a Paleari, autore dell’ennesima grande prestazione – condivisa con tutto il reparto difensivo.
Nel corso della gara l’Hellas terrà il 60% di possesso palla, e a fine partita metterà a referto 34 cross tentati, 11 calci d’angolo e 13 tiri verso la porta, colpendo due pali, per un totale di 1.35 xG. Eppure a fare il secondo gol è il Cittadella, che trova il raddoppio grazie a un contropiede iniziato da Iori e concluso da Diaw.
Verso la sfida di ritorno
Il 2 a 0 del Tombolato è stato un risultato sorprendente ma non decisivo, che non ha illuso Venturato e non ha abbattuto Aglietti. In vista della gara di ritorno il tecnico granata ha ammonito i suoi, evidenziando che servirà molto di più in termini di gioco e di possesso, mentre l’allenatore dell’Hellas ha chiamato la carica dicendosi fiducioso per la rimonta. Quella del Bentegodi sarà una partita tirata, di cui già si può intuire il canovaccio: il Verona proverà a gestire il possesso e fare la gara, cercando di sfruttare le catene laterali, mentre il Cittadella oscillerà tra momenti di pressing e attesa, cercando di trovare l’equilibrio giusto.
Ad essere imprevedibili saranno i dettagli, che hanno già influenzato la gara di andata e potrebbero prendere un’altra piega al ritorno: la solidità dei granata è stata fondamentale, ma a Di Carmine e compagni può bastare anche una mezza occasione; i veronesi hanno dimostrato di poter controllare la gara, ma hanno già sperimentato quanto costa farsi prendere dalla frenesia. Sarà una partita influenzata dai momenti e dalle sensazioni delle due squadre, una chiamata all’impresa e l’altra all’unico risultato capace di salvare la stagione: difficile da prevedere, bella da scoprire.