All’Inter ha giocato una finale europea, vinto uno scudetto, è diventato il leader tecnico e carismatico per la prima volta nella sua carriera. Si è sentito circondato del bene che sembrava rincorrere da tutta la vita. Ha detto che si sentiva a casa, e i tifosi lo adoravano. Poi, nella prima settimana di agosto dell’anno appena concluso, Romelu Lukaku è diventato ufficialmente un giocatore del Chelsea. Erano le settimane in cui la dirigenza dell’Inter contava i soldi e i calciatori sacrificabili; Hakimi però era già andato via e sembrava aver allontanato lo spettro del sacrificio estremo, quello del calciatore che sembrava l’essenza stessa dell’Inter.
Invece Lukaku se ne è andato, all’improvviso, dopo settimane di entusiasmo e abbracci con Inzaghi. Mentre ragionavamo su come il tecnico avrebbe utilizzato un attaccante simile, Lukaku ha fatto ritorno al Chelsea per la terza volta in carriera, dopo due esperienze molto negative in quella che definisce «la squadra che tifava fin da bambino». Una dichiarazione retorica, certo, ma che non avevamo motivo per non considerare sincera. Per i tifosi dell’Inter feriti, Lukaku aveva usato i colori nerazzurri per rimettere in piedi la sua carriera; una volta rimessa in una traiettoria ascendente, se ne era andato nella squadra campione d’Europa per una montagna di soldi (12 milioni di euro l'anno per lui, 115 milioni per l'Inter).
Dopo il trauma iniziale, i tifosi se ne sono fatti una ragione. Un po’ perché il tempo è galantuomo, e un po’ perché hanno ormai il pelo sullo stomaco. Quella di Lukaku non è stata certo la prima fuga fatta col favore delle tenebre - ben più scenografica fu quella di Josè Mourinho, che dopo un furtivo e sentimentalissimo abbraccio con Materazzi nel tunnel del Bernabeu, non rientrò mai più a Milano. Le responsabilità, comunque, non erano chiare. Marotta e l’Inter sostenevano la tesi per cui la cessione era dipesa solo dalla volontà del calciatore; dall’altra però aleggiava la tesi dello smantellamento totale della squadra campione d’Italia. La cessione di Lukaku era nello stesso cesto di quella di Hakimi e delle dimissioni di Antonio Conte. Il calciatore taceva, o meglio: parlava per mezzo del suo agente, Federico Pastorello, che rassicurava che presto avrebbe parlato.
In questi quattro mesi sono successe diverse cose, alcune difficili da pronosticare. L’Inter ha chiuso il girone d’andata al primo posto, giocando un calcio brillante e leggero, migliorando quasi tutti i propri numeri rispetto allo scorso anno. Romelu, invece, sembra rientrato nell’incubo di un campionato che non sembra cucito sui suoi pregi, in una squadra che forse avrebbe fatto volentieri a meno di lui. Tredici presenze, di cui solo 6 da titolare, cinque gol, un assist e un rapporto non certo splendido con Thomas Tuchel. Dopo le prime assenze dalla formazione titolare il tecnico aveva parlato di stanchezza del giocatore, ma poi i problemi sono diventati sempre più tecnici e tattici.
Proprio alla fine di un anno particolarmente denso di eventi dal punto di vista interista, Lukaku ha parlato. L’attaccante ha ospitato Matteo Barzaghi nella sua casa di Londra, per uno speciale di circa mezz’ora trasmesso per la prima volta l’ultimo giorno dell’anno. L’intervista, anche da come è stata impacchettata, sembra una dichiarazione d’amore nei confronti dell’Inter. Qui potete rivedere il momento saliente. Con il richiamo alla seconda saga più famosa di Federico Moccia, “Inter, scusa se ti chiamo amore”, e raccoglie una serie di dichiarazioni stonate e fuori contesto.
Quello che doveva essere l’equivalente dei video degli YouTuber che si intitolano “Adesso parlo io”, è sembrato un goffo tentativo di proporsi di nuovo in Serie A. L’equivalente di quei messaggi sconclusionati che a notte fonda, ubriachi, mandiamo agli ex, dopo che la nostra nuova relazione non sembra così gioiosa come prometteva.
L’intervista si apre con alcune delle immagini più significative della parentesi interista di Lukaku. Le prime parole promettono già male, suonando incredibilmente esagerate rispetto a quello che all’atto pratico è o dovrebbe essere: un aggiornamento sulla carriera di Lukaku. Invece il belga parte, senza rendersi conto del clamore della dichiarazione, oppure rendendosi conto e buttandola a ridere, con un: «Hello Italy, I’m back». Ma non è solo l'inizio a stonare, nel corso dell’intervista ci sono più passaggi che ci portano a chiedere perché lo stia facendo, e perché proprio in questo momento.
Secondo il Telegraph Lukaku voleva ricucire i rapporti con la sua vecchia tifoseria, senza secondi fini. Dalle reazioni, però, sembra aver sortito l'effetto opposto. Nelle ultime ore è in tendenza su Twitter l’hashtag #LukakuOut, come se si volesse buttare fuori Lukaku una seconda volta. Un segno chiaro, in realtà, che l’intervista ha scontentato anche i suoi attuali tifosi, quelli del Chelsea. Dunque, quali sono i punti salienti di questa sorta di suicidio comunicativo?
Le premesse delle scuse
Questa dovrebbe essere un’intervista in cui Romelu Lukaku chiede scusa. Non perché debba farlo, perché nonostante le nostre ossessioni Lukaku non ci deve niente, ma perché è lui il primo a dire che i tifosi dell’Inter si meritino, quantomeno, delle spiegazioni. Ma ecco, delle scuse sincere, senza secondi fini, non hanno le premesse che quest’intervista fa. Lukaku apre l’intervista lamentandosi della sua condizione al Chelsea. «Non sono felice, devo essere un professionista e continuare con il duro lavoro. Ma ovviamente non sono felice, il mister ha cambiato modulo e bisogna capire come far sì che io mi adatti a questo modulo». Lukaku non sta mettendo sul piatto delle scuse, si sta proponendo.
Mettere come intro del tutto questo passaggio, inquina le buone intenzioni - possibili o meno - di tutto ciò che viene dopo. Nel frattempo lo stesso Tuchel è intervenuto, dicendosi “non felice”, questa volta delle dichiarazioni del suo attaccante.
Perché ora?
«So che questo non è il momento giusto, così come non lo era quando me ne sono andato, ma mi sembra corretto che io dica come sono andate le cose, perché lo devo ai tifosi. Senza parlare male di nessuno, perché io non sono così».
L’ultima frase di questo passaggio è un artificio retorico con cui Lukaku precisa che sta per raccontare la sua verità, quanto più oggettiva possibile, senza parlare male di nessuno. Aggiungere quel “io non sono così”, però, ci porta subito a pensare che ci sia qualcuno che, invece, ha deciso di parlare male di lui. Lukaku, dunque, pare infilarsi subito nei panni della vittima, salvo poi aggiungere che ama sia la dirigenza, che i tifosi, spendendo buone parole per chiunque: Barella, Handanovic, Eriksen, persino per Simone Inzaghi, sul quale sottolinea la sua bontà umana e per ben due volte ritorna sulle parole d’elogio che Jordan Lukaku - esterno della Lazio per cinque anni - ha speso nei confronti del tecnico.
I motivi dell’addio e le contraddizioni di Lukaku
Il romanticismo, ci diciamo, non fa più parte del calcio. Non ci sono più bandiere, i giocatori sono i primi imprenditori di sé stessi e così via. C’è chi questa idea la schifa e chi, come me, è in parte intrigato dall’idea dei calciatori come super-mercenari, chi se ne frega. Per tutta l’intervista Lukaku cerca di smarcarsi goffamente da questa etichetta. Non è una novità per i calciatori, quella di dire che un trasferimento era dovuto “all’amore per la maglia”, magari è anche vero, ma Lukaku ne abusa. Il Chelsea è la squadra che tifa fin da bambino, i tifosi dell’Inter sono i migliori al mondo. Lukaku è sempre stato stretto in questa contraddizione: da una parte sembra affezionato a una certa idea di sé stesso come calciatore romantico, che ha bisogno innanzitutto di sentirsi amato; ma nella sua carriera, in fondo, ha fatto sempre scelte molto fredde. Scelte che, intendiamoci, non hanno niente di sbagliato, sono quelle che il 99% dei calciatori fanno, ma che non appartengono all’immagine che Lukaku vuole veicolare all’esterno.
Questa contraddizione è l’elefante della stanza, ed era impossibile schivarla senza fare errori comunicativi.
Il suo tentativo di smarcarsi dalla questione economica - che poi non ci sarebbe nulla di male - risulta posticcia. Lukaku parla di un’ipotetica richiesta di rinnovo arrivata a luglio ai dirigenti dell’Inter, una richiesta rispedita al mittente e per la quale si sente amareggiato, pur avendo ancora tre anni di contratto con l’Inter. Una richiesta che, se è arrivata, è arrivata nel periodo peggiore. Per tutti era chiaro il momento di “ridimensionamento”. Perché Romelu Lukaku pensa che rivelare questo aspetto, che finora non era ancora uscito, possa in qualche modo ri-avvicinarlo o avvicinarlo ulteriormente alla tifoseria dell’Inter? Decidere di fare un upgrade a 28 anni, passando da una squadra che solo da pochi mesi ha ritrovato la propria quadra alla squadra campione d’Europa, che per di più è la squadra per cui Lukaku tifa fin da bambino, è una giustificazione di per sé sufficiente. Se sceglie una comunicazione fatta di amore e affetto per tifosi e società, mettere sul piatto un mancato rinnovo fa sì che le parole risultino sgradevoli. “Non conta chi con la pioggia scappa, conta chi con la tempesta resta!!! Ciao Romelu” è la risposta della Curva Nord alle parole dell’attaccante.
Lukaku pare sicuro di tornare all’Inter
Forse l’aspetto più strano è che Lukaku, nel corso di questa mezz’ora di intervista, sostiene più volte di voler tornare all’Inter, e non a fine carriera magari come dicono ogni tanto i campioni che hanno lasciato il nido, ma in un momento in cui potrà ancora dire la sua a livello internazionale. Sostiene addirittura di essersi arrabbiato con Pastorello quando gli propose la Juventus come possibile destinazione perché per lui in Italia esiste solo l’Inter, non accetterebbe mai né Milan né i bianconeri. Ma soprattutto, e questo è un passaggio quasi assurdo, quando Matteo Barzaghi gli chiede di Lautaro, Lukaku lo definisce come uno dei migliori tre compagni della sua carriera, insieme a Kevin De Bruyne e Eden Hazard. Quando gli chiede se lo vorrebbe come compagno al Chelsea, invece di rispondere in maniera egoista (“Sì, certo”) oppure democristiana (“gli voglio bene, ma è un giocatore dell’Inter”), Lukaku risponde con una risata e le parole “No, no, torno io all’Inter”.
Da un lato è molto romantico che Lukaku abbia la convinzione che certi amori non finiscano, facciano giri immensi e poi ritornino, ma questa risposta è un po’ il sunto di tutto ciò che c’è di sbagliato nell’intervista. Se il Chelsea è davvero un upgrade (e al momento lo è, per campionato e blasone), perché non dovrebbe consigliare a uno dei suoi compagni preferiti di approdare lì, scontentando così i tifosi blues? E soprattutto gli sta dicendo di aspettarlo a Milano? La sua voglia di tornare in nerazzurro, se la “fuga” è dovuta a un mancato rinnovo, è dunque un desiderio amoroso o un tentativo di ulteriore fuga da una situazione difficile?
L’impressione è che Lukaku stia soffrendo a Londra e che volesse un abbraccio caloroso da chi lo amato nella sua «miglior esperienza in carriera«. Il risultato, però, è maldestro, le reazioni di queste ore ci portano a pensare che piuttosto che aprire nuovamente la porta nerazzurra, Lukaku se ne sia chiuso due in faccia. Un’intervista che voleva essere romantica, ha finito per suonare goffa e cinica.