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Cosa non sta funzionando nel Napoli di Rudi Garcia
27 set 2023
La squadra campione d'Italia è partita col piede sbagliato.
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11 min
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IMAGO / Insidefoto
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È il minuto 86 di Bologna-Napoli. I campioni d’Italia sono reduci dalla sconfitta casalinga contro la Lazio, dal pessimo pareggio esterno con il Genoa e dalla vittoria non troppo convincente contro il Braga in Champions League. Contro la squadra di Thiago Motta servirebbe una buona prestazione per spazzare via l’aria di crisi che aleggia ormai sulla squadra e una vittoria per non allontanarsi troppo dall’Inter che viaggia in testa alla classifica a punteggio pieno. Dalla panchina azzurra però arriva una decisione inaspettata: Rudi Garcia richiama Victor Osimhen che un quarto d’ora prima aveva sbagliato il rigore, calciandolo fuori, che avrebbe consentito al Napoli di passare in vantaggio. All’uscita dal campo Osimhen è particolarmente nervoso e contesta direttamente al suo allenatore una sostituzione poco comprensibile. Urla contro Garcia e alza più volte l’indice e il medio della mano, in quello che è stato identificato come un gesto che avrebbe indicato con insistenza il numero due, il numero di attaccanti che il nigeriano avrebbe voluto in campo nel finale di partita, contestando di fatto e platealmente la scelta di Garcia.

Solo 8 giorni prima Kvaratskhelia, al momento della sua sostituzione con Zerbin, all’ultimo minuto della partita contro il Genoa, non aveva – anche lui –nascosto il suo disappunto per la decisione dell’allenatore. I due giocatori più rappresentativi del Napoli sostituti – sebbene davvero a pochi minuti dal termine delle partite – in un momento in cui il Napoli stava cercando il gol del vantaggio, hanno entrambi in maniera pubblica ed evidente contestato le scelte del proprio allenatore. È quasi superfluo dire che non è un buon segno.

Le prestazioni del Napoli di Garcia

Il Napoli ha 8 punti dopo 5 partite. Alle due vittorie iniziali hanno fatto seguito la sconfitta contro la Lazio e i pareggi esterni contro Genoa e Bologna. I gol fatti sono 8, quelli subiti 5. Indubbiamente un bilancio negativo per la squadra che ha dominato lo scorso campionato.

È interessante, però, andare più a fondo, cercando di analizzare le prestazioni a freddo. Il Napoli è la squadra che subisce meno tiri in campionato, solo 5.2 a partita, ampiamente il miglior dato della Serie A. La squadra di Garcia calcia mediamente 17.8 tiri a partita verso la porta avversaria, seconda in questa classifica solo all’Inter. È inoltre la squadra che completa più passaggi dentro l’area di rigore avversaria (5 a partita). Il Napoli è anche la squadra di serie A che, dopo l’Inter, produce il maggior numero di non penalty xG (1.39 per 90 minuti) e ne subisce di meno (0.43 per 90 minuti). I dati appena riportati vanno chiaramente presi con le pinze, perché riferiti ancora al ridotto campione costituto dall’esiguo numero di partite giocate sino ad adesso, ma raccontano di una squadra che probabilmente ha sino ad ora raccolto meno punti di quelli che avrebbe in effetti meritato e che ha avuto prestazioni migliori dei risultati ottenuti.

Nonostante questo, proprio le scenate di Osimhen e Kvara hanno innescato una spirale negativa. A questi episodi si è aggiunta la gaffe social del Napoli, che sul proprio canale Tik-tok ha ironizzato per il rigore sbagliato dal centravanti causando una reazione da parte di Osimhen, con il suo procuratore che ha addirittura minacciato azioni legali. A questi fatti più interni si aggiungono le discussioni che da giorni, con toni piuttosto accesi, parlano di una squadra depotenziata dall’avvento di Garcia e si è giunti a invocare l’esonero del tecnico francese prima che sia troppo tardi. Certo l’inizio della stagione non è stato entusiasmante, ma, a conti fatti nemmeno così disastroso. E allora, perché Garcia è già così violentemente contestato, dopo così poco tempo, oggettivamente molto breve per costruire davvero la sua squadra?

Fare confronti con il passato è quasi sempre ingeneroso e lo è in particolar modo quando il passato è costituito dal Napoli di Spalletti. La scorsa stagione il Napoli è stata una delle migliori squadre d’Europa per qualità del gioco e risultati ottenuti, ed è normale notarlo ancora di più oggi che il presente è così grigio. A volte, però, bisognerebbe ricordarsi che il presente è costituito da sole 6 partite ufficiali disputate.

Ripeto: sono dati presi con le pinze e dovremo probabilmente aggiornare di nuovo la nostra analisi tra qualche settimana. Ma, tornando ai dati, si potrà vedere che il confronto tra il Napoli di Spalletti e quello di Garcia non è impietoso come sembra.

La squadra attuale tira in porta più frequentemente di quella della passata stagione (17.8 tiri per 90 minuti contro 16 per 90 minuti) e con una qualità nella scelta delle conclusioni, misurata con il parametro degli xG per tiro, paragonabile. Il Napoli di Garcia completa più passaggi dentro l’area di rigore di quello di Spalletti (5 per 90 minuti contro 3.7 per 90 minuti). Anche difensivamente il Napoli di Garcia ha numeri migliori di quelli di Spalletti, concedendo molti meno tiri (5.4 per 90 minuti contro 9.6 per 90 minuti) di qualità paragonabile. Quantitativamente, quindi, il Napoli di Garcia ha numeri offensivi e difensivi, in termini di pericolosità potenziale, addirittura migliori di quello di Spalletti. E a questi dati se ne potrebbero aggiungere altri. Per esempio: la squadra di Garcia è ancora la squadra di Serie A che gioca più passaggi (596 per 90 minuti, erano 640 per 90 minuti con Spalletti), dimostrando di avere ancora un gioco fortemente orientato al possesso.

Difensivamente la squadra di Garcia continua a difendere alta (50.3 m l’altezza media degli interventi difensivi, 48.3 m la passata stagione) e il numero di azioni di pressing e di riaggressioni fatte dalla squadra è paragonabile a quella della squadra di Spalletti.

Cosa è cambiato allora?

Al di là dei risultati non troppo soddisfacenti, a fronte comunque di prestazioni che, almeno da un punto di vista quantitativo, non sono certo state negative, cosa non va nel Napoli di Garcia? Il modulo di gioco scelto dall’allenatore francese è lo stesso della passata stagione e nel 4-3-3 azzurro l’unica vera novità, non certo trascurabile, è l’assenza al centro della difesa di Kim Min-jae, passato in estate al Bayern Monaco.

Al di là delle qualità individuali, però, la principale differenza rispetto alla scorsa stagione non è tanto quantitativa quanto qualitativa, per esempio nel modo in cui il possesso viene sviluppato. In un'intervista più volte citata, Luciano Spalletti aveva sottolineato come nel calcio moderno lo spazio entro cui sviluppare la manovra in maniera efficace non risiede più tra le linee difensive avversarie - ormai destrutturate da un’ampia ricerca di duelli individuali e dall’aggressività nel rompere le linee stesse alla ricerca della pressione – ma tra i corpi dei calciatori avversari, oltre che ovviamente alle spalle della difesa. La risposta offensiva di Spalletti a difese sempre più aggressive e orientate sull’uomo, e meno schierate su più linee, è stata un calcio offensivo estremamente fluido, dalla struttura leggera e capace di creare e occupare spazi sempre diversi utilizzando tutti i registri di gioco possibile.

Partendo dalla costruzione dal basso, necessaria a muovere la difesa avversaria, la squadra di Spalletti mutava la sua struttura adattandola alle risposte e alle scelte altrui, chiedendo ai propri giocatori di utilizzare al meglio le proprie capacità di lettura ed interpretazione, rifuggendo il più possibile ad automatismi prestabiliti. In tale ottica, ad esempio, i terzini erano liberi, leggendo il gioco, di rimanere aperti, di alzarsi in ampiezza o di occupare zone interne del campo. Le mezzali, di supportare la costruzione bassa o di alzarsi oltre le linea di pressione o di accorciare sulla punta. Ancora, l’avanzamento della manovra poteva svilupparsi attraverso una fitta e qualitativa rete di passaggio e movimenti sul corto o procedere attraverso decise verticalizzazioni alle spalle della linea avversaria utilizzando le qualità di Osimhen. Un calcio insomma davvero fluido, fatto di letture e che utilizzava i più disparati strumenti tattici per svilupparsi. Il Napoli poteva giocare corto e lungo, faceva un grande uso di giocate “a muro” per chiamare l’aggressione avversaria e del cosiddetto “terzo uomo” per scavalcare la pressione. In questo calcio legato alla ricerca di spazi e superiorità nel contesto sempre meno ordinato del calcio moderno, anche la vittoria dei duelli individuali era un mezzo per generare superiorità esaltando, in particolare, ma non esclusivamente, le qualità di Kvaratskhelia e Osimhen.

Proprio questa sembra essere la principale differenza rispetto al presente. La squadra di Garcia, infatti, appare più rigida nell'interpretazione degli spazi e del piano gara. Nel 4-3-3 dell’allenatore francese i giocatori sembrano muoversi con meno libertà ed adattarsi molto meno alla forma del "recipiente partita". I terzini rimangono quasi sempre aperti per fornire una soluzione di passaggio comoda ai centrali. Lobotka - una delle chiavi della qualità della circolazione del pallone del Napoli la passata stagione – aiuta in fase di possesso i centrali difensivi in maniera più conservativa. Le mezzali sono un po' più pigre nel diversificare le proprie tracce alternando movimenti a supporto verso il pallone a movimenti lontani dalla palla a suggerire linee di passaggio capaci di generare vantaggi. Le tracce di Zielinski e Anguissa sono diventate più prudenti e meno ambiziose. Il numero di uomini sopra la linea del pallone sembra mediamente diminuito, sintomo di una circolazione palla più prudente e meno capace di giocare tra gli uomini avversari. Anche le rotazioni del centrocampo, un’altra delle armi del Napoli di Spalletti, si sono ridotte, lasciando ai tre centrocampisti compiti più rigidi e funzioni più specializzate e meno fluide. Zielinski, per dire, è oggi solo l’incursore che va a giocare alle spalle di Osimhen.

I tre centrocampisti del Napoli rimangono pigramente in posizione non fornendo soluzioni di passaggio efficaci alle spalle del centrocampo del Genoa e permettendo agli avversari di mantenere comodamente la propria struttura difensiva.

L’utilizzo della “parete” e del “terzo uomo” è diminuito e la capacità di creare ed esplorare gli spazi tra gli avversari sembra essersi ridotta. In generale quindi, la circolazione del pallone del Napoli, pur mantenendosi quantitativamente importante, appare meno fluida e brillante, maggiormente conservativa e statica. La freschezza e l’entusiasmo prodotto dal calcio di letture di Spalletti sembra avere lasciato il posto a una versione più grigia e spenta della squadra. La ricerca della verticalità, una delle tante armi letali della squadra della passata stagione, era favorita dalla qualità del fraseggio stretto che attirava gli avversari e costruiva le condizioni per attaccare con sorpresa lo spazio alle spalle della linea difensiva avversaria. L’abbassamento generale dell’efficacia e della qualità della circolazione corta del pallone ha invece inevitabilmente reso l’attacco verticale non più una possibilità, ma, talvolta, una necessità che prova a compensare una manovra vagamente stagnante, e per questo più prevedibile.

La diversa qualità della manovra d’attacco ha avuto ripercussioni anche nella compattezza della squadra che talvolta tende ad allungarsi e quindi a essere più vulnerabile in transizione difensiva, come accaduto, ad esempio, nell’unica partita persa in stagione, quella contro la Lazio.

La qualità del gioco sembra inoltre peggiorare nel corso della partita. Contro Lazio, Sporting Braga e Bologna la squadra ha cominciato bene i match, ma nel secondo tempo, progressivamente è parsa sfilacciarsi, perdere il filo del gioco e più in generale innervosirsi peggiorando ulteriormente la qualità della prestazione. Il calo visto più volte nei secondi tempi potrebbe avere motivazioni sia atletiche che di natura emotiva.

Nel difendere le transizioni il Napoli di Garcia ha mostrato qualche difficoltà, anche se c'è da dire che queste difficoltà appartenevano anche alla squadra di Spalletti. Per il resto, la squadra partenopea continua ad alternare fasi di pressing offensivo a momenti in cui la squadra difende compatta ma alta sul campo, e in maniera efficace come dimostrano i pochi tiri subiti e gli xG concessi agli avversari. Il PPDA del Napoli è sempre piuttosto basso (9.0, era 8.3 la passata stagione) e, come già detto, la squadra riesce a stare alta sul campo con buoni numeri in termini di pressioni e riaggressioni.

In fase di pressing alto in genere è Zielinski a staccarsi dalla linea di centrocampo e ad affiancare Osimhen nella pressione sui centrali avversari.

Insomma, le critiche ricevute in queste settimane da Rudi Garcia sono state forse ingigantite dai bisticci pubblici con i suoi giocatori più importanti - e questo comunque non è un aspetto da sottovalutare soprattutto visto che proprio la gestione dello spogliatoio sembrava, prima di questa esperienza a Napoli, uno dei punti forti dell'allenatore francese.

Il veloce degrado della qualità del gioco del Napoli, della sua lucentezza, ci dice comunque molto della complessità di questo sport: basta davvero poco affinché una squadra brillante e divertente inizi a restituirci sensazioni da fine ciclo. Basta cambiare uno dei due centrali difensivi, porre appena meno enfasi su alcuni strumenti e obiettivi tattici, variare la qualità e le modalità delle relazioni, in campo e fuori dal campo (e in questo senso le reazioni di Osimhen e Kvaratskhelia sembrano raccontarci qualcosa), per ottenere un risultato completamente diverso. In controluce, quindi, possiamo capire quanto il lavoro di Spalletti l'anno scorso sia stato straordinario ma anche quanto forse, per arrivare a risultati anche solo paragonabili, forse Rudi Garcia meriti un pochino più di tempo prima di arrivare a giudizi definitivi, alla fine è davvero all’inizio del suo lavoro. Certo, per come si è messa la situazione, sembra difficile che lo avrà davvero.

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