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Cosa pensare della Juventus di Thiago Motta
17 gen 2025
Dopo una prima parte di stagione che ha lasciato sensazioni contrastanti.
(articolo)
16 min
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IMAGO / NurPhoto
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La Juventus di Thiago Motta continua a ballare sul limite della crisi. Dopo la sconfitta nella semifinale di Supercoppa contro il Milan e l’ennesimo pareggio in campionato nel derby contro il Torino, una sconfitta contro l’Atalanta avrebbe potuto autorizzare i critici a elencare responsabilità e difetti. E invece la buona prestazione contro la squadra di Gasperini ha di nuovo rimesso in gioco tutto. Cosa dobbiamo pensare di una squadra che in 20 partite di campionato non ha mai perso, ma ha vinto solo 7 partite? Il lavoro di Thiago Motta sta procedendo o è in un vicolo cieco?

UNA SQUADRA RINNOVATA

Partiamo da una considerazione scontata ma che bisogna tenere a mente in questo discorso: la Juventus ha quasi completamente cambiato pelle. Tenendo conto dei recentissimi arrivi di Alberto Costa e di Randal Kolo Muani, la squadra di Thiago Motta ha ben 14 nuovi giocatori in rosa, considerando che Savona, Rouhi e Mbangula non avevano mai fatto parte del gruppo della prima squadra la passata stagione. Al contempo, con l’esclusione di Danilo, sono ben 13 i calciatori che hanno lasciato la squadra dall’anno scorso. Una rivoluzione radicale, spinta da motivazioni tecniche, ambientali, economiche e di ringiovanimento della rosa, che ha consegnato a Thiago Motta un gruppo di giocatori totalmente rinnovato, molto giovane e dalla scarsa conoscenza reciproca.

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Su questo nuovo gruppo di calciatori Thiago Motta ha iniziato a lavorare con la volontà di costruire una squadra dall’identità chiara e definita, ma partendo praticamente da zero. Non solo perché la rosa è stata rivoluzionata, come detto, ma anche perché i principi tattici sono piuttosto distanti da quelli di Massimiliano Allegri.

Thiago Motta è un allenatore che mira al controllo di ogni aspetto del gioco e sta cercando di costruire una squadra consapevole del disegno generale da seguire in ogni momento e in ogni fase della partita. I principi sono chiari: una squadra che cerca di controllare il match tramite il possesso del pallone, utilizzato non solo come mezzo per creare pericoli agli avversari ma anche per prevenire i rischi. Una fase difensiva particolarmente organizzata e complessa, capace di modulare l’altezza del pressing, il controllo degli spazi e quello degli uomini in funzione delle caratteristiche degli avversari e dei momenti del match.

Qualcosa di questo disegno si inizia già a vedere. La Juventus è la squadra di Serie A con il maggior numero di passaggi, mentre la passata stagione era solamente all’undicesimo posto di questa classifica. Il numero di passaggi riusciti della Juventus 2024/25 è il 35% più alto rispetto a quello dello scorso anno e la precisione dei passaggi si è alzata di 5 punti percentuali giungendo all’88%, la percentuale più alta dell’intera Serie A (dati StatsBomb, come tutti gli altri che verranno citati in questo pezzo). Ci sono anche altri indicatori che confermano l’efficacia del possesso palla della Juventus nel prevenire i rischi. Nonostante insista quasi sempre nella costruzione bassa, quella di Thiago Motta è la terza squadra per numero di tiri subiti da azioni di pressing alto avversario, una buona misura della capacità dei bianconeri di resistere alla pressione alta. Certo, ci sono ancora molte cose da migliorare da questo punto di vista. Il dato dei tiri subiti in transizione difensiva, per esempio, non è così lusinghiero: in questo aspetto la Juventus è appena nona in Serie A.

Difensivamente, comunque, la Juventus sta lavorando bene. I bianconeri sono la migliore squadra del campionato per xG subiti esclusi i calci di rigore (0.59 a partita), secondi solo al Bayern nei cinque principali campionati europei. Se poi isoliamo il dato degli xG subiti su azione di gioco, esclusi quindi quelli subiti da calcio piazzato, la Juventus è la squadra che fa meglio in tutta Europa (0.45 a partita). A contribuire all’ottimo dato degli xG subiti è la capacità della squadra di non concedere clear shot (cioè tiri effettuati senza difensori avversari tra il pallone e il portiere): solo 0.8 per 90 minuti, di gran lunga il valore più basso dell’intera Serie A.

Il dato che però più conta, quello dei gol subiti (17), è meno eccezionale. I bianconeri sono infatti solo la terza difesa del campionato, con due gol in più di quelli attesi subiti su azione (oltre ai tre subiti da calcio di rigore). Il Napoli, con numero di xG subiti molto vicino a quello della Juventus, ha subito 11 gol su azione, un dato inferiore ai gol attesi.

Ad essere meno brillante, come potete immaginare, è la fase offensiva. La Juventus è infatti solo quinta per xG prodotti su azione (1.18 a partita) e nona per tiri (13.25 per 90 minuti) e clear shot (1.75 a partita). Quello di Thiago Motta è solo il sesto attacco della Serie A, con 32 reti realizzate (1.60 a partita).

Quello che più preoccupa della stagione della Juventus è però il suo andamento. In Serie A, infatti, ben 7 dei 13 pareggi totali sono arrivati nelle ultime 8 giornate di campionato mentre 6 delle 7 vittorie sono concentrate nei primi 12 turni. In campionato il primo gol subito dalla Juventus è stato quello su rigore di Razvan Marin del Cagliari nel pareggio 1-1 alla sesta giornata e il primo gol su azione quello di Mkhitaryan nel pareggio 4-4 contro l’Inter (il 27 ottobre). Nelle ultime 7 partite di campionato, in cui ha collezionato 6 pareggi, la difesa della Juventus ha sempre incassato almeno un gol. Sembra quindi che i bianconeri abbiano subito un rallentamento nella seconda parte di questa prima metà di stagione, pareggiando troppe partite e mostrando le prime crepe nel proprio assetto difensivo.

L’andamento degli xG subiti dalla Juve su azione (grafico Statsbomb).

A preoccupare è anche il dato che vede la Juventus rimontata per ben 8 volte. Cagliari, Lecce, Venezia, Monza, Fiorentina, Torino e Atalanta, oltre al Milan in Supercoppa, sono le squadre che sono riuscite a rimediare o, addirittura, a ribaltare, una situazione di svantaggio contro la Juventus.

Da queste indicazioni ne esce uno strano ibrido. Una squadra che nessuna delle 19 avversarie di campionato è riuscita a battere, ma che fatica molto a vincere. Che punta molte delle sue fiches sull’attenzione difensiva, capace di mantenere la porta inviolata per buona parte del campionato, ma che nell’ultimo periodo non riesce a non subire gol quando passa in vantaggio. In definitiva, una squadra che sembra non riuscire più a crescere, come forse era lecito attendersi da una rosa totalmente rinnovata. Che addirittura pare avere perso determinazione e convinzione nei propri mezzi dopo un inizio promettente. Da dove viene questa insicurezza?

GLI INFORTUNI

Una risposta può risiedere negli infortuni. Nelle ultime settimane infatti Thiago Motta ha perso una fetta significativa del suo organico e la cronaca di questo lento sgretolamento ci aiuta a capire anche le difficoltà dell'ultimo periodo.

Il primo dicembre la Juve gioca di sera al Via del Mare di Lecce. Quattro giorni prima i bianconeri hanno giocato una partita molto dispendiosa al Villa Park di Birmingham, pareggiando 0-0 contro l’Aston Villa, capace di battere in casa in Bayern Monaco in questa edizione della Champions League. La Juventus è andata in Inghilterra con soli 14 giocatori di movimento e dalla panchina, negli ultimi minuti di gioco, sono usciti Danilo, Mbangula e Fagioli, con il solo Rouhi a rimasto seduto al fianco di Thiago Motta. A Lecce la situazione è ancora peggiore. Savona si è fatto male a Birmingham e nessuno degli altri infortunati ha recuperato. La Juventus ha soli 13 giocatori di movimento a disposizione e aggrega per la panchina alcuni elementi della squadra Under 20. Il primo tempo è ben giocato dai bianconeri, ma nel secondo tempo vengono messi più volte in difficoltà dal Lecce di Giampaolo. Gli uomini di Thiago Motta riescono comunque ad andare in vantaggio con Cambiaso ma, costretti anche a fare esordire nei minuti finali il centravanti dell’Under 20 Diego Pugno dopo gli ingressi di Fagioli, Rouhi e Mbangula, prendono il gol del pareggio da Ante Rebić nell’ultima azione della partita, dopo un pallone perso in maniera scellerata proprio da Cambiaso.

Birmingham e Lecce rappresentano il momento peggiore dell'emorragia di infortuni in casa bianconera. Solamente quattro dei giocatori di movimento - Kalulu, Fagioli, Locatelli, Yildiz – non si sono mai fermati per problemi fisici e i bianconeri hanno perso, probabilmente per l’intera stagione, Bremer e Cabal (senza contare il lungodegente Milik, alle prese con un turbine di infortuni che sembra non avere fine), cioè due dei cinque giocatori a disposizione in grado di ricoprire la posizione di centrale difensivo.

Inevitabilmente il numero e la frequenza degli infortuni ha complicato il lavoro di Thiago Motta. Da una parte caricando di minuti e responsabilità, all’interno di un calendario fittissimo di impegni, un numero ristretto di giocatori, con riflessi sulla fatica fisica e mentale della squadra. E dall'altra riducendo la possibilità per l’allenatore e i calciatori di conoscersi a vicenda, di capire a fondo potenzialità, caratteristiche e affinità all’interno della rosa bianconera, così diversa e piena di nuovi giocatori rispetto alla passata stagione.

LA JUVENTUS IN CAMPO

Ovviamente questo non esclude che ci siano anche dei problemi tattici. Thiago Motta ha iniziato la stagione utilizzando quello che formalmente può essere descritto come un 4-2-3-1. Nelle prime tre giornate il trequartista, in assenza di Koopmeiners, è stato Kenan Yildiz, poi sostituito dall’olandese a partire dal secondo tempo del match della terza giornata contro la Roma. La Juventus ha da subito adottato alcuni principi del gioco di posizione - soprattutto riguardo come la squadra deve fissare l’ampiezza, l'attacco della profondità e lo scaglionamento dei giocatori interni - ma sempre mostrando grande fluidità, scambiando e ruotando le posizioni dei giocatori.

Nelle prime giornate, ad esempio, Yildiz – trequartista – e Mbangula – esterno sinistro – muovevano liberamente le proprie posizioni; o ancora, in fase di impostazione i terzini – Cambiaso, ma anche Cabal e Kalulu, impiegato a volte come terzino destro prima dell’infortunio di Bremer – tendevano a muoversi internamente per dare nuove linee di passaggio e disordinare le strutture difensive avversarie.

La fluidità posizionale della Juventus contro la Roma. Un terzino alto in ampiezza e uno dentro il campo. Un esterno a fissare l’ampiezza e l’altro dentro il campo. Linea di costruzione a tre con Locatelli in posizione di braccetto. Corridoi verticali tutti occupati.

Al rientro della pausa per le Nazionali di inizio settembre Thiago Motta ha avuto a disposizione, per la prima volta in stagione, quasi tutta la rosa e ha cominciato a muovere le pedine all’interno del suo 4-2-3-1. È cominciata una fase di sperimentazione per trovare l’alchimia giusta tra i giocatori - necessaria per cesellare da tutti i punti di vista gli incastri e le affinità dei singoli calciatori.

Ad Empoli, Thiago Motta ha schierato una sorta di 4-3-3 con Locatelli mediano e Douglas Luiz e Koopmeiners mezzali. Fagioli, nella prima parte di stagione, è stato ampiamente impiegato. È successo di nuovo, per esempio, nella partita di Lipsia, in cui ha giocato in mezzo al campo assieme a McKennie e Koopmeiners, con Locatelli in panchina.

Il primo grande scossone alla costruzione della squadra è stato l’infortunio di Bremer a Lipsia che ha privato la Juventus delle capacità del suo leader difensivo. Il campione è chiaramente ridotto, ma nelle sei partite con Bremer in campo la Juventus ha subito solo il gol di Saibari nei minuti di recupero della partita di Champions League vinta 3-1 contro il PSV Eindhoven. L’enorme quantità di infortuni seguiti a quello di Bremer (a Lipsia, un paio di minuti dopo, si fece male anche Nico Gonzales) ha progressivamente limitato le scelte dell’allenatore e interrotto il processo di conoscenza reciproca dell’intero gruppo.

Gli scricchiolii che sono seguiti sembrano aver reso Thiago Motta ancora più attento al controllo del match. La squadra ha mano a mano rinunciato all’iniziale fluidità in favore di una struttura posizionale più statica in grado di garantire maggiore stabilità in transizione difensiva. Il possesso palla è diventato via via più conservativo e il numero di giocatori sopra la palla è diminuito. Tante volte la struttura su cui si è appoggiata la costruzione del gioco della Juventus è rimasta stabile sul 4+2, con gli esterni offensivi, in particolare Yildiz, costretto a rimanere aperto e quindi un po’ fuori dal gioco, a fissare l’ampiezza. La transizione offensiva è stata più orientata al consolidamento del possesso che a generare pericoli approfittando degli spazi a disposizione.

Tutto ciò spesso ha privato la Juventus di quella che sembra una delle sue armi migliori, cioè l’attacco veloce degli spazi in transizione o dopo avere attirato la pressione avversaria. Tantissimi dei gol bianconeri, dall’ultimo di Kalulu contro l’Atalanta al primo in stagione di Mbangula contro il Como, sono nati da attacchi rapidi in un campo lungo generato dalla transizione offensiva o dall’avere attirato la pressione avversaria nella propria metà campo. Nelle ultime settimane, però, questa risorsa è diventata via via più scarsa.

Anche le scelte di formazione, sebbene quasi sempre forzate dagli infortuni, hanno premiato indirizzi più conservativi. Ad esempio, Locatelli – peraltro sempre preziosissimo tatticamente per il suo apporto difensivo – è diventato titolare fisso dopo un inizio di stagione in cui aveva alternato il posto da titolare con Fagioli, mentre l’esperimento di Yildiz in posizione di trequartista, assieme a due esterni di ruolo, è stato riproposto solamente in Coppa Italia contro il Cagliari. Le dichiarazioni di Thiago Motta a commento della prestazione – buona – di Yildiz al termine di quella partita hanno chiarito le priorità dell’allenatore bianconero in questo momento. Il tecnico italo-brasiliano, infatti, ha sottolineato i palloni persi dal suo numero 10 chiedendo giocate meno rischiose. Il punto era limitare le scelte che magari avrebbero potuto creare occasioni da gol ma che allo stesso tempo esponevano la squadra a palle perse e a transizioni difensive.

La drammatica situazione degli infortunati ha ridotto le energie della squadra, apparsa in alcune partite completamente svuotata, privando l’allenatore e il gruppo di giocatori di una parte importante del processo di conoscenza. L’impressione, dall’esterno, è che dopo le prime partite sia mancato lo step successivo per la crescita della squadra, rimasta allo stadio di un’applicazione molto attenta, ma ancora scolastica, delle idee del proprio allenatore. Sembra che sia mancato tutta la fase di arricchimento tattico-tecnico ed emotivo che passa dalla conoscenza reciproca, dalla comprensione profonda delle caratteristiche dei giocatori e del gruppo. Ne è uscita una squadra molto organizzata, e per questo molto complicata da battere, ma anche timida e incapace di portare dalla propria parte le partite più difficili.

La Juventus 2024/25 è squadra giovane e ricca di talento e ha più volte dimostrato di essere in grado di cedere parte del controllo in favore di un approccio più aperto e rischioso. Il recupero dallo svantaggio nelle partita di Lipsia, contro l’Inter, il Bologna e il Venezia, e l’atteggiamento mostrato nell’ultima partita contro l’Atalanta, sono una dimostrazione che la squadra ha le potenzialità per giocare un calcio meno conservativo e gestire partite più caotiche.

LE INCOGNITE

Gli infortuni sembrano aver impedito a Thiago Motta anche la possibilità di chiarire alcuni equivoci tattici, che pure zavorrano la Juventus. Il deficitario rendimento di Koopmeiners, per esempio, ma anche il ridotto impiego di Douglas Luiz e la possibilità di inserire meglio Vlahović fino ad arrivare all’eccessiva centralità di Francisco Coinceção in alcune parti della stagione.

Koopmeiners, per esempio, è arrivato a Torino all’ultimo giorno di mercato e senza avere effettuato la preparazione atletica. Si è poi infortunato alla costola nella partita di Lipsia, perdendo altri match e la possibilità di allenarsi. Thiago Motta lo ha quasi sempre impiegato da trequartista, spostandolo soprattutto sul centro-destra per compensare la tendenza di Khéphren Thuram ad inserirsi sul centro-sinistra. Le difficoltà della Juventus e l’atteggiamento più conservativo adottato da Motta, che ha ridotto il numero di giocatori sopra palla costringendo gli esterni offensivi a fissare l’ampiezza, hanno finito per isolare Koopmeiners costringendolo a un’interpretazione piuttosto statica del ruolo, vicino a un giocatore autosufficiente e poco associativo come Coinceção.

Koopmeiners è invece un giocatore fortemente associativo e che ha bisogno di muoversi per il campo per sfruttare al meglio le sue caratteristiche. Thiago Motta, poi, sembra puntare molto su di lui per guidare il pressing offensivo, funzione che sembra drenargli molte energie in un momento in cui non è al meglio della condizione atletica.

Anche Douglas Luiz ha sofferto a lungo di un infortunio, dopo una preparazione ridotta a causa della partecipazione alla Copa America. Il brasiliano ha spesso pagato le scelte difensive di Thiago Motta che più volte hanno richiesto un impegno particolare agli interni di centrocampo. Prendendo ad esempio l’ultima partita contro l’Atalanta, la Juventus ha difeso con un mix tra controllo della zona con i quattro giocatori più avanzati, che non dovevano farsi attirare dalle rotazioni in costruzione degli avversari, e marcature a uomo in zona più arretrata, con Kalulu e Gatti che non avevano paura a farsi portare fuori posizione, anche contemporaneamente, da De Ketelaere e Lookman. In questo contesto tattico ai due interni di centrocampo – Locatelli e Thuram – era assegnato il compito si seguire da vicino gli inserimenti centrali di Pasalic ed Ederson, posizionandosi spesso al centro della difesa.

Kalulu è aperto su De Ketelaere, gatti è largo su Lookman. Thuram e Locatelli corrono a difendere l’area dagli inserimenti di Pasalic ed Ederson


Un’interpretazione difensiva che ha richiesto grosso sforzo atletico e di attenzione a Locatelli e Thuram, e che forse non è nelle corde di Douglaz Luiz. Di certo le difficoltà incontrate dalla Juventus e un’interpretazione così conservativa del gioco da parte di Thiago Motta non hanno favorito l’inserimento del brasiliano.

Anche l'importanza, forse eccessiva, di Coinceção può in parte essere spiegata con la prudenza di Thiago Motta. Il portoghese è un calciatore che tende a essere autosufficiente e una squadra che progressivamente è sembrata sempre più conservativa in fase offensiva ha di certo trovato comodo appoggiarsi sui dribbling e sull’improvvisazione del portoghese per ovviare al deficit di imprevedibilità della fase d’attacco.

A Dusan Vlahovic, invece, è stato assegnato il compito di fissare la profondità con movimenti ad allungare la difesa avversaria, alternandoli a movimenti verso il pallone a supporto della manovra offensiva. Di certo Thiago Motta non ha provato a farne un improbabile clone dello Zirkzee di Bologna e ha cercato di utilizzarlo da centravanti classico senza troppi compiti di raccordo. Tuttavia, dall’esterno, l’impressione è che Vlahovic non sia, per caratteristiche, il centravanti ideale per il calcio di Thiago Motta. Forse, chissà, non è nemmeno scattata la "scintilla" tra i due. Anche per questo il centravanti serbo sembra trascinarsi in campo un nervosismo eccessivo, che spesso finisce per limitarlo.

Oggi, dopo 20 partite di campionato, la Juventus ha 34 punti, davvero troppo pochi per le ambizioni del club. Al di là dei risultati, però, il lavoro di Thiago Motta nel cercare di dare un’identità ben definita ad una squadra nuova è evidente. Insomma, forse il cammino è più lento di quello che ci si poteva immaginare in estate, ma sembra avviato. Di certo è passato troppo poco tempo per pensare di arrivare a delle conclusioni, dopo sola mezza stagione e una rivoluzione resa necessaria dopo tanti anni di spese da instant team considerate non più sostenibili. Se anche stavolta, come in passato, il progetto di ringiovanimento della squadra e abbassamento dei costi venisse ucciso sul nascere senza dargli il tempo necessario sarebbe davvero difficile immaginarsi di nuovo il futuro della Juventus.

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