Domenica 3 dicembre, dopo un ricovero di cinquanta giorni all’Humanitas Gavazzeni, è morto Sebastiano Capelli: il ventitreenne era una presenza fissa del tifo atalantino, in Curva Pisani come in trasferta, prima che la scoperta di una grave malattia nel mese di settembre portasse ad un peggioramento repentino delle sue condizioni. Bisogna immaginare quella dell’Atalanta come una tifoseria certamente in crescita grazie ai successi recenti, ma dal bacino imparagonabile a quello delle squadre di alta classifica. In una comunità più ristretta come quella nerazzurra i rapporti personali e gli affetti riescono a valicare il confine delle logiche di curva. Da fuori è difficile percepirlo, ma un evento del genere ha contribuito a rendere turbolento, a livello emotivo, l’ultimo periodo.
Lunedì 4 dicembre, prima che Marten De Roon e Christian Raimondi sostassero sotto lo spicchio dell’Olimpico Grande Torino per mostrare ai 570 tifosi ospiti una maglia in ricordo di Sebastiano, "la Dea" si è resa protagonista di una delle prestazioni più frustranti dell’intera gestione Gasperini, sovrastata dall’ex Zapata e dall’impatto fisico del Toro. Giunti al termine del 2023, è difficile dare un parere univoco sulla stagione dell’Atalanta. La vittoria contro il Milan è stata una boccata d’aria, ma l’ultimo periodo è stato contraddittorio per i nerazzurri. La settimana appena trascorsa ha concentrato tutte le sensazioni contrastanti degli scorsi mesi.
Situazioni di emergenza, dal 2016 ad oggi, tra infortuni e squalifiche, ce ne sono già state. Gare condizionate dall’impegno europeo sono ormai una consuetudine per una società che, giova ricordarlo, prima delle sei stagioni su otto tra Champions League ed Europa League dell’era Gasperini non disputava tornei internazionali da ventisei anni. A cavallo tra anni ‘80 e ‘90 c'erano state due Coppa UEFA consecutive, precedute dalla semifinale in Coppa delle Coppe ottenuta nell’anno in Serie B e seguite dalla Coppa Anglo-Italiana. 1 Coppa dell’Amicizia, 4 Mitropa Cup, 1 Coppa delle Alpi e 1 Coppa Piano Karl Rappan, tutte tra i ‘60 e ‘70, senza sfiorare nemmeno lontanamente l’alzata al cielo di un trofeo. La combinazione di infortuni e partite di coppa, però, stavolta è stata davvero dura da assorbire.
Mercoledì 6 dicembre, a margine del tradizionale brindisi pre-natalizio con la stampa locale e nazionale nell’hospitality del Gewiss Stadium, Antonio Percassi, oltre a rivendicare la qualificazione da primi nel girone agli ottavi di Europa League e il completamento dei lavori al Gewiss Stadium, si è soffermato sulla situazione contingente. «Ultimamente siamo in difficoltà coi risultati, ma è solo per via degli infortuni», ha dichiarato per rassicurare l’ambiente «A gennaio siamo pronti a intervenire sul mercato dove serve».
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Venerdì 8 dicembre, durante la conferenza stampa alla vigilia di Atalanta-Milan, anche Gian Piero Gasperini ha dovuto esporsi sugli ultimi risultati. Come nel caso di Percassi, due sono stati gli argomenti più importanti toccati dal tecnico di Grugliasco. Il primo, gli infortuni: «Partiamo già da qualche infortunio cronico, non mi sembra ci siano stati tanti infortuni, anzi siamo stati fortunati che per tanto tempo non ne abbiamo avuti tanti». Il secondo, l’organico e, in maniera indiretta, il mercato: «Personalmente penso che le squadre si facciano a luglio. Il fatto che l’Atalanta sia attenta è una cosa positiva».
Certo, non è detto che presidente e allenatore debbano per forza condividere la stessa opinione, soprattutto con il credito che Gasperini ha accumulato in questi anni. In un periodo in cui stabilità ed equilibrio sono merce rara, però, non sarebbe stato meglio evitare di esporre le proprie divergenze riguardo infortuni e mercato?
Il vortice emotivo di Atalanta-Milan
Sabato 9 dicembre il Gewiss Stadium è stato luogo-simbolo della stagione atalantina, capace di catturare tutto lo spettro d’emozioni che comporta seguire settimana dopo settimana i nerazzurri. Dalla commozione per l’omaggio della Nord a Sebastiano Capelli alle reprimende via megafono dei capi ultras a fine primo tempo per un supporto ondivago nei confronti di una formazione stravolta dagli infortuni. Dai mugugni per gli errori tragici di De Ketelaere davanti a Maignan alle vibranti proteste verso l’arbitro La Penna nell’azione del pareggio di Giroud.
Dai fischi di pochi al momento della sostituzione di Lookman con Muriel – per precisare, vista la mancata comprensione di Gasperini stesso e la manipolazione dei virgolettati estratti dalle dichiarazioni a fine partita: i fischi non erano rivolti né a Muriel, entrato qualche secondo prima al posto di De Ketelaere, né a Miranchuk, ma alla scelta rischiosa di Gasperini di privarsi di Lookman, migliore in campo sino all’82’ – ai bambini lanciati in aria dai padri al tacco del colombiano.
Gli opposti dell’Atalanta, condensati in un paio di azioni: i rimpalli vinti di pura foga e spirito di Scalvini e l’errore kafkiano di Lookman sul 2-1, il possesso riconquistato anche oltre i propri meriti e la bellezza maniacale dei 3 tocchi di sinistro di Miranchuk e i 2 tocchi di destro di Muriel per il 3-2.
Sei giorni, poco meno di 150 ore per scandagliare l’intero spettro dei sentimenti dell’animo calcistico, sceglierne a turno un brandello e finire per condensarli tutti, con l’impresa di capire ora cosa ci sia di vero, cosa di esagerato e cosa di iperbolico.
Quella di Gasperini è e sarà sempre un’Atalanta entropica, che baserà il proprio sistema sul trasformare in energia il disordine generato all’interno di una partita come di una sala stampa o di una zona mista. È per questo motivo che i riferimenti al “gruppo storico” e al “nucleo solido” del mister di Grugliasco devono essere isolati. Non vanno visti forse come un’autentica nostalgia di quel periodo, ma come lo scenario delle strategie comunicative di Gasperini. È difficile sostenere che il ciclo di Gasperini all’Atalanta sia concluso, come qualcuno si è affrettato a dire.
Non possono bastare i risultati altalenanti di questo inizio di stagione per parlare di fine di un ciclo: chiedersi perché l’Atalanta non sia mai passata con continuità alla difesa a quattro – nemmeno quando la struttura di base della rosa e gli imprevisti sembrerebbero suggerirlo a gran voce, proprio come adesso – è un quesito privo di senso perché non considera l’identità del progetto Gasperini. Allo stesso modo, è inutile aspettarsi cambiamenti nel modo di affrontare la settimana a Zingonia, che si tratti dei metodi di allenamento o della corretta pronuncia dei cognomi dei calciatori dopo oltre un anno di lavoro insieme.
È la parte da un lato più affascinante e dall’altro più esposta a critiche delle scuole calcistiche più identitarie: ci si confronta non con assiomi o postulati mutevoli ma con dogmi inderogabili. Nonostante tra questi dogmi Gasperini con gli anni abbia trovato formule sempre leggermente diverse, e meno rigide di quanto forse non si dica.
I problemi di infermeria
È impossibile non sottolineare le grandi potenzialità e gli altrettanto evidenti limiti dell’Atalanta 2023/24. Certo, gli infortuni hanno impedito, finora, di esprimere il massimo delle potenzialità della rosa. I numeri sono eloquenti.
Finora sono 12 i giocatori dell’Atalanta colpiti da infortuni, per un totale di 44 partite saltate. Se gli acciacchi dovessero continuare a colpire la rosa con questo ritmo, i numeri comunque non si discosterebbero di molto da quelli delle altre stagioni post-Covid, in cui i nerazzurri hanno fatto registrare un incremento progressivo degli infortuni. I 12 giocatori infortunati e le 37 partite saltate del 2019/20 sono diventati rispettivamente 22 e 96 nel 2020/21, 22 e 118 nel 2021/22 e 22 e 137 nel 2022/23. Al momento i casi gravi riguardano Palomino ed El Bilal Touré, per tutti gli altri si tratta di stop di breve durata, anche se ci sono state ricadute, come nei casi di Tolói e Scamacca.
Dal 2012 a luglio 2021, periodo comprensivo, quindi, dei peggioramenti post-Covid, il responsabile per la prima squadra è stato Marco Bruzzone, ora Head of Medical Department del Sassuolo. Con Bruzzone la conclusione del rapporto non è stata pacifica: nell’estate 2021 l’Atalanta ha comunicato al responsabile l’inserimento all’interno dell’organigramma di Michele Albano, ancora oggi coordinatore della gestione medica atleti delle ATP Finals. Più della conoscenza pregressa tra Albano e Gasperini, risalente al periodo nelle giovanili della Juventus del tecnico di Grugliasco, Bruzzone non ha apprezzato che Albano venisse investito di un ruolo superiore al suo. Non accettando di essere sottoposto a una figura che non conosceva le strutture e i calciatori, ha rassegnato le dimissioni.
Il 2021/22 non è stato però un anno migliore dal punto di vista atletico: i giocatori non hanno apprezzato i metodi di Albano, né a livello teorico né a livello di riscontro pratico. I casi di Gosens e Zapata sono emblematici: sia il tedesco che il colombiano hanno subito ricadute per infortuni trattati non nella maniera corretta, tra terapie conservative del tedesco e l’affidamento affrettato del colombiano alle cure di uno specialista finlandese esterno all’organigramma societario. Dopo una sconfitta casalinga col Cagliari, con Zapata di rientro da un infortunio costretto a uscire dopo quattordici minuti per una nuova lesione muscolare, vi fu un serrato confronto con i dirigenti.
La direzione di Albano è durata solo una stagione: nell’estate 2022 ha avuto luogo una nuova rivoluzione nel reparto medico. Dal Pisa è arrivato il fisioterapista Omar Souaada, dall’Hellas Umberto Improta, capo dei fisioterapisti per tre anni a Verona insieme al nuovo DS D’Amico. Soprattutto, è arrivato il medico Riccardo Del Vescovo, anche lui reduce da un’esperienza a Verona giunta dopo un quinquennio negativo alla Roma. Del Vescovo non è ancora riuscito a migliorare la situazione, ma c’è da dire che le responsabilità precedono il suo arrivo a Zingonia.
I problemi di campo
Detto degli acciacchi che ormai caratterizzano le stagioni dei nerazzurri, gli infortuni non bastano comunque a giustificare il momento ambiguo della squadra. I problemi riguardano anche il campo, a partire dalla fase difensiva.
In partita, è evidente quanto il pressing dell’Atalanta non sia più quello infernale dei primi anni di Gasperini. Senza palla, oggi, "la Dea" si affida spesso a un atteggiamento più prudente. L’andamento del PPDA racconta bene il nuovo atteggiamento dell’Atalanta, che ha avuto come punto di inflessione l’estate 2022. Il dato, calcolato sui 90’, è costante dal 2016/17 al 2021/22: 9.17 nel 2016/17, 8.62 nel 2017/18, 8.56 nel 2018/19, 7.76 nel 2019/20, 9.05 nel 2020/21 e 8.43 nel 2021/22. Dal 2022/23, però, aumenta nettamente, 11.32, fino ad arrivare agli 11.68 passaggi concessi per azione difensiva delle prime quindici gare di questa stagione.
La versione più esaltante dell’Atalanta è ancora quella capace di cercare l’anticipo coi braccetti oltre il cerchio di centrocampo: il primo tempo del José Alvalade di Lisbona, fondamentale a conti fatti per garantirsi il primo posto e arrivare tranquilli all’ultima giornata del girone F di Europa League, è indubbiamente la miglior prestazione di questa seconda parte di 2023. La conseguenza immediata di quei quarantacinque minuti, però, è stata un secondo tempo di quasi sola difesa posizionale. Nelle grandi partite, comunque, l’Atalanta continua a offrire sprazzi di aggressività: il primo tempo dell’1-2 con l’Inter, i primi venti minuti della ripresa col Napoli, la mezz’ora a cavallo dell’intervallo a Firenze e i primi trenta minuti del ritorno con lo Sporting Lisbona. Niente di paragonabile, però, a quello che la squadra riusciva a fare qualche anno fa.
I momenti più difficili per l’Atalanta, allora, riguardano situazioni specifiche di difesa della porta, come l’atteggiamento sui cross, siano essi cutback, calci d’angolo o traversoni dalla trequarti. I due gol del Milan, l’1-0 di Zapata a Torino, il 2-0 del Frosinone alla seconda giornata, il vantaggio firmato Kvaratskhelia nell’1-2 dell’esordio di Mazzarri, le reti di Martinez Quarta e Kouamé nel 3-2 di Firenze, l’autorete di De Ketelaere e il decisivo gol di Vecino nella sconfitta di misura all’Olimpico. Troppi indizi per non fare una prova, che incastra un’Atalanta piena di giocatori di buona stazza ma lacunosi o poco concentrati nella propria area.
Non ci sono particolari fragilità tattiche, quindi. Nemmeno una fatica nel creare gioco, perché se è vero che i 98 gol del 2019/20 e i 90 del 2020/21 saranno difficilmente ripetibili per qualsiasi squadra della Serie A, i numeri attuali sono meno gravi di quel che si potrebbe pensare. L’Atalanta è ormai a suo agio in linea teorica nell’affrontare sia blocchi bassi che pressioni alte, è capace di difendere con baricentro alto e abbassarlo a seconda dei momenti della partita. La squadra di Gasperini non rende unicamente bene in una situazione e costantemente male in un’altra, ma è la gestione psicologica dei momenti stessi a costare caro, soprattutto negli scontri diretti con squadre con tasso qualitativo dello stesso livello o superiore.
I nerazzurri sono quarti per tiri (206, a pari merito con la Juventus), terzi per percentuale di tiri in porta (35%), quarti per rapporto tra gol e tiri (0.12 gol/tiro), quarti per passaggi in area di rigore (142), quint per tocchi in area avversaria (339). La coppia Scamacca-Lookman occupa i vertici del campionato sia per tiri in porta ogni 90’ (1° e 10° rispettivamente con 1.95 e 1.25) che per non-Penalty xG ogni 90’ (5° e 6° con 0.47 e 0.45).
Il tutto, paradossalmente, senza aver ancora esplorato tutti gli scenari del reparto d’attacco: il giocatore offensivo più impiegato in Serie A da Gasperini è Ademola Lookman. Senza aver ancora raggiunto i picchi dell’inizio del 2022/23, con 871 minuti disputati, recuperi esclusi, è solamente l’8° giocatore di movimento tra quelli impiegati in rosa. La chiave di volta rischia di essere proprio la gestione dell’assenza del nigeriano, in procinto di trascorrere almeno un mese in Costa d’Avorio per la Coppa d’Africa.
El Bilal Touré, che andrebbe a sostituire "Mola" sì a livello numerico ma non per caratteristiche, al rientro aggiungerà capacità di leggere lo spazio oltre la linea difensiva avversaria e possibilità di generare pericoli col riciclo di seconde palle o duelli aerei. A venire meno, però, sarebbe il lavoro di raccordo che Lookman sta gradualmente integrando nel suo gioco. Lookman sta registrando i migliori numeri in termini di passaggi progressivi per 90’ nei campionati nazionali della sua carriera (4.47, l’anno scorso era arrivato a 4.11, massimo dei 6 anni tra i professionisti), volume ed efficacia dei passaggi totali (29.03 completati su 37.98 tentati a partita) e quelli nel terzo finale (2.19).
Un saggio della visione di gioco sempre più sviluppata del nigeriano: si stacca dalla linea per favorire l’appoggio di Hateboer, orienta il corpo per rientrare verso il centro e connettersi con il trequartista che fissa la profondità al suo posto a rimorchio o l’altro riferimento offensivo. Di piede debole, il filtrante per lo stop a seguire di Scamacca è molto più difficile di quel che sembri. O, crudelmente, appare più banale a causa di ciò che succede poco dopo.
Touré resterà a Bergamo o partirà anch’egli per l’Africa occidentale, considerato che Éric Chelle lo convocherebbe a guidare il Mali anche se mostrasse minimi segni di deambulazione? Ci saranno maggiori responsabilità per due giocatori tecnici come De Ketelaere e Miranchuk, magari in associazione con Scamacca e/o Touré? Avrebbe senso aggiungere un nuovo profilo offensivo col mercato, visto che l’attacco è il reparto in cui tradizionalmente Gasperini ruota più spesso?
Il futuro immediato dell'Atalanta
La trasferta europea a Częstochowa, luogo di culto e venerazione della Vergine Maria, ha messo ancora in mostra lo stato di grazia di Muriel e qualche giovane del settore giovanile - il difensori Bonfanti ha persino segnato. Gasperini ha detto che si tratta di un buon gruppo, pur non essendoci un talento che spicca sugli altri. Nella stessa intervista ai microfoni di Sky, Gasperini ha fatto i complimenti ad Hateboer. Ultimamente il tecnico aveva definito i due olandesi in rosa «distratti»: se il feeling con Mitchel Bakker non è ancora sbocciato – quella col Milan è stata la seconda esclusione per scelta tecnica del campionato dopo la trasferta di Verona – più sorprendente era stata l’esclusione dai convocati di Hans Hateboer, pretoriano del gruppo, per il quale Gasperini ha costantemente speso elogi e sul cui rientro a regime dopo la lesione al crociato della scorsa stagione ha insistito fino a un punto dove la maggior parte di analisti e tifosi non si sarebbe spinta.
Per una società e un allenatore storicamente restii a fissare asticelle di rendimento e risultati a inizio stagione, nemmeno quindici giornate di Serie A e gli ottavi di finale raggiunti in Europa League bastano a tracciare un bilancio dell’inizio di 2023/24. Non è nemmeno detto che la qualificazione a una coppa europea invece di un’altra, un passaggio del turno o un’eliminazione determinino con certezza il futuro di Gian Piero Gasperini sulla panchina della "Dea".
Gasperini è rimasto saldo al timone in momenti di burrasca come i tre punti delle prime cinque giornate del 2016/17 e i quattro nelle prime otto del 2018/19. Confermato senza esitazioni dopo il diverbio nell’intervallo col Midtjylland che è costato la cessione del “Papu” e dopo la prima stagione senza qualificazione in Europa, la 2021/22, con tanto di prolungamento di contratto. Gian Piero Gasperini impugna il coltello dalla parte del manico, giacché è stata la stessa società a consegnarglielo.
La fiducia della famiglia Percassi ha prevalso anche a fronte delle ipotesi valutate da Stephen Pagliuca e Lee Congerton al momento dell’ingresso in società. Fiducia incondizionata che dovrebbe portare anche a giudizi più equilibrati e ponderati nella valutazione delle prospettive stagionali della "Dea", per evitare di vivere ancora settimane come quella appena passata, non troppo dissimile nel paventare metamorfosi o rivoluzioni così come si era fatto con ordine inverso dopo l’accoppiata Sporting Lisbona-Lazio di inizio ottobre.
Non si può anticipare la parola “Fine” sull’epopea di Gasperini all’ombra della Maresana perché, dopo aver stravolto i connotati della "Dea" e dopo aver mutato in stanca e annoiata assuefazione una quantità di risultati e vittorie che solo un decennio fa avrebbe provocato un ricovero d’urgenza anche al più ottimista dei tifosi atalantini, solo una mano potrà scriverla. La sua. Che piaccia o meno.