«Probabilmente Sinner e Carlos potrebbero dominare il Tour per i prossimi dieci anni» ha detto Juan Carlos Ferrero, ex numero uno del mondo e allenatore di Alcaraz, ma non è un pensiero così originale. Non c’è oggi appassionato o commentatore che non preveda la rivalità Sinner-Alcaraz come quella che nei prossimi anni definirà il mondo del tennis, nel solco di Federer-Nadal, Nadal-Djokovic, Agassi-Sampras e così via.
Vedendo le loro sfide è difficile non pensarlo. Alcaraz e Sinner hanno dato vita nei loro tre incontri stagionali a partite memorabili. L’ultima sfida dello US Open è stata considerata, per acclamazione popolare, una delle più belle partite dal 2000 in poi senza i Big-3 in campo. Un duello di cinque ore e un quarto in cui i due tennisti hanno mantenuto un livello di tennis altissimo e costante. Alcaraz ha avuto la meglio nel quinto set, salvando un match point sul servizio di Sinner nel quarto. Per molti versi una finale anticipata, dato che il sopravvissuto di quel match era il favorito tra i tennisti rimanenti nelle semifinali, e in effetti Alcaraz ha poi trionfato sull’Arthur Ashe, conquistando anche il numero uno del mondo, sbriciolando a diciannove anni e quattro mesi il record di Lleyton Hewitt fermo a vent’anni e otto mesi.
Una finale tutto meno che mediocre.
I rimpianti sono tanti per Sinner. Eppure se parliamo di una rivalità è perché l’italiano è stato finora capace di ribaltare il trend negativo, iniziato con l’ancestrale sconfitta nel Challenger di Alicante e proseguito a Parigi-Bercy. Più di qualcuno prima di Wimbledon aveva addirittura detto (e c’è chi continua a farlo) che tra il tennis di Sinner e quello di Alcaraz ci fossero non poche categorie di differenza.
Eppure Sinner ha vinto le due partite estive. In uno sport individuale come il tennis gli head to head possono variare molto in base ai periodi di forma, oppure venire ribaltati in maniera nettissima. Un esempio è la rivalità Nadal-Djokovic e Djokovic-Federer, con il serbo in svantaggio nei confronti dello svizzero prima del 2011 per 6-13 e addirittura 8-16 con Nadal. O andando più indietro nel passato Agassi che perse le prime tre sfide con Boris Becker per poi superare ampiamente i successivi confronti diretti tra i due.
Da quando l’Italia ha trovato talenti come Sinner, Berrettini o Musetti, la schizofrenia che spesso affligge gli appassionati di calcio non ha risparmiato il mondo del tennis, che in quest'epoca di espansione digitale sta facendo di tutto per alimentare la dicotomia Sinner-Alcaraz. Chi ne ha un bisogno disperato è l'ATP, che rimasta indietro a lungo tempo nelle sue strategie di marketing (per approfondimento rimando a questo bellissimo articolo di Matthew Willis) spera di aver trovato un'altra gallina dalle uova d'oro. Come Federer e Nadal i due si rispettano, con parole al miele da parte di entrambi dopo vittorie e sconfitte. Alcaraz e Sinner hanno diversi punti in comune dal punto di vista tecnico, che promettono una rivalità più vicina a Nadal-Djokovic che a Federer-Nadal.
Alcaraz è davvero al 60%?
Dopo la vittoria dello US Open l'allenatore di Alcaraz Juan Carlos Ferrero ha stimato che il suo allievo è al 60% del suo potenziale. Certo è che nessuno conosce Alcaraz meglio del suo allenatore e, per quanto parliamo di cose intangibili, è una teoria credibile. L'ascesa di Alcaraz nel biennio 2021-2022 è stata repentina, tra le più rapide nella storia del tennis maschile, e in totale controtendenza con la lentezza del tennis degli anni più recenti. Si capiva subito che il tennis di Alcaraz aveva qualcosa del predestinato. Nell’anno prima della pandemia aveva appena 17 anni ed era già 141 del mondo. Pregi e difetti di Alcaraz erano già marcati dalla sua esperienza nel circuito Challenger, chiusa con quattro titoli da teenager e una memorabile semifinale a Trieste contro un altro grande talento come il nostro Lorenzo Musetti.
Alcaraz a 17 anni appena compiuti fa già vedere come il suo dritto sia un colpo ATP per peso palla e rapidità di apertura, che è anche ottima a nascondere la direzione.
A differenza di molti giovani prodigi arrivati prima di lui Alcaraz è già formato a livello fisico e tecnico, con colpi da fondo che non presentano problemi tecnici particolari. Se dritto e risposta sono difficilmente ancora migliorabili, è sul rovescio che lo spagnolo ha ancora margini. Un colpo che esegue con meno naturalezza, con un caricamento che non parte bene dal basso, con la racchetta troppo in alto, compensata però da una perfetta stabilità del busto e la potenza di braccio.
Fosse leggermente più alto e “lungo” di braccia potrebbe entrare tranquillamente nel novero dei migliori difensori della storia del tennis assieme a Djokovic e Nadal.
Tatticamente ricorre ancora molto alla palla corta, un colpo eccezionale favorito dalla meccanica del dritto, ma che Ferrero sta cercando di fargli usare meno, visto che tende ad abusarne, perdendo quindi imprevedibilità.
Resta il fatto che quando Alcaraz sente meno la palla non è sempre lucidissimo, e tende a tirare più forte e ad aumentare gli errori. All’opposto di tantissimi tennisti che quando sentono la difficoltà tendono a rallentare. Una frenesia palpabile anche dalle sue reazioni. Durante il secondo set contro Ruud pareva non accettare di poter giocare male. In generale Alcaraz tende a soffrire gli avversari che gli danno poco ritmo o che, specialmente in giornate sfavorevoli, riescono a fargli giocare spesso palle senza peso e da posizioni scomode, su cui preferisce cercare il vincente piuttosto che manovrare. Prendiamo la finale di Amburgo con Musetti, che è riuscito a vincere la maggior parte degli scambi lunghi grazie a un’alternanza marcata tra palle lente e accelerazioni improvvise, con top alti e back bassi, su cui Alcaraz è andato in tilt.
Forse è questa gestione dei ritmi e delle velocità quello che lascia pensare che Alcaraz abbia in effetti molti margini di miglioramento. Sono cose che si migliorano più facilmente di un dritto o di un rovescio malandati. Col tempo possiamo immaginare che riuscirà a controllare meglio l’esplosività dei suoi colpi, a fronteggiare le variazioni, ad avere pazienza.
Quando Ferrero ha tirato fuori quella teoria del 60% è corso un brivido sulla schiena dei tifosi italiani. Se Alcaraz è appena alla metà, all’incirca, del suo potenziale, cosa riserverà il futuro a Jannik Sinner? Quali briciole riuscirà a raccogliere? Le cose naturalmente sono più complesse di così.
L’anno rivoluzionario di Sinner
Il momento più scoraggiante per Sinner è arrivato nella sconfitta di Parigi-Bercy a novembre 2021. Lì ha mostrato tutti i suoi limiti nel gioco di volo e nella chiusura dei punti, contro il tennis a tutto campo di Alcaraz. La partita si è addensata di significati, per una promessa di rivalità che a quel punto sembrava sbilanciata, ma anche per il momento negativo di Sinner. Qualche mese prima aveva perso malamente da Zverev agli US Open e mesi dopo perderà agli Australian Open contro Stefanos Tsitsipas. Un trittico di sconfitte che aveva proiettato un’ombra sulle reali possibilità di Sinner. Si parlava di lui come di un campione annunciato, ma non riusciva a battere i top-10 e uno più giovane e più bravo di lui era appena piombato nel circuito.
Il punto che gira il tie-break contro Alcaraz. Non fidandosi completamente dello schiaffo al volo prova a colpire centrale.
A febbraio quindi Sinner cambia rotta. Si separa da Riccardo Piatti, per lui una figura quasi paterna, e sceglie Simone Vagnozzi, una scelta sorprendente per chi non conosce il suo lavoro incredibile con Cecchinato e Travaglia. In quei giorni si parlava di nomi più blasonati come Norman o addirittura McEnroe. Nonostante non abbia raggiunto vittorie significative, è stato un anno di costruzione promettente per Sinner. Un anno cui pare aver superato, in termini di potenzialità di gioco, i limiti del 2021. Un anno in cui ha vinto 5 tornei, tra cui il 500 di Washington, ma in al contempo non sembrava possedere il livello per competere ai vertici.
Sinner già nel primo periodo con il suo nuovo allenatore aumenta la percentuale di salite a rete e di palle corte. Per Tennis Abstract nella quasi totalità delle partite giocate dopo la sconfitta con Tsitsipas (di cui è disponibile il charting) il tennista italiano è salito a rete più del 10% dei suoi punti, con il picco del 18% raggiunto nella sfida contro Franco Agamenone a Umago, con una rinnovata confidenza a rete. Aumentano anche le palle corte, che Sinner usa per sfruttare, come Alcaraz, lo spazio che si apre per il timore dei suoi colpi da fondo. A Montecarlo Sinner rimonta Rublev resistendo alle pallate del russo nel primo set e girando il match nel secondo, con un bombardamento costante sulla seconda di servizio di Rublev. Nei quarti cede a Zverev, rimontando però un break di svantaggio nel primo set (vinto) e trascinando il tedesco al tie-break nel terzo dopo che Zverev era andato a servire per il match. La stagione su terra si chiude con due delusioni, prima una sconfitta in due set a Roma contro il solito Tsitsipas, e poi il ritiro dagli ottavi del Roland Garros, con un tabellone non impossibile per la finale.
Non ci aspettavamo molto dalla stagione su erba di Sinner, e invece su una superficie fino a quel momento indigesta ha certificato i suoi progressi. A Wimbledon si prende una rivincita su Alcaraz, con un gioco da fondo potente ma mai frettoloso, su cui lo spagnolo non trova contromisure. Dopo la sconfitta (comunque incoraggiante) con Djokovic, Sinner batte Alcaraz anche a Umago. Il terzo set è perentorio, con una partita a tutto campo tra serve and volley, recuperi smorzati, bordate da fondo e passanti.
Qui ribalta uno scambio indirizzato dalle bordate di Alcaraz facendo vedere tutto il suo repertorio, dalla difesa migliorata rispetto alle scorse stagioni fino al back difensivo di dritto e una salita a rete con ottimo timing e buon senso tattico.
Nella lotta da fondocampo, tra Sinner ed Alcaraz non esiste per ora pattern di gioco ripetuto in tutti i match. Non hanno punti deboli su cui l’avversario può insistere. Sicuramente Sinner è in vantaggio per quanto riguarda la diagonale di rovescio, il colpo migliore (e tra i migliori al mondo), grazie anche all’utilizzo migliore della mano sinistra. La diagonale si ribalta per il dritto, lato più naturale di Alcaraz da fondo e tra i migliori del circuito. Curiosamente sia Sinner che Alcaraz sembrano prediligere lo stesso tipo di superficie, la terra battuta particolarmente veloce (come quella di Madrid) e i cementi medio-rapidi. Sull’erba Sinner ha avuto più facilità rispetto ad Alcaraz nell’adattare il suo gioco, per un migliore adattamento ai colpi piatti, soprattutto sul rovescio, e un servizio meno carico e più piatto rispetto allo spagnolo. Alcaraz su erba non può sfruttare il kick con la stessa efficacia e da fondocampo non sembra apprezzare particolarmente i rimbalzi bassi.
L’incredibile atletismo in difesa di Alcaraz invece lo aiuta rispetto a Sinner sulle superfici lente, cemento o terra. Sul cemento il suo gioco da fondo viene esaltato in tutta la sua potenza e facilità nel generare vincenti. Discorso simile sulla terra, su cui il servizio viene arricchito dagli alti rimbalzi, oltre alla consapevolezza generale che sulla terra battuta (o sul cemento lento) pochissimi sono in grado di riuscire a superare la sua difesa. Al contrario Sinner, come visto in cementi particolarmente lenti come Indian Wells o quello del girone di Davis di Bologna, tende a patire le condizioni contro avversari ottimi a difendere. Il tennista italiano è migliorato tanto in difesa ma non sarà mai la sua fase di gioco prediletta, e con scambi lunghi anche la sua lucidità offensiva ne risente, rendendolo molto più nervoso e prono all’errore nel tentativo di cercare il vincente. A Bologna il cemento lentissimo, più lento della terra battuta, è sembrato togliere riferimenti a Sinner in fase di preparazione del colpo. Anche il servizio peggiora su questo tipo di superfici, non avendo ancora Sinner un kick affidabile e con la seconda di servizio che per la lentezza del campo diventa ancora più ribattibile dagli avversari. Una situazione quindi equilibrata, e anche il fattore principale della spettacolarità delle partite tra Sinner e Alcaraz.
La sfida del servizio
Tra tutti i colpi di Sinner quello che merita maggiore attenzione è il servizio. È questo, forse, il colpo chiave per la rivalità con Alcaraz. La sua altezza gli regala dei vantaggi. Oggi è ancora misurato con l’altezza presa a inizio carriera, ufficialmente 188 cm, ma dalle foto più recenti Sinner non sembra lontano dai 195 cm di Berrettini.
Nonostante i vantaggi dell’altezza, il servizio resta il suo colpo più debole, e quello che ha subito le principali modifiche dall’inizio della sua carriera. Nel corso dei tre anni ATP con Piatti Sinner è passato dal servire con i piedi separati durante tutto il movimento (platform) al servire con i piedi uniti (foot-up) per poi tornare a servire platform, con una certa instabilità del lancio palla e un’eccessiva rotazione del busto. Con Vagnozzi e Darren Cahill (leggendario allenatore australiano nel team di Sinner da Wimbledon) si sono visti dei cambiamenti tecnici, con la stabilizzazione definitiva alla posizione platform e la ricerca di una completa decontrazione del polso e di conseguenza velocità maggiori. Per chi vuole approfondire rimando a questo post di Luca Baldissera, uno dei più grandi conoscitori del tennis in Italia. Come ogni tennista sa il servizio, è un colpo fortemente automatizzato e che ha bisogno di tantissima pratica e tempo prima che diventi automatico anche nei momenti più complicati. Lo sa anche chi gioca ai livelli più bassi.
La prima di servizio di Sinner ha ottime velocità ma una bassa percentuale, e la sua seconda è decisamente troppo attaccabile dagli avversari. Difficoltà normali per un giocatore che ha cambiato vari movimenti di servizio e che solo ora si sta stabilizzando in una direzione.
Alcaraz ha pregi e limiti opposti, legati soprattutto alla sua altezza. I dati ATP lo attestavano su 1,85 e quest’anno la rilevazione è già cambiata a 1,83. Con varie comparazioni in foto possiamo notare come l’altezza dello spagnolo sia molto più vicina al range 1.78-1.80 che a quello 1.83-1.85. Chiaramente questo ha un impatto sulla meccanica del servizio. La prima di servizio ha buone velocità ma non grandi percentuali; è la seconda a brillare. Solo Reilly Opelka ha vinto più punti di lui con la seconda nelle ultime 52 settimane, più del 50%. Alcazar usa benissimo kick e slice, specialmente a uscire.
Sui break point il kick è il tipo di servizio più utilizzato da Alcaraz, che per i dati di Tennis Abstract è stato tirato ad uscire da destra nel più del 50% dei casi in 26 partite su 31.
La differenza tra i servizi di Alcaraz e Sinner si è notata particolarmente nell’epica sfida al quinto set degli ultimi US Open. Sinner otteneva più punti diretti dalla prima, ma Alcaraz ha un servizio più percentuale, e con una solidità che ha finito per scavare la differenza nei momenti difficili.
Il primo passo per migliorare è sbagliare. Il servizio di Sinner comincia a mostrare miglioramenti promettenti in profondità e velocità ed è questione di tempo che arrivi anche la confidenza necessaria col colpo, e quindi una prima costante per percentuali e una seconda affidabile. Dallo sviluppo del servizio di Alcaraz e Sinner dipenderà il futuro della rivalità e probabilmente anche di diversi Slam nei prossimi anni. Con due tennisti così fenomenali da fondo e in risposta, la sfida passerà per la capacità di determinare il contesto attraverso il servizio. Con punti diretti o con esecuzioni che mettano l’avversario in condizioni passive.
Alcaraz ha lanciato il guanto di sfida allo US Open con un servizio solido e, come visto nel game finale contro Ruud, terminato con due ace, anche capace di raggiungere velocità importanti. Sinner ha dalla sua l’altezza, che gli concede maggiori margini di miglioramento. Alcaraz sembra un tennista più completo, ma come la storia insegna il tennis non segue traiettorie esponenziali e per forza lineari.
Dittatura oppure oligarchia?
La vittoria dello US Open ha certificato lo status di Alcaraz come numero uno del mondo, ampiamente legittimato nel resto della stagione. In molti hanno interpretato questo successo come il il primo atto della sua dittatura sul mondo del tennis. Le previsioni sul numero di Slam che può vincere però sono l’esempio migliore di come la generazione dei Big3 abbia totalmente falsato il giudizio sul cosa è una carriera da fenomeno nel mondo del tennis. La barra posizionata dai Big-3 (più Murray) è talmente alta che adesso ogni tennista con potenziale da numero uno del mondo deve - o almeno può - vincere almeno una decina di Slam per essere legittimato nel suo status. Eppure oggi è più probabile, a meno di un declino competitivo del circuito, che il conto Slam di Alcaraz, Sinner e compagnia (Zverev, Medvedev, e chi altri?) sia molto più vicino a quello di Sampras e Agassi che a quello di Federer, Nadal e Djokovic. Sarebbe anche salutare per il tennis avere una rivalità più umana e meno oppressiva nei confronti del resto del mondo, che la vera e propria dittatura (questa sì) impressa dai 63 Slam dei Big3 nella loro epoca.
Qual è il contesto competitivo in cui si trovano e troveranno Alcaraz e Sinner? Oggi i contendenti principali per gli Slam restano i due inossidabili Nadal e Djokovic, che nonostante i tre Slam vinti nel 2022 cominciano a mostrare qualche crepa a livello fisico e mentale, e hanno ormai abbandonato la quasi totalità dei tornei non-Slam durante la stagione, a meno che non siano preparatori. La Next Gen è stata una delle generazioni più sfortunate, per tempismo, della storia del tennis, finita stretta nella morsa tra gli ultimi attimi dei Big3 e l’inizio dello stardom della Next Next Gen.
Ne abbiamo avuto un esempio nell’ultimo anno. Stefanos Tsitsipas è stato sconfitto allo US Open da Alcaraz, al Roland Garros da Holger Rune, a Montreal dal giovane britannico Jack Draper. Il giovane danese si prospetta, con Musetti, come uno dei principali contendenti nel futuro per quanto riguarda la terra battuta, con margini anche sul cemento. Insieme al britannico, sulle superfici veloci, ci sarà anche la nuova nidiata di americani: Sebastian Korda, Ben Shelton e il cinese ma di residenza USA Juncheng Shang. Tanti talenti italiani emersi nell’ultimo anno con Luca Nardi, Giulio Zeppieri e Francesco Maestrelli a fare da capofila e competitivi su tutte le superfici, senza dimenticare i giovanissimi Federico Cinà e Vito Darderi che stanno facendo bene negli under16. Anche Alcaraz potrebbe avere un rivale interno, Martin Landaluce, campione junior dello US Open con un fisico da corazziere (1.91) a soli sedici anni.
Medvedev, dopo la finale persa in modo rocambolesco contro Nadal, non è riuscito a confermare il suo 2021, culminato nella sconfitta contro Nick Kyrgios allo US Open e con un gioco che fuori dal cemento non dà gli stessi frutti. Proprio l’australiano, tra Wimbledon e lo US Open, è sembrato un candidato al titolo grazie alla sua ritrovata tranquillità (relativa). Se per talento Kyrgios non ha niente da invidiare a nessuno, fa una fatica enorme nei contesti in cui c’è tanto in palio e lui è favorito. Ne è un esempio la sconfitta con Khachanov a New York. Anni di non-allenamenti hanno pregiudicato il suo sviluppo, rendendo il Kyrgios attuale sostanzialmente una versione rifinita e concentrata di quella del 2017, sua ultima stagione completa ad altissimi livelli prima di questa. Il nuovo numero 2 Casper Ruud si sta confermando di settimana in settimana un tennista di alto livello, al netto delle critiche di chi lo vede solo come un terraiolo. Il norvegese sembra però più un mostro di costanza che batte sempre i peggio piazzati. I canadesi Shapovalov ed Auger-Aliassime non hanno mai fatto il passo ulteriore in termini di continuità, anche se FAA sembrava molto vicino a farlo ad inizio stagione e resta un candidato Slam su praticamente tutte le superfici date le sue ottime armi. Berrettini è uno dei front-runner del post Nadal/Djokovic su erba ed è uno dei pochissimi ad essere competitivi su tutte e tre le superfici, mentre Rublev non sembra ancora in grado di essere competitivo sul 3-su-5 a causa della mancanza di un piano B e per una seconda di servizio estremamente attaccabile.
Chiudono il quadro Alexander Zverev e Stefanos Tsitsipas. Il tedesco prima dell’infortunio sembrava aver girato una stagione nata malissimo dopo le (ennesime) buone premesse delle ATP Finals. Bisognerà seguire il suo recupero dall’infortunio, visto che il suo gioco è molto esigente per il suo fisico. Stefanos Tsitsipas dopo la finale persa in rimonta contro Novak Djokovic al Roland Garros sembra aver perso molte certezze, con un rovescio diventato una macchina da errori. Non è ancora chiaro se si tratta di scorie mentali oppure delle conseguenze a lungo termine dell’infortunio al gomito di fine 2021.
Achille nell’Odissea diceva al suo ex commilitone Ulisse che preferiva essere l’ultimo dei contadini vivi che il Re del regno dei morti. È meglio avere un grande rivale e vincere meno ma in maniera più significativa o imporre il proprio dominio su dei colleghi distanti categorie per talento?