All’indomani del gol che ha permesso all’Inter di completare la rimonta nel Derby di Milano, il quotidiano sportivo olandese Sportwereld ha messo in copertina una foto a tutta pagina di Stefan de Vrij che esulta, con scritto a caratteri cubitali: “Il Grande”. De Vrij ha appena compiuto 28 anni e gioca in Italia da quasi 6, eppure sembra che ci si stia accorgendo del suo reale valore soltanto adesso. La Gazzetta dello Sport lo ha definito “dominante”, mentre secondo il telecronista Stefano Borghi è il miglior difensore del nostro campionato in questo momento.
D’altra parte, non si può certo dire che sia una difensore che ruba l’occhio. De Vrij non è un giocatore fisicamente esuberante: non è veloce nel lungo né esplosivo sui primi passi, non è dominante sui duelli aerei né bruciante negli anticipi. De Vrij non è uno di quei centrali con la tecnica sopraffina da regista e non taglia il campo con cambi di gioco che sembrano droni telecomandati. Il suo stile non è neanche particolarmente elegante: quando corre i suoi passi sono pesanti come quelli di un golem di pietra e quando è costretto a recuperare sembra sempre in affanno (diciamo che può essere elegante solo in confronto al compagno di reparto, Skriniar).
Anche statisticamente, de Vrij non emerge rispetto agli altri: non è primo nemmeno tra i centrali dell’Inter per duelli aerei vinti (2.2 per 90 minuti; dietro a Godin e Bastoni), né per contrasti vinti (1.3 p90; dietro a Godin, Bastoni) o intercetti (1.3 p90; dietro a Godin). E nonostante faccia dell’impostazione dal basso e del lancio lungo una delle sue caratteristiche migliori, arriva ancora dietro agli altri centrali dell’Inter per passaggi totali (52.8 per 90 minuti; dietro a Skriniar, Bastoni e Godin), per lanci lunghi riusciti (2.5 p90; dietro a Godin, Skriniar e Bastoni) e per passaggi chiave (0.5 p90; dietro a Bastoni). Insomma, non stupisce che si sia dovuto inventare un gol decisivo in avvitamento sul palo più lontano in una delle partite più importanti della stagione per finire sulle prime pagine dei giornali.
Nonostante fosse l’unico nella batteria di centrali dell’Inter davvero al picco della carriera, de Vrij ha dovuto affermarsi anche in questa stagione per vedersi riconosciuto a pieno. Inizialmente è stato messo in ombra dalla storia forse più seducente di Godin, appena arrivato in Italia, dall’affermazione ad alti livelli di Bastoni o dalla capacità di Skriniar di ripetere la sua ultima grande stagione. De Vrij se l’è dovuto guadagnare questo momento, con la continuità di rendimento, certo, ma soprattutto facendo qualcosa di eccezionale anche per lui che, per essere un difensore, non segna certo poco.
Partendo da queste premesse, viene quindi naturale chiedersi cos’è che gli riconosciamo: cosa rende de Vrij speciale? Cosa lo rende grande?
Perché de Vrij è così importante per Conte
Come già detto, una delle caratteristiche più riconoscibili di de Vrij è la capacità di saper impostare dal basso, di far risalire il pallone anche sotto pressione. D’altra parte è anche l’unica qualità che lui stesso si riconosce: «In Italia ho imparato a marcare l'uomo, ma resto sempre un difensore olandese», ha detto in un’intervista al Corriere dello Sport all’inizio della scorsa stagione. «Quando giocavo in patria veniva curata soprattutto la tecnica e la fase di costruzione della manovra, per questo ho imparato a impostare da dietro».
Non è un caso, quindi, che Conte l’abbia subito messo nella posizione di vertice basso della sua difesa a tre, come d’altra parte ha sempre fatto con i suoi centrali più bravi a impostare, come Bonucci alla Juventus e in Nazionale, come David Luiz al Chelsea. Al contrario di David Luiz, e soprattutto di Bonucci, però, de Vrij è meno propenso a cercare il gioco lungo direttamente dalla difesa. Quando lancia lungo direttamente per le punte, lo fa solo per allentare la pressione avversaria, mentre quando c’è davvero da costruire il gioco dal basso preferisce cucire la manovra con l’aiuto del centrocampo, cambiare campo in orizzontale o uscire dalla pressione in progressione.
Le caratteristiche peculiari di de Vrij hanno influenzato l’intero funzionamento della difesa a tre dell’Inter di Conte, che in fase di uscita del pallone assume delle forme inusuali rispetto a quelle che siamo abituati a vedere. Di solito, in una difesa a 3, il vertice basso è effettivamente il difensore che rimane più vicino al portiere in fase di costruzione, mentre gli altri due centrali sono autorizzati a salire con il pallone anche oltre la linea di centrocampo: ma con de Vrij che preferisce giocare corto o salire palla al piede, la linea a tre dell’Inter tende a spezzarsi al centro, con il difensore olandese che arriva fino alla mediana per gestire il possesso mentre gli altri due centrali si stringono per coprirgli le spalle in caso di perdita del pallone.
In questi casi, de Vrij sembra tornare alle origini della sua carriera, quando aveva iniziato a giocare a calcio da centrocampista centrale nel VV Spirit (la squadra della sua città, Ouderkerk aan den IJssel), perché salendo dalla difesa per alcuni momenti si comporta di fatto da mediano accanto a Brozovic trasformando il 3-5-2 canonico in 4-4-2. Come vediamo, tra i due moduli più amati da Conte non c’è poi così grande differenza.
In maniera ancora più originale, l’Inter utilizza questo stesso identico set di movimenti anche senza palla. A de Vrij sono infatti assegnate le ricezioni centrali sulla trequarti della prima punta, su cui ha libertà di uscire in maniera aggressiva.
Quando questo succede, gli altri due centrali si stringono alle sue spalle difendendo la zona, in maniera opposta rispetto a quanto fanno altre squadre aggressive e verticali, come l’Atalanta o il Verona, che invece alzano i due difensori laterali in anticipo fino alla mediana - di solito per prendere le due ali avversarie che si stringono nei mezzi spazi - mentre il libero gli copre le spalle con diagonali profonde. Ciò è reso possibile anche dall’atteggiamento a volte conservativo dell'Inter, quando abbassa il baricentro sotto la linea del pallone e difende in maniera posizionale.
L'intero assetto difensivo della squadra di Conte, insomma, è configurato in modo da esaltare le sue qualità nella gestione del pallone, permettendogli di salire fino alla mediana per gestirlo, e per mascherarne i limiti atletici nella copertura della profondità, mettendogli sempre due uomini alle spalle sulle uscite in anticipo.
Questo spiega anche perché nell’ultimo Derby, come notato da Federico Aquè, l’Inter abbia sofferto molto il 4-2-3-1 del Milan che portava Ibrahimovic e Calhanoglu nella stessa zona centrale dove de Vrij sarebbe dovuto uscire in maniera aggressiva. Proprio dalla difficoltà a gestire la superiorità numerica nella zona di de Vrij è nato il suo grande intervento difensivo in scivolata alla fine del primo tempo, forse l’immagine più nitida della sua grande prestazione dopo il gol.
Su un tentativo di pressione alta dell’Inter sull’esterno sinistro Skriniar è uscito in ritardo dopo aver perso il duello aereo con Castillejo, permettendo a Conti di rilanciare direttamente verso le punte. Per continuare le scalate in avanti, però, sulla ricezione centrale di Ibra invece di de Vrij ci è andato Godin, che però arriva in ritardo e così libera Rebic alle sue spalle. De Vrij si prende il rischio di andare direttamente sulla linea di passaggio bloccando il suggerimento di Ibra in scivolata. Una decisione che ne rivela non soltanto la velocità di pensiero e l’intelligenza, ma anche la consapevolezza dei propri limiti (perché difficilmente avrebbe recuperato Rebic in velocità).
La sua grandezza
Quello di dover lavorare sulle proprie imperfezioni, di arrivare con il lavoro lì dove il talento e il fisico non potevano arrivare, è la costante che ha contraddistinto tutta la carriera di de Vrij: questo è il talento che dovremmo riconoscergli e che lo rende grande. È questa umiltà da artigiano che lo ha portato, dopo una lenta e graduale maturazione, a diventare uno dei migliori centrali nel campionato famoso per i suoi difensori, e ad arrivare a competere per un posto da titolare in Nazionale con due giocatori fisicamente dominanti e tecnicamente dotatissimi come van Dijk e de Ligt.
De Vrij ha sempre avuto un approccio maniacale al suo lavoro, che si è ulteriormente acuito dopo il grave infortunio al ginocchio alla fine della sua prima stagione con la Lazio (2014/15), che lo ha costretto a saltare la quasi totalità di quella successiva. La generale propensione agli infortuni lo ha portato a lavorare con più attenzione sulla propria alimentazione e sul sonno, ma de Vrij è molto attento anche a migliorare il suo gioco grazie all’aiuto di un analista personale con cui rivede le partite e cerca di analizzare i propri errori. Una volta ha dichiarato: «Non ho mai avuto molto tempo libero. Ho sempre messo il calcio e la mia formazione davanti al divertimento e alle mie relazioni sociali».
De Vrij è talmente focalizzato sul miglioramento di se stesso come atleta che da qualche anno lavora persino sulla respirazione. Tre ore prima di ogni partita fa degli esercizi per migliorare la concentrazione attraverso il respiro, grazie a un’app sviluppata da Wim Hof, un atleta estremo olandese diventato nel tempo un guru della meditazione.
Hof in Olanda è chiamato “The Iceman” perché ha costruito la sua fama sulla sua sovrannaturale resistenza al freddo e in particolare al ghiaccio, che secondo i suoi critici è dovuta al suo corredo genetico e che lui invece sostiene derivi proprio dai suoi esercizi sulla respirazione. Qualche anno fa de Vrij, per conoscerlo, è andato a uno dei suoi workshop in Olanda, ma per via di un errore si è presentato il giorno prima. De Vrij ha provato a chiedergli se fosse possibile farlo ugualmente, ma Hof è stato irremovibile. «Torni domani», gli ha detto «Sarà speciale: ci sarà anche il giocatore della Nazionale olandese, Stefan de Vrij».
È un aneddoto che nel suo piccolo racchiude tutta la carriera di de Vrij: un giocatore ossessionato dalla sua crescita ma che abbiamo sempre fatto fatica a riconoscere per quello che è. E cioè uno dei più grandi difensori in Europa.