Il 16 giugno 2009 la Mens Sana Basket vince il suo quarto scudetto della storia chiudendo la serie finale contro Milano con un netto 4-0, raggiungendo una percentuale di vittorie in quella stagione del 97.5%. Cinque anni più tardi, sei giocatori e l’allenatore di quella squadra sono stati denunciati per evasione fiscale, con l’accusa di aver accettato pagamenti in nero su conti esteri.
Si tratta di due facce della stessa medaglia, quella che contraddistingue la Mens Sana che dal 2007 al 2013 ha triturato sistematicamente gli avversari sul campo, salvo poi essere fermata dalla Guardia di Finanza, che ha scoperto un sistema di illeciti per milioni di euro.
Dopo il fallimento della società e l’arresto del suo deus ex machina Ferdinando Minucci (a cui in seguito sono stati revocati anche gli arresti domiciliari), il basket italiano non si è mai fermato a riflettere su quello che è successo a Siena. Sulla vicenda è calato un silenzio imbarazzato e imbarazzante da parte di chi invece dovrebbe impedire che certe situazioni si ripetano. Si è preferito rimuovere, cancellare, far sparire il problema ignorandolo. Una tattica abbastanza semplice: se chiudiamo gli occhi, ci tappiamo le orecchie e urliamo forte probabilmente a un certo punto la smetteranno di farci domande.
Il risultato principale è che ancora nessuno è stato in grado di spiegare come un sistema di fatturazioni sovrastimate di circa 35 milioni di euro sia passato totalmente inosservato a qualunque organo di sorveglianza. O come e perché Minucci sia stato eletto presidente della Lega Basket quando era chiaro che ormai la marea montante era inarrestabile. Sono dubbi che probabilmente non avranno mai risposta, confidando nel fatto che tutto si dimentica in fretta in Italia.
Soppesare la Siena dei record
L’altro risultato è che ancora non è chiaro come dobbiamo rapportarci con la “Mens Sana dei record”. Da una parte abbiamo delle squadre accusate di essere costruite tramite un sistema di nero, che aveva come scopo l’arricchimento personale, non solo dei giocatori. Dall’altra quelle squadre hanno fatto vedere il miglior basket degli ultimi 10 anni sulla penisola italiana. Ecco perché una buona dose di disagio è sempre presente quando si parla di Siena: non si può considerare un traguardo di quella Mens Sana senza ricordare che è stato raggiunto tramite quei mezzi.
Allo stesso modo non si può nemmeno ignorare quel traguardo. Che valore ha un dominio che è durato quasi una decade alla luce di come è stato portato avanti? I libri dei record del basket italiano sono pieni del nome “Montepaschi Siena” e ancora non è chiaro come dobbiamo fare i conti con questo: dobbiamo ignorare tutto, far finta che non sia mai accaduto, come stanno facendo i vertici del basket italiano? Oppure dobbiamo dire che il fine giustifica i mezzi, che il basket visto e il fatto che la Mens Sana abbia sostanzialmente retto da sola il movimento italiano, in anni non troppo luminosi, valeva il prezzo pagato?
La difficoltà sta tutta nel fatto che ci troviamo di fronte a due realtà che viaggiano parallele e che si sono incrociate solo quando è stato scoperchiato il calderone di misfatti. Gli arresti, le fatture gonfiate, i conti esteri hanno gettato una luce inedita e inquietante su quel dominio. Allo stesso tempo, il dominio getta una luce particolare sulle inchieste. Detto in parole povere, se la Mens Sana fosse stata una squadra sempre alle prese con la lotta salvezza, del suo destino sarebbe importato a ben pochi. Ecco perché è così faticoso sviluppare un giudizio complessivo e articolato di quel periodo, che tenga conto di tutti gli aspetti in ballo.
In occasione della partita di regular season contro Milano l’11 maggio 2014, il PalaEstra si presentò listato a lutto per chiedere giustizia e risposte mai arrivate.
Scindere il lato sportivo da quello extrasportivo è un lusso che si possono permettere solo gli addetti ai lavori quando studiano la macchina perfetta che aveva messo in moto Pianigiani. Per gli altri resta la constatazione che quasi sicuramente la storia del basket italiano sarebbe diversa senza quel «sistema ben conosciuto», come lo ha definito Minucci nella sua unica dichiarazione dopo l’arresto.
La Mens Sana dei record rimarrà quasi sicuramente relegata per sempre in una zona grigia di colpe e successi sul campo: ci sarà sempre chi parlerà del fatto che il pick and pop di Ksystof Lavrinovic ha avuto un impatto e un’influenza tecnica in Europa che non si può trascurare. Come ci sarà sempre chi ricorderà i 2.647.000 euro non dichiarati al fisco dello stesso Lavrinovic. O per esempio si può parlare dell’incredibile carriera italiana ed europea di Rimantas Kaukenas senza accennare ai quasi due milioni di euro evasi? Si potrebbe continuare su questa falsariga a lungo, ma il concetto è chiaro: la percezione dei successi di una squadra sul campo non può transigere da come quei successi sono stati conquistati, ma nemmeno viene cancellata del tutto. Che sia un bene o un male non sta a me deciderlo.
Gli unici a pagare
Il problema diventa particolarmente complicato però quando si arriva a considerare i tifosi della Mens Sana. Si può chiedere a una persona di ripudiare quasi 10 anni della propria vita? Si può chiedere di disconoscere, per colpe non proprie, emozioni provate sulla propria pelle? Soprattutto considerando che, al momento, i tifosi della fu Montepaschi Siena sono gli unici ad aver pagato il conto per quanto fatto sui bilanci della società. Mentre infatti l’inchiesta langue e si avvia pericolosamente verso la prescrizione, sono loro che hanno dovuto assistere alla scomparsa del club, alla sua ripartenza dalla quarta categoria nazionale e al faticoso cammino verso la promozione in A2 conquistata la scorsa stagione.
Se i tifosi della Mens Sana in quegli anni hanno potuto assistere a un basket eccezionale grazie a mezzi illegali, lo hanno anche pagato a caro prezzo. Appesa al soffitto del PalaEstra c’è la maglia di Shaun Stonerook, il capitano di quei successi e l’uomo più rappresentativo del ciclo di vittorie, assieme a Pianigiani. Anche nei suoi confronti è stata attestata un’evasione di 1.5 milioni di euro, ma a Siena troverete poche persone disposte a far calare quella maglia dal soffitto per questo motivo.
È difficile accettare i difetti e gli errori dei propri eroi, fare i conti con essi. È probabilmente per questo motivo che sia a Siena che nel mondo del basket italiano si è andati avanti, tirando dritto per cancellare il più velocemente possibile gli errori. Facendo così, però, il rischio è quello di trascinarsi dietro un bagaglio di questioni insolute con cui prima o poi si dovrà fare i conti.
Di questioni insolute a Siena ce ne sono molte del resto. Il fallimento della Mens Sana Basket è solo una parte, piuttosto rappresentativa in realtà, del crollo verticale del “sistema” senese. Se Minucci continua a essere indicato come il principale e attivo fautore di quel fallimento, si sorvola di frequente sul fatto che una simile situazione avrebbe dovuto essere controllata da chi di dovere. Per quanto potente fosse all’interno di quel sistema, infatti, Minucci doveva comunque sempre rendere conto ai propri azionisti, che si sono fatti trovare un po’ troppo sorpresi davanti all’amara verità.
Con la messa in liquidazione della società il 21 febbraio 2014 gli eventi sono precipitati così velocemente da non dare tregua. In tutto questo la Mens Sana di Marco Crespi è stata probabilmente il tentativo più onesto e riuscito di catarsi senese. Una squadra che, con Minucci già agli arresti, con la società in liquidazione e a un passo dal fallimento, ha fatto vedere che c’era altro a Siena oltre al nero. Senza quell’impresa probabilmente adesso il giudizio su quegli anni sarebbe ancora più duro. E anche per gli stessi tifosi è stato importante stringersi attorno a una squadra che stava dimostrando sul campo che quello a cui avevano assistito e creduto fino a quel momento non fosse un unico grande imbroglio.
Gara-6 della finale scudetto è passata alla storia per il tiro di Jerrells. A Siena la ricordano soprattutto per quello che è successo dopo quel tiro.
La Mens Sana ha rischiato di vincere lo scudetto 2014 portando Milano a gara-7 in una delle serie emotivamente più drammatiche di tutti i tempi. Il movimento ha seriamente rischiato di avere una squadra campione d’Italia che non si sarebbe iscritta al campionato successivo. Anche questo non ha sollevato più di tante domande. È stato tutto considerato normale, straordinario dal punto di vista sportivo forse, ma normale.
A pensarci è incredibile: solo la possibilità di un evento del genere avrebbe dovuto spingere a riscrivere ogni regola del sistema per impedire che si potessero ricreare situazioni simili, per garantire controlli, per portare una trasparenza inedita sul campionato. E invece no. Si è celebrata Milano, si è salutata Siena, ed è finito tutto lì. Che problema c’è in fondo?
Una questione non risolta
Il problema è che continuiamo a sottovalutare il fatto che il potenziale esplosivo dell’inchiesta Time Out è ancora tutto da scoprire. La grande domanda resta quanto dell’impianto accusatorio rivolto a Viale Sclavo fosse replicabile o replicato in altre realtà. Una buona parte del discorso ruota attorno allo strumento dei diritti d’immagine. Si tratta di contratti particolari che si prestano a una fiscalità ridotta rispetto ai carichi di tassazione degli accordi ufficiali depositati in Lega. Oltre a questo, i contratti d’immagine non rientrano nei controlli Com.Te.C, che verificano il regolare pagamento di contributi Enpals derivanti dai contratti ufficiali, e non sono soggetti alle verifiche degli organi preposti ai controlli amministrativi—con la conseguenza che, in caso di difficoltà economiche, le rate di immagine possono non venire versate nei tempi previsti senza che le società subiscano sanzioni.
In un mondo come quello della pallacanestro, in cui i ricavi derivanti dall’immagine dell’atleta sono quantomeno ridotti, un simile strumento non può che generare dubbi, soprattutto quando l’importo supera di molto quello del contratto depositato in Lega. Sono aspetti di cui si fatica a venire a conoscenza per la continua opera di reticenza su contratti e stipendi degli atleti nel campionato italiano, ma in questo possiamo ricevere un aiuto dalla FIBA. Il BAT, il tribunale della FIBA, deve spesso fare i conti con vertenze per mancati pagamenti agli atleti e in questi casi è possibile avere un’idea più dettagliata delle situazioni contrattuali in Italia.
Navigando tra le sentenze emesse è abbastanza facile trovare casi di club italiani che hanno usato i contratti per diritti d’immagine in maniera massiccia negli scorsi anni, contratti che differiscono da quelli depositati in Lega anche per più di 200.000 euro. Questo tipo di accordi era ed è quindi molto diffuso per le facilitazioni che permette alle società, al punto tale da spingere la FIP a rilasciare dichiarazioni bellicose al riguardo nel 2013. I contratti sui diritti d’immagine non sono illegali, ma le libertà fiscali che si portano dietro e i trascorsi come strumento ideale per un certo tipo di gestione societarie li rendono particolarmente delicati e sospetti.
Nella fretta di scordarsi di Siena, il basket italiano non ha ancora cominciato a interrogarsi sul perché i bilanci delle società e gli stipendi dei giocatori non siano ancora pubblici e cristallini. In Francia stanno intraprendendo questa direzione proprio per evitare brutte sorprese; in Italia invece viviamo ancora con un velo di omertà sempre più pericoloso davanti agli occhi. La realtà è che la “Mens Sana dei record” sarà difficilmente dimenticata.
La cicatrice lasciata sulla pallacanestro italiana dagli eventi che hanno portato alla sua scomparsa è ancora ben visibile, per quanto si possa fingere che adesso sia tutto a posto. Nel frattempo infatti ci viene ripetuto che va tutto bene, che la pallacanestro italica cresce sana e robusta, che i fallimenti non importano, che bisogna dare visibilità alla Nazionale e trasmettere in televisione più partite possibili. Ma le questioni insolute rimangono lì, a fissarci in attesa del giorno in cui troveremo il coraggio di affrontarle. O in attesa del momento in cui saranno loro ad affrontare noi.