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Cosa sta succedendo al Como
05 ago 2022
Farsi una ragione dell'arrivo di Fabregas non è semplice.
(articolo)
13 min
(copertina)
Emilio Andreoli/Getty Images
(copertina) Emilio Andreoli/Getty Images
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La camicia fresca a strisce bianche e azzurre non ha una piega. I capelli sono leggermente impomatati, lucidi più che altro, la barba è appena fatta. Lo sguardo va oltre il presente, gli occhi sono leggermente socchiusi, come a individuare un punto esatto all’orizzonte. Michael Gandler, attuale chief revenue officer della Legends International, sta cercando di spiegare perché la SENT Entertainment ha deciso di comprare il Como. «Quando sei seduto in tribuna e guardi le montagne, e vedi quello che noi vediamo tutti i giorni, trovi ville da 20, 30, 40, 50 milioni nel panorama. Ti siedi e vedi un’opportunità. Non vedi la vecchia vernice sui sedili né gli angoli rovinati. Vedi il panorama. È questo che ci ha invogliato a comprare questa squadra: il fatto che il potenziale sia qui». Sullo sfondo immagini aree del lago di Como, l’acqua che si infrange sui piccoli moli di legno, le barche colorate, quella nebbiolina che aleggia e sembra dare ai tetti rossi una magia speciale.

La scena la potete trovare in The American, una piccola docuserie prodotta proprio da SENT Entertainment e distribuita in Italia da DAZN (che l’ha resa liberamente disponibile sul suo canale YouTube). L’americano del titolo è Michael Gandler, ex chief revenue officer dell’Inter, che nell’aprile del 2019 è stato scelto dalla nuova proprietà del Como per gettare le basi del progetto tra mille avversità. In un certo senso è grazie a lui se pochi giorni fa la piccola squadra lombarda ha presentato Cesc Fabregas come nuovo acquisto, e convinto Thierry Henry a comprare una quota delle sue azioni. Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile.

Quando Gandler arriva a Como, la squadra lombarda ha già alle spalle diverse avventure imprenditoriali spericolate. Nel marzo del 2017, dopo l’ennesimo fallimento, si presenta in città Akosua Puni con un’offerta da 237mila euro. Puni è conosciuta per essere la moglie di Michael Essien e dopo il rogito diventa proprietaria della squadra. Nella conferenza stampa di presentazione della nuova dirigenza viene introdotta dal suo portavoce, Gianluca Savoini, che è stato portavoce anche di Matteo Salvini ed è ritenuto tra i principali ispiratori dell’avvicinamento della Lega Nord alla Russia. Nel 2019 Savoini verrà accusato di corruzione internazionale per il suo presunto coinvolgimento nella trattativa per ottenere fondi russi per la campagna elettorale della Lega tramite la società energetica Rosneft. Quando chiedono a Puni perché sta comprando il Como lei risponde: «Per la bellezza del territorio». Viene istituita la nuova società, ingaggiato un nuovo allenatore (Mark Iuliano), ma quando c’è da iscrivere il Como alla Lega Pro, Puni sparisce. Il Como fallisce di nuovo e, dopo essere stato rifondato, viene acquisito da una cordata di imprenditori di cui inspiegabilmente fa parte anche Roberto Pruzzo, ma che è capeggiata da Massimo Nicastro, diventato ricco a Miami vendendo appartamenti di lusso.

È questa proprietà che riporta il Como in Serie C e, nell’aprile del 2019, lascia la squadra nelle mani della SENT Entertainment, che nei fatti significa nelle mani di Michael Gandler. In The American lo vediamo presto scoprire ciò che tutti noi italiani sappiamo benissimo: e cioè che, parafrasando Valerio Aprea in Boris, dietro i paesaggi da cartolina e le ville da milioni di euro c’è la morte. La società è braccata da piccoli creditori che cercano di ricattarlo. La vecchia proprietà ha datato degli assegni in modo da far ricadere i pagamenti su quella nuova. Lo stadio è pieno di infiltrazioni e buchi nel soffitto. L’intonaco si stacca dai muri sfiorandolo con un dito. Gandler, però, sembra molto motivato nella sua missione. Ingaggia un nuovo direttore sportivo, l’ex calciatore di Pisa e Novara Carlalberto Ludi, ricostruisce la squadra quasi da zero, avvia il percorso per il rinnovamento dello stadio.

Al centro della campagna acquisti che fa rinascere il Como dalle sue ceneri c’è un giocatore che, nelle intenzioni di chi ha fatto il documentario, è una metafora della squadra stessa. È Ismail H’Maidat, olandese di origine marocchina con una storia travagliata già dalle giovanili. Dopo aver iniziato a giocare a calcio al Twente, H’Maidat cambia un’infinità di squadre ancora prima di compiere 19 anni. Tra queste: Westerlo, Genk, Crystal Palace, Anderlecht. Diventato professionista al Brescia, H’Maidat riesce a convincere la Roma di avere un talento di alto livello. Il club giallorosso ne acquista il cartellino e inizia a farlo girare in mille prestiti, tutti ugualmente fallimentari: Ascoli, Vicenza, Olhanense, infine di nuovo il Westerlo. Tornato in Belgio, però, la situazione precipita e il 13 marzo del 2018 viene arrestato con l’accusa di aver commesso cinque rapine a mano armata. La Roma si affretta a risolvere il contratto, H’Maidat viene messo in carcere in attesa del processo. Viene liberato 10 mesi dopo, risultato estraneo ai fatti. Uscito dal carcere, la prima squadra che prova a dargli una seconda chance è proprio il Como. «Pensi che abbia così tanto potenziale?», chiede Gandler al suo DS che gli ha appena spiegato la situazione, dimostrando ancora una volta di voler andare oltre le apparenze, di essere disposto a tutto pur di recuperare un tesoro nascosto. H’Maidat, quindi, come il Como: entrambi sporcati da un passato opaco, ma con un potenziale per cui vale la pena correre il rischio.

Per la verità nello stesso periodo Gandler porta a termine anche operazioni che esulano da questa narrazione, e che infatti non vengono narrate dalla docuserie prodotta dalla SENT Entertainment. La più randomica di tutte viene annunciata nell’ottobre del 2020, quando Mola TV, la piattaforma streaming lanciata in Italia da SENT su cui tra le altre cose si può vedere anche il canale ufficiale del Como, acquisisce i diritti delle partite di qualificazione del Sud America ai Mondiali del 2022. «I calciatori sudamericani hanno un ruolo chiave nel rendere il calcio italiano uno dei più importanti a livello mondiale», dice Gandler per giustificare l’accordo. Poche settimane prima Mola TV, che in Indonesia trasmette la Serie B, aveva acquisito i diritti anche di alcune amichevoli precampionato del Liverpool.

In ogni caso è vero che la passione di Gandler è contagiosa. Il dirigente statunitense sembra perfettamente consapevole di essere al centro di un circo, ed è chiaro che si diverte. D’altra parte, lui è uno di quelli che ha poco da perdere. È in uno dei posti più belli del mondo, a gestire soldi non suoi, e a fare un’esperienza che lo porta a contatto con personalità tipo Silvio Berlusconi, che dopo Como-Monza di Serie C entra nello spogliatoio degli avversari per dirgli che farà il tifo per loro. «Io sono mezzo comasco, perché quando avevo otto anni sono venuto qua al castello e ho conosciuto la mia prima fidanzata». Il contrasto tra l’entusiasmo di Gandler e la gravità dei suoi sottoposti, cioè dirigenti, tecnici e calciatori che lavorano per il Como (anzi, che in un certo senso sono il Como), a volte produce effetti grotteschi. Nel terzo episodio, ad esempio, H’Maidat va a colloquio da lui per esprimere la sua preoccupazione per il suo scarso impiego. «Se non gioco molto questa stagione poi è finita» gli dice con la voce tremante di chi forse lo intende in maniera letterale. Al che, quasi spazientito, Gandler risponde: «Magari divertiti un po’. È calcio. Dico la stessa cosa alla gente che lavora nel mio ufficio. Lavoriamo nel calcio». Nel mercato di gennaio di quest'anno H'Maidat è tornato in Serie C, passando in prestito al Sudtirol, dove ha fatto però solo 6 presenze. Non è chiaro adesso se il Como voglia continuare a puntarci.

Il carisma da venditore di Gandler in The American viene utilizzato anche come espediente narrativo alla fine del primo episodio per invogliarti a vedere i due successivi. Il dirigente americano parla alla telecamera con la solita camicia impeccabile, il sorriso ammaliante di chi è convinto che la fortuna aiuti gli audaci. «Sono frustrato come con ogni altro lavoro? Sì. Sono stanco? Mi esaurisco? Non ne voglio parlare? Sì. Scambierei questo lavoro con un altro? No way». Quando è stato pubblicato il documentario, nel giugno del 2021, Michael Gandler però aveva davvero cambiato lavoro. Intervistato da La Provincia ha spiegato che «la pandemia ha spinto la proprietà a rivedere alcuni progetti e a fare degli spostamenti interni: così sono passato al settore dell’entertainment e delle produzioni e dei contenuti video». Gandler, in realtà, ora lavora per la Legends International, un'altra società che si occupa entertainment e sport, ma nell'intervista si riferiva alla SENT Entertainment, la società che formalmente possiede il Como, e che a sua volta fa parte di un gruppo più grande al cui vertice c’è un’azienda chiamata Djarum.

Djarum è l’azienda che ha fatto la fortuna dei suoi due proprietari, i fratelli indonesiani Robert e Michael Hartono. Sono, secondo Forbes, la 67esima e la 69esima persona più ricca al mondo, la due più ricche di Indonesia, con un patrimonio personale stimato intorno ai 42 miliardi di dollari. Ed è difficile farsi una ragione di questa cifra venendo a sapere ciò che produce Djarum, e cioè sigarette aromatizzate ai chiodi di garofano, che in Indonesia vengono chiamate kretek con un’onomatopea che dovrebbe riprodurre il crepitio dei chiodi di garofano quando bruciano. In realtà Djarum è solo un pezzo dell’impero dei fratelli Hartono, arricchitisi comprando società a prezzi stracciati per via della crisi economica asiatica alla fine degli anni ’90. Tra queste, il gioiello della corona è forse la banca Central Asia, ma le proprietà sono le più disparate, dal brand di elettronica Polytron all’e-commerce BliBli. I fratelli Hartono sembrano più che altro ben consigliati mentre si godono le proprie ricchezze, d’altra parte hanno entrambi più di 80 anni. Michael, ad esempio, sta vivendo una seconda giovinezza da giocatore di bridge e, dopo aver spinto per il suo inserimento all’interno dei Giochi Asiatici, nel 2018 ha vinto con la sua squadra una medaglia di bronzo. Grazie a questo riconoscimento, Michael Hartono detiene il surreale primato di più anziano vincitore di una medaglia dei Giochi Asiatici nella storia di Indonesia.

Non ci sono molte altre informazioni. Si possono fare solo deduzioni su quanto i fratelli Hartono sappiano della squadra di calcio del Como, nonostante formalmente sia di loro proprietà. Nel febbraio del 2021 Michael Gandler è stato definitivamente sostituito da Dennis Wise, ex leggenda del Wimbledon e del Chelsea probabilmente suggerito alla SENT Entertainment da chissà quale società di consulenza. Da calciatore Wise aveva la street cred del rissaiolo: a Wimbledon fu uno dei perni della cosiddetta Crazy Gang, il gruppo di giocatori estremamente violenti dentro e fuori dal campo che nel 1988 vinse la FA Cup contro il Liverpool. Al Leicester, alla fine della sua carriera, in una scazzottata durante un tour precampionato spaccò naso e mascella al compagno di squadra Callum Davidson. Da quando ha dismesso i panni del calciatore Wise ha cambiato quasi completamente profilo. Dopo una breve carriera da allenatore allo Swindon Town e al Leeds, e una ancora più breve da dirigente al Newcastle, è diventato commentatore per Sky Sport. A Como non si vede quasi mai, e le sue interviste sono rarissime. In una delle poche concesse da dirigente della squadra lariana ha detto che questo è dovuto alle restrizioni dovute alla pandemia, ma che in generale sono «i fatti che devono convincere le persone della bontà dei nostri progetti, non le parole». Forse i suoi contatti nel Chelsea e nel calcio inglese sono stati l'innesco all’ingaggio di Fabregas e al probabile ingresso in società di Thierry Henry. Il centrocampista spagnolo, nella conferenza stampa di presentazione, ha dichiarato che «il merito [del mio arrivo] è di Dennis Wise che mi ha fatto cogliere questa opportunità». Wise, ringraziando il suo procuratore e sua moglie per averlo convinto ad accettare, ha risposto dicendo che Fabregas «voleva entrare a far parte della società per le nostre ambizioni, sistemare stadio, aprire un nuovo centro sportivo e arrivare in Serie A».

Dennis Wise e Cesc Fabregas durante la presentazione del centrocampista spagnolo (foto di Emilio Andreoli/Getty Images).

Mentre l’assurdo si dipana sotto i nostri occhi, rimane inevasa la domanda centrale di questa storia, la stessa che avevano fatto a Akosua Puni cinque anni fa, e a Micheal Gandler l’anno scorso: perché Como? In The American viene citata l’impennata nel valore della zona dopo l’acquisto di una villa da parte di George Clooney, che ha trasformato il lago di Como in un brand internazionale. Nella stessa docuserie, Gandler dichiarava che lo scopo commerciale del Como era quello di «colmare il divario tra lusso e calcio», di trasformarsi «nell’intersezione dove lusso e tempo libero incontrano calcio e tifosi». Non so esattamente cosa significhi, e di conseguenza non capisco perché il rinnovamento dello stadio sia un passaggio fondamentale di questo processo, senza il quale «quello che stiamo facendo in questo momento è mettere il rossetto a un maiale». Le potenziali entrate del nuovo stadio del Como sono davvero una ragione sufficiente a convincere due delle persone più ricche del mondo ad acquistarlo?

A mesi di distanza dalle dichiarazioni di Gandler, comunque, il progetto di rinnovamento dello stadio è ancora impantanato tra le sabbie burocratiche che tutti conosciamo dall’esperienza delle molte altre squadre italiane che hanno tentato la stessa strada in precedenza. Nonostante questo, i fratelli Hartono non hanno deciso di vendere, come previsto in The American dall’ex vicepresidente del Como Stefano Verga, e con l’aiuto di Dennis Wise anzi sembrano aver rilanciato ulteriormente sul progetto, forse senza nemmeno saperlo. Le speculazioni continueranno ad affastellarsi, e le slide dei corsi di business management continueranno a produrre narrazioni preconfezionate. Nel frattempo il grande capitale continua a muoversi senza darci spiegazioni mentre noi cerchiamo di razionalizzare i suoi riflessi più grotteschi.

Il come e il perché di certe decisioni li possiamo capire solo dentro le opere di finzione. Nella serie TV Succession, ad esempio,seguiamo come la famiglia Roy gestisce il suo enorme impero, la Waystar Royco, basata soprattutto sui media e sul turismo. Mentre il vecchio Logan Roy, che lo ha costruito nell’arco di anni, è restio a lasciare il timone, i suoi figli sgomitano per la loro fetta, coltivando il sogno di prendere la guida. Le varie aziende che costituiscono l’impero Roy si muovono quindi seguendo le faide fratricide, e il capitale diventa l’arena dove risolvere i complessi familiari. Per i 50 anni di Logan Roy alla Waystar viene indetta un’enorme festa a Dundee, la cittadina scozzese dov’è nato, e il suo figlio più disturbato, Roman, insieme a un suo socio, decide di comprargli gli Hearts, pensando che sia la sua squadra del cuore. In realtà, però, Logan Roy tifa la squadra rivale degli Hearts, l’Hibernian, i cui giocatori vengono chiamati hibs (e che forse per questo motivo ha confuso con hearts).«Se può consolarti anche io sono terribile a fare i regali, prendo sempre la cosa sbagliata» dice il chief financial officer di Waystar che è lì al tavolo con loro.

Mi chiedo, se avessimo vissuto in questa realtà, come avremmo interpretato questo acquisto. Di certo le parole di Roman Roy agli Hearts quando è costretto a fare il discorso alla squadra che ha appena comprato per sbaglio non sono poi così diverse di chi vuole convincerci di aver comprato il Como per il panorama. «Se una squadra è una squadra non può essere fisicamente battuta, è impossibile», dice Roman mentre tutto intorno nessuno capisce.

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