Il Napoli non sa più segnare: sabato scorso con il Genoa è arrivato il quarto zero stagionale nella casella dei gol fatti. Gli azzurri hanno attualmente il quinto attacco della Serie A con 21 reti. Lo scorso anno, dopo 12 partite, il Napoli aveva realizzato 26 reti ed era con la Juventus il primo attacco del campionato. La squadra di Ancelotti non sta vivendo un grande momento in generale, ma come si spiega la recente sterilità offensiva?
Per questa analisi ho considerato solo le azioni cosiddette in open-play, ovvero le azioni di gioco regolare. Ho quindi escluso il contributo dei calci piazzati, per capire se qualcosa è cambiato nella qualità nella finalizzazione della manovra del Napoli.
Guardando alla differenza tra i gol segnati e gli Expected Goals generati nelle ultime stagioni, balza subito agli occhi l’overperformance della stagione 2016/17, l’unica da allora. Nelle tre stagioni successive, infatti, il Napoli non ha mai segnato più di quanto avrebbe dovuto.
Anche quest’anno per la qualità delle occasioni costruite gli azzurri avrebbero dovuto segnare di più: la media degli Expected Goals è di 1,6 xG a partita, mentre quella dei gol segnati è di 1,25. Due dati che indicano una contrazione rispetto alla prestazione degli scorsi anni e in controtendenza con quanto fatto da Ancelotti l’anno scorso, quando era stato in grado di migliorare i numeri dell’ultimo Napoli di Sarri.
Rispetto al passato il Napoli sta producendo azioni di qualità inferiore, oltre a segnare di meno, ciononostante solo l’Atalanta è stata capace di generare più Expected Goals – 2,1 xG a partita nelle situazioni di open-play. Quindi, nonostante il calo, la prestazione del Napoli è ancora da considerarsi di valore.
In questo secondo grafico il volume di tiro è stato separato in due tipologie: i tiri da fuori area (barre verdi) e quelli partiti da dentro l’area di rigore (barre nere). In questa stagione, il Napoli ha ridotto le conclusioni da entrambe le zone e segna due minimi rispetto a quanto fatto nelle ultime tre stagioni complete.
La diminuzione dei tiri dalla distanza è lieve sia come entità che come effetto: in fondo nel nostro campionato solo 1 tiro da fuori ogni 25 finisce in gol; è molto più importante il calo delle conclusioni dall’interno dell’area di rigore, scese del 18% da una stagione all’altra.
Di nuovo, va sottolineato come la prestazione del Napoli non sia cattiva se paragonata alle altre squadre della Serie A: per quantità di conclusioni effettuate gli azzurri (una media di 19,3 tiri a partita) sono secondi, di nuovo, solo all’Atalanta e di pochissimo (19,5 tiri a partita). È una prestazione inferiore a quelle registrate nelle precedenti annate e probabilmente al di sotto delle potenzialità di questa squadra.
Le percentuali di tiro mostrano il primo campanello d’allarme ma anche le prime discrepanze. La linea tratteggiata in verde rappresenta la percentuale di conversione, cioè il rapporto tra i gol fatti sul totale dei tiri tentati; quella tratteggiata in nero la percentuale di tiri messi nello specchio. Se è vero che il Napoli ha preso a tirare di meno da un anno all’altro, è anche vero che adesso, sul totale di conclusioni, gli azzurri ne mettono di più nello specchio.
Ciononostante, il Napoli segna di meno: la percentuale di conversione è calata del 14% rispetto all’anno scorso.
E in questo caso è impietoso anche il confronto col resto del campionato: il Napoli è al momento la decima squadra in Serie A per la percentuale di conversione (davanti a tutte ci sono il Sassuolo e il Cagliari); la nona per la percentuale di tiri messi nello specchio (ai primi posti la Lazio, e poi ancora il Sassuolo e l’Atalanta).
Una prima spiegazione di questa inefficacia offensiva potrebbe riguardare il modo in cui il Napoli attacca l’ultimo terzo di campo, la cosiddetta zona di finalizzazione, che è cambiato rispetto al passato.
Il Napoli occupa più volte il pallone sulle fasce che al centro del campo, sono diminuiti i passaggi filtranti taglia-linee e sono aumentati i cross. Come si vede bene dal grafico, l’ultimo Napoli di Sarri sbilanciava molto il gioco sulle fasce, in particolare quella sinistra, ma giocava poi nella zona che più conta il minimo dei cross e il massimo dei passaggi filtranti.
Una seconda spiegazione può essere tratta dalle attuali capacità finalizzative degli attaccanti. Così come il classico modello di Expected Goals può misurare la bravura di una difesa capace di assorbire la qualità di un attacco, il nuovo modello pensato per i portieri può aiutare a valutare la freddezza sottoporta di un attaccante, una volta che il pallone è stato messo nello specchio.
Il Napoli ha poggiato le proprie recenti fortune sulle qualità di Dries Mertens, l’unico attaccante tra gli azzurri ad andare sistematicamente oltre le attese negli ultimi tre anni. E anche in questa stagione, per quanto poco sia stato coinvolto, Mertens ha dimostrato di essere un finalizzatore eccezionale.
Arkadiusz Milik è stato invece straordinario solo nella sua regolarità. Negli anni napoletani il suo rapporto tra gol segnati e xG* è sempre stato molto vicino all’unità. Cioè: Milik ha sempre e solo finalizzato secondo la media europea, e non con la qualità che un finalizzatore d’elite deve necessariamente avere.
Tutti gli altri attaccanti azzurri, compresi i nuovi arrivati Llorente e Lozano, sono addirittura al di sotto dell’asticella posta dalla nuova statistica.
Il peggiore tra tutti è Lorenzo Insigne, che sta disputando, relativamente alla capacità di battere il portiere, la sua peggiore stagione da quando è al Napoli.
La prestazione offensiva del Napoli si è deteriorata da un anno all’altro, e di sicuro ci saranno anche ragioni non tecniche: dopo una settimana nella quale le questioni di spogliatoio sono deflagrate finendo per abbattersi su una città intera, il Napoli contro il Genoa ha registrato il minimo stagionale di pericolosità offensiva (1,1 xG).
E però, guardando a come il Napoli non riesca a guadagnare spazio al centro del campo come vorrebbe, il collegamento alla querelle estiva con protagonista James Rodriguez, che Ancelotti aveva individuato come l’indispensabile uomo tra linee, è immediato.
Ogni questione dirimente va accantonata rispetto a una qualificazione alla fase finale di Champions League vicina ma ancora da certificare. Dopo ci saranno due mesi di solo campionato, in cui Ancelotti potrà lavorare al meglio sulla sua idea tattica. Nella speranza che la resa dei conti venga rimandata a giugno. La stagione 2019/20 è ancora molto lunga.