Al 120’ le partite non sono nemmeno più calcio, ma solo un insieme di corpi che cercano di resistere e stare in piedi. Dalle paludi di confusione e stanchezza spesso sono le grandi squadre a uscire vincitrici. Fanno valere la loro maggiore tecnica, o esperienza, o quello che definisce un giocatore di alto livello rispetto a uno normale. Al 120’ di Coventry-Manchester United, a Wembley, sul risultato folle di 3-3, Callum O’Hare porta palla.
Quando era teenager si pensava a lui come un futuro giocatore di Premier League ma poi ci si è resi conto che per giocare da numero 10, il suo ruolo, non aveva abbastanza talento. Così è sceso fino alla terza divisione e ha vestito la maglia del Coventry per ricostruirsi una carriera. Ora porta palla nel mezzo spazio di sinistra e serve in profondità Haji Wright, il giocatore più quotato della squadra, nazionale statunitense, autore di 18 reti stagionali.
Wright entra in area e va verso il fondo, lo United è cadaverico, Bruno Fernandes gli lascia tanto spazio, e quello mette la palla dentro, sul cross arriva il centrocampista Victor Torp in spaccata, uno dei migliori in campo. È gol: 4-3. Il Coventry City, club di Championship, batte il Manchester United e va in finale di FA Cup. Fino al 72’ era sotto di 3 gol ed è riuscito a rimontare in modo inspiegabile. La FA Cup di nuovo ci mostra un’essenza del calcio, e cioè che il più debole può battere il più forte, perché in nessuno sport come il calcio il caso può avere un peso tanto grande. Un’essenza anti-meritocratica che amiamo spassionatamente.
Questo è quello che sarebbe potuto succedere, e cioè uno dei momenti più folli della stagione calcistica. E invece è arrivata la tecnocrazia del VAR a cancellare la rete per un fuorigioco molecolare, e a far ripiombare la realtà nell'ordinario.
Il Manchester United ha poi vinto ai calci di rigore, e si è qualificato per la finale di FA Cup. I tifosi del Coventry hanno pianto a dirotto, poi sono rimasti dentro a Wembley il più possibile, senza volersene andare, e infine si sono rimessi sui treni per tornare a casa con indosso una cicatrice in più.
Siamo qui a scrivere di un’impresa mancata, allora, ma in realtà dobbiamo raccontare la follia di questa impresa mancata, di quanto è andato vicino il Coventry a farcela, e di quanto è stato imprevedibile l’andamento del match. Una partita che ci ricorda il senso della FA Cup.
La partita per i primi 70 minuti
La cavalcata del Coventry magari fa meno notizia di quella del Lincoln di qualche anno fa, col suo centravanti da oltre cento chili. Il Coventry è in parte una nobile del calcio inglese, un club con 34 partecipazioni in prima divisione e che è stato tra i membri fondatori della Premier League. Non stiamo parlando di campi incastrati tra casette basse col tetto spiovente, o tra case coi mattoncini rossi; non stiamo parlando di campi sgarrupati metà prato e metà stagno. Stiamo parlando di uno stadio del 2005 da 32 mila posti a sedere. Stiamo parlando di una squadra che nel 1987 la FA Cup l’ha persino vinta, nel vecchio Wembley, con quella sua strana architettura alla Dragon Ball, contro il Tottenham - che se può perdere una finale, come sappiamo, la perde. Se nutrite una qualche nostalgia - una nostalgia astratta, per un tempo mai vissuto - per il calcio inglese pre-globalizzazione, vi consiglio di vedere questi highlights. La partita è considerata da molti “la più bella finale della storia della FA Cup”. Ci sono Glenn Hoddle e Osvaldo Ardiles, maglie dentro i pantaloncini e fotografi seduti a terra come a un picnic. C’è un autogol decisivo al minuto 96.
Il Coventry, però, resta una nobile decaduta. Anzi, nemmeno una nobile decaduta, ma una squadra che per un periodo ha giocato ai piani alti ed è poi tornata in quelli bassi. Una squadra che ha sfiorato la bancarotta, con un proprietario terribile, e che 7 anni fa era in League Two, cioè in quarta divisione. Una squadra che due anni fa ha dovuto rimandare le prime partite casalinghe del proprio campionato perché i match di rugby ospitati avevano massacrato il manto erboso. Una squadra che ai quarti di finale ha battuto il Wolverhampton in rimonta, con un gol all’ultimo minuto, e che quindi sembrava possedere quella magia fondamentale per la FA Cup.
La distanza economica che li separa oggi dal Manchester United è comunque difficile da quantificare. Mi dispiace per il reato di Transfermarkt ma è solo per capirci: la rosa del Coventry vale 55 milioni circa, quella dello United 734 milioni. Il Manchester United è settimo in Premier League e sta vivendo una stagione deludente; il Coventry è ottavo in Championship ed è più o meno dove dovrebbe essere. A inizio anno veniva pagato come il decimo favorito per la promozione in Premier. Il Manchester United è sceso in campo con una giacchetta militare, segno che il club non sa più quale merch tirare fuori per fare soldi; il Coventry aveva una felpa blu della Hummels così sobria da sembrare non personalizzata. L’allenatore Mark Robins, con un passato al Manchester United, sembra il magazziniere del confindustriale Erik ten Hag.
Questa distanza è stata effettiva per oltre un’ora di gioco.
Al 60’ i dati raccontano questo dominio. La squadra di ten Hag ha tirato 14 volte, il Coventry 2; il possesso palla è 61% a 39%. Il punteggio è sul 3-0.
Al 18’ Casemiro lancia Rashford con una parte del piede che i giocatori del Coventry non usano per calciare il pallone. Rashford la controlla in corsa come se non ci fosse alcun incomodo, a gestire un lancio simile. Lo United non segna ma offre un saggio del proprio oltraggioso talento.
Al 22’ il Manchester United segna con una facilità da allenamento, con McTominay che si inserisce con una precisione tale che per mettere il pallone in porta nemmeno calcia.
Al 45’ Harry Maguire stacca da solo in area di rigore e segna il 2-0. Non sembra esserci davvero niente di epico e imprevedibile in questa partita, che serve solo a ribadire la distanza fra le due squadre in maniera burocratica.
Al 47’ Bruno Fernandes sfiora il gol con uno di quei suoi tiri tutti storti che prendono parabole illeggibili.
Al 57’ Bruno Fernandes segna il 3-0 dopo aver gestito con calma impossibile una palla in area di rigore.
Il Coventry ora è lungo e stanco e non sembra più nemmeno stare con la testa nella partita.
Al 62’ Maguire calcia alto il pallone del possibile 4-0.
Attorno all’ora di gioco i tifosi scandivano il nome “Bruno, Bruno, Bruno” e sembrano cori che accompagnano il trionfo.
Una rimonta manovrata da Dio in persona
Bisogna ovviamente premettere che non stiamo parlando di un grande Manchester United, ma di una squadra piuttosto strana e decadente. Di una squadra che non sa tenersi le situazioni di vantaggio, dall’umore ballerino, nevrotica nel bene o nel male; che quindi vince o perde partite solo attraverso i nervi; che sta in campo con un senso o senza un senso alcuno, a seconda della giornata. Una squadra i cui giocatori possono essere dei fenomeni gloriosi o dei meme imbarazzanti a seconda di come si sono alzati quel giorno. Una squadra, insomma, che ha preso la forma dilagante di Harry Maguire, e di un tecnico che sembra la parodia degli allenatori olandesi: così razionale da essere arrivato al caos come unica forma di vita possibile.
Metteteci pure che è una squadra che a volte pare odiata da Dio in persona, che perde partite in modo imprevedibile. Forse il Manchester United ha accumulato troppo debito col Karma dopo quella vittoria in finale di Champions League contro il Bayern Monaco.
Al 71’ la difesa del Manchester United lascia un incomprensibile 1 contro 2 in area di rigore. Tavares - non quel Tavares, e nemmeno l’altro - crossa ed Ellis Simms, attaccante cresciuto nel Manchester City, segna il primo gol.
Al 78’ O’Hare, che è partito dalla League One col Coventry e che indossa la numero 10, lascia partire un destro dal limite. La conclusione prende la schiena di Wan-Bissaka e si impenna, per poi ricadere dietro Onana, in porta. A quel punto si capisce che c’è qualcosa nell’aria.
Negli ultimi minuti la partita diventa un gomitolo impazzito di rimpalli, e il calcio inglese sembra tornare alle sue origini. Ogni rimessa laterale del Coventry finisce nell’area del Manchester United, ma più per mancanza di strumenti visto che comunque i giocatori rossi sono decisamente più grossi. È però una partita che bisogna far lasciare inghiottire dal caos, perché nel disordine il Coventry può uscirne con qualcosa.
All’84’ viene fuori uno dei più grossi thunderbastard visti di recente, con tale Torp - bel giocatore - che calcia una palla che esce dall’area come se volesse spedirla sulla luna. Onana fa oggettivamente un mezzo miracolo, e a quel punto la partita sembra chiusa. Se non si segna con un tiro così è un brutto segno.
Al 93’ però un tocco di mano di Wan Bissaka, che evidentemente è il giocatore maledetto del match, regala il 3-3 al Coventry, e quindi i supplementari.
Intermezzo: la storia di Mark Robins
L’allenatore del Coventry, Mark Robins, ha giocato nel Manchester United. Non ha lasciato segni profondi e oggi in pochi ne ricordano la carriera, che poi è diventata quel tipo di carriera che passa per il Panionios. Mark Robins viene però ricordato per aver salvato la panchina di Sir Alex Ferguson, o almeno così recita la leggenda metropolitana. Forse perché è una storia troppo bella per non essere vera, di questo giocatore alto poco più di un metro e 70 che da solo ha cambiato il corso della storia moderna del Manchester United.
Siamo nella stagione 1989/90 e lo United viene da tre anni mediocri con Ferguson in panchina. Un undicesimo posto, un secondo posto e un altro undicesimo. Quell’anno la squadra ha iniziato malissimo, ha perso 5-1 il derby di Manchester e arriva a gennaio con zero vittorie in sei partite. Dopo una sconfitta contro il Crystal Palace viene esposto uno striscione che chiede l’esonero di Ferguson. Uno striscione che ogni tanto viene ritirato fuori per mettere in evidenza che se il calcio dovesse dare sempre retta ai tifosi sarebbe meno glorioso.
Qualche giorno dopo lo United affronta in FA Cup contro il Nottingham Forest di Clough ed è sfavorito. Le telecamere inquadrano Ferguson come uno che verrà ghigliottinato a fine partita. Poi Robins, che nelle inquadrature sgranate dell’epoca somiglia a Paul Scholes, segna il gol vittoria con un colpo di testa su cross geniale di Mark Hughes (sottovalutato?). Il Manchester United finirà per vincere quella FA Cup, il primo trofeo dell’era Ferguson.
I grandi momenti che non sono stati (e altri momenti terribili che ci sono stati)
La partita avrebbe potuto chiudersi al quarto minuto dei tempi supplementari, quando Bruno Fernandes per poco non smontava la porta con un tiro violentissimo su assist di Diallo (ex Atalanta).
Quel gol mancato tiene in vita il Coventry, che va vicino al gol vittoria con Wright dopo una transizione folgorante. La condizione dei giocatori è semplicemente inspiegabile.
Al 26’ dei supplementari succede che Simms protegge una palla in area e poi scarica un destro clamoroso che coglie la parte interna della traversa. Le occasioni mancate e i rimpianti iniziano ad accumularsi.
Al 30’ lo United è tutto sfilacciato mentre O’Hare porta palla e poi fa uno scavetto per servire Wright. Un passaggio in leggerissimo ritardo. Quanto? A rivedere le linee del fuorigioco c’è da uscire pazzi. Soprattutto perché con un’interpretazione pre-VAR questo non sarebbe mai stato fuorigioco (e diciamo che anche col VAR si fa davvero fatica a trovare la particella di corpo oltre la linea). Il Coventry in Championship gioca senza VAR, che è considerato “troppo costoso”, quindi con le regole con cui gioca ogni settimana avrebbe vinto la partita, sarebbe andato in finale. Questo ovviamente ha delle conseguenze emotive. Né i calciatori né i tifosi sono abituati alla temporalità discontinua del VAR, al fatto che una decisione arbitrale può essere contestata e revisionata, che il tempo può tornare indietro, che ci si può dover rimangiare l’esultanza, l’emozione, le grida e il pianto liberatorio. Il minuto e mezzo trascorso il gol e il suo annullamento è un tempo nuovo, prima inesistente, per i tifosi del Coventry. Rimangiarsi l’esultanza è qualcosa a cui da tifosi stiamo provando ad abituarci, e ci è capitato. Per i tifosi del Coventry, però, è un’esperienza nuova, un nuovo trauma, che hanno dovuto vivere nella partita più importante della loro vita, nel gol virtuale più importante della loro vita.
Passa, appunto, circa un minuto e mezzo per trovare il frammento di corpo di Wright che è oltre l’ultimo difensore dei Red Devils. Nel frattempo molti tifosi dello United erano usciti dallo stadio, e quando hanno avuto la notizia che il gol era stato annullato hanno provato a rientrare. Una scena davvero imbarazzante.
C’è una crudeltà supplementare nel fatto che a sbagliare il rigore decisivo sia stato il capitano del Coventry. Dopo il rigore finale di Hojlund i giocatori dello United cercano di mantenere un contegno. Esultano poco, applaudono, tengono la testa bassa, si congratulano e consolano gli avversari. Antony invece gli mostra le orecchie. Il suo stipendio è più alto di quello di tutto il Coventry.
Nelle edizioni recenti della FA Cup questi giant-killing sono sempre più rari e quando succedono - o succede qualcosa che ci somiglia - è qualcosa di carnevalesco: un breve rovesciamento della logica del mondo - che come il carnevale ha lo scopo di dare stabilità all’ordine sociale. In Coventry-Manchester United il mondo si è rovesciato per circa novanta secondi, prima di tornare al suo ordine naturale all’interno della stessa partita. Il rovesciamento è stato revocato. Per quanti anni i tifosi del Coventry ricorderanno quei momenti di gioia interrotta e mortificata, quanto ancora sarà vivido il loro ricordo, tra qualche anno? Gli ricapiterà di provare una gioia simile?
Di certo per il Manchester United una vittoria non ha mai somigliato così tanto a una sconfitta.