Con avversarie come Romania, Albania, Svizzera, Irlanda, Islanda, prima o poi era destino che la Francia vincesse una partita in goleada. Troppe le differenze di talento con gli avversari, e se è successo solo contro l’Islanda è stato merito (o colpa) soprattutto di Deschamps, che ha quasi boicottato la campagna francese evitando di dare alla sua squadra una struttura di gioco chiara e più o meno fissa. Deschamps si è limitato a cambiare giocatori, senza studiare un piano di gioco con cui attaccare le difese schierate. Una fiducia quasi ammirevole nei mezzi dei suoi giocatori, che però ha rischiato di costargli carissimo nella partita con l’Irlanda, che ha costretto quindi il tecnico a cambiare ancora.
Per questo, contro l’Islanda, la Francia ha cambiato sistema passando al 4-2-3-1 e inserendo Pogba nel doble pivote (una marcia indietro rispetto alla scelta opposta compiuta all’esordio con la Romania, quando cambiando modulo Deschamps sacrificò proprio il suo giocatore più rappresentativo). Griezmann ha preso posto al centro della trequarti come stella designata della squadra. Deschamps ha rivoltato partita contro l’Irlanda come fosse un calzino, dando un inizio ufficiale a quello che molti si aspettavano da tempo: un percorso, cioè, in grado di portare la Francia alla vittoria del terzo Europeo della sua storia. Ovviamente è ancora troppo presto per dirlo, ma la comoda vittoria sull’Islanda è la prima prova davvero convincente della Francia.
In ogni caso, con la squalifica di Kanté, Deschamps non avrebbe potuto tornare indietro neanche volendo. La Francia che ha giocato il secondo tempo contro l’Irlanda è quella scesa in campo dall’inizio contro l’Islanda, al netto dell’esordio di Umtiti al posto dello squalificato Rami e del vezzo di Deschamps di inserire il suo pupillo “Momo” Sissoko come esterno destro sulla trequarti, giustificando la scelta (prima di tutto a se stesso) con il potenziale fisico che il centrocampista garantisce soprattutto in fase difensiva ma anche con la capacità di progressione palla al piede di un giocatore che quando è sul binario giusto è anche un ottimo dribblatore.
In fase difensiva Sissoko aveva compiti da mezzala, che equilibravano la maggiore libertà di Payet dall’altra parte.
Controintuiva
La conferma del modulo che possiamo chiamare definitivo, e la presenza di Sissoko tra i titolari con il suo gioco decisamente poco avvezzo alla pausa, poteva forse essere l’indizio per una partita che vedeva l’Islanda schiacciata e arroccata nella sua area da una Francia arrembante, un contesto in cui una squadra ordinata e fisica come l’Islanda avrebbe potuto dare il proprio meglio. Invece no. La partita la Francia l’ha vinta con una strategia iniziale che ha spiazzato i suoi avversari: ritmi bassissimi con costruzione dal basso rafforzata dalla presenza del doble pivote, con i due difensori che raramente superavano la metà campo.
Una costruzione lenta e ridondante, che però ha costretto l’Islanda a rimanere nel dubbio se pressare alta o rimanere passiva: finendo con il restare bassa e corta (racchiusa in 35 metri) davanti a un avversaria che non aveva vera intenzione di giocare il pallone stabilmente nella trequarti offensiva,alzando comunque la linea difensiva più di quanto l’Islanda di solito faccia.
Una volta invitata l’Islanda lontana dalla propria area con una fase di preparazione lunghissima, la Francia ha tentato in due modi di arrivare in area: la verticalizzazione lunga dai piedi di uno dei due centrocampisti centrali, in direzione di un attaccante che potesse sfidare la linea difensiva lontana dal proprio habitat naturale; o la verticalizzazione breve, con un passaggio che sempre dal centrocampista trovasse tra le linee uno tra Grizmann o Payet, per poi avviare una combinazione in velocità tra i due (9 sponde il primo, 12 il secondo).
Il gol del vantaggio è arrivato con una verticalizzazione lunga:
Ma anche gli scambi in velocità hanno creato problemi all’Islanda. Deschamps non ha strutturato i movimenti del pallone sulla trequarti, lasciando a Griezmann, Payet e Sissoko la libertà di scegliere i movimenti con cui attaccare, e la posizione da occupare per ricevere. L’intuizione di liberare Griezmann al centro ha risolto il problema del dover dare delle istruzioni ai giocatori offensivi.
Tanto ci pensano loro a risolvere ogni situazione:
Missione impossibile
Tra il vantaggio segnato da Giroud sulla tattica voluta fin dall’inizio e il 2-0 segnato da Pogba su calcio d’angolo, la partita ha preso una direzione difficile da cambiare per gli avversari, già al ventesimo minuto. La Francia ha mantenuto con cinismo e prudenza il suo piano di gara, mentre l’Islanda per non andare contro la propria natura si è fatta stritolare lentamente (e forse non aveva reale alternativa). Va detto che all’Islanda è mancato quel piccolo vantaggio atletico avuto nelle partite precedenti di questo Europeo, dato che l’undici francese aveva un atletismo pari se non superiore.
Non che l’Islanda non abbia provato a cambiare le cose, ma anche quando è riuscita a risalire nella metà campo avversaria con il pallone ha mostrato limiti tecnici mascherati in partite più chiuse, in cui ha potuto giocare con transizioni rapide.
Contro una squadra che gioca il pallone tanto lontano dalla propria trequarti è difficile fare qualcosa, a meno di avere un sistema di pressing alto consolidato. L’Islanda non è riuscita né a recuperare il pallone provando a forzare i contrasti (solo 9 riusciti) né a farlo perdere alla Francia (solo 9 intercetti), chiudendo con un possesso palla 65%-35% a favore dei francesi e più del 90% di precisione nei loro passaggi nel primo tempo.
Le due azioni migliori dell’Islanda sono arrivate non a caso con le uniche armi ancora a disposizione dell’Islanda. E cioè: i lanci lunghi direttamente dalla difesa sulla testa dell’incredibile Sigthorsson:
O gli schemi sulle rimesse laterali “alla Delap” di Gunnarsson:
Pogba play
In un primo tempo che ha condizionato e ucciso il resto della partita, è utile approfondire la partita di Pogba. Nel nuovo ruolo scelto per lui da Deschamps davanti alla difesa, Pogba ha iniziato quasi timidamente, senza neanche provare i colpi a effetto con cui è solito scaldarsi ad inizio partita, forse anche per le responsabilità tattiche inedite. Pogba ha sbagliato il primo tentativo vero di verticalizzazione, ma poi si è adeguato ad un ruolo di distributore più che di creatore. E la cosa ha funzionato.
Giocando da regista basso che si pone o in mezzo o direttamente accanto ai centrali, con passaggi corti, facili, senza forzature, Pogba è stato lui il cardine del piano gara di Deschamps.
Raccogliere palla dalla difesa e passarla al giocatore libero più vicino: i tre giocatori da cui Pogba ha ricevuto più passaggi sono Koscielny, Matuidi e Umtiti, gli stessi tre giocatori (in ordine diverso: Matuidi, Koscielny e Umtiti) a cui ne ha effettuati di più: è questo il quadrilatero di circolazione bassa descritto sopra, di cui Pogba è il giocatore più tecnico e quello con maggiori responsabilità.
Quando invece Pogba aveva spazio, cercava la verticalizzazione nella zona di Griezmann, al centro.
Ed è stata una mossa tattica da parte di Lagerbäck su Pogba, a inizio secondo tempo, che ha ridato vita ad una partita sulla carta già conclusa. Oltre a cambiare due uomini (Finnbogason davanti e soprattutto Ingason come cambio al centro della difesa, al posto del lento Arnason) il tecnico islandese ha spostato in pianta stabile Sigurdsson vicino a Pogba.
Un accorgimento che ha funzionato benissimo perché ha attenuato l’influenza di Pogba sull’inizio dell’azione francese, costringendo la squadra di Deschamps a forzare l’uscita sui terzini o a ricorrere al lancio lungo di Lloris. Due opzioni che cambiano il ritmo compassato della gara e portano una squadra già passiva (considerato anche l’ampio margine di vantaggio) ad accettare di buon grado che l’Islanda possa avere l’iniziativa anche con attacchi posizionali.
Rivoluzione o Waterloo?
Non so fino a dove ci si possa spingere nell’interpretare il modo in cui la Francia ha difeso posizionalmente nel secondo tempo, con un vantaggio di 4 gol è comprensibile abbassare il livello di attenzione, ma considerato che contro la Germania la strategia del possesso di palla barocco visto contro l’Islanda non sarà possibile o comunque molto più difficile (perché la palla è della Germania) sarà molto probabile che la Francia finisca a difendere la propria area di rigore, cosa che nel secondo tempo con l’Islanda non ha fatto con particolare brillantezza o organizzazione.
L’assenza di Mario Gomez e Khedira è una vera benedizione perché riduce il potenziale aereo sui cross, ma il modo in cui la Francia ha subito i due gol dell’Islanda deve far pensare Deschamps.
Nel primo gol è bastato un semplice inserimento in area non seguito per creare difficoltà a una linea difensiva in parità numerica sugli attaccanti islandesi, con Matuidi in marcatura sulla punta che è costretto a staccarsi per coprire un inserimento. Ovviamente, Sightorsson ha ringraziato, potendo ricevere il preciso cross di Sigurdsson con il marcatore lontano. Forse se Matuidi avesse comunicato meglio con Umtiti alle sue spalle avrebbe evitato la cosa.
Ma c’è anche una situazione di ampio vantaggio in area su di un cross, in cui solo l’imprecisione del crossatore islandese ha evitato che il secondo gol arrivasse prima.
Il secondo gol è arrivato ancora una volta da un cross difeso male in situazione teorica di parità numerica al centro della difesa, ma con un tre contro due che si forma nella zona centrale, dove arriva il pallone, per via della mancanza di comunicazione e di attenzione tra i giocatori francesi.
L’ottimo secondo tempo (terminato con il punteggio parziale di 2-1) ha permesso all’Islanda di lasciare l’Europeo segnando due gol. La partita ha mostrato i limiti di una squadra che è arrivata con pieno merito ai quarti, ma che ha avuto anche la fortuna di affrontare avversari che non hanno voluto o saputo imporre un contesto difficile per la fin troppo semplice strategia islandese. Cosa che non toglie nulla a un’impresa storica a cui abbiamo avuto la fortuna di partecipare.
Adesso è il momento della Francia per provare a fare la storia, dopo un percorso iniziale che più facile non avrebbe potuto desiderare, e che le ha permesso di arrivare a quella che potrebbe essere la sua formula di gioco definitiva. Resta da vedere se Deschamps, con il rientro di Kanté, cambierà nuovamente modulo o formazione, rimangono comunque dei dubbi sull’effettiva capacità della Francia di giocare una partita in cui non è la favorita. Quella con la Germania sarà la prima “vera” partita contro una Nazionale di pari livello e, semplicemente, mancano le informazioni sulla capacità di reggere l’urto quando la dinamica è sfavorevole e la caratura tecnica francese non è superiore.
Se attaccata in ampiezza, la Francia non sembra in grado di difendere il centro e questo sarà forse il problema principale contro la Germania a cui piace allargare la linea difensiva avversaria con Hector e Kimmich per poi venire al centro dove hanno tutta la loro qualità. Abbiamo già detto come, per caratteristiche dei giocatori a disposizione, e mancanza di strategia offensiva contro le difese schierate, la Francia sembri adatta a un gioco di ripartenze rapide e verticali, ma la vera domanda è: saprà anche soffrire?