A due minuti dalla fine di Fiorentina-Juventus, una partita fondamentale per raggiungere uno dei primi quattro posti in classifica e che gli uomini di Pirlo stanno faticosamente cercando di vincere nonostante una brutta prestazione, Kulusevski gira un cross morbido verso il secondo palo che scavalca Dragowski e arriva perfetto sulla testa di Cristiano Ronaldo. Per un attimo impercettibile è sembrato certo ai tifosi che, nonostante la pessima prova della squadra, la vittoria fosse lì, ad un passo. Cosa mai potrebbe andare storto quando la palla è sulla testa di CR7? Il portoghese è a due metri da una porta praticamente vuota: la storia ci dice che è un gol fatto. Incredibilmente però Cristiano Ronaldo non impatta il pallone, lo sfiora a malapena e quello continua la sua corsa verso l’esterno quasi indisturbato. A quel punto tifosi e osservatori neutrali non hanno potuto fare a meno di chiedersi se fosse davvero lui il giocatore ad aver sbagliato quel gol.
Questo perché Cristiano Ronaldo è prima di tutto l’uomo dei cinque Palloni d’Oro, dei diciassette titoli di capocannoniere in svariate competizioni, delle cinque Champions League, dell’Europeo vinto con il Portogallo, dei sette campionati nazionali e, sempre lui, è l’unico ad aver superato Pelè e Romario nel numero dei gol segnati in carriera.
Non è il primo fuoriclasse, ne sarà l’ultimo, a finire sul banco degli imputati al crepuscolo della carriera. Giocatori il cui status rende difficile toglierli dal campo, ma il cui rendimento viene considerato un ostacolo per le prestazioni della squadra. Spesso così ingombranti da togliere luce ai giovani più interessanti occupandone il posto in campo o addirittura costringendo l’allenatore a sacrificare o modificare piani tattici potenzialmente più efficaci per nasconderne i limiti. Tenuti in campo nell’illusione che le prodezze prodotte nell’arco di una carriera possano continuare all’infinito, aiutando la squadra che li schiera anche quando il meglio è passato, semplicemente per il nome sulla maglia.
Questo per dire che, nella Juventus che dopo 9 anni di fila sta per cedere lo scettro di Campione d’Italia all’Inter, che anche quest’anno ha fallito in maniera netta la sua campagna europea e che rischia di non qualificarsi per la prossima Champions League, la permanenza di Cristiano Ronaldo deve essere discussa e non considerata a priori un bene per la squadra, magari perché “vende le magliette”. Alla luce dei tre anni già passati a Torino e di quanto successo in questa stagione, la presenza del portoghese è sostenibile per la Juventus anche per la prossima stagione? E non è una questione puramente economica, anche se deve essere considerato anche quell’aspetto visto lo stipendio, ma è anche il suo rendimento e la sua influenza all’interno di un gruppo che dopo anni di vittorie sembra sull’orlo di un cambiamento che non riesce a essere significativo.
Come sta Cristiano Ronaldo?
In una squadra che non è riuscita a imporre il suo dominio sul campionato come spesso succedeva negli ultimi anni e che a maggio si trova ancora a dover lottare per uno dei primi quattro posti, Cristiano Ronaldo è apparso più di una volta in difficoltà tecnica ed atletica. Sempre più spesso le sue prestazioni sono caratterizzate da imprecisione nei passaggi, scarsa reattività in ogni zona del campo, compresa quella di finalizzazione, fatica a reggere l’impatto fisico dei difensori più aggressivi.
Eppure, per certi versi, alcuni indici statistici potrebbero suggerire una storia un po’ diversa. In campionato questa è la stagione più prolifica per Ronaldo in maglia bianconera. Il numero 7 ha una media di 0.73 gol su azione ogni 90 minuti, ben superiore a quella del 2019/20 (0.60) e del 2018/19 (0.53). Continuando a guardare solamente i dati relativi alla Serie A, il portoghese ha realizzato il 38% dei gol della Juventus nelle partite in cui ha giocato. L’anno passato la percentuale era il 46%, mentre nella prima stagione aveva pesato per il 35% delle reti realizzate. Il contributo percentuale delle reti di Ronaldo al totale della squadra è quindi ancora enorme e con pochi paragoni al livello dei top team europei. Lewandoski al Bayern Monaco ha un peso realizzativo all’interno della squadra maggiore di quello di CR7, che è simile a quello di Haaland, Benzema e Kane nelle proprie squadre.
L’aumento della media gol su azione si è mosso parallelamente a quella dei Expected Goal, passati dagli 0.68 per 90’ della passata stagione agli 0,84 per 90' di quest’anno, mentre l’efficienza realizzativa - il rapporto tra gol effettivamente realizzati e quelli attesi - è più bassa di quella della passata stagione. Il suo contributo nella finalizzazione continua tuttavia a essere centrale per le sorti realizzative della Juventus ed è difficile anche immaginare chi avrebbe potuto riempire eventualmente questi numeri nella rosa dei bianconeri in sua assenza.
Si può anche provare a fare considerazioni un po’ diverse tenendo conto di altri parametri. È interessante notare come nelle stagioni precedenti il contributo percentuale delle realizzazioni di Ronaldo in Serie A era praticamente identico contro le squadre della prima metà della classifica e contro quelle della seconda metà, mentre in questa stagione pesa il 44% contro le squadre meno forti e il 35% contro quelle più forti.
O, ancora, si può provare a guardare la Champions League, terreno di caccia al Real Madrid e probabilmente la maggiore motivazione sportiva per cui la Juventus ha investito tre anni fa sul fuoriclasse portoghese. Il percorso in Champions League dei bianconeri con Ronaldo è noto e insoddisfacente. Due stagioni fa furono eliminati ai quarti di finale dall’Ajax di De Ligt e De Jong dopo avere superato in un durissimo doppio confronto l’Atletico Madrid agli ottavi di finale. La tripletta al ritorno della gara contro l’Atletico Madrid aveva permesso ai tifosi di sognare che CR7 potesse esercitare il suo potere sulla Champions League come negli anni passati al Real Madrid. In ogni caso tutti i gol della Juventus nella fase di eliminazione diretta furono segnati da lui. Come nella passata stagione, quando la Juventus è stata eliminata dal Lione agli ottavi di finale. Dopo la sconcertante sconfitta a Lione prima dello stop della competizione per la pandemia, ad agosto la doppietta di Cristiano Ronaldo non era stata sufficiente a ribaltare la sconfitta per 1-0 rimediata in Francia.
Mentre è storia recente l’eliminazione agli ottavi dal Porto, in una doppia sfida in cui Ronaldo non ha segnato nessuno dei quattro gol della Juventus, disputando al contrario due pessime partite e rendendosi responsabile dell’errore in barriera – ripetuto in maniera diversa nella partita contro il Parma in campionato - che è costato il gol dell’eliminazione della Juventus.
Breve storia di Cristiano Ronaldo alla Juventus
È innegabile che le peculiarità tecnico-tattiche di Ronaldo abbiano ridotto la libertà dei tre tecnici – Allegri, Sarri e Pirlo – che lo hanno allenato nei tre anni alla Juventus, imponendo loro dei vincoli tattici che tenessero contro delle sue esigenze. Allegri aveva inizialmente tentato di schierare un attacco leggero, con Dybala in posizione più centrale e il portoghese nella sua amata zona di centro-sinistra, con enorme libertà di movimento, accompagnati da un esterno destro offensivo come Cuadrado o Bernardeschi. Ben presto però aveva abbandonato l’idea di rinunciare a Mario Mandzukic, piazzando il croato al centro dell’attacco bianconero, immaginando per lui una funzione simile a quella di Benzema al Real Madrid. Allegri era sceso a patti con il fatto che Ronaldo, a dispetto delle sue enormi capacità realizzative e delle superiori abilità tecniche dentro l’area di rigore avversaria, non volesse fare – o magari non possa essere - il centravanti della squadra in cui gioca.
Al di là delle tante differenze tra Juventus e Real Madrid, l’esperimento tattico di Allegri non si era realizzato anche per le profonde differenze tra Mandzukic e Benzema. Se il croato aveva la forza fisica per funzionare come riferimento in avanti e la volontà di compensare con le proprie corse i movimenti di Ronaldo, non possedeva però la stessa sensibilità tattica (e la mobilità in campo) per gli spazi del centravanti francese. Inoltre le qualità nel palleggio del croato non erano state sufficienti ad aiutare la squadra a costruire una manovra efficiente. Il costante impiego di Mandzukic al fianco di Ronaldo, utile per alcuni aspetti, aveva ridotto quindi la qualità e le connessioni del reparto offensivo, costringendo quella che sarebbe stata l’ultima Juventus di Allegri a un gioco piuttosto diretto e basato sull’atletismo degli interpreti più che sulle qualità tecniche.
La presenza di Ronaldo a sinistra costringeva poi la Juventus a dover schierare una mezzala sinistra capace di allargarsi in fase offensiva nei frequentissimi movimenti verso il centro del campo di Ronaldo e allo stesso tempo di difendere un’ampia porzione di campo in fase difensiva supplendo all’assenza del portoghese in fase di non possesso. Per questo Matuidi era diventato fondamentale per quella squadra ed era lui il baricentro nel passaggio da un teorico 4-3-3 offensivo al 4-4-2 difensivo. Se il centrocampista francese aveva svolto sempre con dedizione l’enorme mole di lavoro richiesta, la sua scarsa qualità nel palleggio aveva impoverito ulteriormente il lato sinistro dell’attacco della Juventus, infilando Ronaldo in una sorta di buco nero tecnico. A fare le spese della complessa alchimia tattica era stato, in quella stagione, Dybala a cui Allegri aveva chiesto inizialmente di accentuare ulteriormente la sua funzione di "tuttocampista", ma che poi progressivamente aveva perso il posto tra i titolari in favore di Cuadrado e Bernardeschi, maggiormente in grado da un punto di vista atletico di coprire l’ampia porzione di campo che l’impiego costante di CR7 e Mandzukic assegnava al terzo giocatore offensivo. Non va inoltre dimenticata che una delle conseguenze dell’arrivo di Ronaldo in bianconero era stata la cessione in prestito di Higuain al Milan, in virtù della presunta incompatibilità del centravanti argentino con il suo ex compagno al Real Madrid.
In estate poi la scelta del nuovo allenatore era caduta su Maurizio Sarri, capace nella sua esperienza al Napoli e, in misura minore, al Chelsea di creare un gioco offensivo fatto di connessioni e occupazione degli spazi di alto livello. Anche lui però si era dovuto scontrare con gli oneri e gli onori di avere in campo Ronaldo. Storico l’incontro in Costa Azzurra sullo yacht del portoghese per parlare del suo ruolo e della richiesta, respinta, di fare il centravanti. Sarri per organizzare al suo attacco aveva rinunciato a Mandzukic, escluso dal progetto tecnico, e provato a far convivere il portoghese con Higuain, tornato dal prestito, o Dybala. In alcune occasioni e frazioni di partita l’allenatore toscano aveva anche tentato, con risultati insoddisfacenti, di schierare i tre attaccanti contemporaneamente, in un 4-3-1-2 con Dybala nella posizione di trequartista.
La presenza di Higuain garantiva alla Juventus una maggiore presenza in area di rigore e un maggiore impegno della linea difensiva avversaria, ma il progressivo peggioramento delle prestazioni del centravanti argentino aveva privato i bianconeri di un efficace raccordo tra il centrocampo e l’attacco. Al contrario, la presenza di Dybala assicurava un sostanzioso supporto al palleggio della squadra, ma poneva problemi di riempimento dell’area di rigore. Come durante la gestione Allegri, alla mezzala sinistra del teorico 4-3-3 di Sarri era chiesto di compensare in entrambe le fasi la presenza di Ronaldo nella zona di centro-sinistra. Nella fase d’attacco doveva posizionarsi internamente o alzarsi in ampiezza, muovendosi in maniera complementare a CR7, mentre in fase di non possesso doveva ricoprire il ruolo di quarto di centrocampo a sinistra nel 4-4-2 assunto dalla squadra per difendersi.
Interessante è notare come due allenatori parecchio diversi come Sarri e Allegri abbiano eletto, anche per le caratteristiche tecniche dei giocatori in rosa, quello destro come il lato forte della squadra, quello dove consolidare e far avanzare il palleggio, lasciando Ronaldo libero di muoversi come preferiva sul lato debole del campo. Una soluzione in controtendenza con quanto accadeva al Real Madrid dove, il lato sinistro del campo era occupato, oltre che da CR7, dalla creatività di Marcelo, dalla geometria di Kroos e talvolta dall’incessante lavoro di raccordo di Isco ed era quello deputato alla costruzione della manovra offensiva della squadra.
La pass map del Real Madrid di CR7 nella gara d’andata a Torino contro la Juventus e quella dei bianconeri nella partita casalinga contro la Lazio nella passata stagione. È evidente come nel Real Madrid Ronaldo giocasse sul lato forte in un ricco contesto tecnico che lo esonerava da responsabilità creative e di costruzione. Alla Juve è stato invece isolato sul lato debole.
La necessità di avere al fianco un centravanti capace di impegnare le difese e creare spazi, la volontà di utilizzare la zona di centro sinistra come piattaforma privilegiata per il proprio gioco, la totale libertà posizionale e il ridotto contributo in fase di non possesso palla hanno rappresentato i vincoli entro cui si è dovuto muovere anche Andrea Pirlo, alla prima esperienza da allenatore. Sin dalla prima conferenza stampa Pirlo ha ribadito la necessità della squadra di avere al fianco di Cristiano Ronaldo un centravanti di ruolo, individuato alla fine del mercato in Alvaro Morata. La sua Juventus è caratterizzata da grande fluidità posizionale, in cui i punti fermi sono l’occupazione dell’ampiezza in fase d’attacco per provare ad ampliare gli spazi in cui sviluppare la fase offensiva, segnando in questo una cesura con la volontà di Sarri di attaccare in un campo piccolo. Da tale necessità nascono gli schieramenti 3-2-5 o 3-3-4 con cui la Juventus si è spesso disposta in fase d’attacco in questa stagione.
I 5 giocatori schierati in attacco nella Juventus di Pirlo
All’interno di questi schemi posizionali Cristiano Ronaldo ha occupato principalmente, come di consueto, la zona di centro sinistra, provando a muoversi negli spazi liberati dal lavoro sporco di Morata o, alternativamente, allargandosi sull’esterno per ricevere il pallone. In questi casi, i suoi movimenti sono compensati da tagli interni del giocatore deputato a coprire l’ampiezza a sinistra, Ramsey ad inizio stagione e Chiesa più stabilmente da metà campionato.
Ronaldo si apre e Chiesa viene dentro al campo
Sia per Sarri che per Pirlo la presenza in campo di Ronaldo, specie perché accoppiato a un altro attaccante di ruolo, ha costituito anche un ostacolo all’efficacia del pressing, un’arma che tutti e due volevano utilizzare per recuperare rapidamente il possesso e per avere una squadra più corta e alta sul campo. L’atteggiamento passivo e anarchico del portoghese in fase di prima pressione ha spesso fatto saltare, a catena, i meccanismi di pressing alle sue spalle, consigliando agli allenatori di accettare anche fasi di difesa schierata. Anche Pirlo ha scelto quindi di difendere posizionalmente con due linee da 4 che permettono a Ronaldo di non ripiegare sulla fascia sinistra.
Ma CR7 è stato impiegato bene?
Il sistema di gioco immaginato da Pirlo, che prevede grande fluidità posizionale governata dai principi del gioco di posizione, ha evidenziato, forse ancora di più del sistema molto più rigido di Sarri e da quello più legato alle letture individuali delle situazioni di gioco dei singoli calciatori di Massimiliano Allegri, le complessità tattiche poste dalla presenza di Cristiano Ronaldo. Il portoghese segue essenzialmente il proprio istinto per il pallone e spesso chiude linee di passaggio, intasa spazi e rompe la fluidità della circolazione della palla per cercare di ricevere nei modi che preferisce.
Negli anni al Real Madrid Cristiano Ronaldo ha progressivamente ridotto la sua partecipazione al gioco, come evidenziato dal numero di passaggi effettuati, che ha toccato il minimo nelle sue ultime due stagioni in Spagna – circa 27 passaggi per 90 minuti. La partecipazione continua alla manovra non era contemplata e necessaria, anche in virtù del fatto che era circondato dai migliori creatori di gioco della sua squadra e quindi poteva concentrare i suoi sforzi sulla finalizzazione e su poche e decisive giocate.
La sua partecipazione al gioco della squadra è invece aumentata alla Juventus. In bianconero ha aumentato il numero dei suoi tocchi, oltretutto accresciuti percentualmente nella zona mediana di campo e diminuiti invece, in proporzione, nell’ultimo terzo di campo. Ha aumentato il numero di dribbling tentati, passati da 1,77 per 90’ nell’ultima stagione in Spagna a quasi 3 per 90’ alla Juventus, diminuendo la percentuale di successo.
In questa stagione Cristiano Ronaldo tocca più palloni di Morata e persino di Chiesa, come nelle altre ne toccava più di Mandzukic e Higuain. Giocando quasi sempre sul lato debole, oltretutto, funge da centro nevralgico del gioco sulla sinistra anche perché, grazie al suo carisma, i compagni tendono a servirlo non appena possibile. Ma queste dinamiche finiscono per fargli giocare un calcio che non è centrato al meglio sulle sue enormi qualità, che non sono quelle di far risalire la manovra. In un circuito che si autoalimenta, le difficoltà costantemente mostrate dalla Juventus, con ben tre allenatori diversi, nella fluidità della circolazione della palla spingono Ronaldo a una maggiore assunzione di responsabilità in fase di palleggio, sia attraverso un diretto contributo col pallone che con i suoi movimenti senza, finendo però quasi sempre al contrario per accentuare le difficoltà della squadra, a causa della sua incapacità a muoversi nello spazio e nel tempo secondo principi comuni di gioco.
Mentre la sua partecipazione al gioco è aumentata, la sua presenza in fase di finalizzazione, seppure enorme, è diminuita. Solamente in una delle sue stagioni al Real Madrid ha tirato in porta e ha effettuato meno passaggi chiave che nei 3 anni alla Juventus. Sembra quindi che il processo di specializzazione, che lo aveva visto nel corso della sua carriera focalizzare le sue energie su alcune e decisive fasi di gioco, si sia in qualche maniera arrestato alla Juventus, proprio quando l’avanzare dell’età pareva suggerire un’ulteriore concentrazione degli sforzi verso la finalizzazione e il gioco in area di rigore.
Quale può essere il destino di CR7?
Senza che siano mai stati chiari i motivi, la Juventus non si è rivelata la squadra migliore per questa fase finale della carriera di Ronaldo e, viceversa, il portoghese non sembra essere il giocatore ideale su cui appoggiare il ringiovanimento e la ristrutturazione tecnico-tattica di cui i bianconeri hanno bisogno e che, in maniera confusa, sembrano avere cominciato da un paio d’anni e che dovrà continuare anche nella prossima stagione.
La disposizione 3-2-5 della Juventus, piuttosto statica, concede a CR7 ricezioni nel mezzo spazio tra terzino, ala e mezzala del Porto. Questo tipo di ricezioni sono le migliori per il portoghese? E viceversa, è negli interessi della squadra che a ricevere lì sia Ronaldo?
La questione della permanenza di Cristiano Ronaldo alla Juventus riguarda forse più dinamiche estranee al campo di gioco che non quelle legate al suo rendimento e alle intenzioni future della squadra sul piano tecnico e tattico. La possibilità di trovare una sistemazione soddisfacente per il portoghese sia dal punto vista sportivo che economico è ancora avvolta dal mistero, così come l’effettiva volontà della Juventus di cederlo. Sarebbe eventualmente un braccio di ferro molto complicato, che metterebbe contro la forza della società e quella del portoghese, qualora uno dei due volesse liberarsi dell’altro in estate, almeno prima della naturale scadenza del contratto che avverrà nel 2022.
In campo l’importanza di Cristiano Ronaldo è ancora enorme per la Juventus. Quella in corso è la migliore stagione da un punto di vista realizzativo in bianconero e, oggettivamente, sarebbe difficile immaginare la Juventus attuale senza il suo contributo. A 36 anni, però, alcuni segnali sembrano indicare che la parabola di Cristiano Ronaldo sia arrivata alla fase discendente. Sarebbe ingiusto imputare gli ultimi fallimenti della Juventus in Champions League solo a lui, ma è innegabile che le scialbe prestazioni contro il Porto, per un giocatore abituato a tenere il meglio per le partite importanti in Europa, abbiano alimentato dei dubbi. Dubbi per altro già emersi nei sui anni alla Juventus, sulla possibilità di rimanere il cinico e feroce predatore che abbiamo conosciuto, capacità che ci avrebbe fatto chiudere gli occhi sui limiti mostrati nelle altre zone del campo.
Ma è solo Ronaldo ad aver deluso la Juventus? Al contrario si può dire che, per assecondare l’unicità del suo talento, i vari allenatori hanno provato a snaturare le caratteristiche degli altri giocatori in rosa, finendo però per fargli un torto più che un favore, non riuscendo a creargli intorno il contesto tattico ideale per fare al meglio quello che sa fare. La zona sinistra dell’attacco della Juventus è stata spesso svuotata dai calciatori più tecnici per compensare i movimenti di Ronaldo, ma questo, a cascata, ha accentuato l’influenza del portoghese nel gioco, che è come avere un cane da caccia e dirgli di cercare il tartufo. Tuttavia è difficile risolvere questo problema ora, se non si è avuta la volontà (o la capacità) di farlo nel momento in cui si era deciso di acquistare un calciatore tanto importante nelle dinamiche di squadra.
Anche senza chiamare in causa la personalità di Cristiano Ronaldo, ossessionato dal successo personale e i cui atteggiamenti e posture in campo appaiono spesso condizionati più dalla propria prestazione che non da quella complessiva della squadra, ci si può legittimamente chiedere se le sue caratteristiche tecnico-tattiche si possano sposare con il prossimo progetto tecnico della Juventus. L’enorme influenza nella zona di centro sinistra, i continui adattamenti richiesti ai compagni per assecondarne i movimenti spesso anarchici e la passività in fase di pressing, continueranno inevitabilmente a influenzare ogni possibile allenatore e anzi con l’avanzare dell’età potrebbero diventare più evidenti.
Se la Juventus dovesse decidere, per motivi tecnici, di continuare con Ronaldo dovrebbe necessariamente risolvere ogni possibile equivoco tattico. I tre anni insieme hanno dimostrato che, qualora ci fosse stato bisogno di una conferma, il miglior utilizzo del portoghese non è tanto nella posizione in cui lo si schiera, ma nel contesto che gli si crea intorno, disegnando una squadra in grado di muoversi in maniera armoniosa in sua funzione. Finora però è sembrato un piano impossibile: Allegri non è riuscito a trovare la migliore alchimia, Sarri non è giunto a un compromesso affidabile tra il suo progetto e le caratteristiche di Ronaldo, Pirlo sembra essere venuto a patti non troppo convincenti tra le sue intenzioni iniziali e l’esigenza di sfruttare al meglio CR7.
Dopo una lunghissima stagione di successi la Juventus ha senza dubbio la necessità di riflettere seriamente sul proprio futuro. Soprattutto per questo deve chiedersi quanto ha senso continuare a puntare le sue fortune su Ronaldo, un calciatore che pare aver perso lo smalto dei momenti migliori come l’anagrafe poteva suggerire, nonostante stiamo parlando di una specie di superuomo. Insomma, a pensarci, forse il gioco non vale la candela ed è giunto il momento, anche a costo di una perdita tecnica netta e immediata, di provare a costruire il futuro senza le inevitabili costrizioni che Ronaldo impone alla squadra. Tra l'altro una cessione potrebbe essere anche nei migliori interessi tecnici del portoghese, che alla Juventus non ha mai veramente trovato le condizioni ideali per esprimersi.
La sensazione però è che a decidere saranno più considerazioni di tipo economico che di natura tecnico-tattica. Ronaldo e la Juventus sono legati da un altro anno di contratto a cifre pantagrueliche che peseranno più della sua possibile coesistenza con un progetto che deve ripartire dalle basi. Ma se il calcio ci ha insegnato qualcosa è che se le due parti non stanno bene insieme ogni separazione è possibile e oggi è difficile credere che la Juventus e Ronaldo siano una coppia felice.