«È un onore e una grande responsabilità diventare azionista di riferimento del Genoa CFC» dice, semplicemente, il nuovo azionista di maggioranza del club ligure, il romeno Dan Șucu. Nel comunicato ufficiale della squadra si prosegue: «Gestire una società di calcio vuol dire non limitarsi soltanto agli aspetti legati al business. È un’attività che necessita di passione genuina per questo sport e impegno verso la comunità dei tifosi che vivono per questi colori».
Le indiscrezioni circolate negli ultimi giorni, dopo che il cda aveva deliberato un aumento di capitale senza diritto di opzione per i soci, sono state dunque confermate. L’imprenditore nativo di Bucarest è ufficialmente il nuovo proprietario del Genoa, senza la partecipazione, come ipotizzato inizialmente, del connazionale Ion Tiriac - uomo più ricco del Paese e personaggio che è decisamente un’altra storia. È il primo proprietario romeno di sempre nel calcio italiano. Il suo arrivo lascia inalterato il rapporto tra italiani (10) e stranieri (10) ai vertici delle squadre di Serie A; in compenso l’uscita di scena di 777 Partners ha ridimensionato la presenza americana, che resta comunque la più vasta tra quelle estere. Prima di tutto ciò, e in attesa di farci un’idea del nuovo presidente, va detto che le notizie di ieri dovrebbero rappresentare una boccata d’ossigeno per i tifosi del Grifone, affievolendo le paure che il club più antico d’Italia venisse mandato in rovina da una proprietà ormai inaffidabile.
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Come avevamo spiegato qualche mese fa, il fondo di private equity di Miami sta attraversando un momento di grave difficoltà finanziaria, che ha fatto venire meno le fondamenta del progetto americano a Genova. Erano sorti inquietanti interrogativi sul futuro del club.
La proprietà aveva debiti da oltre due miliardi di euro e alcune dispute legali intentate (A-Cap e Leadenhall) stavano trascinando il Grifone sull’orlo del baratro. Gli azionisti avevano votato e approvato lo scorso 14 dicembre un aumento di capitale di 40 milioni senza opzione per i soci, con scadenza a metà gennaio. Il motivo era duplice: far fronte alla perdita di 38.8 milioni nell’ultimo esercizio a bilancio, ma anche sbarazzarsi di una proprietà che non aveva più le garanzie necessarie per gestire un club di Serie A.
È bastata una manciata di giorni, e soprattutto una lettera firmata Dan Șucu con un’offerta vincolante per rilevare il 77% delle quote del club, e giungere quindi a una soluzione. «L’imprenditore romeno», si legge nel comunicato ufficiale, «tramite un proprio veicolo d’investimento ha sottoscritto per intero l’aumento di capitale» - versando 45.356.262 euro complessivi, di cui 5.356.262 a titolo gratuito - «ottenendo in cambio una partecipazione del capitale sociale nell’intorno del 77% del Genoa CFC, lasciando in minoranza i precedenti soci». I membri di 777 Partners (cui rimane il 23%, per ora almeno) presenti nel board sono stati esclusi a titolo immediato dal consiglio d’amministrazione.
“L’uomo che ha arredato la Romania”
«Una cosa è sicura: Dan Șucu ha fatto l’affare del secolo», scrive Marco Iaria sulla Gazzetta dello Sport, «diventando proprietario di un club di Serie A con il blasone e il bacino d’utenza del Genoa, mettendo di tasca propria appena 40 milioni. Șucu ha già versato materialmente il 25% della cifra e si è impegnato a sottoscrivere l’intera quota corrispondente al 77% delle azioni rispettando i termini di pagamento concordati con il cda. Peraltro a 777 Partners, che resta socio di minoranza, non spetterà nulla: i 40 milioni finiscono tutti nelle casse societarie, con il risultato di minimizzare future iniezioni del nuovo patron, almeno fino a giugno. L’affare del secolo, appunto».
La prima domanda che tutti si pongono in casi del genere riguarda la disponibilità economica del nuovo proprietario. Secondo Forbes, si tratta del 24esimo uomo più ricco della Romania, il cui patrimonio è stimato attualmente tra i 250 e i 300 milioni di euro. Cifre non certo fantastiche. Ma, sempre secondo la Gazzetta, Banca Sistema - principale creditrice del Genoa - avrebbe fatto le sue verifiche e trovato ottime referenze bancarie.
Per Dan Șucu, 61 anni, non si tratta di una prima volta nel mondo del calcio, essendo titolare dal 2022 del 90% delle quote del Rapid Bucarest, club romeno di grande tradizione ma reduce dal fallimento del 2016. La sua avventura nell’imprenditoria parte dalla fondazione nel 1993 di Mobexpert, azienda leader nell’Europa dell’Est nel settore dei mobili d’arredamento, ed è la classica storia (più o meno) dell’uomo d’affari che ha costruito una fortuna con le proprie mani e idee. Partendo da un capitale irrisorio e arrivando ad essere “l’uomo che ha arredato la Romania”, come viene chiamato dai media locali.
Secondo una recente ricerca di mercato, più di una famiglia romena su dieci si è affidata infatti a Mobexpert per la mobilia domestica, cui si aggiungono uffici pubblici e privati. I suoi store sono presenti a Bucarest, Cluj, Timisoara e altre città del Paese, oltre che a Belgrado (Serbia) e Sofia (Bulgaria). L’azienda ha attualmente un fatturato di 260 milioni di euro e conta 2.400 dipendenti tra stabilimenti produttivi (otto in totale), uffici commerciali e negozi. La sua presenza però non si limita a questo settore, e al calcio: in Romania è noto anche per l’impegno in politica, per gli investimenti in svariati settori economici, e anche per qualche controversia, alcune particolari passioni e il gossip che lo circonda da due decenni.
La storia di Șucu - pronuncia corretta: “sciùcu” - ricorda quella del “dollaro numero uno“ (guadagnato pulendo scarpe per strada) e dalla prima pepita d’oro (trovata nel Klondike) di Paperon de’ Paperoni. L’ha raccontata lui, con dovizia di particolari, in un’intervista del 2011 per la rivista romena BusinessMagazin.ro.
Nel 1993 ha fondato Mobexpert con l’idea di vendere mobili da ufficio. Il capitale a disposizione, però, era di soli 1.000 dollari. Allora ha venduto casa di famiglia e con i 55.000 dollari della vendita ha acquistato la merce dalla Francia. «Il piano era vendere l’equivalente di 20.000 dollari al mese con quattro dipendenti e un piccolo negozio in affitto; io avrei guadagnato un profitto di 4.000-5.000 dollari al mese, che mi sembrava eccezionale». Dopo due mesi le vendite sono raddoppiate. A fine anno sono decuplicate, e nel 1994 ha guadagnato un milione di lei (ai tempi, quindici-venti volte il salario medio in Romania, ndr). «L’anno successivo ho comprato dal mio fornitore francese il 18% del suo fatturato annuale». Il resto, come si suol dire, è storia.
Negli Șucu ha differenziato sempre più la propria attività: da progetti immobiliari (tra cui Petrom City e un complesso residenziale a Bucarest da oltre mille appartamenti) all’acquisizione di società nel mondo del trasporto aereo e dei media (quotidiano Ziarul Financiar). Inoltre, è presidente della Confederatia Patronala Concordia (l’equivalente della nostra Confindustria) e diversi media hanno predetto una possibile candidatura come sindaco di Bucarest. Nelle recenti (controverse) elezioni nazionali si è schierato apertamente al fianco di Elena Lasconi, candidata del partito europeista USR; in ogni intervista ripete di «non augurare alle prossime generazioni una Romania che torna sotto l’ombrello della Russia», e di sperare di continuare a «vivere in una Romania europea, una Romania sovrana, indipendente, difesa dall’alleanza militare più importante del mondo».
Da presidente del Rapid Bucarest, viene descritto come un presidente molto presente nella quotidianità della squadra. Negli ultimi due anni ha dovuto gestire una controversa disputa legale per la titolarità del marchio (rivendicato da un altro club in seguito al fallimento), da cui il Rapid è uscito positivamente. La squadra è tornata - non senza esborsi sul mercato - nella cerchia delle sfidanti all’egemonia di FCSB (Steaua Bucarest) e Cluj, come conferma il secondo posto della passata stagione. Non abbastanza per appagare le sue ambizioni: «voglio vincere il campionato», dice, e l’estate scorsa ha dimostrato un’impazienza che potrebbe essere familiare ai tifosi genoani, esonerando il nuovo allenatore (Neil Lennon) dopo aver raccolto otto punti nelle prime sei giornate di campionato. Quando invece il suo successore, Marius Șumudică, è stato criticato dai tifosi per il rendimento ancora deludente della squadra, ha reagito (diciamo) mettendoci la faccia. A ottobre si è presentato in una diretta su Facebook - un Q&A aperto a chiunque volesse partecipare - e ha risposto personalmente alle perplessità dei tifosi connessi.
Șucu ha contribuito a ristrutturare dalle fondamenta il Rapid, che al suo arrivo aveva urgenza di ammodernare infrastrutture e organizzazione societaria. Lo ha confermato l’ex allenatore Cristiano Bergodi, che ha lavorato a Bucarest nella passata stagione ed è intervenuto ieri pomeriggio a Radio Sportiva per raccontare il suo trascorso nella società rumena, svelando anche qualche curioso retroscena. «Non sono del tutto sorpreso dalla notizia», ha detto l’ex giocatore e allenatore di Serie A. «L'anno scorso un giorno mi disse che voleva entrare nella proprietà del Genoa, anche se come partner di un fondo. Me ne aveva parlato in una riunione, in cui mi chiese: ‘Che ne pensa, mister? Magari riusciamo anche a portare qualche giocatore qui in Romania.’ Al di là di questo, il mio rapporto con Dan Șucu - con cui parlavo sempre in italiano, lo conosce bene (il figlio studia alla Bocconi di Milano, ndr) - è ottimo: è un personaggio di un certo livello, un uomo intelligente e con grandi capacità da manager. Con lui al Rapid è arrivata un’organizzazione che prima non c’era, gli stipendi sono cresciuti, e lui è uno ambizioso, vuole sempre vincere. Vediamo come andrà al Genoa, ma penso che i tifosi possano stare tranquilli».
Curiosità non necessarie
Nella sua presentazione al Genoa, ha confermato il “desiderio, tra i punti programmatici, di avviare una collaborazione di successo tra il Genoa e alcuni club dell'Europa dell'Est, tra cui il Rapid Bucarest. Vedremo sicuramente giovani calciatori italiani iniziare la loro carriera in questi club, giocando non solo nei campionati nazionali di riferimento, ma anche nelle coppe e competizioni europee. Al contempo alcuni tra i migliori talenti di questi Paesi avranno la possibilità di giocare con la maglia del Genoa, in uno dei campionati più importanti del mondo come quello italiano”.
Dopo aver intrapreso una serie di ingenti investimenti sulle giovanili del Rapid, un giorno ha detto che “i genitori dei ragazzi romeni dovrebbero smettere di fumare sigarette e usare i soldi risparmiati per far praticare sport ai figli”. Al di là di questa singolare dichiarazione, sostiene in ogni occasione possibile la pratica sportiva di massa e l’importanza sociale che riveste. Tutti i suoi figli e le sue figlie (quattro in totale, tra cui l’attuale capitano delle giovanili del Rapid) hanno giocato a calcio, ma di sicuro non è stato necessario alcun sacrificio economico per questo. Il suo divorzio del 2004, invece, è stato un bagno di sangue dal punto di vista finanziario, avendo dovuto sborsare 50 milioni di euro circa perché Camilla, l’ex moglie, rinunciasse alle azioni a lei intestate nelle varie società. Nel 2007 si è nuovamente sposato con Diana Lascarescu, ex presentatrice televisiva, e da allora la guerra mediatica tra lei e Camilla va avanti, ininterrottamente e rumorosamente. Se il gossip vi appassiona, fate un giro sul web e non resterete delusi.
Nel suo garage ci sono automobili e moto d’epoca, che secondo i media romeni sono appartenute a personaggi come Al Capone ed Elton John. E ancora: i nostri lettori a Bucarest - sappiamo che ci siete! - potrebbero averlo visto in tv in un episodio di “Imperiul Leilor” (la versione rumena di “Shark Tank”, un programma in cui imprenditori emergenti presentano le loro idee di business a un gruppo di businessman di successo - i “leoni”, tra cui Dan - per ottenere finanziamenti). In Italia invece - e stamattina anche in Romania - si è parlato della sua somiglianza con Gerry Scotti.
A Șucu piace pescare: «se c’è un posto che mi incanta è il Delta del Danubio, ho iniziato ad andarci nel 2000. È l’unico posto al mondo in cui la disconnessione telefonica è completa, e nel tempo ho capito che stare offline può salvarti la vita. La pesca, poi, insegna la pazienza, una qualità necessaria negli affari».