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Il miglior terzino del mondo?
17 lug 2024
17 lug 2024
Anche agli Europei Carvajal si è dimostrato un giocatore decisivo.
(foto)
IMAGO / PA Images
(foto) IMAGO / PA Images
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Sono tanti i modi in cui è possibile guardare il calcio, tutti ugualmente legittimi ed affascinanti. Per chi è solito approcciarsi alle partite in maniera analitica, prima della finale di Berlino la Spagna era la chiara favorita per la vittoria. La squadra di De La Fuente aveva mostrato il miglior calcio dell'Europeo e, lungo il cammino, aveva battuto Croazia, Italia, Germania e Francia. L’Inghilterra, al contrario, era arrivata in finale grazie al tabellone morbido e senza mai davvero meritare, a parte forse nella semifinale giocata contro l'Olanda.

Con queste premesse, la vittoria della “Roja” poteva sembrare scritta. Eppure, proprio perché era arrivata in finale in questo modo, la vittoria dell'Inghilterra poteva anche sembrare scritta. Se una squadra che gioca tanto male riesce ogni volta a salvarsi oltre il 90’ deve avere qualcosa di speciale, magari non in campo ma nel rapporto con la sorte, o con un presunto Dio del calcio se volete. Anche da questo punto di vista, però, la Spagna poteva giocarsi le sue carte. Di fronte alla prospettiva di una vittoria inglese, infatti, si stagliava il retaggio calcistico di Dani Carvajal, uno che in quanto a vincere i trofei con la sola forza della mistica ne sa qualcosa, grazie al Real Madrid. Chi scommetterebbe mai, in una finale, contro la squadra che può contare su Dani Carvajal? Nessuno, e infatti anche stavolta, alla fine, ad alzare la coppa è stata la squadra del terzino di Leganés.

È facile dirlo a posteriori, ma la presenza di Carvajal per la Spagna era più forte di qualsiasi mistica potesse portarsi dietro l’Inghilterra, con le sue rimonte rocambolesche e la sua capacità chirurgica di sfruttare anche la più misera delle occasioni. Ovviamente Carvajal non è solo questo, e anche in questo Europeo è stato un pilastro della sua squadra nonché uno dei giocatori migliori della competizione.

Eppure, per quanto possa sembrare strano, questo è stato il primo Europeo della carriera di uno dei giocatori più vincenti del calcio contemporaneo. In realtà, questa è stata la prima vera competizione di Carvajal con la Spagna - l’unica, ad oggi, in cui sia stato indiscutibilmente un titolare dall’inizio alla fine, cioè. Nonostante i successi con il club, infatti, Carvajal non aveva avuto molta fortuna in Nazionale.

Diventato titolare nel Real Madrid della “décima”, quello stesso anno Del Bosque lo aveva ignorato e non lo aveva convocato per i Mondiali in Brasile. Due anni dopo, la fascia destra della Spagna di Euro 2016 doveva essere la sua; in finale di Champions League, a San Siro, però, si era infortunato e aveva dovuto rinunciare agli Europei. Ai Mondiali del 2018 il CT d’emergenza, Fernando Hierro, lo aveva fatto entrare solo al 70’ nell’ottavo di finale contro la Russia. Nel 2020/21, poi, la sua stagione era stata fatta a pezzi dagli infortuni, perciò ancora una volta aveva dovuto rinunciare agli Europei. Infine, Luís Enrique non lo aveva considerato insostituibile durante i Mondiali in Qatar e infatti nella partita dell’eliminazione, l’ottavo di finale contro il Marocco, Carvajal non ha disputato nemmeno un minuto.

Se volessimo trovare una narrazione coerente per questa storia culminata nel trionfo di Berlino, potremmo dire che il rapporto tra Carvajal e la Nazionale, in realtà, era cambiato già a giugno dello scorso anno. La Spagna del nuovo CT De La Fuente doveva affrontare le final four di Nations League. Carvajal non aveva disputato la semifinale contro l’Italia e anche in finale era partito dalla panchina. Un giocatore abituato a vincere la Champions quasi tutti gli anni si ritrovava relegato ancora una volta al ruolo di riserva. Proprio la sua condizione di icona del Real Madrid, però, gli aveva permesso di affermarsi come uomo spogliatoio anche con la “Roja”, a pochi minuti dalla finale contro la Croazia. «Era la prima finale che non giocavo da titolare e ho tenuto un discorso motivazionale durante il quale sono arrivato ad emozionarmi». Carvajal dapprima ha arringato i compagni nello spogliatoio, poi è entrato a partita in corso. Spagna e Croazia sono arrivate ai rigori e quello decisivo è toccato batterlo proprio a lui (segnato con un cucchiaio peraltro).




La vittoria in Nations League era arrivata al termine di una stagione in chiaroscuro per Carvajal con il Real Madrid. Quest’anno, però, il numero due è tornato a rendere come una volta e si è tolto persino lo sfizio di segnare in finale di Champions League. La titolarità agli Europei era indiscutibile e, anzi, Carvajal era una delle poche certezze in una squadra che in realtà, alla vigilia del torneo, destava qualche dubbio.

Invece la Spagna ha convinto fin dalla prima partita. Di Euro 2024 ci rimarrà negli occhi la qualità degli uomini di De La Fuente, e forse questo per paradosso ci fa sottovalutare il carattere che hanno dimostrato. Ogni sfida per la “Roja” è stata piena di insidie, con sliding door che avrebbero potuto rivoltarsi contro una squadra piena di giocatori poco esperti a questi livelli: l’autogol di Le Normand contro la Georgia, il pari all’ultimo minuto della Germania padrona di casa, il gol subito da Kolo Muani dopo l’occasione divorata da Fabián e quei minuti in cui Jesús Navas non sembrava poter reggere contro la catena sinistra della Francia. Per non parlare, poi, del gol di Cole Palmer nell’unico contropiede subito dall’Inghilterra.

Tutte situazioni che avrebbero potuto pesare sullo stato emotivo della Spagna, che però si è fatta sempre scivolare addosso tutto, uscendo a testa alta e petto in fuori da ogni punto di inflessione delle partite di questo Europeo. La squadra di De La Fuente non si è fatta influenzare dagli episodi perché aveva un gioco consolidato a cui aggrapparsi, certo, ma anche perché poteva contare su due mostri di mentalità come Rodri e Carvajal. Loro due, quasi per contagio, hanno trasmesso fede cieca nei propri mezzi alla squadra: sapere di avere due così dalla propria parte aiuta a restare sereni. In questo modo, la Spagna è cresciuta nel corso del torneo, talmente tanto che nemmeno l’infortunio di Rodri nel corso della finale è riuscito a scalfirla.

Se Rodri arrivava in Germania nel fiore della sua carriera, ed era pertanto una delle stelle annunciate, non era scontato che il trentaduenne Carvajal, al termine di una stagione tanto lunga e con precedenti infausti in Nazionale, disputasse un Europeo di questo livello.

Il terzino del Real Madrid è stato eccellente a livello di leadership e di rendimento individuale, certo, ma le ricadute tattiche di un giocatore del genere sulla Spagna sono state altrettanto importanti. In altre parole, sulla fascia destra Carvajal ha passato ogni momento a capire come adattarsi a Lamine Yamal, in modo da permettergli di esprimere tutto il suo potenziale.

Il talento del Barcellona è un’ala molto particolare, deve sentirsi libero di ricevere dove meglio crede: può aspettare aperto in fascia, ma spesso si sposta anche al centro. Carvajal, in questo senso, è stato il partner perfetto per Lamine Yamal, gli è bastato poco per trovare l’intesa.

Nel corso della carriera, il terzino di Leganés ha dovuto leggere, e quindi compensare, le caratteristiche dei compagni di fascia più disparati: dapprima un’ala atipica come Gareth Bale, poi un trequartista come Isco che gli lasciava tutta la corsia e, negli ultimi anni, due giocatori radicalmente opposti come Valverde e Rodrygo. Con la sua duttilità Carvajal non ha mai faticato ad adattarsi e anche agli Europei è stato così.

«È diverso da ciò che accade con Fede Valverde o Rodrygo nel mio club. So che Lamine fa la differenza in avanti, quindi molte volte non gli chiedo di aiutarmi e provo a lasciarlo un po’ più libero, faccio io uno sforzo in più per muovermi sull’esterno o dentro al campo. Devi conoscere il giocatore che hai accanto».

Non era insolito vedere Carvajal consigliare con le braccia a Lamine Yamal la posizione da occupare. In più, era fondamentale non fargli spendere troppe energie in fase di rientro, così da farlo ricevere già alto e pronto per correre e colpire. È ciò che è accaduto contro la Germania, come ha raccontato lo stesso Carvajal: «Loro giocavano con il terzino Raum molto largo e io gli ho detto: “non ti abbassare troppo, non ti preoccupare”. Mi sono fatto aiutare da Rodri o da Robin Le Normand, così che lui potesse rimanere in avanti».

In quella stessa partita Carvajal si è guadagnato l’effige da salvatore della patria, in maniera analoga a quanto fece Chiellini con Saka tre anni prima. Dopo il gol del 2-1 di Merino al 120’, Musiala lo aveva puntato sulla fascia e in un primo momento lo aveva saltato. Carvajal era già ammonito e avrebbe già dovuto saltare l’eventuale semifinale, visto che era in diffida. Non ci ha pensato due volte, allora, ad aggrapparsi al collo di Musiala e a trascinarlo per terra. Doppio giallo, espulsione, ma possibile ultima occasione per la Germania praticamente disinnescata.

I falli tattici sono stati una costante della carriera di Carvajal, uno che non si è mai fatto problemi a sporcarsi le mani. In Spagna addirittura hanno coniato un nome per indicare quegli interventi in cui il terzino del Real Madrid cerca direttamente l’uomo, senza pensare al pallone, magari facendola franca agli occhi dell’arbitro: la “Carvajalinha”, termine utilizzato con disprezzo dai tifosi di Barcellona e Atlético, che sottintende la presunta simpatia degli arbitri nei confronti dei giocatori del Real Madrid.

In Spagna, però, anche i più acerrimi antimadridisti nell’ultimo mese e mezzo hanno potuto apprezzare la scaltrezza di quello che oggettivamente è uno dei più grandi terzini degli ultimi vent’anni: un po’ come era accaduto ai tifosi di Inter, Milan, Napoli o Roma con Chiellini durante gli scorsi Europei.

Il “mestiere”, la capacità di ballare sul limite del regolamento, però, costituisce solo una minima parte del suo repertorio. Carvajal è un terzino incredibilmente completo, senza punti deboli. Forse non avrà più le sgroppate di qualche anno fa, con cui entrava in conduzione dentro al campo, ma con la palla rimane uno dei laterali migliori in impostazione.

Il tocco d’esterno con cui ha dato avvio all’azione del gol di Nico Williams è stato la ciliegina sulla torta del suo torneo. Un colpo da biliardo che non deve sorprendere, visto che da anni Carvajal è uno dei migliori calciatori al mondo ad usare l’esterno del piede: lo ricordano bene i tifosi del Napoli, contro cui in quel modo disegnò un cross al bacio per la testa di Benzema negli ottavi di finale della Champions League 2016/17.


Anche migliori rispetto a qualche stagione fa, poi, sono le doti difensive, affinate con l’esperienza. L’esuberanza fisica, nei primi anni, rendeva Carvajal un terzino fenomenale soprattutto nei rientri lunghi, uno dei segreti per cui il Real Madrid, da Zidane ad Ancelotti, ha potuto permettersi di schierare contemporaneamente una miriade di talenti offensivi.

Carvajal conserva ancora parte di quello smalto, a cui ha aggiunto gli strati di comprensione del gioco che i difensori acquisiscono dopo aver scollinato i trent’anni. Lo ha dimostrato anche in finale, nonostante abbia avuto un paio di sbavature: da un suo pallone perso è nata l’occasione inglese che ha portato all’infortunio di Rodri, chiamato ad allungarsi per ribattere un tiro di Kane. Nel secondo tempo, poi, è finito per terra sulla piroetta con cui Bellingham si è costruito quel tiro che è sibilato di poco a lato del palo.

L’occasione di Bellingham è servita a ricordarci come chi attacca abbia sempre il coltello dalla parte del manico nel duello col difensore. Ciò che innanzitutto deve saper fare chi difende, allora, è resistere, una qualità che a Carvajal non è mai mancata: «Mi piacciono le difficoltà, mi piace competere», dichiarava qualche anno fa.

Bellingham mandandolo a terra gli avrà fatto fare una brutta figura, ma non si dimentichino tutti gli altri piccoli duelli in cui Carvajal ha avuto la meglio: i tagliafuori, le spallate e poi una giocata a inizio secondo tempo che è stata forse la vera dimostrazione della grandezza di Carvajal in questo Europeo.

Al 50’ un’uscita precipitosa di Lamine Yamal aveva lasciato il terzino del Real Madrid in inferiorità numerica contro Bellingham e Shaw, liberi di correre. Carvajal, a campo aperto, non è andato in apnea e ha offerto una lezione su come difendere da solo contro due avversari. Con Bellingham in conduzione e Shaw che si sovrapponeva sull’esterno, prima ha rinculato per evitare il duello diretto con il numero dieci e dare il tempo di rientrare ai compagni. Quando ha visto che Zubimendi, poi, è quasi tornato al centro, facendo un passetto verso la fascia per impedire a Bellingham di aprire su Shaw.



Bellingham, così, ha dovuto continuare a condurre e allora Carvajal ha cambiato direzione della corsa verso l’interno, impedendo all’inglese di convergere e suggerendogli che il passaggio per Shaw fosse di nuovo aperto. Il fondo del campo, però, si avvicinava sempre di più e quindi Shaw aveva ormai poco spazio da attaccare in corsa.



A quel punto, intanto, Zubimendi e Morata erano rientrati alle spalle di Bellingham. La loro presenza ha reso incerto il passaggio di Bellingham per Shaw: Carvajal ha portato l’azione sui binari che desiderava. Così, già predisposto per uscire su Shaw, è scattato verso di lui e gli si è messo davanti, scortando il pallone fuori dal campo.



Tempismo ed esplosività sono fondamentali per capire quando stringere e quando allargarsi: è così che Carvajal ha potuto guardare le spalle di un giocatore come Lamine Yamal.

Questa accuratezza nelle letture è ciò che lo differenzia dalla maggior parte dei terzini del calcio contemporaneo, una qualità che gli permette di sopravvivere dove c’è pochissimo margine d’errore.

D’altra parte, anche solo osservandolo, Carvajal rimanda all’idea platonica dei terzini di un tempo, quella convinzione (spesso falsa) per cui i laterali di una volta non sbagliavano mai le diagonali difensive. In Carvajal l’aspetto fisico è un prolungamento del suo gioco. Come può non trasmettere sicurezza uno che sembra uscito da un album Panini di inizio anni ’80, con quel torace, le sopracciglia folte, le braccia villose che spuntano dalle maniche lunghe costantemente rimboccate? Gli mancherebbe solo infilare la maglia nei calzoncini.

Qualcuno, durante l’Europeo, ha suggerito che un’annata come la sua fosse degna del Pallone d’Oro. Obiettivamente la concorrenza di Rodri e Vinicius sembra difficile da battere. All’indomani della vittoria della Spagna, però, non sembrano esserci dubbi su chi sia il miglior terzino al mondo.

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