Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Dani Olmo non è glamour ma è un fenomeno
16 lug 2024
16 lug 2024
Uno dei migliori giocatori di Euro 2024.
(foto)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(foto) IMAGO / ZUMA Press Wire
Dark mode
(ON)

Nelle ore dopo la finale sono due le facce che continuano a rincorrersi sulle prime pagine, sui blog, nei meme, nei giornali, nelle card onnipresenti sui social: Nico Williams e Lamine Yamal. I due volti di questa Spagna brillante, leggera, spettacolare. Gli ambasciatori di un'idea di calcio che mette al centro la tecnica, la spensieratezza, persino un lato estetico, bello, del gioco.



Tra i due lati occupati da Lamine Yamal e Nico Williams, però, c'era un altro giocatore decisamente meno glamour ma importante più o meno quanto loro (ognuno avrà il suo preferito). Ha i capelli biondi, il mento sfuggente, gli occhi piccoli e i più maligni lo hanno associato al “no chin meme”.






Nel suo Europeo può vantare: 3 gol, 2 assist, il titolo di miglior marcatore del torneo e un intervento magico, o decisivo, in tutte le partite giocate dalla Spagna dagli ottavi in avanti. Ha segnato alla Georgia, poi il gol dell’1-0 alla Germania e l'assist per il 2-1, la rete della vittoria alla Francia e nella finale, in una partita in cui non era riuscito a trovare nessun momento da protagonista. Fino al novantesimo. In quell’ultimo minuto dei tempi regolamentari l’Inghilterra ha un calcio d’angolo. La traiettoria è a uscire, ci arriva Declan Rice che colpisce con la fronte, Unai Simón para ma sulla respinta Guéhi riesce a coordinarsi per colpire ancora di testa. Il portiere è ancora a terra, battuto, ma sul pallone interviene Dani Olmo, che poi esulta come se avesse segnato, i denti che escono dalla bocca come quelli di un demone.



È un momento che descrive la sua capacità di entrare in tutti i momenti importanti della Spagna, e non solo in questo torneo. La sua media gol in Nazionale è ridicola: 11 gol in 39 partite. A 26 anni in carriera ha già vinto un Europeo, una Nations League, un argento olimpico e un Europeo Under 21, in cui fu eletto miglior giocatore del torneo. Eppure c’è qualcosa anti-carismatico nella sua figura, di anti-aura, per usare una definizione oggi molto diffusa su Twitter - per indicare quei giocatori che sono circondati da un’energia, da un fascino inafferrabile, che va oltre le loro qualità.





Anti-aura.



Fuori dalla Nazionale, Dani Olmo è sempre stato circondato da un certo alone di sfiga, o comunque di sottovalutazione. Il suo valore è sempre stato in discussione ed è sempre stato considerato non abbastanza dalle grandi squadre. A 15 anni, per esempio, fu mandato in esilio in Croazia dal Barcellona; usato come parziale contropartita per comprare Alen Halilovic. Lo so che oggi suona particolarmente grottesco, ma forse non ricordate l’hype che circondava Halilovic in quel momento storico - "Il Barcellona ha trovato un nuovo Messi?", si chiedeva il Guardian nel 2014. «Mi prendevano per pazzo. Mi hanno massacrato, affermavano che avrei rovinato la carriera di mio figlio. […] Oggi dicono che siamo stati coraggiosi e abbiamo preso la decisione migliore», dice il padre di Olmo, riguardo il suo trasferimento nei Balcani. Suo padre è un ex tecnico, che nella sua carriera ha allenato anche il Girona; è stato importante per far capire al figlio di scegliere il progetto che poteva permettergli di crescere e sviluppare il suo talento - senza far troppo caso all’aspetto economico. In quel momento Olmo ha preferito accettare la Dinamo Zagabria piuttosto che alcuni contratti inglesi più remunerativi.



Olmo è rimasto alla Dinamo Zagabria per cinque anni, diventando “Dani Olmic”. Per tirarsi fuori dallo sgabuzzino del calcio europeo gli ci è voluta un’edizione di Champions League giocata con piglio maradoniano, saltando semplicemente tutti gli esseri umani che gli si paravano dinanzi. Contro l’Atalanta completò 10 dribbling su 14, mandando in pezzi il sistema di marcature a uomo di Gasperini. Una partita che sintetizza il suo talento strabiliante nel dribbling.





Ma com’è possibile che un dribblatore seriale di questo tipo, in un’epoca in cui questo tipo di giocatori è molto ricercata, soprattutto in Inghilterra, sia poi finito al RB Lipsia? Certo, si tratta pur sempre di una squadra d’alto livello, e coerente col percorso di crescita di Olmo, ma l’impressione è che sia rimasto fuori dai radar delle migliori squadre europee più del dovuto. Come se non si fosse davvero riconosciuto quanto fosse unico e speciale il suo talento. Olmo dribbla con un movimento di spalle, con una finta d’anca o sfruttando semplicemente la palla che scorre sul prato. I suoi dribbling non hanno a che fare con la dimensione atletica, ma con i sottili inganni della mente provocati negli avversari. Dal video non si capisce del tutto come fanno gli avversari a cadere alle sue finte, perché non riusciamo a percepire l’insieme di micro-movimenti che Olmo fa mentre tocca palla.



Il suo gioco è quasi tutto basato sulla qualità del primo controllo, e quindi del gesto tecnico che più dipende dalle letture mentali, e dalla capacità di trasmetterle al proprio corpo. Nel primo gol alla Georgia esegue un dribbling in teoria semplicissimo: si sposta la palla con l’interno del destro verso il sinistro. Da notare però la finta, quasi invisibile, che pietrifica il marcatore.




Forse ricorderete il gol con cui Dani Olmo decise la finale di Supercoppa di Germania - curiosamente, Olmo ha fatto perdere il primo e l’ultimo trofeo stagionale possibile ad Harry Kane. Uno dei gol più incredibili visti quest’anno, costruito su un primo controllo da FIFA, una “Ribery turn” fatta in uno spazio insignificante, con un’armadio come de Ligt a mettergli pressione alle spalle.





Il gioco di Olmo si regge sulla sua tecnica e le sue letture, senza le quali rimarrebbe un fisico inadeguato a questi livelli. Forse anche per questo il suo percorso al RB Lipsia non è stato completamente riuscito (anche se ha giocato 4 ottime stagioni). Dani Olmo è un giocatore forse frainteso. Non ha l’esplosività per essere un esterno molto verticale e diretto; il meglio lo offre in spazi stretti, nei corridoi centrali, possibilmente vicino all’area di rigore. La posizione, cioè, in cui lo ha inserito De la Fuente nell’undici della Spagna. A suo modo, è un giocatore di strappi, ma solo se questi strappi sono minimi, negli spazi ridotti attorno all’area di rigore, che è dove si mettono insieme gol e assist. Il suo ingresso nei titolari ha plasmato una Spagna meno fluida col pallone, meno in controllo, forse meno efficace in non possesso - tutte qualità che Pedri assicurava, ma Olmo ha aggiunto un impatto negli ultimi metri completamente diverso.



Il gol alla Francia è stato oscurato da quello segnato da Lamine Yamal - sembra il destino di Olmo, venire, anche per caso, oscurato da un giocatore più brillante di lui - ma è stato uno dei gol più belli del torneo, in cui la velocità di pensiero-azione di Olmo è spaventosa, nel controllo e nel dribbling successivo su Tchouameni.




Il radar Statsbomb di Dani Olmo.



Ci voleva un torneo di questo tipo, impreziosito da questo genere di prodezze, per convincere una squadra di prima fascia a investire su di lui. Sembra quasi fatta per il suo passaggio al Manchester City, che fino al 20 luglio può pagare 60 milioni per sbloccare la sua clausola. In teoria non ci dovrebbe essere passaggio più naturale: il grande guru del calcio catalano acquista uno dei migliori talenti catalani in circolazione. Guardiola negli ultimi anni, però, ha mostrato un’inclinazione a spostare i talenti tecnici dalla trequarti, per farli giocare a centrocampo o sull’esterno. Il gioco di Olmo, che dà il meglio nella definizione dell’azione, escluderebbe questi progetti. Esiste il rischio che si scontri con Foden, che ultimamente ha avvicinato al centro per esaltarne le qualità al tiro e nella penetrazione palla al piede.



I giocatori creativi hanno faticato, negli ultimi anni, ad affermarsi nel sistema del City senza perdere la propria peculiarità; Olmo sembra però avere il tipo di compromesso tra intelligenza e creatività che potrebbe funzionare con Guardiola.



Nelle ultime settimane si sentono molti discorsi sul fatto che il calcio sia diventato molto più fisico, intenso; che senza giocatori “di gamba” non si va da nessuna parte. Il tipo di discorsi che tornano ciclicamente, che cercano di restringere l’evoluzione del calcio a un singolo aspetto, per ridurne la complessità. Se il calcio fosse diventato davvero questo allora Dani Olmo non sarebbe certo stato uno dei migliori giocatori di Euro 2024.


Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura