Non è facile tracciare un bilancio generale dei primi due mesi di Andrea Pirlo sulla panchina della Juventus. Le sole due vittorie ottenute in campionato finora (oltre al 3-0 a tavolino col Napoli) non sciolgono i dubbi sulla bontà della scelta tecnica, ma al tempo stesso i bianconeri sono tra le poche squadre ancora imbattute in Serie A e in fondo è difficile essere troppo critici considerando i grandi cambiamenti in atto, a maggior ragione in una stagione anomala come questa che sta condizionando anche altre grandi squadre nel nostro campionato e all’estero.
In una squadra che sta cercando ancora di trovare nuove certezze, se si esclude Cristiano Ronaldo, i giocatori che stanno spiccando per continuità e prestazioni sono due sorprese: Morata e Danilo. Il primo è in un ottimo momento psicofisico, ha segnato un buon numero di gol e mostrato qualità nel gioco associativo spesso assenti in passato, mentre il secondo – dopo una prima annata caratterizzata da infortuni e prestazioni non all’altezza, soprattutto nel giudizio dei tifosi che lo hanno visto arrivare come sostituto di Cancelo – sta avendo un rendimento inaspettatamente alto nell’ambizioso progetto tecnico di Pirlo.
La principale novità tattica introdotta dall’allenatore è il doppio sistema di gioco: la Juve attacca con un 3-4-1-2 (o 3-2-5 quando consolida il possesso nella trequarti avversaria) utilizzando scaglionamenti inizialmente prestabiliti, mentre si difende con un 4-4-2 abbastanza compatto negli spostamenti in verticale e orizzontale. In un contesto tattico così particolare, le qualità di Danilo sono emerse sia in situazioni statiche che dinamiche.
Playmaker e incursore
I terzini di Pirlo hanno compiti diversi in fase di possesso: uno dei due sale all’altezza dei centrocampisti per agire da esterno, l’altro invece rimane in linea con i centrali andando a comporre una difesa a 3, per garantire in fase di costruzione superiorità o parità numerica rispetto alla prima linea di pressione avversaria. Finora il secondo ruolo è stato affidato solo a Danilo e la sua versatilità ha permesso a Pirlo di schierarlo prima a destra e poi a sinistra, ma persino come centrale d’emergenza. Il brasiliano sta interpretando questo doppio ruolo in maniera estremamente competente, come se fosse naturalmente suo.
Come detto in precedenza, l’occupazione degli spazi nella fase di possesso si basa inizialmente su alcuni scaglionamenti predefiniti, ma i giocatori hanno spesso faticato a interpretare queste situazioni di gioco in maniera fluida e la struttura offensiva è parsa troppo rigida: in particolare, la Juventus ha avuto problemi nella progressione del pallone tramite i due mediani, il che ha portato ad azioni troppo lente o troppo veloci a seconda dell’altezza del pressing avversario.
I difensori, quindi, hanno avuto molte responsabilità in costruzione: se Bonucci è tornato ad essere un valore aggiunto col pallone, la centralità di Danilo è stata sorprendente. Il brasiliano è tra i primi nella Juventus per passaggi tentati e riusciti (inclusi quelli progressivi), conduzioni e metri guadagnati con passaggi o conduzioni in Serie A; pur non essendo tecnicamente appariscente quanto il compagno di reparto il suo playmaking ha un peso specifico simile se non addirittura superiore.
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Danilo riceve il pallone sul centrosinistra, supera la prima linea di pressione della Dinamo Kiev con una bella conduzione (favorita anche dallo smarcamento di Ramsey) e serve Cuadrado con un preciso cambio di gioco.
Il contributo di Danilo in fase di possesso, però, non si limita soltanto alla costruzione bassa del gioco: il brasiliano accompagna spesso le azioni offensive risultando spesso uno dei giocatori più lucidi nelle scelte nell'ultimo terzo di campo. Le difficoltà della Juventus nell’arrivare in maniera continua e pulita alla zona di rifinitura la rendono ancora una squadra altalenante in termini di pericolosità offensiva, ma diverse situazioni interessanti sono state propiziate da belle giocate del brasiliano.
Qui Danilo intercetta un passaggio dello Spezia e verticalizza su Morata; la Juventus consolida velocemente il possesso e il brasiliano riceve il pallone tra le linee: con un gran tocco d’esterno serve McKennie in area e l’azione si chiude col gol di Morata su assist dell’americano.
Nonostante fosse una riserva con Guardiola, l’esperienza da falso terzino avuta al Manchester City è ben visibile nel modo in cui interpreta le situazioni offensive e i loro possibili sviluppi in relazione alle scelte dei compagni. L’anno scorso, ad esempio, aveva mostrato una certa predisposizione a muoversi in zone interne per creare linee di passaggio a possesso consolidato, ma ciò non generava abbastanza vantaggi per la squadra, che sovraccaricava il centro in maniera troppo statica e non riusciva a sviluppare bene la manovra in ampiezza. Oggi, invece, questi movimenti vengono assecondati dalla necessità di fluidità offensiva della Juventus, che rispetto al City gli concede parecchie libertà di spinta (un po’ come succede ai centrali dell’Atalanta).
Due situazioni col Verona che riassumono l’intelligenza di Danilo: nella prima dà ampiezza a sinistra visto il sovraccarico al centro, mentre nella seconda attacca lo spazio in mezzo per offrire uno scarico a Morata.
Danilo è anche bravo a proporsi in transizione: il suo primo gol in Serie A col Napoli era arrivato così e di recente (contro la Lazio) avrebbe potuto incidere di più se non fosse stato per alcune rivedibili scelte di Cristiano Ronaldo.
Le questioni difensive
Il ruolo di Danilo è interessante da analizzare anche a livello difensivo: rispetto alla prima parte di carriera, in cui poteva fare affidamento su una maggiore esplosività nei recuperi difensivi, oggi preferisce temporeggiare in transizione e costringere l’avversario a forzare la giocata, mostrando comunque un buon livello di concentrazione e pulizia tecnica negli uno contro uno (è molto raro vederlo andare in scivolata nei contrasti).
Forse il suo più grande difetto è che a volte applica poca pressione sul portatore, ma va detto che questa mancanza di aggressività è strettamente legata ai problemi della squadra nel difendere in avanti, che sono evidenti soprattutto contro squadre che impostano a tre. Le prime due linee di pressione non riescono a limitare i cambi di gioco avversari e Danilo deve spesso gestire situazioni difficili: a volte viene preso in mezzo perché l’esterno (di solito Chiesa) sbaglia la pressione individuale o ripiega male (come a Crotone), mentre in altre circostanze – pur uscendo coi tempi giusti – è mancato l’assorbimento di eventuali inserimenti alle sue spalle da parte dei mediani (come con lo Spezia).
Comunque sta dimostrando di saper leggere bene la doppia natura del suo ruolo, quando deve stringere in area di rigore per agire da centrale aggiunto in fase posizionale o quando invece deve uscire sull'esterno avversario. In questo inizio di stagione dove Pirlo è stato costretto a alternare spesso i suoi difensori, Danilo non è stato solo il più presente, ma anche uno di quelli che più si è messo in mostra con interventi difensivi decisivi, come ad esempio in un paio di circostanze contro il Barcellona, dove senza di lui forse il passivo per la Juventus sarebbe stato più pesante.
Era difficile ipotizzare Danilo come centrale di livello, ma al momento le prestazioni del brasiliano - seppur con un campione limitato - sembrano indicare come possa essere usato con continuità in questo ruolo, anche quando tornerà a essere disponibile Alex Sandro.
Protagonista
Ad oggi l’ex terzino del Porto non ha saltato alcun minuto in tutte le competizioni, il che ci dice tanto sulle sue attuali condizioni fisiche, ma anche sulla sua importanza per il gioco di Pirlo in questi primi due mesi.
Il rientro di Alex Sandro nelle prossime settimane potrebbe costargli il posto da titolare, ma è molto difficile che il tecnico bianconero rinunci facilmente alle garanzie tecniche offerte da Danilo in quella posizione, anche se Sandro ha tutte le carte in regola per essere ugualmente, se non più efficace, nel medio-lungo periodo. Anzi, non è nemmeno da escludere che Pirlo possa provarli assieme in una linea di costruzione a tre.
Contrariamente alle aspettative di qualche anno fa, Danilo non è ancora riuscito a imporsi come titolare in un grande campionato europeo, ma forse questo nuovo ruolo può assicurargli un futuro a alto livello. Danilo non ha lo strapotere atletico di Theo Hernández o l’incisività offensiva di Hakimi, ma la capacità di reinventarsi come playmaker (nemmeno troppo) occulto a 29 anni gli sta permettendo di ritagliarsi uno spazio importante nel nostro campionato, oltretutto in un ruolo spesso caratterizzato da mediocrità in passato.