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Danzare sulla neve
19 dic 2015
Federico Pellegrino, dopo la vittoria alla prima stagionale a Davos, si candida al posto d'étoile dello sprint.
(articolo)
11 min
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«Sciare è come danzare, bisogna cercare di essere più leggeri e armoniosi possibile» dice in francese un giovane, con una telecamera puntata, seduto in un ambiente interno di montagna. Accompagna le parole con un movimento della mano sinistra, pennella nell'aria movimenti ondulatori quasi a rendere visibile la metafora.

Nell'art de skier sono necessari tecnica, potenza, precisione e coordinazione. Ma anche velocità e intuito. La dote sta nel condensare tutto nei propri riflessi, nei propri muscoli, nei propri occhi: queste sono le regole, spietate e affascinanti, della disciplina sprint dello sci di fondo.

Federico Pellegrino le assimila velocemente e negli ultimi anni, sulle piste della Coppa del Mondo, ha mostrato di cosa è capace: lesto come un ballerino sulla pista appena lucidata, a suo agio con scarpe (e sci) luccicanti, scaltro nello scegliere le traiettorie migliori, rapido nel battezzare le parabole più proficue degli avversari.

Cresciuto a Nus, poco distante da Aosta, terra di favonio (il vento caldo e secco meglio conosciuto come Föhn) e neve, fin da piccolo ha sposato la velocità sul terreno candido invernale, in un territorio in cui lo sci di fondo lascia spazio, nella bella stagione, agli sport tradizionali valdostani: lo tsan, una sorta di baseball che si gioca nei campi liberi dal bestiame, e il palet, una variante locale del gioco delle piastrelle il cui obiettivo è lanciare dei dischi il più possibile vicino al boccino. Questione di precisione, potenza, scaltrezza. Anche senza neve.

Nato nel 1990, fino all'età di 14 anni Federico sgomita sulle piste regionali facendosi spazio a livello nazionale sul finire della stagione 2003-04. Il rapporto col podio inizia presto a farsi consuetudine e la costante di quel periodo è lo sguardo tra l'assorto e il distaccato, con le sopracciglia schiacciate sugli occhi dai berretti di lana: Chicco nel cercare la riconoscenza degli allenatori e dei genitori sembra voler esternare un messaggio che cova nelle sue gracili forme. Messaggio che non tarda ad avere forma e sostanza. Arrivano i primi trionfi ai campionati italiani nel 2008 e in Coppa Europa nel 2009: Federico brucia le tappe e lo sguardo si fa un po' meno perso perché l'obiettivo si avvicina.

Fare sul serio

Tutto quello che è passato sotto ai suoi piedi fino a qui è un susseguirsi di tappe obbligate. Salire sul gradino più alto del podio è un modo per proiettarsi oltre, per avvicinare lo sguardo all'orizzonte di roccia dietro cui il sole si nasconde a fine giornata. Dall'altra parte, oltre il costone, si scia sul serio, si va veloci. È lì che Federico vuole battersi.

La ribalta internazionale arriva nel gennaio del 2010 ai Mondiali Juniores a Hinterzarten in Germania. Nella sprint a tecnica classica, quella a lui meno adatta, guadagna il terzo gradino del podio; quasi una vittoria considerando che lo precedono due norvegesi e il primo ha un quel cognome, Northug. È Tomas, il fratello minore di Petter, re mondiale della disciplina, una sorta di Cristiano Ronaldo degli sci paralleli. Dei primi quattro atleti di quella gara, Federico è l'unico non scandinavo. Gli occhi brillano, i riccioli crescono e l'acquolina aumenta.

L'esordio in Coppa del Mondo invece è a Drammen, in Norvegia, poco tempo dopo. L'11 marzo nella sprint a tecnica classica si classifica 49esimo. Comincia a respirare l'aria pungente del circuito internazionale e si trova a suo agio. Tre giorni dopo l'esordio si gareggia a Holmenkollen, il Maracanà dello sci di fondo, dove ottiene il 19° tempo finale.

A inizio 2011 arriva la migliore prestazione della carriera fin a questo momento. A Liberec, in Repubblica Ceca, conquista il primo podio mondiale: lo precede solo il norvegese Ola Vigen Hattestad, che a fine anno arriverà secondo nella classifica generale a sprint. Conduce una gara da sciatore esperto, amministra la posizione per tutto il tragitto, stuzzica gli avversari con scatti e contrattacchi nei tratti in salita, prima dell'ultima curva sembra si possa involare verso il traguardo, ma nel rettilineo finale viene staccato.

Finale Sprint TL, Liberec – CdM 2011.

Lo spessore atletico dimostrato sulla neve si sgonfia durante la conferenza stampa post gara. Federico non è più lo sciatore agile, scattante, sornione e quasi provocatore che è stato in grado di giocarsi la vittoria per tutta la gara. Tolti gli sci torna a essere il giovane che si è appena accomodato alla grande festa del circo bianco: imbarazzo, adrenalina, un inglese zoppicante e il continuo dondolio sulla sedia girevole accompagnano il ricordo delle prime parole da protagonista.

In Nazionale dietro a Di Centa, Piller Cottrer, Pasini, Clara, Scola e Checchi (molti di loro nella fase discendente di carriera) c'è Pellegrino. Ed è su quel dietro che Chicco si concentra.

Nell'ambiente inizia a girare voce che tra le leve azzurre si stia facendo largo uno sprinter di belle speranze. Le apparizioni in Coppa del Mondo lanciano Federico sul trampolino delle ambizioni e il peso delle responsabilità inizia a farsi sentire.

Investitura

La stagione 2011-12 si apre nel peggiore dei modi. Siamo a Pinzolo all'inizio del ritiro preparatorio: causa febbre e malanni di varia natura (tra cui un'operazione alla spalla eseguita subito dopo la fine della stagione precedente) Federico mette insieme zero ore di allenamento ed è costretto a lasciare i compagni. Prima di accompagnarlo a casa, l'addetto stampa FISI registra una mini intervista per rassicurare i tifosi sulle condizioni dell'atleta.

Il video si apre con una dichiarazione d'intenti che Federico, con oltre 38 di febbre, sembra accusare: l'obiettivo condiviso è di rimettersi in forma perché «avrà gli occhi di tutti puntati, in quanto rappresenta la speranza del movimento maschile».

Federico accenna un sorriso e alza gli occhi al cielo, quasi a voler schivare l'investitura. Come quando da piccolo, dal gradino più alto del podio, lanciava occhiate vaghe e interlocutorie. Davanti a una telecamera si può dire e fare di tutto, quello che conta si vede in pista, con gli sci ai piedi.

Commento preparazione stagione 11-12.

E quasi a voler confermare il copione del video estivo Federico dimostra di cosa è capace. Alla prima gara, nel tracciato cittadino di Düsseldorf, conclude la finale al sesto posto (grazie anche al ripescaggio come Lucky Loser, il miglior tempo degli esclusi); risultato che, date le premesse, fa ben sperare per il proseguimento della stagione.

«Un inaspettato sesto posto»—commenterà Federico a fine gara—«Nelle gambe ho solo la qualifica e i quarti, proprio a causa della carente preparazione, dopo di che qualsiasi risultato in meglio è oro». Attendista, circostanziato, misurato a parole, caparbio, combattivo, deciso in pista.

Finale Sprint TL, Düsseldorf – CdM 2011.

«Pellegrino in tecnica classica non ha chance in mezzo a quei spilungoni muscolati del nord e dell'est, lui sfigatello com'è non riuscirà mai a batterli» scrive di sé sul sito personale.

Il copione si ripete: poche responsabilità su una pagina web, di più in pista. Diventa campione del mondo battendo i muscolati sulla loro tecnica. Liberec, che due anni prima gli aveva regalato il primo podio in Coppa del Mondo, è la pista che lo rilancia ai massimi livelli, anche se Under-23: «I muscoli lo so, non mi bastano. Ed è proprio qui che credo di aver fatto la differenza, usando la testa. Detto, fatto».

Sembra tutto e troppo semplice. Ma in fondo lo è per un ragazzo come lui, abituato più a dimostrare che a proferire, a spingere di braccia e gambe che a chiacchierare. Federico inizia a forgiarsi anche sugli aspetti tecnici più fragili: la tecnica con i piedi paralleli si fa più familiare e Davos, poco prima del titolo U-23, gli regala il primo podio nella tecnica più ostica.

«Avevo sci velocissimi, ho capito che posso stare coi migliori anche in alternato». Una vera impresa, considerando che nella storia soltanto due volte un fondista italiano è salito sul podio in questa gara: Fabio Maj nel 1999 e Giorgio Di Centa nel 2000, entrambi a Engelberg.

L'edizione 2014 del Tour de Sky, un circuito a tappe tra Repubblica Ceca, Svizzera, Germania e Italia che si svolge a cavallo tra dicembre e gennaio, è l'occasione per consolidare il rendimento ai vertici mondiali anche nella stagione appena iniziata: secondo posto nella gara di Oberhof, dove, a causa del mal tempo, viene annullata la 15 chilometri e quarta posizione nella sprint di Lenzerheide. L'acquolina vien mangiando: «Avevo una tremenda voglia di vittoria. Ci ho provato, purtroppo non è andata, ma mi fido del mio istinto e continuerò fino a quando riuscirà a farmi raggiungere qualcosa di grande».

E qualcosa di un po' più grande arriva. A metà gennaio nella finale a tecnica libera di Nove Mesto (Rep. Ceca) centra il secondo posto guadagnandosi il pettorale rosso di leader della classifica dei velocisti. «Questa volta ci credevo proprio. La fretta di provare a passarlo (il russo Sergey Ustiugov, ndr) mi ha spinto troppo largo nell'ultima curva. Non mi sarei mai immaginato di poter arrivare in testa alla classifica sprint dopo questa gara, col pettorale rosso alla prossima, in Polonia lotterò per tenermelo».

Campione

La 2015 è la stagione della consacrazione definitiva di Pellegrino. La costanza delle prestazioni e la continuità di risultati gli fanno svestire i panni del giovane outsider e lo fanno entrare di diritto tra i migliori interpreti al mondo della disciplina veloce. La stagione si conclude con il terzo posto assoluto nella classifica sprint, dietro ai norvegesi Finn Hågen Krogh ed Eirik Brandsdal, ed è impreziosita dal bronzo conquistato ai Mondiali di Falun nella staffetta a squadra con Dietmar Nöckler.

A guardare le gare di Federico si ha la sensazione che abbia le capacità tattiche e tecniche di fare e non-fare quello che vuole: amministrare le energie in ultima posizione, leggere le strategie degli avversari tenendosi nella pancia del gruppo, pungolare il loro stato di forma con fugaci scatti e tenerli a bada con lunghe accelerazioni. Lo sguardo, sempre fisso a terra o sugli sci di chi lo circonda, è riuscito finalmente ad andare oltre l'orizzonte dietro cui il sole calava. Di qua della montagna c'è ancora luce, c'è chi va veloce e tra loro ci si può divertire.

A Davos, il 21 dicembre, coglie la prima vittoria in Coppa del Mondo conducendo la gara dal primo all'ultimo centimetro. L'ultima vittoria italiana al maschile, quella di Giorgio Di Centa a Canmore, è datata 2010. Quasi cinque anni d'astinenza prima di Chicco, che tutto vuole e quasi tutto può.

Finale Sprint TL, Davos – CdM 2015.

Il vero capolavoro arriva qualche giorno più tardi. Siamo in Val Monastero (Val Müstair in romancio) sul confine italo-svizzero, terza tappa del Tour de Sky. Il campo partenti della finale è di assoluto livello: i norvegesi Sundby e Northug (1° e 3° nella classifica assoluta 2015), lo svedese Halfvarsson (5° a fine stagione) e i russi Belov (6° in classifica generale e 3° in quella della distanza) e Chernousov, l'unico tra i partenti a essersi qualificato con un tempo maggiore di quello di Federico. Insomma il meglio dello sci di fondo mondiale.

Il campo è tutto per Northug, che guida con i soliti piglio e arroganza. Sembra una gara dal finale scontato, tutti a mantenere la propria posizione provando a dare sfogo alle ultime energie negli ultimi metri. Al secondo passaggio sulla salita più impegnativa però Sundby scatta verso l'esterno, in cima all'ascesa va in testa e allunga tra sé e gli avversari. Federico è terzo e si arriva così, in fondo al tratto in discesa, fino all'ultimo curvone a sinistra prima del rettilineo finale.

Qui il colpo di scena. All'uscita di curva Pellegrino, grazie alla sua velocità, rischia di salire sugli sci di Northug e dopo qualche metro lo sopravanza. La potenza di Sundby sembra condannarlo, ma il tratto di neve della corsia destra, delimitata da una parte dai rami di abete incastonati nella neve e dall'altra dalle transenne, è la cornice per un fenomeno tecnico-tattico-fisico che si fa fatica a descrivere: la velocità dello sprinter italiano si fa via via inversamente proporzionale allo spazio mancante tra sé e il traguardo, il suo incedere è tanto leggero quanto efficace e la spinta che sembra ricevere dal terreno lo fa sobbalzare in avanti e in alto in maniera percettibilmente più potente degli avversari. In quei 12 secondi di scatto recupera almeno cinque-sei metri al primo staccandolo all'arrivo di circa un metro.

Finale Sprint TC, Val Müstair – Tour de Sky 2015.

Il vangelo secondo Pellegrino, che in velocità tutto vuole e tutto può. O quasi. Un mese e mezzo dopo la vittoria un altro rettilineo è fatale, questa volta in modo beffardo. Mondiali di Falun, sprint a squadre. Federico si gioca nel rettifilo conclusivo la medaglia d'argento con il russo Krjukov. Il copione sembra lo stesso: un'uscita di curva molto forte, traiettoria esterna in sorpasso, avanzata vigorosa—lato transenne—che rosicchia centimetri all'avversario. Ma per nove centesimi è medaglia di bronzo.

«Adesso si entra nel vivo» aveva commentato Federico dopo il weekend norvegese di inizio dicembre in attesa del filotto di quattro gare veloci in tecnica libera, la sua preferita.

Documentario “Federico Pellegrino: l'art de skier”.

La prima sprint stagionale, a Davos a metà dicembre, è andata. E ha vinto, dopo una gara nelle retrovie. Federico è pronto per il ruolo da étoile, tra il suo sguardo e l'orizzonte solo neve, velocità, passi di danza.

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