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Il giocatore più migliorato: Davide Calabria
28 mag 2021
Il terzino del Milan è il giocatore ad aver più migliorato il proprio rendimento rispetto alla stagione precedente.
(articolo)
9 min
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Cosa c’è di meglio del nostro stupore per raccontare il cambiamento di un giocatore da una stagione all’altra? I tre giocatori nominati come possibili “più migliorati” della Serie A in questo senso rappresentano tre sfumature di stupore diverse, ognuna con caratteristiche proprie eppure classificabili tra di loro per quanto ci hanno lasciato a bocca aperta. Quello di Alessandro Bastoni, ad esempio, è il tipo di stupore che ci provoca un giovane talento in cui avevamo già intravisto delle qualità e che, dopo un periodo di fisiologica maturazione, le mette in mostra: un tipo di stupore lieve, quindi, di quelli che provi quando azzecchi di che colore sarà la prossima macchina che girerà l’angolo. Quello provocato da Piotr Zielinski, invece, è un tipo di stupore diverso, più intenso: quello del giocatore che aveva promesso grandi cose e che, dopo alcune stagioni sotto le aspettative, finalmente ne ha fatto vedere una parte. Come quando pensi di aver perso le chiavi di casa e, quando ormai hai perso ogni speranza e ti stai già immaginando lo strazio di dover chiamare il fabbro per cambiare serratura, te le ritrovi in una tasca del giubbotto che non avevi controllato.

Tra tutte le sensazioni di stupore che possiamo provare di fronte al cambiamento di un giocatore, quella più intensa e inaspettata rimane però quella che ci fa provare il giocatore che pensavamo inadeguato a un contesto e che invece, da un anno all’altro, diventa improvvisamente uno dei pilastri della propria squadra. Un cambiamento talmente radicale e repentino da lasciarci l’impressione di non aver capito fino in fondo lo sport che stiamo guardando, che ci sia almeno un piano della realtà che ci sfugge, che per forza di cose dobbiamo lasciare al mistero. Insomma, la sensazione che abbiamo provato quest’anno guardando giocare Davide Calabria.

Fino a un anno e mezzo fa quella di Calabria sembrava solo la storia di un altro giovane prospetto uscito dalle giovanili del Milan con un carico di hype troppo pesante sulle spalle da poterlo sopportare con le proprie gambe (o che magari avrebbe dovuto farsi un giro fuori dalla bolla di Milanello per poter dimostrare che le aspettative intorno a lui non erano così infondate, come successo a Locatelli e Pessina). Il 22 dicembre del 2019, quando va in scena quello che è il mito fondativo dell’incredibile 2020 del Milan, ovvero la disastrosa sconfitta contro l’Atalanta a Bergamo, Calabria parte addirittura dalla panchina. La sua ultima partita da titolare risaliva a quasi due mesi prima, quando il Milan aveva perso a San Siro contro la Lazio per 1-2. Calabria entra solo all’inizio del secondo tempo sul risultato parziale di 1-0 e solo per via dell’infortunio di Ricardo Rodriguez, che a sua volta sostituiva Theo Hernandez squalificato.

È una di quelle partite in cui l’Atalanta sembra segnare ad ogni singola azione d’attacco. E infatti dopo il raddoppio di Pasalic, arrivato al 61esimo del secondo tempo, il Milan si fa trovare scoperto su una transizione fulminea della squadra di Gasperini, su cui Calabria è l’unico che riesce a recuperare su Ilicic ormai lanciato da solo verso Donnarumma. Il trequartista sloveno si fa passare il terzino avversario accanto, spostandolo con il corpo, poi con un movimento improvviso si sposta il pallone sul destro e mette in rete incrociando. In una partita già drammatica di per sé, soprattutto per gli esterni bassi (al primo tempo, il “Papu” Gomez era passato quasi letteralmente attraverso Andrea Conti prima di scaricare una palla infuocata sotto la traversa), l’immagine di Calabria che recupera in difesa con uno scatto di 50 metri solo per essere scherzato da Ilicic poteva essere quella con cui avremmo ricordato la sua esperienza ad alti livelli. La parola fine su un giocatore sì volenteroso, ma comunque inadeguato.

Alla fine del 2019 anche il rapporto tra il Milan e Calabria sembrava quasi finito. Il giorno dopo il naufragio contro l’Atalanta molti tifosi rossoneri non gli avevano perdonato alcune stories sul suo profilo Instagram girate durante la sua festa di compleanno in cui aveva osato mostrarsi divertito, indirizzandogli nel modo più violento possibile forse l’accusa più crudele in assoluto per un giocatore come lui: e cioè di non tenerci davvero. «Avrei forse dovuto rimanere in un angolo a rimuginare?», aveva cercato di difendersi Calabria, che a quel punto però sembrava davvero a un passo dalla sua cessione. Di un suo trasferimento lontano da Milano infatti si parlerà per tutta la sessione di gennaio e addirittura dopo. Ancora il 26 febbraio, ad esempio, Tuttosport scriveva che la sua cessione era stata solo rimandata in estate, come se fosse ormai inevitabile. Nel girone di ritorno prima dell’interruzione del campionato per via della pandemia, Calabria giocherà solo due partite da titolare, complice anche una distorsione alla caviglia.

Come sappiamo, le cose sono radicalmente cambiate dopo la ripresa del campionato, a giugno. Per Calabria e per il Milan, in questo senso, le cose sono andate quasi perfettamente di pari passo ed entrambi, insieme, hanno trovato una nuova dimensione in maniera improvvisa e del tutto inaspettata. «È come se io e il Milan fossimo cresciuti insieme, in quest’ultimo anno», ha detto Calabria non troppo tempo fa. Forse c’entra il superamento di alcune incomprensioni con Stefano Pioli, da lui stesso ammesse, o forse più semplicemente è più facile per un giocatore che non può piegare il contesto a suo piacimento giocare in un sistema funzionale com’è diventato improvvisamente quello del Milan. In ogni caso Calabria nel giro di pochi mesi è passato da essere un giocatore sul punto di partire a uno senza il quale è difficile immaginare il Milan, che è tornato in Champions League a sette anni dall’ultima volta.

In una squadra che ama allungarsi sul campo in transizioni veloci che rischiano ogni volta di spezzarla, il dinamismo di Calabria è diventato uno dei pilastri su cui si poggia la sostenibilità difensiva del Milan di Pioli, insieme al senso della posizione di Kessié e al talento tra i pali di Donnarumma. Calabria è infatti il giocatore della Serie A che tenta più contrasti (3.8 per 90 minuti, aggiustati per possesso) e che viene saltato meno in dribbling (la percentuale di riuscita dei suoi tackle è addirittura al 64%). Se non fosse per i livelli a cui ha portato la sua capacità di distruggere il gioco avversario, però, questo sarebbe forse l’aspetto meno sorprendente della stagione del terzino rossonero (e infatti per paradosso è anche quello che statisticamente è migliorato di meno, dato che la scorsa stagione i contrasti tentati per 90 minuti erano 3.4 e la percentuale di riuscita al 69%).

Calabria sembra essere infatti esattamente il tipo di persona che vediamo in campo. Figlio di un ex muratore che adesso possiede un bar, il terzino rossonero ci tiene ad apparire umile anche fuori dal campo, a farci sapere che non gioca alla PlayStation e che non ama i social. «Usciva alle cinque del mattino e tornava che io già dormivo», ha detto Calabria del padre in un’intervista al Corriere della Sera. «Lavorava duro nei cantieri. Senza lamentarsi, senza mai perdere il sorriso. Il suo motto è: impegnati e sta’ zitto». Che è esattamente quello che fa Calabria, uno che affronta tutte le interviste con la faccia di chi è a un colloquio di lavoro.

No, il nostro stupore nei confronti della trasformazione di Calabria non è dettato dalla sua affidabilità difensiva, dalla solidità con cui interpreta il ruolo di terzino che rimane ancorato ai due centrali per migliorare le marcature preventive. Più che altro dalla nuova sicurezza con cui gestisce il pallone in impostazione, nelle scelte mai banali che prende nel superare la prima pressione avversaria. Guardate ad esempio la ricercatezza di questo filtrante dalla trequarti con cui, contro la Fiorentina all’andata, trova Saelemaekers alle spalle della difesa avversaria, mettendolo di fatto in area e costringendo Pezzella al fallo da rigore che porterà al definitivo 2-0.

Vi sembra un’intuizione “da Calabria”? Beh, da quest’anno lo è a tutti gli effetti. Se prima di questa stagione la decisione di metterlo a centrocampo nei momenti di emergenza veniva guardata con sprezzante ironia, in questo incredibile 2020/21 è sembrata un’ultima spiaggia sicura, per la qualità con cui riesce a giocare il pallone e a trovare l’uomo alle spalle del centrocampo avversario. In questo senso, la partita giocata in quel ruolo contro la Juventus all’andata, seppur persa in casa, è stata la legittimazione definitiva della sua presenza a questi livelli, anzi, del suo valore, ancor di più in condizioni non ideali. Il gol segnato di prima dal limite dell’area, dopo una corsa in avanti di una quarantina di metri, mettendo il pallone sotto il sette con un piatto pulitissimo, è in un certo modo un momento speculare rispetto all’umiliazione subita da Ilicic quasi esattamente un anno prima.

L’apporto di Calabria alle fasi di costruzione e creazione del gioco del Milan è stata la vera sorpresa, e il livello che ha tenuto per tutta la stagione il miglioramento più stupefacente rispetto agli scorsi anni, quando potevamo associarlo solo alla grigia solidità dei mattoni della storia paterna. Calabria di suo ha però anche un’inaspettata passione per i vini, un altro facile riferimento biografico per parlare di questa sua nuova dimensione. «Mi dà il senso della terra, delle radici», dice il terzino rossonero con la sua solita apprensione nel non apparire troppo distaccato dalla sua natura originaria di giocatore operaio. Anzi, contadino sarebbe meglio dire in questo caso.

Calabria però - come se avesse finalmente superato il pudore di aspirare a qualcosa che non è - quest’anno è cambiato così tanto da aver sviluppato in campo una connessione con il giocatore che forse meno interessato all’umiltà della storia del calcio, e cioè Zlatan Ibrahimovic. Il Milan ha spesso bypassato le sue difficoltà ad uscire dalla pressione proprio attraverso il lancio lungo da Calabria a Ibrahimovic, che attraverso il dominio fisico dell’attaccante svedese sulle difese della Serie A permetteva alla squadra di Pioli di arrivare immediatamente in area.

Una risorsa fondamentale per il Milan, almeno fino a quando Ibrahimovic è rimasto in campo, e che ha la sua migliore espressione nell’assist realizzato all’inizio di quest’anno contro il Cagliari, in una partita in cui il terzino rossonero colpirà anche un clamoroso palo da fuori area. Questa è la migliore copertina possibile di questa grande stagione di Calabria, che porta palla sul centrodestra, si accentra fino ad arrivare a centrocampo, alza la testa e poi lancia in quello spazio che è troppo profondo da difendere per la difesa e troppo in alto per poter essere coperto dal portiere. Con un rimbalzo così morbido che Ibrahimovic non deve nemmeno preoccuparsi di stopparlo, ma gli basta lasciarlo scorrere e poi incrociarlo alla sinistra di Cragno.

«Zlatan fa la differenza: lo guardi e ti senti più forte», ha detto Calabria del compagno con cui ha formato la coppia più assurda del campionato. Di fronte a miglioramenti così improvvisi e miracolosi, d’altra parte, è sempre difficile spiegarsi le cose in maniera complessa. Ed è più facile credere a dichiarazioni che normalmente ci sembrerebbero vuote ed evanescenti. Come quando Calabria dice che Ibrahimovic: «Ci ha insegnato ad avere la mentalità vincente, a essere da Milan». Dubito sia bastato davvero così poco, di certo però da fuori è quello che sembra.

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