
Il 3 giugno 2023 David de Gea si butta sulla sua destra per parare il sinistro al volo dal limite dell’area di rigore di Ilkay Gündogan, ma riesce solo a sfiorare il pallone prima di vederlo entrare in rete. È il gol del 2 a 1 per il City, quello decisivo per regalare ai nemici di sempre la FA Cup, l’ennesimo titolo della loro storia recente. Subito dopo la partita Peter Schmeichel aveva evidenziato come de Gea avrebbe dovuto parare quel tiro, ma era posizionato male in porta. Il giorno dopo il Daily Mail ha scritto che secondo il loro modello statistico l’81% dei portieri della Premier League lo avrebbe parato. De Gea no.
Il portiere spagnolo in quel momento non lo sa, ma quella partita - disputata 439 giorni fa - è stata la sua ultima in carriera, almeno fino a questo sabato, quando potrebbe debuttare in Serie A con la Fiorentina. Ma come è stato possibile che uno dei migliori portieri del mondo sia rimasto fermo così a lungo senza trovare una squadra?
Uno strano anno sabbatico
Dopo quella finale de Gea era stato scaricato senza tanti complimenti dal Manchester United, nonostante con 545 presenze in 12 stagioni fosse una delle figure più riconoscibili del club, uno dei suoi senatori, quattro volte votato miglior giocatore della stagione dai tifosi. Sembra addirittura che una prima offerta di rinnovo fosse stata ritirata in fretta per presentarne un’altra molto più bassa, per ricoprire il ruolo da vice Onana. Ten Hag infatti aveva fortemente voluto il portiere dell'Inter e dopo una lunga trattativa era stato accontentato. A quel punto de Gea aveva lasciato lo United come uno scarto.
Per un calciatore con il curriculum dello spagnolo entrare nel mercato degli svincolati può essere un vantaggio. Per un portiere, però, lo scenario è meno idilliaco: i posti di lavoro disponibili sono pochi e la corsa per occuparli è spietata. Aver aspettato lo United fino a luglio inoltrato non lo aveva poi certo aiutato a ricollocarsi: a quel punto tutte le migliori squadre avevano trovato il loro portiere, oppure, più semplicemente, avevano deciso di non aspettarlo. È stato questo il tema dell’estate 2023 per de Gea: mentre la lista degli svincolati diventava sempre più corta, lui restava disoccupato e la gente iniziava a chiedersi quale fosse il suo vero livello.
Le notizie di calciomercato raccontavano di come lo spagnolo avesse ricevuto sì diverse offerte, ma tutte da squadre di fascia media e tutte respinte perché ritenute non appetibili. A un certo punto l’unica alternativa era sembrata l’Arabia Saudita che almeno poteva soddisfarlo da un punto di vista economico, poi Courtois si era rotto il crociato. Era sembrato un colpo di fortuna (per de Gea), chi meglio di lui per sostituirlo? Il Real Madrid invece aveva scelto Kepa e a lui non era rimasto altro che pubblicare un video mentre si allenava da solo dicendosi pronto per il futuro.
Poi la stagione 2023/24 era iniziata e nessuno ha più pensato a de Gea. Il suo nome compariva ogni tanto quando Onana commetteva qualche errore nelle prime partite allo United, ma più come fantasma che come una valida alternativa. Lui, volontariamente o meno, ha sposato questa nuova condizione con la serenità di chi sceglie di prendersi del tempo per sé stesso. Le sue giornate erano piene di partite a padel, allenamenti, cene fuori con gli ex compagni, viaggi, famiglia e la gestione del suo team di esports, i Rebels Gaming.
A gennaio la situazione si è ripetuta più o meno simile. De Gea sembrava così scocciato dalle offerte che gli arrivavano, che più di qualcuno aveva iniziato a dire che era più vicino un suo ritiro che la firma con qualche squadra. O che addirittura stesse aspettando il cadavere di Onana (e ten Hag) lungo la riva del fiume, visto che era rimasto a vivere a Manchester (ma a quanto pare c'entravano di più i motivi fiscali). Anche all’inizio di questo mercato il futuro di de Gea è rimasto un mistero. Si è parlato di offerte dall’Arabia Saudita, ma anche lì non sembrano più avere la voglia di prendere e strapagare ogni vecchia gloria che passa.
Poi qualcosa è cambiato: una trattativa col Genoa è naufragata, subito dopo è arrivata la Fiorentina, che ha piazzato il colpo dopo qualche tentennamento iniziale. Se si era parlato di un de Gea avido, i dettagli del suo accordo con i Viola non sembrano confermarlo: 1,2 milioni di euro più bonus per il primo anno, 2,2 milioni in caso di rinnovo del contratto, che prevede un'opzione per il secondo anno. Non certo delle cifre fuori mercato. Anche la scelta della Fiorentina, con tutto il rispetto per la Fiorentina, è in contrasto con l’idea che volesse infilarsi i guanti solo per un club nell’élite del calcio mondiale.
Quanto è facile tornare per un portiere?
De Gea ha scelto la Fiorentina, perché, come ha detto, aveva «molta voglia di Serie A» o perché dopo aver aspettato così a lungo era la miglior alternativa possibile? Non possiamo entrare nella testa di de Gea, sapere quali offerte ha rifiutato e perché, ma certo questi ultimi 15 mesi di carriera non sono certo lineari. Appena arrivato a Firenze ha detto che rimanere fermo è stata una sua volontà («ho deciso di non giocare per un anno ma non volevo ritirarmi»). Tra le righe sembra dire che dopo lo United, sarebbe stato troppo difficile accettare una squadra di livello più basso: «Ho ricevuto offerte ma per me era difficile trovare motivazioni per valutarle, dopo tanto tempo a Manchester» ha detto quasi per giustificare il suo anno sabbatico.
Quello però è il passato e ora la domanda è: cosa possono aspettarsi i tifosi della Fiorentina? Nelle ultime stagioni il ruolo del portiere è stata una piccola maledizione: alcuni non hanno mantenuto le aspettative (Lafont, Dragowski), altri hanno commesso diversi errori o mostrato un livello troppo basso (Christensen, Gollini, Sportiello). L’unica certezza è stata Terracciano (l’ultima stagione un ottimo +5,2 di PSxG) che però, diciamo, non è un portiere che può esaltare i tifosi ed era arrivato per essere un solido secondo che si era trovato a fare il primo. Una situazione che, paradossalmente, potrebbe ripetersi: Terracciano ha rifiutato la corte del Monza e rimarrà a Firenze per giocarsi le sue carte.
Se, sulla carta, è un dualismo difficile anche solo da pensare per blasone, Terracciano ha già dimostrato di vivere bene l'assenza di certezze, che per un portiere può essere un pensiero negativo. De Gea in carriera non è mai stato messo in discussione, almeno all'interno della rosa: da quando ha 19 anni è sempre stato il titolare indiscusso delle squadre in cui ha giocato. Sarà ancora così anche alla Fiorentina? Se Palladino gli dicesse che deve conquistarsi il posto e che parte alla pari con Terracciano, come reagirebbe? De Gea nelle ultime stagioni ha dimostrato di essere un portiere molto umorale, in senso negativo.
Dopo la stagione 2017/18, in cui è stato probabilmente il miglior portiere al mondo - una stagione statisticamente irreale, con una percentuale di parate vicino all’82% e un +16.8 di differenziale nei PSxG - il portiere spagnolo ha iniziato a infilare una serie di errori al limite del drammatico, in contrapposizione ad altre partite in cui poteva fare 14 parate in 90 minuti contro l’Arsenal. Un altalena di prestazioni difficile da spiegare, se non con il contesto molto più caotico degli ultimi anni allo United e qualche difficoltà a non lasciarsi abbattere emotivamente.
Molto spesso i suoi errori sembravano, più che frutto di limiti atletici o tecnici, veri e propri errori di distrazione, come se de Gea andasse per un attimo con la testa altrove, invece di essere presente e concentrato, praticamente l’aspetto più importante per un portiere. La natura e la frequenza di questi errori hanno modificato il giudizio su di lui, portando lo United e altri grandi club a non dargli fiducia. Squadre che ricevono pochi tiri devono essere certe che il loro portiere sia sempre preciso e puntuale e non che magari un giorno si esalti e quello dopo si faccia gol praticamente da solo.
Inoltre de Gea è un portiere squisitamente vecchio stile, che cioè ha costruito la sua fortuna sull’essere mostruosamente bravo tra i pali. Nonostante sia spagnolo, non ha mai dimostrato grandi qualità coi piedi, tanto che Luis Enrique lo aveva fatto fuori dalla Nazionale proprio per questo, perché voleva un portiere che fosse bravo a far partire l’azione (e si può dire che sia stato anche uno dei motivi per cui ten Hag gli abbia preferito Onana). Palladino è un allenatore che chiede al suo numero uno di partecipare alla manovra, ma non sembra essere ortodosso da questo punto di vista, e comunque non stiamo parlando di un portiere con i piedi montati al contrario.
Palladino e la Fiorentina sembrano attirati dalla sua esperienza e dal suo innegabile spessore internazionale, qualcosa che a Firenze manca da tanto. L’allenatore ha sottolineato come «la sua carriera parla per lui, ha caratura internazionale. Ci porta tanta esperienza anche nello spogliatoio», ma anche che «è stato fermo per oltre un anno e dunque servirà tempo per rivederlo in forma». Questo è un aspetto interessante: forse per un portiere stare fermo oltre un anno è meno dannoso che per un giocatore di movimento, ma rimane una condizione strana e quasi unica. De Gea ha detto che in questo tempo si è allenato con costanza e duramente a casa, ma non può essere lo stesso che farlo in un club professionistico.
Secondo Matt Pyzdrowski, ex portiere professionista e oggi preparatore dei portieri, lo stop di de Gea è molto diverso da quello per infortunio (quando l’atleta deve “ricostruire” il fisico al suo ritorno) e inoltre allenarsi da solo per un portiere non è così strano. Quello che non è replicabile, però, è la velocità della partita e il tipo di pressione a cui è sottoposto un portiere che gioca in un club di alto livello. Se già nelle ultime stagioni allo United il suo posizionamento e la qualità delle sue scelte era calata, dopo tutti questi mesi fermi quanto può essere peggiorata ancora? A 33 anni de Gea non è troppo vecchio per il ruolo, ma sicuramente al suo corpo servirà più tempo che a un giovane per raggiungere di nuovo la migliore condizione fisica possibile. E per de Gea, essendo un portiere di istinto e riflessi, essere al top fisicamente è necessario.
Resistere oltre 10 anni al Manchester United è segno che la forza mentale di de Gea è stata sottovalutata, ma è lecito chiedersi come possa riassestarsi ora in un contesto molto diverso, dopo essersi abituato a uno stile di vita diverso. Se le cose non andranno al meglio da subito, se Palladino sarà costretto a tenerlo in panchina in attesa che possa trovare la forma ideale, se de Gea non dovesse sentirsi come nei giorni migliori, come inciderà sulla sua presenza mentale?
Sono tutte domande lecite, rischi che la Fiorentina si sta prendendo per un costo contenuto. La ricompensa potrebbe essere un portiere che anche negli ultimi due anni allo United, pur con un calo evidente nelle prestazioni, aveva comunque statistiche positive (portiere con più clean sheet nel 2022/23, terzo per gol salvati rispetto alla media l’anno prima) al netto di qualche errore grave. Un portiere davvero capace di esaltarsi e fare parate fuori dal mondo, di fomentare i tifosi, che meriterebbero un de Gea nella sua versione ideale.
Soprattutto un portiere che ha 45 partite da titolare con la Spagna, che ha vinto in Inghilterra e in Europa. De Gea allo United non è mai stato considerato un carattere forte, uno che può fare il capitano e guidare la squadra. Caratterialmente lo spagnolo non sembra uno carismatico, ma a Firenze in un contesto diverso potrebbe mettere a frutto tutta questa esperienza e diventare uno dei leader della squadra.
La Fiorentina sono due stagioni consecutive che perde la Conference League in finale, mostrando una rosa che, nel momento decisivo, manca di un po’ di quella forza mentale che hanno i giocatori più esperti. De Gea magari potrebbe non offrire lo stesso livello di prestazioni degli anni migliori, potrebbe essere anche - statisticamente - un portiere dello stesso livello di Terracciano, ma invece cambiare la squadra in altri modi, con la sua presenza, con la voglia di riscatto dopo essere stato scaricato dal calcio d'élite. Dopotutto, come ha detto lui stesso, «io gioco da tanti anni, quindi si tratta solo di mettermi in porta».