Su Dusan Vlahovic, nei giorni della trattativa per il suo trasferimento alla Juventus, è stato scritto di tutto: nell’oceano di curiosità raccontate sull’attaccante serbo, la sua passione per il Fantacalcio ha risaltato particolarmente. Secondo questo profilo, Vlahovic avrebbe avuto nelle sue rose alcuni giocatori incontrati a Torino come Cuadrado e Bonucci; questo articolo poi sostiene che il secondo miglior marcatore della scorsa Serie A sarebbe attento a schierarsi sempre titolare nella sua fantasquadra. Il trasferimento di un calciatore come Vlahovic del resto, in particolare a stagione in corso, rappresenta uno sconvolgimento sismico nel complesso sistema del Fantacalcio. Il piano reale e virtuale intrattengono un rapporto sempre più stretto morboso, sintetizzato da una domanda buona per i titoli SEO: “Cosa cambia al Fantacalcio?”.
Il rapporto tra questo gioco e gli atleti per anni è rimasto marginale, anche grazie alla bolla che solitamente isola i calciatori dalla realtà circostante. Di recente però sembra essere crollato, anche solo perché banalmente il Fantacalcio non è mai stato così influente e popolare. In questa intervista l’amministratore delegato di Fantacalcio.it rivela che nel 2019 l’app di Leghe Fantacalcio poteva vantare due milioni di giocatori attivi.
Stabilire con precisione il numero complessivo di fantallenatori nel nostro paese è complesso, ma c’è un ulteriore elemento che dimostra la diffusione del Fantacalcio: la proliferazione di contenuti dedicati a strategie per l’asta, consigli per acquistare giocatori che gli avversari non conoscono, suggerimenti su chi schierare ogni giornata (articoli che trovate anche su questa rivista). Nascono pagine Instagram e canali YouTube che radunano migliaia di appassionati e vengono creati pacchetti a pagamento che consentono di utilizzare algoritmi studiati per ottimizzare le proprie possibilità di vittoria, mentre la semplicità e il successo dello schema del gioco hanno portato a fortunate ibridazioni extra-sportive, come il FantaSanremo. Tutti questi contenuti dimostrano un certo investimento emotivo e di energie da parte dei fantallenatori, che con un approccio a tratti ossessivo sembrano non poter fare a meno di informazioni aggiornate ogni ora sullo stato di salute dei propri giocatori o sui minuscoli smottamenti di percentuali riguardanti i ballottaggi delle probabili formazioni.
In questa intervista con Parolo, Immobile dà implicitamente molti consigli ai fantallenatori.
Il Fantacalcio è stato inventato nel 1988 da Riccardo Albini e se nei primi decenni si era mantenuta una certa separazione tra realtà sportiva e finzione ludica, dopo il velocissimo sviluppo tecnologico degli ultimi anni questa distanza si è assottigliata, attraverso il coinvolgimento di un numero enorme di utenti che usano ogni mezzo digitale a disposizione per comunicare con i calciatori acquistati durante l’asta e motivarli a dare il massimo. Così, nelle interviste e sui social è semprepiùcomune che i calciatori si espongano sul loro rapporto con questo gioco.
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Da lato ci sono gli entusiasti del Fantacalcio, dall’altra quelli che se ne tengono alla larga. Il tema è divisivo, come se la carica emotiva con cui il Fantacalcio viene seguito dai tifosi richiedesse obbligatoriamente una presa di posizione netta, senza sfumature. Spesso, i calciatori che dicono di amare il Fantacalcio ci tengono a sottolineare quanto sia importante per loro acquistarsi durante l’asta. Francesco Caputo ha rivelato di aver sborsato 157 crediti su 500 per mettersi al centro dell’attacco della sua fantasquadra - evidentemente una cifra fuori scala. Il centravanti della Sampdoria ha parlato in diverse occasioni del suo rapporto con il gioco; in questa intervista dice di voler «esultare con un +3 al prossimo gol», mentre qui utilizza alcune delle più classiche espressioni di rito del mondo del calcio, traducendole in codice fantacalcistico e ringraziando “tutti i fantallenatori” che hanno creduto in lui. Un approccio al Fantacalcio idilliaco, in cui il gioco pare privo di lati oscuri.
Tra i calciatori più affezionati al gioco e i fantallenatori si può creare anche un forte coinvolgimento emotivo, che conviene all’atleta in termini di personal branding e di engagement online. Ne è un esempio Sergej Milinkovic-Savic, che è finito in un video in cui veste i panni del sergente - come da soprannome - per dare la carica a chi ha puntato su di lui a centrocampo e ha strizzato l’occhio ai fantallenatori in una serie di post pubblicati per celebrare alcune importanti vittorie della Lazio - qui lamenta che l’assist di tacco fornito a Immobile durante il match contro la Salernitana del gennaio scorso non possa valere un solo punto bonus.
Raramente, però, un calciatore può svagarsi in totale libertà senza il timore di ricevere critiche o accuse di scarsa professionalità: stampa, tifosi e dirigenza rappresentano entità moralizzanti capaci di intervenire in ogni frangente, per fornire linee guida di comportamento a cui gli atleti dovrebbero aderire in campo e nella vita privata. La costante attenzione alle conseguenze delle proprie azioni pubbliche rappresenta una responsabilità centrale nella vita del calciatore: la possibilità di essere presi di mira dall’opinione pubblica e di avere ricadute negative sulla propria carriera è sempre dietro l’angolo. In questa dinamica può rientrare, ovviamente, anche il Fantacalcio.
Mattia Aramu aveva una lega con alcuni compagni di squadra del Venezia, in cui si seguiva una regola precisa: non potevano essere schierati giocatori avversari dei veneti. È facile immaginare l’intensità di una potenziale polemica successiva alla pubblicazione di un articolo in cui si spiegava, per ipotesi, che il marcatore della squadra contro cui era sceso in campo il Venezia figurava come titolare nella formazione del Fantacalcio di un giocatore arancioneroverde. Aramu ha disputato una buona stagione, ma era consapevole che l’entusiasmo dei suoi fantallenatori avrebbe potuto avere un rovescio della medaglia. «Spero di non ricevere troppe critiche se dovessi andare un po' peggio nel corso della stagione» diceva in questa intervista. La pressione psicologica che l’ambiente calcistico esercita sui propri protagonisti è un’ingombrante variabile con cui bisogna fare i conti; l’andamento al Fantacalcio è ormai un tema a cui fare attenzione, per evitare di essere screditati da stampa e tifosi. Spesso, però, è semplicemente impossibile tenersi al riparo dai pareri rancorosi che piovono addosso a un calciatore che non ha brillato.
Le statistiche più comuni e i voti del Fantacalcio non aiutano a restituire la complessità di uno sport in cui certe prestazioni poco vistose possono essere importanti tanto quanto quelle di giocatori che segnano e producono bonus. Per alcuni atleti questo boccone amaro è impossibile da mandare giù; sono quelli che vedono il Fantacalcio come una fonte di ulteriori pressioni e stimoli tossici per la vita del calciatore e per questo non ne vogliono sapere. Luis Alberto, che negli ultimi anni si è dilettato con delle live di gaming su Twitch, ha raccontato che gli utenti che scrivevano messaggi sul Fantacalcio durante le sue dirette venivano estromessi dalla chat. «Qua in Italia sono malati, fa proprio male al tifoso. A volte preferiscono la vittoria al Fantacalcio rispetto a quella della squadra». La tossicità derivante da un modo aggressivo di utilizzare i social network si combina alle frustrazioni causate da un gioco nel quale il controllo del singolo giocatore sull’andamento della propria fantasquadra è minimo; così si generano comportamenti ripetuti e pressanti che possono essere avvertiti dai calciatori come una fastidiosa distrazione, nei casi peggiori come qualcosa di simile al mobbing.
In questo contesto non è raro preferire la gloria personale rispetto al successo della squadra tifata. Un recente studio britannico suggerisce implicazioni psicologiche negative per molti partecipanti alle leghe di Fantasy Football: nelle pagine scritte dai ricercatori della Nottingham Trent University si parla di “heavy users” - individui che dedicano al gioco più di 45 minuti al giorno e rappresentano poco più di un quinto degli intervistati - e si evidenzia che il 37% di questi soggetti dichiari di avere una vita “sconvolta” a causa del gioco.
Tra gli atleti si trova anche chi non ha problemi a sottolineare come starebbe meglio se il Fantacalcio non esistesse. In un’intervista di qualche anno fa, Josip Ilicic sosteneva che il gioco fosse una delle cose più fastidiose nel mondo del calcio. «Come se noi calciatori pensassimo a questo gioco», ribadiva, con un’esclamazione che dimostra implicitamente come i meccanismi in apparenza innocui del Fantacalcio possano generare una certa repulsione nei calciatori, bombardati di messaggi su Instagram in cui gli viene chiesto di segnare, fare assist o di prendere un bel voto.
Se gli atleti professionisti sono solitamente rispettosi della fede calcistica dei tifosi, che rappresenta una forma di ideologia giustificata da valori storico-culturali e tradizionali riconoscibili, è più difficile che prendano a cuore la causa dei fantallenatori, giocatori d’azzardo che solitamente non hanno alcun tipo di legame con la maglia vestita dai calciatori comprati durante l’asta. Nel contesto sportivo contemporaneo, lo sappiamo, è impossibile impossibile avere una carriera di successo senza confrontarsi con pressioni particolarmente intense.
Bojan Krkic, che ha convissuto per molti anni con aspettative ingombranti sul suo talento, in un’intervista al Guardian sottolineava che una delle maggiori difficoltà incontrate durante la carriera sono state “le opinioni che non puoi bloccare” dovute al fatto che «chiunque può avere accesso a te: non devi lasciare che questa cosa ti influenzi, ma non sempre è facile». Le dinamiche innescate dal Fantacalcio, almeno nei suoi utenti più irrazionali, rappresentano un ulteriore grimaldello per la sfera privata di un calciatore, caricarlo di stress ulteriore, de-umanizzarlo come se fosse un tutt’uno con il voto che compare sull’app di gestione della lega fantacalcistica a fine partita. Non è sorprendente, quindi, che imbattersi in situazioni estreme in termini di interazioni online sia piuttosto comune. Dopo una sconfitta della Fiorentina contro il Chievo, nell’autunno del 2017, Cristiano Biraghi riceveva una minaccia di morte nei confronti della sua famiglia; non tanto per la brutta prestazione della squadra quanto per l’insufficienza rimediata in pagella.
Il calciatore, insomma, si trova responsabilizzato attraverso un processo unilaterale, che parte dal fantallenatore e carica sulle spalle di chi scende in campo il compito di essere d’aiuto tramite bonus o giocate che possano essere apprezzate dai pagellisti. L’accordo economico con la società e quello affettivo con la tifoseria lo coinvolgono in una scelta condivisa, mentre il rapporto col fantallenatore non è stato sancito da alcun patto. Chi ne soffre maggiormente è proprio l'atleta che - se non performa come sperato - non delude più solamente tifosi e dirigenza, ma anche migliaia di manager fantacalcistici in tutto il paese. E magari finisce per sbroccare, come successe a João Cancelo con un tifoso invadente.
L’impatto del Fantacalcio - quello che, tutto sommato, è solamente un gioco - sugli atleti ricalca i meccanismi di funzionamento dello sport stesso, almeno per quanto riguarda l’influenza sulla sfera mentale del calciatore. Con le dovute proporzioni, ovviamente: il sovraccarico legato al funzionamento del Fantacalcio non è certo paragonabile a quello dovuto a calendari sempre più fitti, alla necessità di mantenere standard di performance elevatissimi, all’incertezza sul ritorno in campo dopo un brutto infortunio. Una stretta cerchia di atleti è in grado di trarre energia da questo tipo di pressione, mentre molti altri ne sono disturbati e schiacciati, fanno di tutto per evitarla. Con il Fantacalcio, su scala minore, avviene lo stesso.