Ogni mattina, che sia davanti al cappuccino e cornetto del solito bar, che sia nelle pause caffè, oppure nelle riviste online come questa, ci piace discutere di calcio, lo sport più amato dagli italiani. Il racconto del calcio, mi sembra, è l'unica cosa quasi bella quanto il calcio stesso e bisogna riconoscere che negli ultimi anni - grazie a una rivoluzione tecnologica e di linguaggio sempre più evidente - sta evolvendo molto velocemente. Abbiamo il prepartita dallo studio e l'analisi del giorno dopo, le telecamere negli spogliatoi e gli inviati nei campi d'allenamento. Abbiamo il parere dei medici, dei tecnici, il parere soggettivo degli scrittori e quello più oggettivo degli analisti. Abbiamo i presentatori e le presentatrici, i nostalgici e i ben pensanti, abbiamo la Premier e la Liga, ma anche la Francia e la Germania. Ma, più di tutto, più di ogni altra cosa, abbiamo gli ex giocatori che ci spiegano il calcio.
Una volta, per loro, era facile: bastava il nome. Andavano davanti ai microfoni e filtravano quello che vedevano in base al loro passato di calciatori. Non gli si richiedeva di approfondire la tattica, né di studiare la contemporaneità, tanto meno di conoscere il linguaggio. In un’idea di giornalismo in cui la testimonianza fisica, la semplice presenza “sul campo”, può essere pura garanzia di lavoro fatto bene, ai calciatori bastava mostrare il proprio curriculum “di campo”. Chi si metteva a discutere quello che diceva Marco Tardelli (prendo un nome a caso per convenienza, ma potrei farne cento), proprio perché Marco Tardelli? L'evoluzione del racconto ha invece spinto gli ex calciatori ad essere più coinvolti – e per questo esposti – spingendoli a migliorare, studiare, conoscere, crescere, fino a rendere la seconda voce un mestiere vero e importante e non qualcosa da far fare all'ex calciatore tanto per tenerlo occupato e non cadere in depressione.
Daniele Adani è forse l'esempio più evidente. Finiremo per ricordarlo maggiormente per il suo mestiere di commentatore sportivo che per quello di calciatore?
Di seconde voci competenti ne troviamo sempre di più e, proprio per questa abbondanza, ognuna di loro cerca di trovare la propria strada, spingere sui punti di forza e nascondere quelli deboli, creare personaggi a 360 gradi. Chi più di tutti alla competenza, allo studio e alla conoscenza, ha aggiunto in telecronaca il proprio modo di essere quello è Paolo di Canio.
Paolo Di Canio è ruvido come il calcio che commenta, ha una parlata sporca – intermittente e ritmata - i suoi giudizi non sono mai politicamente corretti: i giocatori sono scarsi o nei casi più gravi delle pippe. Ma soprattutto Paolo Di Canio trasuda Premier League, la ama profondamente, e quando si trova a fare da seconda voce cerca sempre di coinvolgere lo spettatore con il suo linguaggio serrato, magari alle volte banale, ma sempre appassionante.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/esempio-telecronache-dicanio
Non ascoltate le parole, seguite il ritmo. Guardate le onde del suono.
E poi Paolo di Canio è profondamente brit, magari nella sua accezione più trash, però ha questa capacità di richiamare - sia nel look che nel modo di commentare – l'estetica britannica. Immagino che se potesse si trasformerebbe in una partita a freccette; sta sempre lì a mitizzare la Premier, tanto da aver convinto Fox sport ad affidargli un programma sul calcio inglese, farglielo chiamare House of football, metterci dentro un maggiordomo immaginario di nome Ambrogio (ma dai!) e indossare giacche di tweed, in uno scenario a metà strada tra uno spogliatoio e un pub, roba che se esistesse un contatore geiger di perfida Albione dei programmi sarebbe già rotto da un pezzo.
https://twitter.com/WestHam_Central/status/723622673734078464
Questo suo slancio verso il calcio inglese lo porta ad estremizzare le qualità naturali che tutti rivediamo nella Premier League: i difensori sono cattivi, gli attaccanti sono pieni di cattiveria, il pallone può essere calciato con cattiveria o mollemente, il Leicester è una squadra cattiva, mentre l'Arsenal è borioso e manca di cattiveria. Ed è proprio il concetto di cattiveria che prende spesso il sopravvento su tutto il resto nelle telecronache di Paolo Di Canio, diventando non solo l'aggettivo, ma anche la sensazione, la categoria con cui spiegare il mondo.
Perché – dopotutto – Paolo Di Canio è questo: un uomo che ha vissuto il calcio in un certo modo, che potremmo definire dicotomico, uno per cui «ci sono due modi per tornare da una battaglia: con la testa del nemico o senza la propria». Un uomo per cui è tutto nero o tutto bianco, ma anche e soprattutto tutto cattivo o non cattivo.
Paolo di Canio, per esempio, è cattivo
L'idea è quella di presentarvi degli stralci di telecronaca in cui Paolo Di Canio parla di cattiveria per cercare dei modelli, ma per farlo partirò con un off topic, quindi non da una telecronaca ma da un estratto della sua trasmissione House of Football, il quale però mi sembra esemplifichi bene il senso del termine cattivo per lui. Tutto contento sta raccontando che insieme ai suoi compagni aveva deciso di mettere paura – per scherzo - a Nigel Winterburn, giocatore appena arrivato al West Ham. I due, infatti, avevano avuto dei dissidi in passato (dopo la famosa spinta all'arbitro Alcock Di Canio finse di dargli un cazzotto mentre l'altro lo insultava).
https://soundcloud.com/marco-dottavi/di-canio-house-of-football
Ovviamente quello incaricato di mettergli paura è lui: entra nello spogliatoio, vuoto ad eccezione del nuovo compagno, e c'è un tavolo a dividerli. Di Canio dice di sé stesso che ha un ghigno proprio da cattivo, perché giustamente sono i cattivi ad avere la caratteristica peculiare del ghigno. Lo scherzo va avanti e lui lo incalza: gli si rivolge ancora più cattivo, perché la cattiveria è il suo modo di incalzare: «I wanna fight with you». Poi il finale consolatorio: finché sei mio compagno io ti difenderò, you are very lucky. Perché soprattutto i cattivi hanno un cuore.
I difensori sono feroci
Chi ha giocato a pallone ai più infimi livelli lo sa: i terzini corrono tantissimo ma sono scarsi coi piedi, gli attaccanti o sono alti e lenti o bassi e veloci, il numero 10 è il più tecnico e i difensori centrali sono feroci, palla o gamba. Paolo Di Canio prende la semplicità della terza categoria e la applica al calcio inglese, che ne è realmente il più vicino per spirito.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/ferocia-wes-morgan
Wes Morgan è il capitano del Leicester, gioca difensore centrale e delle volte rischia di scoppiare per come interviene, tra palla e avversario. La prosa è asciutta ed essenziale come Hemingway ci ha insegnato. Wes Morgan se ne frega, in lui regna la ferocia.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/chelsea-arsenal-ferocia
In questa altra registrazione lo troviamo intento a parlare di John Terry, probabilmente il più forte centrale prodotto dal calcio inglese negli ultimi 20 anni, e si butta subito sul suo termine preferito per i difensori: c'ha ancora quella ferocia… poi si blocca, perché un'altra peculiarità del linguaggio di Di Canio è quella di non essere fluido, la sua voce sterza, cambia ritmo, si perde e poi ti spara un di attenzione. John Terry ha – quindi – una ferocia di attenzione, che se ci pensate è una cosa bellissima e vera.
Gli attaccanti sono pieni di cattiveria
La sfumatura a cui è più legato Di Canio, però, è sicuramente la cattiveria. Gli attaccanti forti sono quelli pieni di cattiveria, che non mollano un centimetro e che alla tecnica uniscono la foga, la classica voglia di spaccare il mondo. Il prototipo perfetto di centravanti per Di Canio è Diego Costa
https://soundcloud.com/marco-dottavi/diego-costa-cattiveria
Diego Costa è selvaggio, ha malizia e una cattiveria unica. Ma fate attenzione a come pronuncia la parola cattiveria. Come la prepara prima, la carica, come farebbe prima di calciare un pallone, e quando la esplode possiamo tranquillamente immaginarci la smorfia sul suo viso, come una specie di sorriso, con le rughe della fronte che tremano di felicità.
Se Diego Costa è il prodromo dell'attaccante cattivo, Jamie Vardy ne è la versione 2.0. Ha conosciuto la realtà operaia e il calcio minore, è inglese fin nel midollo, ed è un unico fascio di nervi che schizza per il campo velocissimo.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/cattiveria-vardy
In questo caso la preparazione al termine cattiveria è ancora più accentuata. Sembra una punizione di Roberto Carlos: i passi della rincorsa quando dice che è un forsennato, la corsa quando si mangia le parole, non si capisca bene cosa dica - forse “indemoniato” - e poi il calcio HA UNA CATTIVERIA, un FURORE AGONISTICO. Può piacervi o non piacervi Paolo Di Canio, ma furore agonistico sta lì calzato su Vardy come il trench al Tenente Colombo.
Anche il pallone è cattivo
Una cosa che ho notato, ascoltando molto Paolo Di Canio, è di quanta attenzione metta nella descrizione della giocata. Lui che calciava divinamente il pallone ci tiene sempre a spiegare cosa ha sbagliato, o fatto particolarmente bene, un giocatore quando calcia. Chi piega troppo il corpo, chi non aggredisce a sufficienza la sfera, mentre in altre circostanze è colpa delle gambone come le chiama lui. Questo, di valutare tecnicamente le posture dei giocatori al momento del tiro, è forse una delle qualità migliori di Di Canio che riesce a spiegare, sempre rimanendo semplice, quali dovrebbero essere i movimenti di un calciatore in una particolare situazione.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/arsenal-chelsea-1
È un merito calciare una palla cattiva verso il primo palo, perché una palla cattiva è nettamente migliore di una palla non cattiva, aumenta le possibilità che un attaccante pieno di cattiveria la scaraventi in rete.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/di-canio-man-united-liverpool
Ovviamente come può essere cattiva una palla sul primo palo, lo può essere anche una sul secondo palo. Non poniamo limiti alla cattiveria.
Mancanza di cattiveria
Ovviamente come può esserci, la cattiveria può anche non esserci. Anche in Inghilterra esiste la categoria di giocatori Ozil, che Paolo Di Canio odia, giocatori che semplicemente non sembrano voler morire sul campo.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/paolo-di-canio-manchester
Quindi se Firmino sbaglia un gol si comporta da difensore perché non ha la cattiveria dell'attaccante. Sentite anche come dice cattiveria, è meno contento di dirlo, semplicemente perché questa volta non c'è e la cosa lo intristisce.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/di-canio-man-united
La scelta di Van Gaal di usare Fellaini come punta poi, deve essere un mistero per Di Canio. E infatti – sebbene gli riconosca delle doti di sponda – è difficile faccia gol, perché manca della cattiveria tipica dell'attaccante. Non c'è niente da fare, puoi essere alto e grosso, ma se non sei cattivo non vai da nessuna parte negli ultimi 16 metri.
Quando c'è un gol c'è sempre qualcuno cattivo
Il gol, invece, è l'apoteosi della cattiveria. Come si fa a fare gol se non si è cattivi? Impossibile. In questo caso vediamo come commenta la prima rete in Premier League di Anthony Martial.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/di-canio-man-united-1
Il francese è ovviamente un giaguaro che punta la preda, c'è anche un rimpallo ma la fortuna aiuta gli audaci, i cattivi. Il concetto di cattiveria si allarga fino a contenere quello di audacia: nella tradizione gli audaci sono quelli aiutati dalla fortuna, ma per Di Canio ogni caratteristica positiva, resiliente, può essere reindirizzata a quella primaria della cattiveria. Per essere sicuro si ripete: che cattiveria che ha messo in questa azione.
Anche il commentatore per osmosi divide il mondo in cattivi e non cattivi
https://soundcloud.com/marco-dottavi/non-e-cattivo
Succede anche che quando Di Canio si blocca, arrivi in suo aiuto la voce principale della telecronaca. Commentando un fallo negli ultimi minuti di gioco, dice non è proprio… ci pensa un po', come dicevamo Di Canio non ha un linguaggio fluido, leale. Viene da chiedersi quale sia il significato di lealtà per lui, si sta aprendo un nuovo mondo oltre a quello dove regna la cattiveria, ma il telecronista ci riporta alla realtà: non è cattivo. No, non è cattivo.
Bonus Track Arsenal
Se il mondo si divide in cattivi e i loro contrari, i non cattivi non si meritano nulla. Un esempio lampante è l'Arsenal.
https://soundcloud.com/marco-dottavi/arsenal-spocchioso
L'Arsenal ha un gioco spocchioso, fatto di merletti e ricamini, che sono la rappresentazione grafica della non cattiveria. Pensateci, se Paolo Di Canio dovesse rappresentare i non cattivi su di un grafico disegnerebbe esattamente dei ricamini, mentre per i cattivi ci sarebbe un'unica linea dritta e ben marcata.
Di Canio odia l'Arsenal perché non ha la ferocia di un West Ham qualunque, i suoi giocatori sono prime donne ed è giusto rimanga un eterna perdente (a Roma c'è una corrente di pensiero che crede che l'As Roma sia l'Arsenal italiana, chissà se Di Canio lo sa).
https://soundcloud.com/marco-dottavi/arsenal-eterna-perdente
Un saluto direttamente da lui
https://soundcloud.com/marco-dottavi/un-saluto