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Daniele Manusia

Diario Italia: vs Spagna

Dopo la vittoria all'esordio, arriva il reality check della Spagna.

Comincio correggendo me stesso. O meglio, riprendo quel discorso che avevo fatto nella prima puntata di questo diario in cui sostenevo che – forse, era questa la mia impressione prima dell’esordio con l’Albania – Spalletti avesse le idee più chiare di quel che lasciasse trapelare, di quel che si vedeva “da fuori”. In parte è vero, Spalletti continua a nascondere le proprie carte, per questo ancora adesso i giornali sono pieni di “l’Italia potrebbe cambiare così o così” seguiti subito dopo da “magari però non cambierà affatto”. 

 

Al tempo stesso, se le sue idee chiare sono quelle mostrate con l’Albania, non so se mi sento proprio tranquillo. Mi permetto di iniziare questa puntata del diario enumerando le cose che non mi sono tornate nella partita d’esordio, perché tutto sommato l’Italia ne è uscita bene. Più che bene, anzi. Negli occhi di quasi tutti è rimasto soprattutto il primo tempo, la reazione allo svantaggio – al tempo stesso ingenuo e sfortunato – dopo neanche trenta secondi di gioco (23 per la precisione): cosa può succedere di peggio che cominciare subendo il gol più veloce della storia degli Europei?

 

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Un gol arrivato così letteralmente dal nulla – un fallo laterale a nostro favore – così velocemente e in modo così bruciante e inappellabile – Bajrami, comunque, tira una discreta bomba sotto l’incrocio, Bastoni o Donnarumma non avrebbero potuto fare niente di diverso da quello che hanno fatto – che quando l’ho visto ho pensato che ci dovesse essere un errore nel tessuto di cui è fatta la nostra realtà, che per qualche ragione non fosse valido e l’arbitro l’avrebbe annullato. E a giudicare dalle loro reazioni lì per lì, anche alcuni giocatori italiani devono essersi sentiti in quel modo.

 


Mie cose preferite del gol subito: Bastoni che si congela sul posto, incredulo, in mezzo a tre avversari che esultano; e poi soprattutto Jorginho, che rincorre Bajrami e dopo il gol frena sul posto come se stesse finendo in fondo a un burrone, si gira come se dovesse correre nella direzione opposta (chissà magari dentro di sé gli è venuta voglia di correre fino a fuori allo stadio, fino al pullman, fino a casa), e infine si alza i pantaloncini in segno di sommo rosicamento. 

 

Però l’Italia ha reagito, ha schiacciato l’Albania, con fermezza e pazienza, ha fatto il suo gioco senza farsi prendere dagli psicodrammi – quante volte è successo in passato, che un gol sfortunato mandasse all’aria tutti i nostri piani? – e con due gol in cinque minuti ha inclinato la partita a proprio favore. Tra l’altro molto bello il fatto che lo schema per il gol di Bastoni sia identico a uno che aveva già portato al gol Osimhen nell’anno dello scudetto del Napoli di Spalletti. Così come è bello che a segnare il secondo, con un tiro da fuori area istintivo, sia stato il giocatore più atteso, quello indicato da molti come il più talentuoso della squadra, ovvero Barella.

 

Poi, boh, si è accontentata? Si è stancata? Fate voi. Ha rischiato, certo, anche. Ha rischiato molto, pur avendo concesso poco. Ha rischiato alla fine, oltretutto, lasciandoci la strana sensazione di essere stati fortunati. 

 

Spalletti a fine partita ha parlato di «squadra con la bischerata sempre in canna», ma non è questo il punto – secondo me e secondo Spalletti. Ha soprattutto lodato l’atteggiamento solidale immediatamente successivo al gol dello 0-1, insomma quello spirito di squadra, posato sopra una base di princìpi tattici chiari, su cui sta lavorando da quanto è commissario tecnico della Nazionale.

 

Però, ecco, veniamo ad alcune cose che non ho capito – a voi decidere se sono confuso io o se è Spalletti ad aver mischiato un po’ troppo le carte. Anzitutto: Federico Chiesa a destra, migliore in campo, l’unico a dribblare (4 dribbling effettuati, quello che ne ha fatti di più dopo di lui è stato Calafiori con 2), comunque meno pericoloso di Federico Chiesa a sinistra, da dove può puntare in diagonale o dritto per dritto l’area di rigore e il difensore centrale opposto. 

 

Capisco, in teoria, perché Spalletti preferisca così – l’Italia è una squadra molto posizionale, nel senso che è molto attenta ad occupare i 5 corridoi verticali del campo quando attacca, servono quindi due giocatori in ampiezza: se a sinistra c’è Dimarco che si alza dalla posizione di terzino (in fase difensiva), ne serve uno a destra che resti alto e bloccato con i piedi sulla linea laterale, o quasi, mentre Di Lorenzo stringe per comporre la difesa a 3. E Federico Chiesa è più offensivo e creativo delle sue alternative, Bellanova e Cambiaso, di fatto due terzini. Tutto qui. 

 

Al tempo stesso penso che Chiesa sul lato del suo piede forte sia limitato e, nell’economia di una partita intera, sia limitante per il potenziale offensivo della squadra. Se già tende ad essere un giocatore autosufficiente, a destra gli viene ancora più difficile associarsi con i compagni. 

 

Anche su Calafiori e Bastoni ho dei dubbi. Spostare Bastoni a destra è un piccolo sacrificio per compensare le conduzioni di Calafiori – e non sarò certo io a dire che due mancini non possono giocare insieme – penso però che contro attaccanti più complicati, che li stressino con più continuità nella partita, possano mostrare dei limiti di solidità. 

 

Non è solo quell’ultima occasione di Manaj, che se non fosse stato per il fianco di Donnarumma ci avrebbe lasciato con tutto un altro sapore in bocca. Un lancio lungo gestito non benissimo ma su cui a mio avviso è più che altro Manaj ad eseguire un bel movimento e poi una giocata eccezionale, uno stop di petto con cui taglia fuori Calafiori. 

 

Calafiori stava recuperando la posizione dopo essersi alzato in pressione, Manaj è bravo a prendersi lo spazio in orizzontale, ad allontanarsi incrociando la sua corsa e poi puntando la profondità. Calafiori, se proprio vogliamo cercare l’errore, ha cercato troppo in fretta il contatto, anziché magari corrergli davanti in modo più prudente; ma insomma, Manaj fa un controllo incredibile.

 

Basta questa sbavatura a mettere in discussione la solidità di Calafiori, o della coppia Calafiori-Bastoni? Magari no, ma sicuramente Morata li sottoporrà a uno stress superiore, soprattutto nella copertura della profondità e nella lettura dei movimenti degli attaccanti. Forse aggiungere Buongiorno potrebbe essere salutare. Bisognerebbe però passare alla difesa a tre come contro la Bosnia (anche in fase difensiva, cioè) e a quel punto sarebbe Di Lorenzo a diventare di troppo. E Di Lorenzo, credo, è semplicemente insostituibile per Spalletti, per ragioni che vanno oltre la tecnica e la tattica. 

 

Poi ci sono stati i cambi, che se non hanno peggiorato la squadra di sicuro non l’hanno migliorata. Spalletti ha provato a fare sostituzioni conservative, con giocatori “più difensivi” dei loro omologhi – Cristante per Pellegrini, Cambiaso per Chiesa, Darmian per Dimarco – ma ha mostrato come l’Italia non sia una squadra di gestione. Come abbia bisogno di ritmo e dinamismo, per poter anche solo tenere palla e farla girare. 

 

Se abbassa il dinamismo, l’Italia tende a compiere errori banali (per dire, Jorginho ha avuto il 92% di precisione nei passaggi, in una partita in cui però non è stato quasi mai pressato e Barella ha avuto il 97% di precisione). Se poi è l’Italia che smette di pressare diventa passiva e persino una squadra come l’Albania è in grado di prendersi il campo.

 

E poi perché Darmian, che viene da una grande stagione in cui ha giocato quasi sempre esterno a destra, è entrato a sinistra invece di Cambiaso, che nella Juventus ha giocato spesso anche da quel lato?

 

Ci vedo un po’ rigidità nei ragionamenti di Spalletti, che finisce per togliere i giocatori dalle loro zone di comfort, provando a inserirli in caselle un po’ astratte che non tengono conto delle loro caratteristiche. Lorenzo Pellegrini, per fare un altro esempio, non ha giocato male, ma è un giocatore più verticale e meno di palleggio di quello che si pensa; un po’ come Frattesi, molto meglio senza palla, che con la palla: forse per entrambi giocare una partita di dominio contro una squadra bassa non è il contesto migliore.. Sarebbe stato più utile Zaccagni nell’uno contro uno, Raspadori tra le linee?

 

Anche le conduzioni di Calafiori non sono proprio utilissime quando non c’è da saltare la pressione alta o scombinare le marcature di un avversario che difende con un blocco basso, forse sarebbe bastata la visione e il piede di Bastoni per avere gli stessi vantaggi in construzione.

 

La Spagna, contro la Croazia, non ha avuto il 50% del possesso palla per la prima volta dal 2008, interrompendo una striscia di 136 partite. Ma occhio, perché sono molto più pericolosi quando la palla la recuperano, con la precisione tecnica a loro disposizione e la velocità di Lamine Yamal, Niko Williams e Morata vanno in porta con tre passaggi. Come in occasione del gol o come nell’esempio qui sopra, in cui Lamine Yamal non riesce a concludere dopo essere stato raddoppiato.

 

Veniamo adesso alle cose che mi sono piaciute e che, in vista della partita con la Spagna, lasciano ben sperare. Anzitutto quelle che a Coverciano chiamano le riaggressioni, il gegenpressing, cioè il recupero immediato del pallone dopo averlo perso. Contro l’Albania il dato statistico è insignificante, ma è significativa l’azione che ha portato al palo di Frattesi, nata da un anticipo alto di Jorginho successivo a una palla persa all’altezza dell’area di rigore albanese. Mitaj, il giocatore albanese che aveva rubato palla, è stato immediatamente accerchiato da tre italiani – Pellegrini, Chiesa e, appunto, Jorginho. 

 

Sempre in quell’azione si è vista la connessione speciale tra Scamacca, velocissimo a muoversi tra le linee, e Frattesi, sempre tagliente quando si inserisce in profondità. Anche Barella, con grande libertà di movimento ma anche grandi responsabilità, ha giocato una grande partita, abbassandosi in costruzione al posto di Jorginho oppure alzandosi tra le linee quando non serviva così basso. Quello che salta all’occhio, anche per il gol da fuori area, è il suo coraggio, la sua totale mancanza di timidezza, già evidente dai tempi di Cagliari, ma ora Barella sembra aver fatto il giro completo ed essere tornato quel giocatore a cui già allora si chiedeva di fare più o meno tutto, ovviamente, oggi, con una maturità ed un’efficacia diversa. 

 

Due filtranti consecutivi, non scontati.

 

Con Barella la stampa italiana si è scatenata. Di Biagio lo ha paragonato a De Bruyne e Tony Kroos, il Corriere della Sera a un mix tra Gattuso e Pirlo, Demetrio Albertini invece ha nominato Antonio Conte e Xavi. È la sua duttilità tecnica, il dinamismo abbinato alla qualità nel palleggio, che rende Barella un giocatore più unico e indecifrabile, e tatticamente sarà importante la sua fluidità, contro una squadra come la Spagna, ancora più posizionale dell’Italia. Spalletti ha parlato dell’importanza di far girare la palla velocemente contro la pressione spagnola – che, in effetti, a momenti è stata soffocante anche per una squadra individualmente tecnica come la Croazia – ed ha anche aggiunto che «contro la Spagna ci sarà quello che chiedete spesso: verticalizzeremo di più». 

 

Chissà. Contro la Bosnia aveva giocato molto bene Fagioli vicino a Jorginho (non precisissimo, come detto), potrebbe essere utile anzi per consolidare il possesso, con Barella che può alzarsi nel ruolo di Frattesi (che ci limita parecchio in conduzione). Forse potremmo provare a verticalizzare diversamente, non di più, forse quelle sono cose che Spalletti dice per avere un rapporto dialettico con l’opinione pubblica. Come detto, la Spagna non è più la squadra sempre e comunque dominante con il pallone che conosciamo, non è detto che dobbiamo per forza di cose cederle il possesso.

 

Il pensiero, il mio, va ovviamente all’ultima volta che l’abbiamo affrontata in un Europeo, a quella partita di purissima sofferenza tenuta in piedi da una grande azione di Federico Chiesa. Preferirei evitare, grazie, se possibile, una sofferenza del genere. 

 

In ogni caso ce la giocheremo. O almeno spero, sarebbe strano il contrario. Abbiamo molte possibilità, anche dalla panchina, se Spalletti resterà lucido e se le sue idee riusciranno ad applicarsi al materiale umano a disposizione. Se ci credevamo prima della partita con l’Albania, figuriamoci adesso. Quello con la Spagna sarà un reality check: verificheremo, cioè, lo stato delle cose. Dovessimo uscire bene anche da questa partita, la palla di neve della speranza avrà iniziato a rotolare in discesa…

 

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Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020) e "Zlatan Ibrahimovic, una cosa irripetibile" (66th & 2nd, 2021).