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Tutte le difficoltà del Napoli di Gattuso
20 gen 2020
Il tecnico ha cercato di incidere il modo ambizioso.
(articolo)
8 min
(copertina)
Foto Cafaro / LaPresse
(copertina) Foto Cafaro / LaPresse
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Gennaro Gattuso ha provato innanzitutto a fare le cose semplici: fin dalla prima partita ha riportato il Napoli a muoversi e a giocare seguendo le direttrici del 4-3-3. Tra i motivi all’origine della separazione da Carlo Ancelotti si era detto ci fossero anche le tensioni con la squadra sul sistema di gioco, un 4-4-2 a tratti davvero confuso e anarchico. Il ritorno al vecchio sistema valorizzato da Maurizio Sarri ha però solo in parte a che fare con quei contrasti: Gattuso aveva già utilizzato il 4-3-3 al Milan e si era persino ipotizzato che questo avesse favorito il suo arrivo a Napoli al posto di Ancelotti.

Limiti e possibilità del 4-3-3

Gattuso ha approfondito in diverse occasioni la sua preferenza per il 4-3-3, il sistema che considera il più adatto a esprimere le sue idee di gioco, perché permette di ostacolare il possesso avversario formando molte linee ad altezze diverse e facilita la creazione di triangoli sulle fasce in cui far circolare la palla.

Del resto quando si confronta con i giornalisti Gattuso è tra gli allenatori più disponibili a parlare di come vuole che giochi la sua squadra. Lo ha fatto anche dopo la sconfitta contro la Lazio, assumendosi la responsabilità per l’errore decisivo di Ospina sulla pressione di Immobile: «Sono io che chiedo di cominciare sempre l’azione dal portiere. (...) Ospina per noi è un valore aggiunto perché ci permette di impostare in maniera corretta. Io il portiere non lo chiamo portiere, lo chiamo giocatore perché per me il portiere oggi deve giocare il pallone».

L’uscita in palleggio dalle zone arretrate non è ovviamente una novità per il Napoli. Con Ancelotti però la disposizione era più fluida e la prima circolazione aveva lo scopo di aprire corridoi interni per raggiungere i giocatori posizionati tra le linee dietro il centrocampo avversario. Le fasce erano utilizzate soprattutto per creare spazi all’interno dello schieramento avversario, e il cross era più che altro l’alternativa se non c’era la possibilità di combinare centralmente.

A partire dal 4-3-3, Gattuso ha cambiato lo schieramento a inizio azione e il modo di risalire il campo. Ancelotti utilizzava solitamente due centrocampisti davanti alla difesa, uno dei quali poteva abbassarsi nello spazio liberato dal terzino dal suo lato. I terzini infatti si alzavano presto a occupare l’ampiezza, facendo accentrare gli esterni tra le linee, con rotazioni pensate per aumentare la qualità della manovra negli spazi interni.

In questo caso Malcuit e Di Lorenzo si stanno alzando, Allan si abbassa di fianco a Koulibaly, mentre Elmas si sta spostando verso il centro.

Gattuso preferisce schierare un solo centrocampista davanti alla difesa, che si occupa della prima circolazione allargando preferibilmente il gioco sulle fasce e dà equilibrio quando la squadra perde la palla. La risalita del campo avviene infatti soprattutto sulle fasce, gli spazi dietro il centrocampo avversario non vengono occupati con continuità e la palla avanza sui triangoli formati dai movimenti di terzini, mezzali ed esterni offensivi.

Fabián resta dietro la prima linea di pressione della Fiorentina, i terzini sono di fianco ai difensori centrali, Allan e Zielinski si muovono ai lati del mediano avversario.

I problemi davanti la difesa

Nella posizione davanti alla difesa, fondamentale per la tenuta di tutto il sistema, Gattuso ha schierato soprattutto Fabián Ruiz, dopo aver scelto Allan all’esordio contro il Parma. Nessuno dei due è sembrato però a suo agio in quella posizione. Allan è più abituato ad aggredire in avanti che a mantenere la posizione e a dare copertura ai compagni, un compito essenziale per dare equilibrio allo schieramento giocando davanti alla difesa, e oltretutto è più bravo ad avanzare palla al piede che a dare ordine alla circolazione. Fabián è di certo più portato a far scorrere la manovra, ma nemmeno lui si è rivelato un riferimento abbastanza sicuro per il tipo di circolazione voluta da Gattuso: ordinata, non troppo complessa ma abbastanza veloce da manipolare le prime linee di pressione avversarie e aprire spazi sulle fasce da cui risalire il campo.

Quando viene pressato, Fabián non è sempre lucido nella gestione del possesso e a volte tende a rallentare l’uscita da dietro, come ha spiegato Gattuso: «È un giocatore fortissimo, di grandissimo valore. Per me sta giocando davvero molto bene, può sbagliare perché tocca la palla davvero tante volte. Se vogliamo vedere uno dinamico e che corre in pressione per 90', allora non sono le sue caratteristiche. In questo momento non sta giocando nel suo ruolo, ma comunque mi piace in quella posizione. Ci sta dando tanto».

La velocità nella trasmissione della palla è un aspetto rilevante per Gattuso, che ne ha parlato per inquadrare Diego Demme e Stanislav Lobotka («Ci possono dare una grande mano, negli ultimi allenamenti la palla scorreva veloce come piace a me»), i due giocatori acquistati dal Napoli per rinforzare il centrocampo. In teoria entrambi sono arrivati per assicurare un’interpretazione più efficace di Allan e Fabián nel ruolo di vertice basso del centrocampo, ma Gattuso non ha escluso il loro utilizzo in altre posizioni: «Lobotka può fare anche la mezzala, è diverso da Demme, che gioca al massimo a due tocchi. Lobotka è uno alla Verratti, uno che porta palla, sterza, salta l'uomo».

I tanti problemi in difesa

Il centrocampo non è comunque l’unico reparto in cui Gattuso non è ancora riuscito a trovare la combinazione più adatta a esprimere le sue idee. In difesa l’infortunio di Koulibaly nei primi minuti della partita contro il Parma ha aperto un buco che Gattuso ha provato a riempire adattando Di Lorenzo come difensore centrale di fianco a Manolas sul centro-sinistra, forse per continuare ad avere una coppia di difensori che con la loro velocità riuscisse a rendere innocua la perdita del pallone, coprendo gli sbilanciamenti in fase di possesso.

Le transizioni a palla persa sono però rimaste fragili e oltretutto lo spostamento di Di Lorenzo in mezzo alla difesa ha anche creato problemi alla manovra. Aver rinunciato a schierare sulla fascia l’unico terzino capace di alzarsi con continuità e di offrire sempre una soluzione in verticale ha tolto profondità alla risalita del pallone sulle fasce. Dalla posizione sul centro-sinistra, poi, un destro come Di Lorenzo può rallentare la prima circolazione, specie se al difensore centrale viene chiesto di innescare i meccanismi di fascia e non di condurre la palla centralmente o saltare con delle verticalizzazioni le prime linee di pressione avversarie.

In queste prime partite Gattuso si è insomma preoccupato innanzitutto di dare continuità alle sue idee, di ridare alla squadra una chiara identità di gioco, anche a costo di cambiare le abitudini di qualche giocatore. È evidente soprattutto nella costruzione dal basso: Gattuso ha provato ad appoggiare la sua manovra sul triangolo formato da Manolas, Di Lorenzo e Fabián, ma le loro difficoltà a far circolare in modo pulito la palla hanno avuto ricadute sulla qualità della risalita del campo e sulla stabilità delle transizioni a palla persa.

Cosa ci hanno detto queste cinque partite

Cinque partite sono comunque un campione ridotto per avere un’idea chiara dei cambiamenti portati da Gattuso, in particolare a livello statistico. Rispetto alle medie tenute con Ancelotti, il Napoli di Gattuso completa un numero leggermente maggiore di passaggi sia nella sua metà campo (da 237,1 a 258,2) che nell’ultimo terzo di campo (da 112,9 a a 138,4, il dato più alto del campionato nelle ultime cinque partite), ma su questi dati incidono sia il livello delle avversarie che lo svolgimento delle partite. Contro l’Inter, per esempio, il Napoli è passato presto in svantaggio, una circostanza che ha accentuato il suo dominio territoriale e la quantità di possesso.

Anche la quantità di tiri è leggermente aumentata, ma la media di xG prodotti a partita è rimasta identica (1,6) e può significare che il Napoli sta avendo più difficoltà a costruirsi chiare occasioni. È invece peggiorata la media di xG concessi (da 0,993 a 1,168 a partita), anche se non è cambiata la quantità di conclusioni subite (circa 9 a partita): nelle ultime settimane il Napoli sta quindi concedendo alle sue avversarie occasioni più facili da finalizzare.

La discontinuità rispetto ad Ancelotti

I primi passi di Gattuso, con 4 sconfitte in 5 partite in campionato (l’ultimo allenatore del Napoli a perdere quattro delle sue prime cinque partite in Serie A era stato Zeman nel 2000, in un periodo storico ben più complicato per gli azzurri), non sono stati certo incoraggianti. Il tecnico calabrese non si è però lasciato condizionare dai risultati e ha continuato a seguire le sue idee, distanziandosi in modo chiaro da Ancelotti anche nelle interviste.

Il tema della discontinuità con quello che ha definito il suo "padre calcistico" si è fatto particolarmente delicato nei giorni tra la sconfitta in campionato contro la Lazio e il successo in Coppa Italia sul Perugia. Dopo aver perso contro i biancocelesti, Gattuso aveva detto che il Napoli non «era una squadra pensante», all’interno di un discorso più profondo sulle filosofie di gioco con cui voleva riassumere le differenze, negli stili e nei metodi, tra il ciclo di Sarri e quello di Ancelotti.

Distanziandosi da Ancelotti, dal suo gioco più libero e legato alle intuizioni individuali, Gattuso aveva rivelato di sentirsi più vicino a un calcio di princìpi acquisiti in profondità dalla squadra, come quello giocato dal Napoli di Sarri, sottolineando le difficoltà che sta incontrando in questo momento di transizione.

Gattuso ha fatto una scelta ambiziosa in un momento in cui il Napoli aveva molti problemi, e non solo per le scelte di Ancelotti, non accontentandosi di piccoli accorgimenti per migliorare le cose ma provando a incidere in modo più profondo, con una fiducia nelle sue idee che non è stata intaccata dalle numerose sconfitte. In gioco nei prossimi mesi non c’è tanto il miglioramento di una situazione di classifica ormai compromessa, almeno per le ambizioni che aveva il Napoli a inizio anno, ma la possibilità di guidare la probabile ricostruzione che attende gli azzurri al termine della stagione.

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