Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
Ieri sera, dopo il pareggio esterno (1-1) che lascia invariate il distacco in campionato del Napoli dalla Juventus, Massimiliano Allegri ha dichiarato che dei due confronti a pochi giorni di distanza con la squadra di Sarri il più importante per lui sarà quello di mercoledì, con in palio la finale di Coppa Italia.
Forse anche per questo motivo dalla formazione titolare il tecnico livornese ha tenuto fuori tutti i reduci dai voli trans-oceanici dal Sudamerica: in panchina si sono seduti Dani Alves, Cuadrado, Dybala. Allegri però, nonostante l’assenza dal campo dei suoi consueti interpreti, ha confermato il 4-2-3-1 delle ultime settimane, con Pjanic trequartista alle spalle di Higuain, Marchisio al posto del bosniaco in mezzo al campo e Lemina esterno destro al posto di Cuadrado. Dietro, ai fianchi della coppia centrale Bonucci-Chiellini, hanno giocato Lichtsteiner e Asamoah, preferito ad Alex Sandro probabilmente perché ritenuto più adatto al controllo dei tagli sul secondo palo di Callejon.
Sarri invece ha dovuto rinunciare a Pepe Reina, infortunato, e ha scelto Strinic al posto di Ghoulam sulla sinistra. In mezzo al campo ha preferito l’esperienza di Jorginho e Allan al posto dei giovani Diawara e Zielinski, mentre in attacco ha confermato il tridente “leggero” Callejon, Mertens, Insigne.
Juve conservativa
Sin dai primi minuti è chiaro il piano di gioco pensato dai due allenatori. Massimiliano Allegri, in perfetto accordo con i precedenti scontri tra la sua Juve e il Napoli di Maurizio Sarri, aveva come priorità assoluta quella di togliere ogni spazio vitale alla manovra d’attacco avversaria. Una strategia già vista nelle precedenti sfide, che mira a togliere gli spazi di mezzo alle trame di passaggio del Napoli, vera fonte di pericolosità della fase offensiva dei partenopei.
Per giungere al proprio scopo, in fase di non possesso, Allegri ha disposto la sua squadra con un 4-4-1-1 che intasava il centro del campo, per ridurre la distanze orizzontali tra i giocatori dello stesso reparto e tenere vicine difesa e centrocampo, togliendo anche spazio tra le due linee. A questo va aggiunto un baricentro piuttosto basso, per togliere profondità alle spalle della difesa bianconera.
Stretti e corti, i giocatori bianconeri proteggono fisicamente il centro del campo, assumendo una posizione arretrata per non concedere profondità al Napoli.
Probabilmente nei piani di Allegri erano presenti anche fasi intermittenti di pressione alta, per alleggerire il peso in fase difensiva e sorprendere improvvisamente la costruzione bassa del Napoli.
E nei primi minuti, in effetti, si è visto qualche blitz ben strutturato della Juventus in pressing offensivo.
Mandzukic si alza improvvisamente in pressione su Albiol e il Napoli è costretto a lanciare lungo.
Anche la strategia offensiva pensata da Allegri ricalcava quella vista nei precedenti match contro il Napoli di Sarri.
L’idea era di sfruttare a proprio vantaggio alcune caratteristiche del sistema difensivo degli avversari facendo largo uso di cambi di gioco, per approfittare della elevata densità in zona palla creata dal Napoli e della conseguente minore protezione del lato debole.
Inoltre, Allegri ha cercato di giocare qualche pallone alle spalle dei centrali del Napoli, nel tentativo di punire i non troppo infrequenti errori nell’applicazione dell’elastico difensivo da parte della linea arretrata partenopea.
Il gol al sesto minuto di Khedira ha origine proprio da un’azione che sembra seguire la strategia progettata a tavolino da Allegri: l’azione parte da sinistra e prosegue con un cambio di gioco di Khedira verso Lemina sul lato destro, che scarica verso Marchisio che a sua volta prova a sorprendere la linea difensiva del Napoli - in avanzamento sul passaggio all’indietro di Lemina - giocando un pallone di prima alle spalle di Albiol e Koulibaly; i centrali del Napoli respingono ma sulla seconda palla si avventa Khedira, che chiudendo un bel triangolo con Pjanic entra in area e segna la rete del vantaggio bianconero.
Per il primo quarto d’ora/venti minuti la strategia bianconera pare funzionare bene: il Napoli non trova linee di passaggio utili tra le fittissime maglie delle due linee di difesa bianconera e le ripartenze riescono a essere sufficientemente pericolose: 2 dei soli 4 tiri in porta della Juve in tutta la partita avvengono infatti nei primi 15 minuti.
Pressione sarriana
In opposizione a quella di Allegri, la strategia di Sarri prevedeva il pressing continuo sulla costruzione bassa del gioco dei bianconeri, accompagnato dalla conseguente difesa alta. Non è stata mai concessa la superiorità numerica ai centrali bianconeri: sul giro palla degli avversari ad affiancare Mertens era solitamente uno tra Insigne e Callejon, e alle loro spalle i compagni scalavano dall’originario 4-3-3 andando a cercare i possibili ricevitori del pallone.
Insigne in pressing si affianca a Mertens contro i centrali bianconeri (più Buffon), mentre alle loro spalle Callejon esce su Asamoah e Allan si alza sul centrocampista basso della Juventus, in questo caso Khedira.
Il pressing del Napoli, sempre più efficiente con il passare dei minuti, ha costretto troppo spesso la Juventus a lanciare lungo. La squadra di Allegri effettua ben 86 lanci lunghi su 475 passaggi effettuati, più del 18%; Buffon ne gioca 22 su 42, più del 50%, e Bonucci 18 su 56, quasi un terzo. Il destinatario prescelto è sempre Mario Mandzukic, recordman della partita con 5 duelli aerei vinti.
Le linee di passaggio più spesse (lo spessore è proporzionale al numero di passaggi) sono verso Mario Mandzukic, e rappresentano quasi tutti lanci lunghi. Il baricentro della Juve è particolarmente basso, posizionato a 40.7 metri.
In alternativa la circolazione del pallone bianconera prendeva vie laterali, verso Lichtsteiner e Asamoah, ma giunta sull’esterno, la manovra aveva parecchie difficoltà a progredire in avanti o a ritornare al centro del campo.
La palla circola bassa coinvolgendo Buffon. A uscire su Bonucci questa volta è Hamsik, con Insigne alle sue spalle a chiudere su Lichtsteiner. Lo sbocco della manovra è obbligato verso il terzino svizzero, ma la manovra non progredisce e il Napoli riconquista palla grazie al fallo subito da Strinic.
In aggiunta al pressing in situazioni di non possesso, il Napoli è stato particolarmente aggressivo in fase di transizione difensiva, in cui cercava prontamente e con velocità di riconquistare il pallone in posizione avanzata. Il gegenpressing della squadra di Sarri costringeva la Juve ad affrettare le giocate e a riconsegnare il pallone agli avversari lanciando lungo.
L’efficacia del pressing del Napoli e la scarsa capacità della Juventus di superarlo lasciano progressivamente il dominio territoriale e del pallone alla squadra di casa, obbligando i bianconeri a giocare lunghe fasi di difesa posizionale, con brevissime pause tra un’azione difensiva e la successiva.
Nonostante questo, la squadra di Allegri è stata abile a negare ogni spazio tra i propri giocatori, togliendo così al Napoli la chiave principale del proprio gioco d’attacco.
Una lunga azione offensiva del Napoli: sul cross di Hamsik la Juve libera facilmente l’area, ma il Napoli riconquista immediatamente il pallone. Segue una paziente circolazione in attesa del varco giusto che viene negato dall’intercetto di Marchisio. Alla fine Jorginho si trova costretto a cercare la profondità con un lancio lungo che viene intercettato da Bonucci
Così, alla squadra di Sarri rimaneva solamente l’opportunità di cercare di approfittare degli errori bianconeri, o di provare a passare per vie laterali giungendo però il più delle volte a cross che la difesa bianconera, abilissima a proteggere il centro dell’area e in superiorità numerica, riusciva sempre a difendere benissimo.
Cross di Hamsik, 9 uomini della Juve in area contro il solo Callejon.
Sebbene, come sempre, i flussi di gioco del Napoli vedano un maggiore coinvolgimento della catena di sinistra, è stato a destra, nel primo tempo, che i partenopei sono riusciti a sfondare più efficacemente e a produrre un pericolo da cross, mettendo la palla dietro invece che cercare il cuore dell’area presidiato dalla difesa bianconera.
Come sempre, il gioco del Napoli si sviluppa prevalentemente a sinistra. Baricentro altissimo per il Napoli, 57.2 metri.
Le crepe nel muro di Allegri
Costretta senza soluzioni di continuità a giocare la fase di non possesso e poco capace di organizzare fasi di possesso palla in grado quanto meno di alleggerire la pressione avversaria, pur riuscendo a difendere bene e in maniera piuttosto ordinata senza correre particolari affanni, la Juventus non è riuscita a non concedere nulla al notevole volume di gioco prodotto dal Napoli, che con ammirevole insistenza e pazienza ha provato costantemente a trovare le proprie soluzioni offensive preferite.
Le poche volte che la squadra di Sarri è riuscita a liberare un uomo dietro tra il centrocampo e la difesa bianconera, è stata creata una potenziale occasione da gol.
Il Napoli libera un uomo, prima Mertens, poi Hamsik, alle spalle del centrocampo juventino per mezzo di passaggi diagonali e ricezioni sul fianco debole della coppia di interni bianconeri. Per due volte il Napoli riesce a calciare pericolosamente in porta.
Anche il gol di Hamsik è nato da una situazione di gioco analoga. Jorginho è riuscito per una volta a bucare il muro di centrocampo bianconero facendo passare il pallone tra Marchisio e Pjanic trovando Hamsik, come sempre posizionato nello spazio di mezzo. Bonucci è stato costretto a uscire sullo slovacco, Lichtsteiner e Chiellini rimangono entrambi troppo distanti dal compagno di reparto. Mertens si allontana dalla linea difensiva e chiude il triangolo con Hamsik, che si inserisce nello spazio lasciato libero da Bonucci.
Un bel gol, in perfetta linea con le direttrici del gioco del Napoli.
Il 4-3-3 della Juventus
Cinque minuti dopo il gol subito da Hamsik, Allegri ha arretrato Pjanic in mezzo a Marchisio e Khedira, disegnando un 4-3-3. Le linee di passaggio si sono moltiplicate immediatamente e l’uscita del pallone dalla difesa è diventata molto più agevole e fluida.
La Juve, per la prima volta, ha preso il predominio nel possesso palla e ha giocato il suo miglior quarto d’ora, riuscendo a vincere il duello contro il pressing del Napoli.
Con il 4-3-3 Pjanic è riuscito a ricevere dai suoi centrali, o abbassandosi tra di loro o direttamente alle spalle della pressione degli attaccanti avversari, consentendo così ai terzini di salire di più senza doversi preoccupare di offrire una soluzione di passaggio sicura a Bonucci e Chiellini. Più avanti, Marchisio e Khedira hanno potuto giocare su linee diverse, creando più traiettorie di passaggio per il bosniaco.
Durante il quarto d’ora in cui gioca con il 4-3-3- la Juventus ha il 55% di possesso palla. Nell’intera partita il possesso palla bianconero è solamente il 39%.
L’ingresso di Dybala per Marchisio, e il ritorno al 4-2-3-1, ha rimesso la partita nei precedenti binari tattici, con il Napoli che ha ripreso a pressare efficacemente la Juventus e i bianconeri incapaci di risalire il campo e costretti quasi esclusivamente sulla difensiva.
Distanze intatte
Il pareggio non è un risultato disprezzabile per i bianconeri che escono imbattuti dal San Paolo e in pratica eliminano definitivamente la squadra di Sarri dalla lotta Scudetto.
Non tutto, però, è andato secondo i piani di Allegri. Per togliere gli spazi di mezzo al Napoli, ha finito per rinunciare quasi del tutto a ogni velleità offensiva, cedendo interamente il possesso del pallone ai partenopei. La strategia difensiva bianconera si è rivelata monodimensionale, prevedendo quasi esclusivamente l’occupazione del centro del campo e lo restringimento di ogni possibile spazio tra i giocatori, senza alternative come la pressione alta o il possesso del pallone, anche solo a fini puramente difensivi.
Lo schieramento basso e compatto assunto in fase di non possesso ha influenzato pesantemente la possibilità di mantenere il possesso palla dopo la riconquista del pallone e un’efficace risalita del campo. Priva di riferimenti offensivi, con il solo Higuain abbandonato tra Albiol e Koulibaly, la Juventus si è trovata a manovrare in mezzo al pressing avversario senza avere una comoda possibilità di sfuggire alla pressione trovando una soluzione avanzata.
La Juve riconquista la palla in posizione bassa e il Napoli pressa immediatamente per riconquistarla. I giocatori della Juve sono particolarmente abili a manovrare con brillantezza tecnica sotto pressione per mantenere il possesso, ma la manovra non avanza lungo il campo perché la Juve è troppo bassa e non ci sono riferimenti offensivi.
Gli uomini scelti da Allegri per interpretare il 4-2-3-1 non hanno aiutato a superare le difficoltà presenti nell’affrontare il pressing del Napoli.
Con la costruzione bassa che spesso trovava lo sbocco obbligato verso i terzini, sono mancate certamente le capacità di Alex Sandro di risalire il campo individualmente, con la sua conduzione del pallone e quelle di Dani Alves di palleggiare sotto pressione. Anche l’assenza di Cuadrado, con la sua capacità di alleggerire la pressione avversaria tenendo il pallone tra i piedi e quella di Pjanic nel cuore del gioco hanno contribuito a rendere difficoltosa la progressione della manovra bianconera.
E poi, in partite in cui la Juve è costretta a difendere così bassa emergono i limiti di Mandzukic nel risalire il campo in palleggio, specie se dal suo lato di campo si rinuncia all’energica spinta di Alex Sandro e alle sovrapposizioni dei terzini. Il passaggio al 4-3-3 ha per un breve periodo consentito alla Juventus di sfuggire al pressing avversario, ma il precoce ritorno al 4-2-3-1 ha vanificato i progressi mostrati nello sviluppo del gioco con il nuovo modulo.
La produzione offensiva è stata troppo povera (0.4 Xg e 4 tiri in totale) e, sebbene la fase difensiva sia stata giocata abbastanza bene, è quasi fisiologico che 80 minuti di ininterrotta difesa posizionale possano lasciare qualche varco agli avversari.
Da parte sua, il Napoli ha giocato una partita di grande volontà e applicazione. Il suo pressing e le sue transizioni difensive particolarmente aggressive hanno costretto la Juventus costantemente sulla difensiva e limitato notevolmente i pericoli per la porta di Rafael.
L’ostinazione e la pazienza con cui i partenopei hanno provato a sviluppare le proprie trame offensive sono state davvero notevoli, ma paradossalmente segnano il limite della squadra di Sarri che, ai livelli più alti, ha poche armi oltre a quelle insite nel suo spartito di gioco ormai consolidato. Il Napoli si rende pericoloso grazie alle sue capacità in pressing e allo sviluppo interno e tra le linee del suo gioco offensivo posizionale. Ma nel giorno del ritorno a Napoli di Gonzalo Higuain, lasciato troppo solo dai suoi nuovi compagni di squadra, è stato evidente come la cessione del Pipita (unita all’infortunio di Milik) sia stata davvero penalizzante per la squadra di Sarri.
Il Napoli di oggi si basa quasi esclusivamente sulle sue brillantissime manovre palleggiate e sugli inserimenti da dietro svuotando il cuore della difesa avversaria, ma ha del tutto perso la presenza in area di rigore e con essa la possibilità di utilizzare efficacemente il gioco esterno per giungere al tiro con pericolosità. L’assenza di un numero maggiore di armi offensive è il motivo (al di là dei singoli episodi che per questioni di centimetri, come sempre, possono decidere una partita di calcio) per cui il Napoli non è riuscito a battere la Juventus nonostante le difficoltà mostrate dai bianconeri in fase di possesso palla. Questo, assieme alla fragilità evidenziata talvolta dalla linea difensiva, è uno dei motivi del gap tra il Napoli e l’elite del calcio europeo.
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