Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
L’epilogo è stato lo stesso dello scorso anno: allo Stadium la Juventus ha battuto il Napoli con un gol di scarto. Rispetto però alla sfida dello scorso 13 febbraio le condizioni che facevano da contorno erano tutte diverse: durante quella partita la Juventus aveva riconosciuto e temuto la grandezza di quel Napoli; al contrario, la squadra di Sarri non aveva percepito i segnali della propria superiorità. I bianconeri presero i 3 punti e un pezzo di Scudetto con un colpo di mano del proprio allenatore (l’ingresso di Alex Sandro e il cambio di sistema a pochi minuti dal termine) e un pizzico di fortuna (la deviazione di Albiol sul tiro di Zaza).
Questa volta la sfida è arrivata troppo presto in calendario per essere davvero rilevante nella lotta per la conquista del titolo, così come per la definizione del valore delle due squadre. Circa la loro identità, non dobbiamo cadere nella tentazione di una facile catalogazione, una su tutte Individualismo vs. Collettivismo: la Juventus ha trovato la vittoria ieri grazie ai suoi campioni, in un contesto di squadra liquido ma presente; il Napoli ha provato a imporre, ai bianconeri come all’Empoli o al Bologna, la propria Ragion di Stato, cercando però sempre di sfruttare al meglio le caratteristiche dei propri singoli.
Camminare sul filo
La fase di studio è durata in pratica una frazione di gioco, con il proverbiale equilibrio rotto dall’infortunio di Chiellini al trentanovesimo e dalla sua sostituzione con Cuadrado, che ha prodotto i suoi effetti ad inizio ripresa. Nel tentativo di creare superiorità numerica alle spalle del centrocampo avversario, il Napoli si è reso più pericoloso quando è riuscito a riconquistare palla molto in alto sul campo. Il pressing degli azzurri si è rivelato efficace, con Diawara che saliva a prendere Hernanes nell’altra metà campo, e con Hamsik e Allan che scalavano sugli esterni di fascia avversari sul viaggio del pallone verso questi ultimi. La Juventus ha commesso alcuni errori in uscita quando era off-balance, predisposta all’attacco, e in quelle occasioni il Napoli ha cercato soluzioni individuali, trovando solo il tiro da fuori. Con la difesa schierata, il Napoli ha cercato soprattutto di lanciare Insigne nello spazio alle spalle di Lichtsteiner mediante veloci combinazioni tra lui, Mertens e Hamsik.
Allegri ha operato un cambio di sistema già dopo 15 minuti, forzando una situazione di gioco che credeva potesse impensierire il Napoli. Tranne in un caso, quando l’uscita ritardata di Allan su Alex Sandro ha permesso al brasiliano di calciare lungo verso Mandzukic, i bianconeri non sono riusciti a mettere il pallone oltre la linea alta della difesa avversaria.
A complicare il gioco dei bianconeri ci ha pensato l’ottima marcatura di Mertens su Bonucci, che gli ha tolto luce per il lancio lungo e ne ha intralciato il gioco corto verso Hernanes. Allegri allora ha chiesto a Lichtsteiner di salire e a Barzagli di allargarsi, così da permettere a Bonucci e Chiellini di occupare le posizioni da centrali di una difesa a quattro, completata da Alex Sandro sul lato sinistro.
Lo spostamento laterale nell’interspazio tra Mertens e Insigne ha permesso a Bonucci di avere un angolo verso Hernanes e il tempo di alzare la testa verso gli attaccanti. L’abbassamento di Khedira ha reso il tedesco, più di Hernanes, il destinatario finale del giro-palla e l’esecutore di una giocata complessa: il pallone calciato di prima in avanti a tentare di battere la linea. Un cambio tattico sostanziale, perché con un uomo in più sotto la linea della palla la Juventus cedeva il possesso in zone del campo lontane dalla propria porta e si difendeva meglio dalle ripartenze degli avversari.
Il 4-2-4 che ne risultava, con Pjanic e Lichtsteiner alti ai lati delle due punte, mirava a mettere i giocatori offensivi della Juventus uomo contro uomo con la difesa del Napoli. Su assistenza di Khedira è arrivata l’occasione più ghiotta del primo tempo: lo scavetto di Higuain chiuso all’ultimo secondo da Chiriches. In generale, la difesa di Sarri è scappata all’indietro stringendo le maglie verso il centro con i tempi corretti.
In alternativa, la Juventus si è affidata alla forza di Alex Sandro, che con il suo fisico e la sua tecnica in velocità riusciva a risalire il campo praticamente da solo. L’ingresso di Cuadrado ha di fatto raddoppiato il problema per il Napoli, con un altro giocatore capace di avviare individualmente la transizione difesa-attacco e comunque pericoloso quando veniva trovato con un cambio di gioco in isolamento con il proprio marcatore.
Quello di Allegri non è stato un azzardo da poco: con Lichtsteiner in posizione di terzino (dove, come detto, fino a poco prima giocava Barzagli), di fatto la Juventus era portata a difendersi con due soli uomini nelle occasioni in cui lo svizzero si sarebbe portato in attacco: cosa puntualmente avvenuta, quando nel secondo tempo Hamsik, con una lettura tattica magistrale, ha esposto la Juventus a un contropiede tre contro due, che poteva essere decisivo, visto che in quel momento il risultato era sul 1-1.
L’azzardo però ha pagato: ad inizio ripresa la Juventus ha concretizzato due minuti di forcing, dopo essere riuscita ad allargare il campo e a costringere il Napoli a difendersi più basso, a coronamento dei quali è arrivato l’errore di Ghoulam in uscita da un calcio d’angolo, che ha messo Bonucci solo davanti a Reina.
Neanche il tempo di capire se il gatto era vivo oppure no, che Callejon ha rimesso il coperchio alla scatola della partita. Lo ha fatto a modo suo, convalidando così il "teorema di Juan Jesus", secondo il quale il modo migliore modo per fermare Callejon è frapporre il corpo tra l’attaccante spagnolo e la porta.
Sterilità
Ma il Napoli non è riuscito a far male alla Juventus in un modo diverso da questo, al netto delle sofferenze su calcio piazzato i bianconeri stanno avendo quest’anno e che hanno procurato al Napoli due occasioni davanti a Buffon. Eppure le combinazioni a liberare il terzo uomo della squadra, o le imbucate tra le linee, hanno funzionato come al solito. Probabilmente con la sterilità del Napoli c’entra l’interpretazione che Mertens sta dando al ruolo di prima punta e l’inadeguatezza, in questo momento, dei propri compagni a sfruttarne le caratteristiche.
L’attaccante belga viene incontro alla palla con i tempi giusti e tende a toccare il pallone di prima per fare da sponda verso un centrocampista. Non riesce a tenere il pallone tra i piedi e a proteggerlo col corpo, perché non ne ha le caratteristiche fisiche; né prova ad allargarlo verso l’esterno per poi attaccare la linea centralmente in un secondo momento, come faceva Milik, perché non ha nella testa, e forse neanche nelle gambe, quel tipo di schema. Per la rapidità dello scambio tra punta e centrocampista, lo spazio che Mertens crea alle sue spalle non può essere preso da un compagno: ad inizio transizione gli esterni napoletani sono troppo bassi e troppo larghi, nel 4-5-1 difensivo, per essere pericolosi.
Nelle situazioni in cui il Napoli attaccava la difesa juventina schierata, invece, troppo spesso l’esterno era vicino alla punta e sulla sua stessa linea. Nell’immagine qui sopra, Giaccherini ha ricevuto lo scarico da Mertens, Callejon in quella posizione non riesce a dare né profondità né ampiezza alla manovra della propria squadra. In una situazione tattica di stallo, Giaccherini forza la giocata aprendo verso Hysaj, che però era in ritardo e il pallone finisce in fallo laterale.
Per rompere ancora l’equilibrio è servita una grande giocata: Higuain prima ha tentato l’alley-oop in area su Khedira, poi è andato a prendersi il rimbalzo, scaricando in porta il suo sinistro dopo aver contato i passi. Gli ingressi di Marchisio (poco prima del gol) e di Sturaro hanno messo i lucchetti al centrocampo juventino, permettendo alla squadra di resistere ai tentativi blandi dei napoletani di rimettere in piedi la partita.
A proposito di Marchisio, un piccolo inciso personale: non penso che ieri Hernanes abbia giocato una brutta partita, non mi ritrovo nei giudizi pessimi che si ritrovano nei giornali di oggi. Hernanes ha avuto una certa propensione al rischio in una zona nevralgica del campo (premiata con 2 dribbling riusciti su 2 tentati) e ha effettuato buone scelte di passaggio con entrambi i piedi. Certo, è ancora lento nel processo mentale che lo porta a decidere, e questo mette apprensione. La sua applicazione difensiva è buona, anche ieri 3 palle recuperate per altrettante ripartenze, ma le sue letture del gioco non sono da primo della classe: non sono come quelle di Marchisio, insomma. Il quale, se sta bene, fa anche queste cose (e queste altre, e queste altre ancora) con la palla tra i piedi e mostra una differenza tra i due giocatori che esiste, è innegabile, ma che non fa del primo un pessimo interprete del ruolo in senso assoluto.
La Juventus mette distanza tra sé e il Napoli, e lo fa con l’attitudine di un tennista di primo livello. I bianconeri hanno gestito in modo intelligente i momenti chiave di una partita rivelatasi più semplice di quella dello scorso anno, ma comunque difficile da dominare. Il Napoli deve accettare prima possibile che questa distanza oggi esiste, ma può essere assottigliata nelle 27 giornate che mancano da qui alla fine. La ricetta è quella giusta per il Napoli, Sarri non deve cambiarla: è il lavoro che rende il valore di un collettivo maggiore della somma dei valori dei singoli elementi.
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