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Difendere a uomo o a zona
04 nov 2016
Concetti trasversali utili per il calcio e per la vita.
(articolo)
10 min
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Nel calcio si sono evoluti due diversi sistemi difensivi, due modi di controllare il gioco degli avversari, comunemente conosciuti come “marcatura a uomo” e “marcatura a zona”. Ma la terminologia non ha favorito la chiarezza della piena comprensione delle due diverse “marcature”.

Per marcatura in senso stretto si intende la presa di posizione rispetto a un avversario (che può essere sia in fase di possesso palla, che di non possesso) e il relativo controllo al fine di ostacolarne l’azione . È un concetto che riguarda la tattica individuale, cioè quell’insieme di comportamenti che il singolo calciatore adotta per rendere efficace il suo gioco e la sua prestazione tecnica.

Quando invece parliamo di “marcatura a uomo” o “a zona”, facciamo riferimento alla sfera della tattica collettiva, cioè l’insieme coordinato dei movimenti e dei comportamenti di un gruppo di calciatori.

E forse sarebbe più opportuno distinguere tra sistemi difensivi basati prioritariamente sul controllo dello spazio - zona - e sistemi difensivi basati sul controllo degli avversari - uomo - eliminando alla base, cioè, una possibile confusione con la questione tecnica delle marcature individuali.

Controllo gli avversari o lo spazio

Agli albori del calcio il sistema utilizzato per controllare il gioco avversario era una rudimentale zona: l’inventore del sistema di controllo a uomo viene storicamente individuato in Herbert Chapman, allenatore dell’Arsenal dal 1925 al 1934 e ideatore del WM. Il sistema a uomo dominò quasi integralmente la scena fino agli inizi degli anni ‘60, quando apparvero i primi esperimenti di difesa maggiormente orientata sul controllo dello spazio. Da allora le due filosofie hanno convissuto con alterne fortune e, soprattutto, infinite ibridazioni.

A uno dei due estremi, il sistema a uomo prevede il controllo tramite marcature individuali dei giocatori avversari. In un sistema così concepito la posizione di ogni calciatore è determinata in prima istanza da quella dell’avversario da marcare. Ma a un livello di interpretazione più fine la posizione rispetto all’avversario è influenzata dalla posizione del pallone e poi, in ordine di priorità, da quella dei propri compagni di squadra. Storicamente, il problema della copertura dei compagni, fu risolto con l’introduzione del libero, con il compito di controllare lo spazio in zona arretrata.

Uno degli ultimi esempi di sistema difensivo quasi integralmente a uomo: l’Athletic Bilbao di Marcelo Bielsa affronta il Barcellona e marca a uomo tutti i giocatori blaugrana. Si noti pure il libero disposto come ultimo uomo.

All'altro estremo, i sistemi difensivi più puramente a zona puntano a negare alla manovra offensiva avversaria gli spazi necessari al proprio sviluppo, disponendosi in maniera razionale in una struttura il più possibile compatta, in maniera da ridurre i vuoti in cui in cui il gioco avversario può evolversi.

È facilmente intuibile come, in un sistema così ideato, il movimento di tutti i componenti della squadra debba essere coordinato nello spazio e nel tempo. La posizione dei singoli calciatori è determinata principalmente dalla posizione del pallone e, sempre in seconda istanza, da quella dei compagni. Il tutto è programmato in anticipo: posizioni e distanze reciproche sono codificate a tavolino in funzione delle varie situazioni in campo, avendo come stella polare la posizione del pallone.

Esempio: la disposizione a zona del 4-3-1-2 della Sampdoria di Marco Giampaolo contro l’Inter.

Vantaggi e svantaggi

Il sistema “a uomo”, esaltando i duelli individuali, può facilmente generare una difesa aggressiva e di grande pressione fisica sugli avversari. Di contro, dipendendo dai movimenti degli avversari, la sua struttura può diventare disordinata con conseguenti problemi nel controllo dello spazio. Oltretutto, in assenza di un sistema di copertura codificata, quando un uomo viene superato (da un dribbling, da un triangolo in velocità) il portatore di palla ha spazio e tempo a disposizione per la propria giocata e può causare un effetto domino sul resto delle marcature, costringendo altri difensori ad abbandonare il loro compito individuale.

Va aggiunto anche che dopo il recupero del pallone la disposizione della squadra non è sempre quella ideale per far ripartire un’azione offensiva: il relativo controllo degli spazi rende inoltre difficile la gestione degli inserimenti da dietro degli avversari e, quindi, il recupero del pallone è affidato principalmente a tackle e anticipi.

Ancora Athletic Bilbao – Barcellona del 2011. 35 secondi di marcatura a uomo feroce della squadra di Bielsa.

I sistemi a zona hanno il vantaggio di “dipendere” molto meno dal comportamento degli avversari: è più semplice riuscire a mantenere definita la struttura posizionale della squadra, con evidenti vantaggi nella fase di transizione positiva che si può avvalere di riferimenti costanti e predeterminati.

La quantità di campo che si sceglie di coprire, orizzontalmente e verticalmente, dipende dalla volontà della squadra. Si può scegliere di rimanere molto stretti in larghezza, lasciando maggiore spazio sul lato debole e si può scegliere l’altezza a cui porre la propria linea difensiva, rendendo problematica in vari modi la ricerca della profondità alla squadra avversaria.

La quantità e la qualità degli spazi lasciati che si decide di lasciare scoperti (lato debole, spalle della propria linea difensiva) è in conflitto con la necessità di ridurre al massimo i corridoi liberi tra le proprie linee (più i giocatori sono vicini, più gli spazi esterni alla struttura compatta della squadra saranno ampi) e proprio il controllo degli spazi interni/esterni al proprio schieramento può essere uno dei problemi dei sistemi difensivi a zona.

Per quanto riguarda invece il recupero del pallone, avviene principalmente tramite intercetto dei passaggi avversari.

Il Napoli di Benitez schiera il suo 4-4-1-1 a zona e lascia molto spazio sul alto debole alla Juventus, che nel corso della partita ne approfitterà più volte.

In pratica

Tra i due estremi teorici esiste un grande varietà di soluzioni intermedie che mixano a dosi variabili ingredienti dei due sistemi. Già l’invenzione del libero introduce nei sistemi a uomo un concetto di controllo dello spazio tipico dei sistemi a zona.

Nella variazione più semplice e molto diffusa del gioco a zona, sono presenti “aggiustamenti” della posizione che ogni giocatore assumerebbe in funzione della posizione della palla, dipendenti dalla posizione degli avversari e dei compagni. Un esempio pratico è l’avvicinamento di un determinato giocatore a un avversario quando vicino al pallone (fino a una vera e propria “uscita sul pallone” quando l’avversario entra in possesso).

Una variante ancora più spostata verso l’attenzione per gli avversari prevede quella che può essere definita una “marcatura a uomo nella zona”, in cui ogni giocatore ha una posizione fissa all’interno dello schieramento della propria squadra e, all’interno della propria zona, effettua un controllo stretto dell’avversario che entra, anche temporaneamente, nel proprio spazio di competenza.

I centrali dello Sporting Gijon seguono i diretti avversari per poi tornare nella propria zona di competenza. In una “zona pura” i due difensori sarebbero rimasti in posizione

Ancora, la struttura posizionale della propria squadra può essere variata in fase difensiva adattandola a quella offensiva della squadra avversaria. Ad esempio, una squadra che adotta il 4-4-2 con le punte in orizzontale in fase offensiva, può, affrontando una squadra che gioca con il 4-3-3, disporre le due punte in verticale in fase di non possesso, per avere un miglior controllo spaziale ed individuale del mediano avversario.

La Juventus “ruota” il proprio centrocampo in fase difensiva per adattarlo a quello del Sassuolo: Pjanic si alza sul mediano e Khedira e Lemina giocano nella zona delle mezzali. Chiellini si allontana abbondantemente dalla propria linea difensiva per contrastare l’attaccante della propria zona di competenza

Partendo invece dai sistemi a uomo, il fatto che la distanza dall’uomo da controllare aumenti sul lato debole e in base alla lontananza dal pallone, introduce principi dei sistemi basati sulla gestione dello spazio. Inoltre già quando dominavano i sistemi a uomo, era particolarmente diffuso il “cambio” della marcatura che avveniva “consegnando” il proprio avversario ad un compagno, cercando così di preservare la struttura della squadra. Ma fin dall’inizio c’erano anche sistemi misti in cui a essere marcati individualmente erano solamente taluni giocatori della squadra avversaria (gli attaccanti, o i giocatori più pericolosi offensivamente).

Situazioni speciali

Meritano un trattamento a parte quelle situazioni particolari tipo la difesa su calci d’angolo e calci piazzati da posizione laterale, presumibilmente destinati a essere calciati direttamente verso la propria area di rigore.

Nei calci d’angolo le squadre si dividono tra quelle che operano puramente a zona e quelle che adottano un sistema misto. Le prime controllano lo spazio ritenuto pericoloso, cioè quello approssimativamente disegnato dalla proiezione dei pali della porta sull’area di rigore, disponendo in maniera prefissata le posizione dei propri calciatori; le seconde invece marcano a uomo i saltatori avversari e schierano uno o più uomini a zona a difendere particolari spazi (tipicamente il primo palo, ma non solo).

Il Napoli ad esempio, difende a zona sui calci d’angolo:

Mentre il Siviglia di Sampaoli schiera 5 giocatori a uomo e 5 a zona:

Sulle punizioni laterali, invece, è di fondamentale importanza la posizione del pallone: più si è vicini alla linea di fondo, più la situazione è simile a quella di un calcio d’angolo; ma muovendosi verso la linea di centrocampo diventa sempre più importante ridurre gli spazi utili ai saltatori avversari tenendo alta la propria difesa. Per questo, in questi casi, prevale la difesa a zona, che consente di mantenere compatti e sincroni i movimenti della linea difensiva senza doversi troppo preoccupare degli avversari.

Un’altra situazione degna di attenta considerazione è la difesa sui cross, che anche alcuni tra gli allenatori che prediligono la zona interpretano marcando a uomo i possibili ricevitori del cross dentro l’area di rigore; mentre altri allenatori, rimanendo fedeli all’impostazione generale, predispongono posizioni fisse da adottare in funzione della posizione della palla.

Questi ultimi sostengono che è la palla che deve andare in rete per subire un gol e non gli avversari, e che per questo debba essere controllato il pallone (e di conseguenza lo spazio). I primi ribattono che se non c’è nessuno che colpisce la palla, questa non può entrare in rete, pertanto controllano gli attaccanti al fine di evitare che colpiscano il pallone.

Il Siviglia difende a uomo su palla laterale nei pressi della propria area

Lo stato dell’arte

I sistemi basati esclusivamente sul controllo degli avversari non esistono quasi più. Troppo evidenti i vantaggi di un controllo dello spazio e la possibilità, dopo il recupero del pallone, di avere una struttura posizionale definita per codificare la fase di transizione offensiva.

Tuttavia, all’interno dell’universo dei sistemi a zona è sempre più diffusa l’attenzione per la posizione degli avversari al fine di togliere spazi e tempi al gioco avversario, con progressivo abbandono di quella che era definibile come zona pura. Sempre più spesso, partendo da una struttura posizionale definita, le squadre adattano la propria struttura in fase difensiva a quella degli avversari per ridurre le distanze e operare una pressione maggiormente aggressiva e orientata sull’uomo. Anche le modalità di pressing contemporanee sono sempre più orientate all’uomo e non alle linee di passaggio.

Oggi la ricetta vincente, o quanto meno quella più utilizzata, sembra essere una miscela tra i due sistemi difensivi che si sono storicamente sviluppati da basi di partenza separate. Nel calcio le idee sono sempre anche strumenti, lo scopo resta sempre quello di realizzare più reti e subirne il meno possibile.

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