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La convivenza tra Doncic e Porzingis può solo migliorare
22 nov 2019
Che futuro bisogna attendersi dalla coppia dei Dallas Mavericks.
(articolo)
13 min
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Con 32 secondi sul cronometro della partita e 13 su quello dell’azione, Luka Doncic ha ovviamente il pallone in mano. Dallas si è fatta rimontare 18 punti di vantaggio dai San Antonio Spurs, ma è ancora avanti di due lunghezze e ha quindi la possibilità di mettere due possessi di distanza tra le squadre e chiudere di fatto la partita.

Seth Curry gli passa davanti per togliergli di torno Patty Mills e forzare il cambio col più malleabile Bryn Forbes, mettendosi accanto allo sloveno in posizione di ala, nel remoto caso in cui abbia bisogno di passargli il pallone. Tutto il palazzetto di Dallas sa che Doncic prenderà quella tripla dal palleggio, così come lo sanno i compagni, gli avversari e chi sta guardando la partita in tv. È uno di quei rari momenti durante una partita di basket in cui tutti hanno la consapevolezza di quello che succederà da lì a breve: Doncic prenderà un palleggio più veloce con la mano destra per darsi lo slancio e, andando leggermente all’indietro, troverà lo spazio per tirare; e la palla effettuerà un’alta parabola prima di entrare nel canestro toccando solo la retina e facendo esplodere il palazzetto. È tutto già scritto, è tutto già pronto.

Nella realtà questo scenario idilliaco non si compie del tutto perché la palla non tocca solo la retina, ma sfiora la parte interna del secondo ferro nella sua parabola verso i tre punti: tutto il resto però è andato come doveva. Il pubblico dell’American Airlines Center è in piedi mentre Doncic torna verso la sua metà campo battendosi ripetutamente la mano sul petto all’altezza del cuore, a rimarcare l’ennesima prodezza di questo suo incredibile inizio di stagione.

Luka Doncic è un giocatore che a 20 anni sta giocando da candidato al titolo di MVP, o - se non vogliamo affrettare i tempi - come uno dei migliori 10 giocatori della lega. Una situazione che ha pochi precedenti, specialmente se si prende in considerazione l’età. Certo, Doncic è arrivato in NBA con alle spalle due stagioni da stella del Real Madrid, un bagaglio di esperienza che nessuno dei suoi coetanei forse ha mai avuto e che lo favorisce non solo dal punto di vista tecnico. Il dato però rimane, lo stupore anche: ormai quasi ogni sera Doncic batterà un nuovo record di precocità (l’ultimo l’ha visto diventare il più giovane a registrare due triple doppie da almeno 35 punti in fila).

Rick and Kristaps

Non serve neanche elencare tutti gli assurdi dati statistici di questo suo inizio di stagione, tra base e avanzati: non sarebbero comunque in grado di rendere giustizia alla sensazione di luna di miele che il mondo della NBA sta vivendo con il suo nuovo ragazzo d’oro. Ha detto recentemente il suo allenatore Rick Carlisle: «Siamo praticamente arrivati al punto di aspettarci da lui qualcosa di nuovo a cadenza giornaliera o almeno settimanale». Il compagno di squadra Kristaps Porzingis - che nell’occasione del tiro decisivo con gli Spurs è rimasto sullo sfondo dell’azione - ha riassunto quello che all’interno dei Mavericks pensano tutti: «In questo momento Luka sta giocando come un giocatore che può vincere l’MVP. Sta facendo le sue cose: penetrazioni, prende falli, gioca per la squadra e sta anche tirando bene. Sta facendo di tutto e sono felice di poter essere insieme a lui in questo momento».

E proprio loro due, Carlisle e Porzingis, sono i due attori non protagonisti più interessanti dell’ascesa di Doncic. Il primo è l’allenatore che ne sta liberando tutta la creatività (anche mordendosi la lingua quando le cose non vanno come vorrebbe), il secondo è designato ad accompagnarlo, nell’idea dei Mavericks, nei prossimi anni. Perché Luka - con la sua capacità di mettere in apprensione tutta la difesa non appena supera la metà campo - ha bisogno di avere attorno compagni che possono dargli diverse opzioni offensive, da chi taglia verso il canestro a chi staziona fuori sugli angoli, così che partendo dal blocco sul suo marcatore diretto possa scegliere che tipo di azione eseguire.

Davanti ad azioni del genere, nella testa dei tifosi di Dallas è impossibile non immaginare di avere nel futuro prossimo una riedizione in chiave moderna di quel Nash-to-Nowitzki che ormai quasi vent’anni fa aveva reso Dallas una contender.

Luka Doncic ormai non può più essere ignorato: è già diventato il giocatore franchigia su cui costruire il ciclo post Nowitzki, arrivando a quello status prima del previsto e con una superiorità che pochi avrebbero immaginato. Ma quello che veramente potrebbe rendere Dallas una possibile contender prima del previsto sarebbe il ritorno di Porzingis alla sua forma ideale e, soprattutto, il raggiungimento di una completa integrazione dei due.

Per quel che può valere al momento, quando entrambi sono in campo il differenziale su 100 possessi è solo di +1.7 (era negativo prima del massacro perpetrato ai danni dei Golden State Warriors), cosa che mostra come mettere insieme la coppia del futuro non sia facile come metterli insieme in un videogioco (il Net Rating è ancora migliore senza Porzingis: +16.6 su 100 possessi). E coach Carlisle lo sa, come ammette lui stesso in una intervista nel podcast di Zach Lowe in cui spesso ha citato le statistiche avanzate della sua squadra: quello che stiamo vedendo finora nella dinamica tra i due è ancora in una situazione da lavori in corso. Dallas sta provando a bilanciare le azioni di pick and roll tra i due con quelle in cui sono lontani, e vedendo le partite di Dallas si capisce come lo stia facendo tenendo conto un po’ del tipo di avversario e un po’ da come si sente Porzingis quel giorno.

Perché se in questo momento Doncic è evidentemente uno schiacciasassi, Porzingis è ancora in una fase di reintegro nelle dinamiche NBA. Non bisogna dimenticare che l’ultima partita giocata prima di questa stagione risale a febbraio del 2018 con la maglia dei New York Knicks.

La questione del feeling per il gioco di Porzingis

Carlisle ha iniziato la stagione utilizzando Porzingis in scaglioni da 6 minuti ciascuno, così da acclimatarlo gradualmente mentre ricostruisce il suo ritmo partita e soprattutto la fiducia nei propri mezzi. Perché un conto sono i contatti e i movimenti in allenamento, anche quello 5 contro 5, e un conto sono quelli di una partita NBA. Anche se parliamo dell’inizio di regular season, il livello di fisicità e reattività che viene richiesto al suo fisico nel pitturato non può essere simulato in alcun modo. Insomma, quello che manca a Porzingis in questo momento più di tutto è quello che potremmo definire come “ritmo partita”, e ad ammetterlo è stato lui stesso a Sports Illustrated: «Ho giocato un sacco di partitelle in estate, provando a trovare il mio ritmo e tutti quei piccoli dettagli del gioco: dove arriverà il contatto, le sensazioni, le decisioni da prendere e la velocità di esecuzione. Ma tutto è diverso in una partita NBA: questa è una cosa a cui devo ancora riabituarmi».

Porzingis non ha mai avuto un feeling per il gioco innato, alla Doncic insomma. Non tutto gli viene così fluido e naturale come ad altri giocatori ma in questo momento è totalmente fuori fase. Per ritrovarlo deve essere messo in situazioni nelle quali gli istinti contano tanto quanto le letture: anche al massimo della forma, Porzingis basava il suo gioco sulla capacità di lettura e su quella di reazione per imporre la sua stazza sull’avversario di turno. Quando arriva a canestro in corsa da lontano, ad esempio, è micidiale perché ha il tempo di capire cosa fare per sfruttare al meglio i propri centimetri. Averlo in situazioni in cui l’altezza non è un vantaggio, al momento, lo porta ad essere un problema per Dallas. Come visto ad esempio nell’attesissimo ritorno a New York, in cui un giocatore di grande fisicità come Julius Randle lo ha umiliato in un’azione di uno-contro-uno.

La situazione è quella classica in cui uno con la struttura fisica di Porzingis patirà sempre quella di uno come Randle, ma dal modo in cui posiziona il corpo e da come va giù al primo contatto si percepisce che non era pronto prima di tutto mentalmente - e ogni tanto questo si vede anche in attacco. Per questo Carlisle sta lavorando per inserire Porzingis cercando prima di tutto di sfruttare la gravità che Doncic ha sulle difese avversarie.

Perché avere Porzingis lontano da Doncic

Il modo con cui attacca frontalmente Doncic richiama tutte le attenzioni della difese, che devono evitare che vada dritto in area dopo aver superato dal palleggio l’avversario. Carlisle vuole soprattutto che Porzingis, anche se inizialmente parte vicino a Luka, si sposti fuori dall’area per creare una linea di passaggio per lo sloveno nel caso in cui non possa portare il blocco. Questo serve per permettergli comunque di sfruttare il suo tiro in catch and shoot, da sempre il tipo di conclusione preferito perché prevede meno contatto ed è virtualmente non stoppabile vista l’altezza da cui parte.

Esattamente come a New York prima dell’infortunio, anche a Dallas prova 8 conclusioni di questo tipo a partita, praticamente la metà dei suoi tentativi. Al momento, di questi 8 tiri 6 sono oltre la linea da tre punti, ben più dei 4 a partita che si prendeva in maglia Knicks. Il motivo per cui gli viene chiesto di tirare tanto si spiega da solo: basta guardare quest’azione proprio contro la sua ex squadra e pensare a come possa essere difendibile con Porzingis che tira con il 46.4% in catch and shoot da 3 con il marcatore a distanza di sicurezza.

Doncic è un giocatore in grado di trovare i tiratori in angolo come pochissimi altri nella NBA, con una visione periferica che lo porta a sapere dove si trovano tutti i compagni in ogni singolo momento dell’azione, spesso con qualche secondo di anticipo rispetto agli altri nove giocatori in campo. Mettere Porzingis sul lato debole rende difficilissimo per il suo marcatore essere anche in area per contenere la penetrazione a canestro di un ottimo rollante come ad esempio Dwight Powell.

L’idea di avere Porzingis lontano da Doncic serve ad entrambi: al lettone perché può ricevere con spazio per mettere in moto la sua indifendibile meccanica di tiro, allo sloveno perché ha un bersaglio alto quanto un palo della luce da poter trovare. Porzingis sarà anche magrissimo, ma non bisogna dimenticare che è un giocatore che può fare ombra praticamente a chiunque in campo e il fatto che sia in grado di muoversi così facilmente fuori dalla linea da tre lo può mettere in situazioni nelle quali, anche senza essere un bloccante diretto, è comunque utile per allargare il campo.

Come detto, anche se messi su lati diversi del campo, Doncic e Porzingis riescono comunque a trovarsi, e questo al momento sembra piacere a Carlisle. Una delle situazioni che il coach sa di poter sfruttare di più - ma che per adesso è ancora poco praticabile - è quella di avere Porzingis a ricevere al ferro un passaggio di Doncic. Può sembrare la cosa più facile del mondo avere il giocatore più alto in campo che va a ricevere quei lob perfettamente calibrati, ma come detto dal punto di vista fisico e psicologico Porzingis al momento sotto canestro ci può arrivare solo in corsa. Almeno un paio di volte a partita lo si vede partire da fuori per andare a rimbalzo d’attacco mentre un compagno sta tirando, così da rimettere il pallone in tap in in caso di errore. Ma quello che cambierebbe veramente le sorti di Dallas è sapere di potersi giocare almeno un paio di volte a quarto azioni come questa contro i Lakers.

Porzingis conclude nella restricted area con il 75%, ma non appena si allontana le percentuali crollano al 27% nel resto dell’area e al 35% dalla media distanza. E i tentativi all’interno del semicerchio sono minori rispetto a tutte le altre zone di campo.

Il valore del pick and roll tra i due

Tuttavia la situazione di gioco che dovrebbe - almeno idealmente - massimizzare il talento di Doncic e Porzingis è il pick and roll, che è anche il modo più diretto con cui Carlisle può avere le due caratteristiche principali di entrambi coinvolte nell’azione. L’ha detto lo stesso allenatore: «Il modo con cui le squadre difendono il pick and roll è cambiato e si è evoluto molto, al punto da essere parecchio distante da quando Dirk, Terry e Kidd giocavano. Ma c’è sempre lo stesso concetto di base: prendi i tuoi giocatori migliori e falli giocare insieme e solitamente qualcosa di buono esce fuori». A questo proposito bisogna dire che Porzingis non è un bloccante di alto livello, soprattutto in questa fase della sua carriera in cui la parte inferiore del suo corpo è particolarmente leggera.

Non ci si può quindi aspettare da lui dei blocchi marmorei; ora come ora è più utile Powell come bloccante e poi tagliante verso il canestro (+20 quando lui e Doncic condividono il campo, con un assurdo 124 di Rating offensivo), o anche lo stesso Maxi Kleber. Non è un caso allora che i minuti di Porzingis vengano sovrapposti proprio a quelli di Powell e Doncic, a spaziare sul perimetro mentre i due occupano il centro del campo. A volte però si vede qualche lampo di ciò che potrebbe succedere in futuro.

Questo è un classico pick and pop che i due dovrebbero provare almeno una volta a quarto. Perché anche se il blocco di Porzingis non è di livello, il modo in cui si gira sul posto e rilascia il pallone lo porta ad essere sempre in vantaggio rispetto al giocatore più piccolo con cui verrà accoppiato dal blocco iniziale. Questo permette a Luka di sfruttare anche la minaccia di infilare il lungo in aiuto che aveva seguito Porzingis fuori dall’area, e quindi per Dallas è la situazione ideale per attaccare squadre come San Antonio che hanno lunghi non particolarmente versatili.

Ma c’è di più: in questa azione contro i Lakers, ad esempio, Porzingis prima blocca per permettere il cambio a Doncic contro un lungo lontano da canestro e poi si butta sotto canestro per andare a rimbalzo d’attacco.

Nell’idea di Carlisle la sua squadra dovrebbe essere in grado di creare superiorità costante attraverso i cambi forzati sugli avversari. Luka di fatto deve poter scegliere contro chi attaccare, in una maniera sinistramente simile al modo in cui LeBron James va a caccia di accoppiamenti favorevoli in giro per il campo. Per questo il pick and roll tra i due potrà diventare un’arma ancora più utile con il crescere della loro intesa, che poi è uno dei motivi che ha spinto Dallas a firmare un accordo al massimo salariale con il lettone.

In questo caso Porzingis sfrutta tutta la sua lunghezza per oscurare la visuale avversaria e lasciare una tripla facile al compagno. Anche questa azione nasce senza un vero e proprio blocco del lettone, ma ha creato comunque in un tiro buono per Doncic.

Per come giocano in questo momento della loro carriera, Luka Doncic e Kristaps Porzingis sono più complementari che simbiotici. Ora come ora, i Dallas Mavericks sono la squadra di Doncic e il compito di Porzingis è trovare le situazioni giuste per rendersi utile al compagno, che a sua volta dovrebbe pensare a coinvolgere un po’ di più il lungo - specie ora che gioca stabilmente da point guard e ha ricevuto da Carlisle la facoltà di chiamare i giochi lui stesso, prendendosene un po’ troppi per se stesso.

Lo sviluppo dell'intesa tra i due segnerà le ambizioni della squadra texana: perché se è vero che avere un giocatore top-10 in squadra è praticamente la ricetta base per poter puntare a vincere un titolo, avere un secondo violino all’altezza è quasi altrettanto indispensabile - e Porzingis ha le caratteristiche giuste per essere un perfetto secondo violino per Doncic in attacco, anche se fino ad ora si è visto solo a sprazzi.

Per fortuna di Dallas non c’è fretta: c’è tanto da lavorare per Carlisle, ma anche tutto il tempo per far crescere la chimica tra i due. Perché Doncic è una superstar e lo sarà ancora per lungo tempo, e la condizione fisica di Porzingis non può fare altro che migliorare.

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