
Le prime giornate del campionato di Serie A 2015/16 hanno regalato sorprese: dall’avvio stentato della Juventus alla Fiorentina capolista, passando per gli ottimi risultati di alcune squadre meno quotate come Chievo, Sassuolo e Atalanta.
Approfittiamo della sosta delle Nazionali per approfondire quello che la storia può suggerirci, analizzando alcuni dati dalle classifiche passate della Serie A a girone unico, prese a questo punto della stagione. Fra le tante comparazioni possibili, abbiamo deciso di prenderne in esame cinque.
È giusto ricordare che i dati delle varie stagioni non sono totalmente omogenei a causa dei diversi format di campionato che si sono susseguiti, con differenze come il numero di squadre iscritte e l’assegnazione di 2 o 3 punti per la vittoria. In breve, il primo campionato di Serie A a girone unico si è svolto nel 1929/30 ed era composto da 18 squadre, nel 1934/35 le partecipanti sono state ridotte a 16, dal 1946/47 sono aumentate a 20 (con l’eccezione del 1947/48 quando, con il ripescaggio della Triestina per meriti patriottici, si disputò l’unico campionato a 21), dal 1952/53 son tornate a 18, dal 1967/68 sono scese a 16 per poi ridiventare 18 nel 1988/89 e infine 20 nel 2004/05. I tre punti per la vittoria sono stati introdotti nella stagione 1994/95.
Ho scelto di mantenere le classifiche reali, anche se è evidente che meno squadre partecipano a un torneo meno partite rimangono da disputare dalla settima giornata alla fine della stagione per rimontare posizioni (o non perderle).
Le rimonte
Quali sono le squadre che hanno vinto lo scudetto e che, dopo sette giornate, avevano il maggior numero di punti di distacco dalla prima in classifica? Oggi la Juventus (l'ultima delle pretendenti alla vittoria finale, in teoria) deve recuperare un distacco di ben 10 punti dalla Fiorentina prima in classifica. L’opinione pubblica è divisa fra chi crede che una rimonta sia ancora possibile e chi invece giudicherebbe già un’impresa agguantare il terzo posto utile per partecipare l’anno prossimo ai preliminari di Champions League.
Al di là dei giudizi personali, la storia dice che un’impresa paragonabile a quella che aspetta ai bianconeri per cucirsi addosso lo scudetto per la quinta volta consecutiva è accaduta solo una volta nella storia della Serie A a girone unico: nella stagione 1970/71, quando a vincere fu l’Inter.
In quel campionato i nerazzurri, allenati da un Heriberto Herrera in rotta con l’intero spogliatoio, nel quale erano presenti gli ultimi reduci della Grande Inter degli anni ’60, partirono con un ruolino di marcia molto simile a quello della Juve di quest’anno: 2 vittorie (a Verona e contro il Torino), 2 pareggi (con Roma e Bologna) e 3 sconfitte (in casa con lo scudettato Cagliari, e in trasferta nel derby con il Milan e a Napoli). Dopo sette giornate l'Inter era ottava in classifica con 6 punti, sette in meno del Napoli capolista e sei in meno dei cugini rossoneri. Con i due punti a vittoria, sette punti equivalevano a tre vittorie e un pareggio di differenza, esattamente come i dieci che è chiamata a rimontare la Juventus oggi.
Dopo cinque giornate (chiuse con 4 punti e con la squadra già eliminata dalla Coppa delle Fiere e dalla Coppa Italia, in cui non riuscì a vincere un gruppo eliminatorio a quattro con tre squadre di Serie B) Heriberto Herrera venne esonerato e al suo posto venne promosso l’allenatore della Primavera, Giovanni Invernizzi, che ebbe un approccio con lo spogliatoio totalmente opposto a quello del profeta del movimiento.
Se il paraguaiano proponeva un calcio molto fisico e di corsa, e non si era fatto scrupoli a mettere ai margini della squadra leggende della Grande Inter come Bedin, Jair e Corso, Invernizzi decise invece di puntare forte sul blocco storico e fare affidamento sulla loro voglia di vincere ancora.
Sull’aereo di ritorno dalla trasferta di Napoli, rinfrancati dall’aver comunque giocato bene contro la capolista nonostante la sconfitta (1-2) i giocatori si convinsero di poter fare il miracolo e stilarono una famosa “tabella scudetto” che dimostrava prima di tutto a loro stessi come l'impresa fosse ancora possibile. Una tabella che sembrava un sogno irrealizzabile, ma che rappresentò la vera svolta della stagione (come disse il capitano Sandro Mazzola anni dopo ricordando l’impresa: «In questo sport se ci credi sei già a metà dell’opera»).
Da quel giorno l’Inter iniziò a macinare punti con incredibile regolarità: cinque vittorie seguite da un pareggio, altre tre vittorie e un pareggio, e così via chiudendo senza più sconfitte (17 vittorie e 6 pareggi nelle ultime ventitré giornate). Questo impressionante ruolino di marcia permise ai nerazzurri di passare in testa già alla 23.esima giornata, grazie a una vittoria in trasferta a Catania, con il Milan contemporaneamente sconfitto a San Siro dal Varese. I reduci della Grande Inter vinsero lo scudetto con 46 punti, seguiti dai 42 del Milan e i 39 del Napoli. A trascinare la squadra Boninsegna, autore di 24 dei 50 gol dei nerazzurri.
Questa rimonta potrebbe, oggi, far sperare i bianconeri, ma vale la pena fare una considerazione aggiuntiva: il recupero dell'Inter è stato in qualche modo favorito da un cammino non eccezionale delle principali rivali. Rapportando i punteggi finali e le medie punti di Inter, Milan e Napoli a un campionato a 20 squadre e con 3 punti per la vittoria, come quello odierno, la classifica finale risulterebbe Inter 82, Milan 72, Napoli 68. Attualmente i campionati si vincono praticamente sempre oltre gli ottanta punti, il cammino dell’Inter potrebbe ispirare la Juventus a effettuare una rincorsa che la porti a totalizzare un numero di punti adeguato per sperare di vincere il campionato, ma per farcela devono anche sperare che non ci siano rivali in grado di tenere il passo.
Altre rimonte eccellenti nel corso degli anni: l’Inter 1962/63 (il primo scudetto di quella che poi diventò la Grande Inter), che dopo sette giornate si era ritrovata a 5 punti dalla capolista Bologna, ma che non perse mai del tutto il treno delle posizioni di vertice e vinse il campionato con 4 punti di vantaggio sulla Juventus e 6 sul Milan; la Juventus 1972/73, con 5 punti di distacco dalla Lazio capolista e 3 dal Milan secondo.
Invece, da quando sono in vigore i tre punti per la vittoria la rimonta più importante è stata quella della Juventus 2001/02, che dopo sette giornate era terza con 5 punti di ritardo sull’Inter e che nelle successive quattro giornate collezionò quattro pareggi consecutivi che la spinsero addirittura al decimo posto con 8 punti di ritardo dal sorprendente Chievo capolista, e 6 dai rivali nerazzurri. Come ricorderanno tutti, la squadra di Lippi coronò la rincorsa all’ultima giornata, superando l’Inter nel famoso “5 maggio” dell’harakiri all’Olimpico di Roma (sconfitta per 4-2 contro la Lazio mentre i bianconeri vinsero 2-0 a Udine).
Va notato che più della metà delle volte (47 su 83) la squadra che occupava la prima posizione in classifica (da sola o a pari merito) dopo sette giornate ha poi vinto lo scudetto, e che da quando il campionato è tornato a venti squadre nessuna con un ritardo di più di 2 punti dalla capolista (sempre dopo sette giornate) è riuscita a vincere il titolo a fine anno—dato comunque influenzato dai domini di Inter e Juventus, che in molte annate hanno visto le squadre più forti andare in fuga già nelle prime giornate.
Specifico, per completezza, che per i campionati “anomali” sottratti alla Juventus per Calciopoli le statistiche tengono conto dei risultati sul campo e non delle successive decisioni della giustizia sportiva che hanno riscritto le classifiche.
Casa dolce casa?
Quali sono le squadre che pur non avendo vinto nessuna delle prime tre partite giocate in casa hanno poi raggiunto buoni piazzamenti finali? Oltre ai dieci punti di distacco dalla prima, un altro dato non favorevole alla Juventus 2015/16 è che la prima vittoria fra le mura amiche è arrivata solo nell’ultima domenica prima della sosta, contro il Bologna (solo 2 punti ottenuti nelle tre partite precedenti, oltretutto contro squadre che non sono rivali dirette nella lotta per lo scudetto: una sconfitta con l’Udinese, pareggi con Chievo e Frosinone).
Nella storia della Serie A solo due squadre sono riuscite a imporsi a fine stagione dopo una partenza senza vittorie nelle prime tre partite casalinghe: la già citata Juventus 1972/73 e il Grande Torino nel primo campionato a girone unico del dopoguerra, nel 1946/47.
I bianconeri, allenati in quella stagione da Vycpálek, nelle prime tre partite in casa ottennero tre pareggi, 1-1 con il Verona, 2-2 con il Milan, 1-1 con la Sampdoria. Non eccezionale nemmeno il cammino in trasferta con una vittoria, 2 pareggi e una sconfitta nelle prime quattro trasferte. Come detto sopra, dopo sette giornate divennero 5 i punti che la Juventus doveva recuperare dalla Lazio capolista, 3 dal Milan.
A differenza dell’Inter 1970/71, la rimonta di quella Juve venne diluita nell’arco di tutto il campionato, tanto che si arrivò alla vigilia dell’ultima giornata con il Milan al comando con 44 punti, seguito da Juventus e Lazio a 43. Pochi giorni prima dell’epilogo il Milan fu impegnato nella finale di Coppa delle Coppe vinta contro il Leeds a Salonicco, ma la richiesta di rinviare l’ultima di campionato non venne accolta dalla Federazione e i rossoneri probabilmente non affrontarono l'ultimo impegno al loro meglio.
Il 20 maggio il programma era il seguente: Verona-Milan, Roma-Juventus e Napoli-Lazio. Tre partite a prima vista difficili per le tre contendenti, ma che in realtà non nascondevano grandi insidie, dato che Verona e Napoli erano già salve e anche la Roma virtualmente, visto che rischiava (come poi è successo) di arrivare a pari punti con la terzultima (ovvero la prima delle retrocesse), ma aveva una differenza reti che la poneva ragionevolmente al riparo da qualsiasi sorpresa. Sul campo, però, tutte le avversarie giocarono le loro partite senza risparmiarsi: il Verona si portò addirittura sul 4-0 contro uno stordito Milan, la Roma passò in vantaggio all’Olimpico e il Napoli mise alle corde la Lazio.
A tre minuti dalla fine la classifica vedeva in testa il Milan, poi Juventus (che nel frattempo aveva pareggiato con Altafini) e poi Lazio, tutte e tre le squadre con 44 punti: una situazione che per le regole dell’epoca avrebbe significato un infuocato spareggio a tre. Fu un tiro dal limite dell’area di Cuccureddu a regalare ai bianconeri il quindicesimo scudetto, mentre il Milan chiuse con una sconfitta 5-3 a Verona (che da quel giorno diventò “Fatal”) e la Lazio subì all’ultimo minuto la rete della sconfitta contro il Napoli, chiudendo al terzo posto. Un finale che non mancò di lasciare strascichi polemici con accuse di “premi a vincere” e quant’altro… ma questa è un’altra storia.
La Juventus di Vycpálek non fu però la prima squadra a riuscire a conquistare il tricolore partendo da tre “non vittorie” casalinghe. Nel 1946/47, il Grande Torino si trovava quinto in classifica dopo sette giornate, a 4 punti dalla capolista Bologna a causa di tre inusuali stop al “Filadelfia” contro la debole Triestina (1-1), la Sampdoria (1-1) e i cugini della Juventus (0-0). La superiorità di quella squadra leggendaria su tutte le altre, però, le permise di superare il momento di difficoltà casalinga in tempi record: anzitutto bilanciando i problemi casalinghi con ottimi risultati in trasferta (3 vittorie nelle prime quattro uscite), portandola poi dopo l'ultimo pareggio nel derby a una striscia di 10 vittorie in 11 partite, con il primo posto in classifica a pari punti con la Juventus già all’undicesima giornata. Alla tredicesima il Grande Torino era già primo in solitaria. Da lì in poi fu una cavalcata trionfale, conclusa con 10 punti di vantaggio sui bianconeri e il terzo titolo consecutivo dopo i successi del 1942/43 e del primo campionato post-guerra del 1945/46.
Da segnalare anche il neopromosso Vicenza di G.B. Fabbri che, nella stagione 1977/78, dopo 3 pareggi e 2 sconfitte nelle prime cinque partite, di cui 2 pareggi e 1 sconfitta in casa, stupì tutti chiudendo al secondo posto a 5 punti dalla Juventus; e anche il Milan 1962/63 (terzo dopo quattro pareggi consecutivi in casa) e dell’Inter 1982/83 (terzo con due punti in tre partite nei primi impegni casalinghi).
Da quando il campionato è a 20 squadre con 3 punti per la vittoria il miglior piazzamento finale di una squadra con pessimo score casalingo iniziale è stato il quinto posto del Milan 2007/08.
La squadra di Ancelotti aveva avuto un inizio davvero incredibile (in negativo), considerando che era campione d’Europa in carica, con 6 pareggi e 2 sconfitte nelle prime otto gare giocate a San Siro e primo successo interno arrivato il 13 gennaio 2008 (5-2 sul Napoli). Nonostante questa media quasi da retrocessione i rossoneri hanno sfiorato la qualificazione in Champions League (all’epoca appannaggio delle prime quattro di Serie A) arrivando ad appena due punti di distacco dalla Fiorentina quarta.
Restare ai blocchi di partenza
Quali sono le squadre che, con la peggior posizione in classifica dopo sette giornate, alla fine hanno vinto il campionato? Abbiamo visto i recuperi più sostanziosi in termini di punti, ma a volte può essere più difficile rimontare qualche punto in meno, ma a un gran numero di squadre, invece che molti punti a poche squadre. Anche perché nel primo caso diventa più improbabile che tutte le squadre che la precedono abbiano un calo che permetta la rimonta.
Per la Juventus di oggi (dodicesima in campionato) sembrerebbe che una minima fiammella di speranza sia ancora accesa: se si pensa che la squadra partita peggio rispetto a un maggior numero di altre squadre è stata la Juventus 1980/81, che alla settima giornata si trovava proprio al dodicesimo posto, a quattro punti dalla Roma capolista e con una sola lunghezza di vantaggio sulla zona retrocessione. Una classifica tutto sommato corta: Roma 10, Bologna, Fiorentina e Inter 9, Perugia, Napoli e Catanzaro 8, Ascoli, Avellino, Cagliari, Torino 7, Juventus 6, Brescia e Como 5, Udinese 4 e Pistoiese 3.
La squadra allenata da Trapattoni (capace di vincere solo in casa con il Como nelle prime sette giornate), sfruttò la classifica corta e una serie di risultati positivi per superare in fretta e senza difficoltà nove delle undici rivali che la sopravanzavano, rimanendo in corsa per lo scudetto con Napoli e Roma e prendendo la testa della classifica dopo 22 giornate (sulle 30 totali). Come quello del 1972/73, l’epilogo del 1980/81 è un altro di quelli rimasti nella storia del calcio, questa volta per il famoso “gol di Turone”.
Con il Napoli che ormai aveva perso terreno, a giocarsi il campionato erano rimaste la Juventus e la Roma. A tre giornate dalla fine andò in scena al Comunale lo scontro diretto con i bianconeri a +1 sui giallorossi. Nelle fasi finali della partita, che terminò 0-0, permettendo così alla Juve di involarsi verso lo scudetto, venne annullato per fuorigioco una rete al romanista Turone che ancora oggi provoca polemiche fra le opposte tifoserie. Ma, anche in questo caso, quello che ci interessa è sottolineare che nella storia del calcio solo questa Juve è riuscita a vincere il campionato partendo da una posizione così bassa in graduatoria dopo sette giornate.
In questa statistica ritroviamo due squadre di cui abbiamo già ampiamente parlato: l’Inter del 1970/71 e la Juventus del 1972/73, entrambe ottave dopo sette partite. Negli ultimi trent’anni, invece, solo in un'occasione ha vinto lo scudetto una squadra che dopo sette giornate non occupava una delle prime tre posizioni in classifica: il primo Milan di Sacchi nel 1987/88, quarto a questo punto del campionato con 4 punti di ritardo dalla prima in classifica.
Illusioni/delusioni
Quali squadre, invece, hanno ottenuto il peggior piazzamento finale dopo essersi trovate in testa a sette giornate dall'inizio? Un’altra situazione inaspettata di questo inizio di campionato è il primo posto della Fiorentina di Paulo Sousa, non troppo accreditata dopo l’addio di Montella e una campagna acquisti che sulla carta non sembrava eccezionale. La squadra gioca bene, ma ci si chiede comunque: durerà?
Un dato confortante per i tifosi viola: negli ultimi trent’anni, per 14 volte la squadra prima in classifica dopo sette giornate (da sola o in compagnia) ha vinto lo scudetto, e per 26 volte (sulle 30 totali) è riuscita a piazzarsi nelle prime tre. La più evidente eccezione è stata la Juventus del 1998/99, partita fortissimo (5 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta), ma poi letteralmente crollata a seguito del grave infortunio subito da Del Piero all’ottava giornata, nella trasferta pareggiata 2-2 a Udine.
Da quel momento è cominciata una spirale negativa che ha portato alle dimissioni di Lippi dopo la sconfitta casalinga 2-4 contro il Parma e un settimo posto finale che valse solamente una qualificazione alla Coppa Intertoto. Le altre tre squadre a mancare il podio negli ultimi trent’anni sono state il Palermo nel 2006/07 e la Lazio nel 2010/11, che hanno chiuso quinte, e la Sampdoria nel 2009/2010, che ha terminato il campionato in quarta posizione.
Andando indietro negli anni si trovano però “passi del gambero” ancor più clamorosi: il Venezia 1939/40 e la Roma 1967/68 riuscirono ad arrivare addirittura al decimo posto, dopo essere state in testa alla settima giornata. I veneti, al debutto in Serie A, stupirono tutti con una partenza sprint: 4 vittorie e 2 pareggi, fra i quali la vittoria interna contro l’Ambrosiana-Inter (poi vincitrice), rimanendo in testa fino all’ottava giornata, quando persero il comando a Firenze contro la Fiorentina (3-1), perdendo poi anche in casa contro il Genova (2-6). Il fieno messo in cascina in avvio fu molto utile al Venezia per salvarsi, dato che il resto del campionato fu meno esaltante e la squadra concluse con soli 3 punti di vantaggio sulla migliore delle retrocesse (Liguria) e a 17 lunghezze di distacco dai campioni d’Italia.
Non molto diversa la storia della Roma 1967/68. I giallorossi allenati da Oronzo Pugliese rimasero imbattuti nelle prime sette giornate, conquistando quattro vittorie, delle quali tre contro squadre di alto livello: 2-1 in casa contro Napoli e Fiorentina e vittoria 1-0 sul campo della Juventus (a fine stagione i partenopei chiusero secondi dietro al Milan, i bianconeri terzi e i viola quarti). Il calcio troppo offensivo e poco attento alla difesa di Pugliese, però, smise di funzionare presto e da lì in poi il campionato fu un vero calvario: solo 3 vittorie nelle successive 23 partite, delle quali due consecutive a metà del girone di ritorno contro Varese e Cagliari. A completare il quadro 10 pareggi e 10 sconfitte che portarono la Roma nella seconda parte della classifica. Anche in questo caso la “scorta” di punti fatta in avvio si rivelò molto utile per tenere a cinque punti di distanza le due migliori retrocesse, SPAL e Brescia.
Fughe incompiute
Chiudiamo con la domanda: quali squadre, tra quelle che alla fine sarebbero retrocesse (senza ovviamente considerare le decisioni della giustizia sportiva, ma limitandoci ai risultati sul campo), in passato ha occupato la miglior posizione? Una domanda che può essere utile per capire se, statisticamente, le buone prestazioni di Chievo, Sassuolo e Atalanta possono far pensare che per queste tre squadre la salvezza sia ormai una formalità.
Nell’era dei due punti, peggio di tutti ha fatto il Napoli 1960/61, che con 10 punti in classifica si trovava a una sola lunghezza di ritardo dalla capolista Roma e con ben 6 punti (un abisso con i 2 punti per la vittoria) di vantaggio su Vicenza e Udinese, che si ritrovavano a cavallo della zona retrocessione. Con 4 vittorie, 2 pareggi e una sola sconfitta nelle prime sette giornate il Napoli sembrava aver davanti un campionato tranquillo, ma fu vittima di un clamoroso black out prolungato.
A nulla servì affiancare Cesarini come direttore tecnico all’allenatore Amadei, e poi a due partite dalla fine dare la panchina a Sallustro: i partenopei conquistarono solo 15 punti nelle restanti ventisette partite, chiudendo il campionato a 4 punti di distanza dalla zona salvezza, al diciassettesimo posto. Molto simile la storia della Sampdoria 1965/66, terza in classifica con 6 punti di vantaggio sulla zona retrocessione alla settima, ma retrocessa per un punto a fine stagione.
Nell’era dei 3 punti a vittoria, il più grosso crollo culminato con la retrocessione è toccato al Perugia 1996/97, partito con 12 punti (4 vittorie e 3 sconfitte), ma fermatosi di botto già nelle giornate successive (5 punti in 9 giornate e risucchiato in zona retrocessione già alla sedicesima giornata). Successivamente, la squadra ha provato a reagire e ha lottato fino all’ultimo per la salvezza, ma ha dovuto soccombere alla dura legge della classifica avulsa: retrocessione a 37 punti per i peggiori risultati ottenuti contro le rivali Piacenza e Cagliari. Caduta libera dopo un bell’inizio anche per il Foggia 1994/95, al primo anno post-Zeman, che con Catuzzi in panchina era salito fino alla quinta posizione con 6 punti di vantaggio sulla zona salvezza dopo sette giornate, prima di chiudere addirittura 6 punti sotto i 40 necessari per salvarsi in quella stagione.
Ma anche negli ultimi undici anni, con la Serie A a venti squadre, ci sono stati due “gamberi” di cui parlare. Come punti persi rispetto a una buona partenza, la peggiore squadra è stata il Livorno 2013/14, dodicesimo con 8 punti dopo sette partite e ben 5 di vantaggio sulla zona retrocessione, prima di precipitare all’ultimo posto già alla fine del girone d’andata e chiudere ventesimo a 25 punti (-9 dalla salvezza). In termini di posizioni perdute, invece, nessuno ha fatto peggio della Sampdoria 2010/11, settima con 3 punti di vantaggio sulla zona retrocessione dopo sette partite, ma autrice di un girone di ritorno da dimenticare, dopo le partenze di Cassano e Pazzini, concluso con una retrocessione impensabile a inizio stagione (quando i blucerchiati avevano addirittura giocato i preliminari di Champions League) con ben 5 punti di ritardo dalla zona salvezza.
Nella storia, quindi, nessuno è mai retrocesso avendo più di 7 punti di vantaggio sulla zona salvezza a questo punto del campionato: Chievo e Sassuolo ora ne hanno 8 e dovrebbero compiere una vera e propria impresa al contrario per finire in Serie B. Occhio però che rapportandole al regolamento che prevede tre punti per la vittoria le “contro-imprese” di Napoli e Sampdoria si potrebbero leggere come una perdita di ben 9 punti rispetto ai regolamenti attuali. Forse è meglio, al di là della statistica, pensare che finché la matematica non esprime i suoi verdetti definitivi tutto può succedere. Nel bene e nel male, sono trame di questo tipo a tenerci in tensione fino alla fine.