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Dov'è finita la Roma?
03 feb 2015
A una Roma in piena involuzione di gioco non basta il talento dei singoli per superare la crisi. All'Empoli invece, rivelazione tattica del campionato, basterà l'organizzazione per salvarsi?
(articolo)
16 min
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La Serie A di quest'anno sembra caratterizzata dal prepotente ritorno del mediocre. In un contesto che rischia di relegarci in pochi anni al rango dei campionati minori del nord Europa, qualche piccola pietra preziosa si trova ancora, a controllare bene il setaccio. L’Empoli, con tutti i suoi limiti, è una di queste: una delle migliori organizzazioni di gioco della Serie A, con un’intensità notevole e uno studio tattico maniacale nel preparare la partita.

Il contesto mediocre è quello di una lotta scudetto che sembra potersi archiviare con largo anticipo non per il ritmo impressionante della capolista, bensì per i demeriti di chi insegue. In teoria il distacco di 7 punti tra Juventus e Roma è ancora ampiamente recuperabile, anche se l’anno scorso, a questo punto della stagione, il divario era leggermente inferiore (6 punti). La Roma, inoltre, aveva il vantaggio di non giocare le coppe e non era stata colpita da una serie impressionante di infortuni muscolari e traumatici come quest'anno. In ogni caso, anche con le migliori condizioni possibili, la Roma di quest'anno non merita lo Scudetto per come sta giocando, e forse neanche il secondo posto.

Non è facile capire la profondità e la durata della crisi involutiva della squadra di Garcia. Non è una questione di poche settimane: considerate tutte le competizioni e solo i 90 minuti (niente tempi supplementari), nelle ultime 10 partite la Roma ha raccolto 7 pareggi, 2 vittorie e una sconfitta. Tutte partite, ad eccezione della vittoria contro il Genoa, caratterizzate da una scarsa qualità del gioco, e in questo senso le responsabilità sono di Garcia. Probabilmente l’ultima partita di grande livello giocata dalla Roma è quella del 5 ottobre 2014 allo Juventus Stadium.

Sono passati più di 3 mesi in cui inizialmente si è detto che la Roma era diventata cinica, anziché evidenziare il fatto che non trovava soluzioni di gioco e si affidava interamente alle capacità salvifiche delle individualità. Ma non si può sempre aspettare che arrivi un deus ex machina a risolvere la trama: Roma-Empoli di sabato sera ha messo a nudo in maniera definitiva una serie di problemi strutturali che non si risolveranno con nuovi acquisti (più o meno di talento: forse la piazza romanista dovrebbe concentrarsi più sui problemi di fondo anziché su degli acquisti che non risolverebbero in nessun caso la situazione).

La discesa agli inferi della Roma

Forse è necessaria una breve sintesi del periodo Garcia. Arrivato in una squadra disastrata e col morale a terra, il tecnico francese motiva giocatori e ambiente, organizza la squadra secondo un solido 4-3-3 basato su ripartenze velocissime degli esterni d’attacco (tipo i 9 secondi box-to-box per il gol di Florenzi contro l’Inter). Costruisce una difesa quasi impenetrabile, con una coppia centrale molto aggressiva e abile negli anticipi, oltre che perfetta nell’impostare dal basso. Arrivano le celebri 10 vittorie consecutive, poi gli avversari capiscono come affrontare la Roma, che dopo una serie di pareggi si sblocca grazie al rientro di Destro da un grave infortunio. I giallorossi cambiano impostazione tattica, spesso convivono Destro e Totti ma la facilità con cui trova la porta è sempre la stessa.

Inizia la nuova stagione e la Roma sembra volersi evolvere dal gioco di posizione della stagione precedente a una maggiore verticalità. Non c’è ancora l’armonia del tutto, manca ad esempio un pressing organizzato sulla trequarti avversaria, ma la strada è quella giusta. Poi la fase di stallo: il gioco di posizione diventa uno sterile possesso palla, le occasioni da gol diminuiscono drasticamente, la Roma sembra perdere la propria identità e quella fluidità di gioco che l'aveva caratterizzata.

Contro l’Empoli, tutte queste difficoltà si sono evidenziate nella loro interezza. Era già successo nella partita d’andata, quando però i giallorossi erano ancora in grande forma e crearono anche numerose occasioni da gol.

La squadra di Garcia sembra soffrire particolarmente le squadre ad alta intensità, che praticano un gioco collettivo ben organizzato e in cui tutti i giocatori sanno cosa fare: oltre ai toscani, anche contro il Sassuolo la Roma è sembrata andare in tilt (e potremmo aggiungere anche Napoli e Bayern Monaco, ovviamente, ma siamo su un altro livello).

Garcia vs Sarri

Nei due episodi precedenti della saga tra Roma ed Empoli, la prima volta Garcia l’aveva vinta attaccando molto sulla destra, con Maicon che dava ampiezza; nella seconda partita, quella di Coppa Italia, l’allenatore francese aveva provato un intelligente rombo di centrocampo a disturbare quello di Sarri, senza però riuscire a chiudere i giochi. In questa terza occasione, la Roma scende in campo con un classico 4-3-3, con Keita centrale di centrocampo appena di ritorno dalla Coppa d’Africa, e in avanti Totti “fantasia errante” libero di muoversi, con Iturbe e Ljajic sugli esterni.

Sarri ripropone il suo ottimo 4-3-1-2, con Saponara vertice alto del rombo e Valdifiori regista basso lucidissimo. In difesa manca Tonelli, il capocannoniere della squadra con 4 gol, e questo è già un indizio di quale sia il vero problema degli azzurri.

Su rimessa del portiere giallorosso si vedono bene tutti gli equilibri dell’Empoli: la difesa è altissima e compatta, il rombo permette di mantenere i reparti ben collegati, con i due attaccanti abbastanza lontani tra loro per spaziare sulle fasce.

La partita è iniziata con una specie di kick-off dell’Empoli in stile football americano: dal centrocampo la palla è andata verso la difesa fino ad arrivare a Rugani, che la ferma semplicemente per Barba, che è più arretrato e prende la rincorsa per lanciare verso la fascia destra. Dove nel frattempo si sono fiondati due giocatori empolesi, con altri 4 ad attaccare la profondità. Lo studio continuo dei calci da fermo di Sarri è ormai noto, anche per piccole cose come questa l’Empoli è una speranza del nostro calcio.

Molti degli accorgimenti di Sarri sono presi per accorciare il campo: la difesa è a centrocampo su ogni rinvio del portiere per rientrare presto in possesso del pallone. La linea difensiva resta alta anche se non è particolarmente veloce, compensa leggendo sempre benissimo i movimenti avversari, e muovendosi in perfetta sincronia. L’Empoli fa densità a centrocampo, grazie al rombo che assicura sempre più opzioni di passaggio e permette una circolazione del pallone orientata alla profondità. I due attaccanti, Maccarone e Pucciarelli, si muovono in continuazione, spesso verso gli esterni, per servire poi l’inserimento di un centrocampista (Saponara/Verdi/Zielinski).

La Roma senza De Rossi sembra subito soffrire gli inserimenti da dietro, con i due centrali costretti ad allargarsi moltissimo e Keita che non ha la stessa capacità del centrocampista romano di assorbire gli inserimenti dei centrocampisti avversari. Lo sfiancante lavoro dei due attaccanti dell'Empoli su tutto il fronte offensivo rischia però di essere un’arma a doppio taglio. Il modo in cui riescono ad attaccare la profondità o, in alternativa, a garantire l'appoggio è ammirevole, ma si apre la questione su chi dovrebbe poi segnare: nei primi 60 minuti l’Empoli ha giocato molto bene ma ha concluso verso la porta in una sola occasione, quella del rigore. Neanche un tiro fuori dallo specchio, nulla. Un gioco sviluppato benissimo, con un fraseggio centrale automatico e quasi musicale per coordinazione, non porta praticamente mai a creare pericoli all’avversario, tanto che l’Indice di Pericolosità Offensiva raggiunge a malapena quota 36.

Non sorprende affatto che l’Empoli sia il secondo peggior attacco del campionato e non può essere solo colpa della qualità dei giocatori: è anche un problema di meccanismi. Meglio qualche gol in più e qualche movimento in meno delle punte, per evitare una retrocessione ingiusta a prescindere dal tifo.

La Roma non sa più attaccare

Il 4-3-3 della Roma sembra spesso modificarsi in un 4-2-3-1, con Totti e Iturbe a scambiarsi la posizione di punta, Pjanic appena dietro per schermare Valdifiori e Ljajic ad alternarsi sulle fasce.

L’Empoli difende molto stretto in zona centrale e lascia sempre spazio sulle corsie laterali: per questo è spesso Totti a ritrovarsi sulla destra, creando così densità con Maicon, anche se senza grande efficacia (ben 14 palle perse dal brasiliano, record della partita).

Il primo dilemma che la Roma incontra durante la partita è quello di impostare il pallone dal basso: come fare contro una squadra molto aggressiva e che pressa in modo organizzato sul primo possesso (sia da rimessa dal fondo che in fase di gioco)? Un problema che la Roma ha già affrontato senza mai risolverlo: in questa situazione il giocatore in possesso non ha linee di passaggio se non quella per De Sanctis, portiere vecchio stampo che non ha grande precisione con i piedi (contro il Sassuolo ha addirittura lanciato addosso a Zaza, permettendogli di segnare un gol comico).

Nella scuola calcistica olandese-catalana, si dice che far uscire in modo pulito il pallone dalla propria difesa costituisce le fondamenta del gioco di squadra. Senza di quello, tutto il resto crolla. Ormai quasi tutte le squadre avversarie provano a disturbare l’impostazione dal basso della Roma, e quasi sempre con successo. Garcia non ha ancora trovato una soluzione tattica, ma va anche detto che ai giallorossi mancano maledettamente Benatia e Castan. Il primo, soprattutto, si faceva sempre trovare pronto in ricezione e con la sua velocità e capacità tecnica non aveva paura di uscire palla al piede da una situazione pericolosa. Manolas è un ottimo difensore centrale, tra i migliori marcatori in Europa, ma non ha quel tipo di qualità.

Contro l’Empoli in campo c’era Keita, il migliore in Serie A per far circolare la palla, ma neppure lui è riuscito a risolvere la questione. Così si creava un vuoto imbarazzante, come se nessuno volesse prendersi la responsabilità di aiutare l’impostazione. Neppure il 4-2-3-1, allineando due centrocampisti nella propria trequarti, è riuscito ad aiutare i giallorossi. La sparizione di Pjanic è un altro dei misteri della Roma: da un giocatore di tale qualità ci si aspetta una personalità che gli permetta di fare la differenza durante tutti i 90 minuti.

Problema n. 1: il pressing sul primo possesso. In questo caso, il centrocampista più vicino è Nainggolan, quasi a metà campo. Dove sono Keita e Pjanic? De Sanctis ha tutte le linee di passaggio coperte e rinvia lungo.

Una volta che il pallone, faticosamente, riesce a passare il primo schermo degli avversari, la Roma deve affrontare un altro problema: quello della staticità dei giocatori in fase offensiva. Se la circolazione della palla non è veloce, infatti, Totti non può fare il classico movimento a svuotare l’area, e diventa facile da anticipare. La Roma vive l’assenza di Gervinho con un diffuso senso di panico: il suo continuo movimento su tutto il fronte d’attacco e la capacità di saltare costantemente l’uomo rimangono la principale arma d’attacco della squadra di Garcia. Ljajic sta giocando una grande stagione, ma anche lui tende a ricevere il pallone da fermo. Anzi, l’ottimo rendimento del serbo si spiega anche con il fatto che la Roma quest’anno punta ancora di più sulle capacità individuali palla al piede per risolvere i problemi.

Dato che non ci sono soluzioni tattiche per creare occasioni da gol, la Roma ha bisogno del maggior numero possibile di creatori di gioco in campo: con Totti, Pjanic e Ljajic si riescono a creare più pericoli per l’avversario. In questo modo, però, si costringono i giocatori a fare qualcosa di difficile in tutte le zone del campo: su 15 dribbling tentati, ben 6 sono nella metà campo difensiva: un dato che conferma la difficoltà della Roma nell’impostazione della manovra.

Iturbe è l’unico con un profilo assimilabile a Gervinho, infatti in questo periodo sembrava venuto fuori anche grazie al nuovo ruolo di punta che può attaccare la profondità. Il brutto infortunio di sabato sera priva la Roma anche di questa risorsa. Non basta neppure Maicon sulla destra, da tempo ormai attaccante aggiunto: fa ancora la differenza, ma non gli si può chiedere lo strapotere fisico di qualche anno fa. Il gol del pareggio arriva proprio da lui, che aspetta il pallone a ridosso dell’area.

Sul gol vanno menzionate le difficoltà dell’Empoli, sempre molto stretto, nel difendere il lato debole: alla Roma basta far circolare il pallone da sinistra a destra neanche troppo velocemente, e Maicon segna da fermo perché era già lì che aspettava. Anche alla base di questa azione, però, c'è una percussione palla al piede di Ljajic, che supera un uomo e poi scarica verso Pjanic.

Problema n. 2: il movimento senza palla. Keita e Pjanic si passano il pallone perché non sanno cosa fare, i compagni di squadra ormai sono tutti fermi. Ci sarebbe una voragine sul lato debole dell’Empoli, ma non se ne accorge nessuno, neppure Holebas. Nel secondo tempo, Maicon sarà più abile a capire questa debolezza empolese.

La Roma difende appena meglio di come attacca

Non solo la Roma ha problemi nella costruzione del gioco, ma li ha anche nella fase difensiva. Da inizio stagione i giallorossi tentano, in alcune fasi della partita, un pressing sul primo possesso avversario che non è un granché: si tratta più che altro di una pressione di singoli giocatori, oppure di un movimento collettivo ma disorganizzato, come contro l’Empoli nella prima mezz'ora di gioco.

In questo modo, la Roma non recupera il pallone sulla trequarti avversaria e si scopre lasciando spazio alle possibili transizioni offensive rapide agli avversari. Anche questo è un problema insoluto: meglio non provarci neppure, oppure provare centinaia di volte il movimento in allenamento fino a quando tutti sanno davvero cosa fare?

Problema n. 3: la pressione casuale della Roma. Questo non è un pressing, è un tentativo che riesce male perché non organizzato. Nainggolan infatti è fuori posizione: Rugani ha una linea di passaggio aperta per Vecino, gli passa il pallone, e l’Empoli in pochi secondi rischia quasi di andare in porta. È il primo minuto della partita, la Roma inizia male.

In fase difensiva la Roma ha anche problemi nei movimenti e nella gestione delle situazioni, quasi tutte le scelte sembrano affidate alla discrezione dei singoli. A volte la Roma si fa colpire a palla scoperta in modo ingenuo: il gol del vantaggio dell’Empoli nasce da un errore tattico evidente. Maccarone si abbassa per ricevere il pallone e attrae Yanga-Mbiwa fuori posizione, a centrocampo; nel frattempo, Manolas sulla destra capisce di dover salire per chiamare il fuorigioco mentre il difensore francese corre verso la porta in evidente asincronia. In tutto ciò, Maicon impiega troppo tempo per leggere la situazione difensiva e mantiene in gioco Saponara sul lancio di Hysaj a scavalcare la difesa.

Un minuto prima c’era stata una situazione analoga: su lancio di Vecino da centrocampo, a palla scoperta, Yanga-Mbiwa si era inspiegabilmente alzato invece di correre verso la porta. Anche in quel caso era poi intervenuto Manolas, riuscendo a risolvere una pericolosa situazione di 2 vs 1.

Si tratta di un errore già visto in altre partite: contro il Sassuolo in casa, un semplice passaggio da centrocampo aveva portato al secondo gol di Zaza, lasciato colpevolmente solo dai due centrali che si erano abbassati per ricevere la rimessa dal fondo di De Sanctis, e il portiere ha anche lanciato dalla parte opposta rispetto a quella dove erano andati Destro e Pjanic per provare a vincere il duello aereo e recuperare la seconda palla.

O ancora, nella partita di andata ad Empoli: su un lancio a scavalcare la linea difensiva, Castan e Manolas non si erano intesi sul movimento da fare ed avevano lasciato in gioco un attaccante empolese. La domanda da rivolgere in questo caso a Garcia è: qual è il movimento che dovrebbero fare i suoi difensori centrali in questo tipo di situazione? I diretti interessati, cioè la linea difensiva, non sembrano saperlo.

In considerazione dei numerosi lanci dell’Empoli a scavalcare la difesa, si pone un’altra questione: quanto tempo dedica la Roma allo studio dell’avversario?

Si preferisce una generale infarinatura, per non sovraccaricare i giocatori con informazioni sui loro movimenti? Ogni allenatore ha la sua visione al riguardo, alcuni insegnano persino le finte dell’ala avversaria, altri preferiscono fornire solo informazioni generali ai giocatori.

Problema n. 4: i movimenti della linea difensiva. È colpa di Maicon, è vero, ma nel frattempo Yanga-Mbiwa stava scappando verso la porta mentre Manolas voleva chiamare il fuorigioco. Notare la generale confusione tattica dei giallorossi, molti fuori posizione, e soprattutto come non vi sia alcuna pressione su Hysaj.

Allenare il cervello

Ci sarebbe anche un aspetto psicologico da analizzare, perché la Roma subisce sempre gol nel primo tempo (12 su 16, con il 25% dei gol subiti addirittura nel primo quarto d’ora) e sembra avere un approccio alla gara molto ingenuo.

È difficile valutare se ci sia anche una questione fisica dietro il calo della Roma, in ogni caso non si può neanche dire che la Roma è in forma fisicamente perché segna nel secondo tempo: non segna perché corre, ma per forza d’inerzia, per l’energia della disperazione, perché i suoi singoli hanno tirato fuori tutta l’energia nervosa possibile. Questo spiegherebbe anche perché i giallorossi recuperano e pareggiano ma non vincono: mentalmente hanno già evitato il peggio.

Contro l’Empoli la Roma ha occupato la metà campo avversaria nella seconda metà di gara senza trovare grandi trame di gioco. L’Indice di Pericolosità Offensiva a fine partita registra un punteggio di 52 per la Roma, a testimonianza che la grande spinta offensiva non trova sbocchi concreti. Nel secondo tempo la Roma si è affidata alle iniziative di Ljajic e alla ritrovata energia di Nainggolan in versione tuttocampista (un giocatore che ha difficoltà a mantenere la posizione e che si esalta quando è più libero di giocare a tutto campo): i dati del belga a fine partita sono impressionanti: 7 passaggi chiave, 3 assist, 2 dribbling riusciti, 14 palloni recuperati e addirittura 14 duelli individuali vinti.

Ma non sono bastati.

Conclusioni

L’Empoli si trova in una situazione difficile: con due soli punti di vantaggio sulla terzultima, contro squadre più abituate a lottare per la salvezza e con un problema evidente di concretizzazione. Sarri non può affidarsi solo ai calci piazzati (compresi i rigori, ben 13 gol sui 19 totali vengono da calcio piazzato) e in qualche modo dovrà aumentare la presenza dei suoi attaccanti in area.

L’arrivo di Saponara potrebbe dare maggiore qualità nell’inserimento dei centrocampisti, ma è difficile salvarsi in Serie A senza i gol degli attaccanti.

La Roma, invece, non può pensare di risolvere i suoi problemi tattici con l’innesto di nuovi giocatori. L’arrivo di Doumbia, un attaccante veloce e forte fisicamente che può adattarsi anche esterno d’attacco e sa partecipare alla manovra, potrebbe aiutare ad avere più dinamismo; l’acquisto di Ibarbo, invece, va nella direzione opposta, con l’ennesimo giocatore a cui piace aspettare la palla sui piedi ma che da solo può creare un pericolo.

Giustamente elogiato per la qualità del calcio che la Roma praticava, è da Garcia che ci si aspetta una vera reazione. Tocca a lui aiutare la squadra a risolvere i problemi: servono nuove soluzioni di gioco in fase offensiva, maggiore organizzazione tattica complessiva, e anche più brillantezza fisica. Ancora non si può dire che il campionato sia archiviato, ma la Roma adesso è in un momento difficile, e farebbe bene a concentrarsi più sulla corsa al secondo posto, con un Napoli ormai a 4 punti, che alla conquista dello scudetto.

Ringraziamo per i dati SICS (che potete anche seguire su Facebook e Twitter)

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