I tempi ristrettissimi che si è data la NBA per la propria off-season — dagli scambi al Draft fino alla free agency nello spazio di una settimana — ha reso inevitabilmente sfocati i contorni delle varie transazioni, che hanno finito per intrecciarsi l’una con l’altra. Per questo è impossibile fare una reale valutazione dell’operato delle varie squadre fino a quando anche la free agency non avrà dato i suoi risultati, ma la notte del Draft ha comunque lasciato l’impressione che alcune dirigenze abbiano le idee più chiare in testa rispetto alle altre.
Come avevamo già detto settimana scorsa, questo era un Draft in cui bisognava affidarsi praticamente anima e corpo alla propria filosofia di costruzione della squadra, scegliendo più per faith che non per need o per best player available. Avere una strategia chiara in testa, saper riconoscere i propri pregi e i propri difetti del roster e adattarli alla direzione in cui sta andando la lega è il segreto di ogni buona scelta, e per questo nessuna delle tre squadre chiamate a scegliere con le prime tre pick del Draft può ritenersi soddisfatta.
Nessuna delle tre — così come il resto della Lottery — è riuscita a concludere scambi rispetto alla posizione in cui sceglievano, anche perché cedere una scelta così alta è sempre rischioso. Sia per Minnesota che per Golden State però aveva forse più senso scambiare che scegliere Anthony Edwards e James Wiseman come poi hanno fatto, per quanto il loro inserimento nel roster vada a coprire un buco — quello di realizzatore perimetrale per i primi e di lungo di riferimento per i secondi — che effettivamente avevano nel quintetto.
Minnesota però inserisce Edwards in una squadra in cui la cultura — specialmente difensiva — è pressoché a zero, con sia D’Angelo Russell che Karl-Anthony Towns che fino a questo momento non hanno mostrato particolare interesse per le sorti difensive delle proprie squadre. A questo si aggiunge anche Jaden McDaniels, un altro giocatore di talento scivolato alla 28 per i dubbi relativi alla sua comprensione del gioco e attitudine (la scelta numero 23, Leandro Bolmaro, resterà in Europa almeno per un anno). Per questo i T’Wolves hanno cercato di mettere una pezza alla cultura di squadra riportando a casa Ricky Rubio, ancora amatissimo dal pubblico di Minneapolis, come leader emotivo di uno spogliatoio che ha bisogno innanzitutto di coesione. Il compito non è dei più semplici.
I Golden State Warriors, in compenso, hanno approcciato il Draft con la terribile notizia del grave infortunio di Klay Thompson, che ha subito la rottura del tendine d’Achille della gamba destra. Una mazzata tremenda alle ambizioni di titolo degli Warriors, che però hanno deciso di rimanere fedeli alla propria linea prendendo comunque Wiseman invece di LaMelo Ball, preferendo un lungo “tradizionale” al ball-handling perimetrale del fratello di Lonzo, il quale senza Thompson avrebbe avuto la possibilità di vedere minuti fin da subito al fianco di Steph Curry. Wiseman non è un giocatore tipicamente da Golden State specialmente nella comprensione del gioco, non è uno che legge il gioco alla velocità a cui Curry vola per il campo tra finte e passaggi consegnati, e insieme a un altro giocatore “lento” come Andrew Wiggins costringerà Steve Kerr a giocare in maniera più tradizionale. Non è detto che la transizione sia semplice, anzi.
In una recente intervista su ESPN la prima scelta assoluta 2020 ha dichiarato che preferisce giocare a football piuttosto che a basket, salvo poi ritrattare dopo il Draft.
Gli Charlotte Hornets fanno un po’ discorso a parte, visto che si sono visti capitare tra le mani LaMelo Ball senza scendere o salire, rimettendosi sulla mappa quantomeno dal punto di vista mediatico (sono abbastanza certo che il più piccolo dei fratelli Ball abbia svariati milioni di follower su Instagram più di tutti i suoi compagni messi assieme) e assicurandosi comunque un giocatore di innegabile talento, pur con tutti i suoi evidenti difetti. Neanche loro però hanno dimostrato particolare “visione” nel selezionarlo: il vero lavoro del GM Kupchak sarà quello di costruirgli attorno il contesto adatto per tornare a essere una squadra rispettabile.
Ci sono altre squadre che si sono segnalate, nel bene e nel male, nella notte del Draft e anche prima. Ne abbiamo selezionate cinque tra quelle che sono uscite dal Draft con le quotazioni in rialzo (per scelte giuste o per trade che li posizionano meglio per il futuro) e cinque che invece ci sembrano in ribasso (pronti a essere smentiti anche nel giro di poche ore, quando comincerà il mercato dei free agent).
Chi sale
Dallas Mavericks
Fa sempre un po’ strano pensare che, il giorno dell’esordio di Luka Doncic in NBA, al suo fianco in quintetto c’erano Dennis Smith Jr., Wesley Matthews e DeAndre Jordan. A Dallas è cambiato tutto - fortunatamente per loro in meglio - e molto ancora è destinato a cambiare. La squadra dell’anno scorso aveva il miglior attacco della NBA per rating offensivo (addirittura il migliore in assoluto da quando viene tenuta la statistica) ma era mancante dal punto di vista difensivo, una lacuna a cui la dirigenza ha provato a mettere una pezza.
Dal Draft sono arrivati tre giocatori dal profilo diverso: un difensore perimetrale con tiro piedi per terra come Josh Green di Arizona; un folletto della famiglia degli stephcurriani come Tyrell Terry di Stanford; e un atletone versatile come Tyler Bey. In più è stato sacrificato Seth Curry per prendere Josh Richardson da Philadelphia, dando a Doncic un difensore in grado di togliergli ulteriormente compiti in quella metà campo. L’upgrade difensivo in ala è innegabile, sperando che Terry possa sopperire con il suo tiro a quello che fornivano Curry e probabilmente Barea uscendo dalla panchina. I giocatori che sono stati presi, pur non essendo dei grandi tiratori, non dovrebbero compromettere particolarmente le spaziature, dando in ogni caso a Rick Carlisle un roster con cui sperimentare per salire ulteriormente di livello — sperando che il ginocchio di Kristaps Porzingis collabori.
Memphis Grizzlies
Memphis non aveva neanche una scelta al primo giro, eppure è riuscita comunque a uscire dalla notte del Draft come una delle squadre che ha lavorato meglio. Innanzitutto cogliendo un’occasione per prendere un esterno che può tenere il campo da subito come Desmond Bane alla 30 in cambio di due seconde scelte ai Boston Celtics; poi aumentando il tonnellaggio sotto canestro con un giocatore solidissimo come Xavier Tillman con la 35, allungando ulteriormente una rotazione di lunghi molto intrigante (in cui c’è il suo ex compagno a Michigan State Jaren Jackson Jr.); e infine lavorando sul mercato degli undrafted con la firma di Killian Tillie, un lungo tiratore dal talento da primo giro rallentato dai tantissimi infortuni.
Il tutto senza compromettere nulla del proprio core o dei propri asset futuri, continuando a scommettere su ciò che hanno mostrato Ja Morant, JJJ e Brandon Clarke nella scorsa stagione arrivando a giocarsi l’accesso ai playoff contro i Portland Trail Blazers. La dirigenza dei Grizzlies continua a confermarsi eccellente nel leggere il Draft, ricostruendo in poco tempo un roster decisamente futuribile — senza che sia poco competitivo nel presente.
Oklahoma City Thunder
A proposito di competitività. A Oklahoma City con ogni probabilità non torneranno a vedere i playoff per qualche tempo, visto che l’opera di smantellamento del roster della scorsa stagione è in pieno svolgimento — da Dennis Schröder ai Lakers a Chris Paul ai Suns, a cui presto farà seguito Danilo Gallinari in free agency. Il GM Sam Presti è stato sicuramente il più attivo in tutta la NBA in quest'ultima settimana e finora non ha sbagliato un colpo, anche se è sempre più facile cedere il presente per asset futuri rispetto a costruire per vincere immediatamente.
L'uomo del mistero di questo Draft.
Nel turbinio di scambi portati a termine in questi ultimi giorni Presti ha portati a diciassette le sue prime scelte al Draft da qui al 2026, e aspetta con ansia che arrivino quelle di Houston che — considerando la diaspora in corso in casa Rockets — potrebbero essere particolarmente pregiate. Dal Draft è arrivato il giocatore che tutti si aspettavano che loro scegliessero, ovverosia Alexsej Pokusevski, il prospetto più “two years away from being two years away” di questa classe. In più si è aggiunto il contrattone di Al Horford, ricevuto da Philadelphia con appiccicate una prima e una seconda al Draft in cambio di Danny Green e Terrance Ferguson: anche il domenicano farebbe meglio a non disfare le valigie, visto che i movimenti nel roster non sembrano essere finiti.
Philadelphia 76ers
A fare il ragionamento inverso rispetto ai Thunder ci sono i 76ers, il cui nuovo capo della dirigenza Daryl Morey non ha di certo perso tempo per sbugiardare quanto fatto dal suo attuale sottoposto Elton Brand solo un anno fa. Sia Horford che Richardson hanno tolto il disturbo dopo una sola stagione (fallimentare) a Philly, e c’è da pensare che lo stesso non è accaduto con Tobias Harris solamente perché il suo gigantesco contratto è davvero difficile da muovere anche per uno come Morey (ma è garantito che continuerà a provarci, specie se la squadra non dovesse andare bene in regular season).
Il supporting cast che ha cominciato a costruire attorno a Ben Simmons e Joel Embiid sembra però avere più senso rispetto a quelli recenti. Innanzitutto con la 21 ha colto un’occasione con Tyrese Maxey, scivolato qualche posizione più indietro rispetto a quella che ci si aspettava e coprendo un buco — quello di guardia capace di marcare le point guard e di tenere il campo senza dover dominare il pallone — in cui lo scorso anno era stato messo Shake Milton, con tutto il rispetto. Il prodotto di Kentucky non è un tiratore eccezionale (29% da tre nella sua unica stagione al college), ma sembra avere la testa giusta per avere subito un impatto. Dal secondo giro sono poi arrivati il tiratore Isaiah Joe e un difensore versatile come Paul Reed, che dovrebbero quantomeno avere una chance di fare la squadra in futuro. Più Seth Curry, che oltre all’eccellente tiro (in top-5 nella storia della NBA per percentuale) ha anche il non secondario pregio di essere genero di coach Doc Rivers.
Detroit Pistons
In tutta sincerità, nelle ultime stagioni è stato piuttosto deprimente vedere i Detroit Pistons in campo. Blake Griffin sembra essere arrivato a quel punto della carriera in cui non ha più senso che debba fare la prima opzione di una squadra, e anche Derrick Rose avrebbe un ruolo migliore uscendo dalla panchina per una squadra da playoff piuttosto che essere la luce di una squadra in lottery. In questo Draft però i Pistons hanno portato a casa tre rookie — uno per macro-ruolo — su cui pensare di costruire, specialmente nella metà campo difensiva in mano a coach Dwane Casey.
Il pezzo pregiato è Killian Hayes selezionato alla 7. Il francese è uno dei giocatori con maggiore potenziale di questa classe e, per quanto sia fin troppo dominante con la mano sinistra, ha i movimenti da giocatore di alto livello in NBA: vederlo come uno dei dark horse per il premio di rookie dell’anno, considerando quanto spazio avrà a Detroit, non è azzardato. A lui si aggiunge un’ala 3&D molto solida come Saddiq Bey, scivolato fino alla 19 dove per prenderlo è stato sacrificato Luke Kennard, e un lungo come Isaiah Stewart che porta fisicità ed etica del lavoro sotto canestro. Per essere la prima esperienza da solo del nuovo GM Troy Weaver, si poteva fare decisamente di peggio.
Chi scende
New York Knicks
La prima volta di Leon Rose alla guida di una dirigenza non ha convinto sia per coraggio che per lucidità. Dopo non essere riusciti a salire al Draft, i Knicks hanno fatto la scelta più logica e scontata prendendo Obi Toppin, l’ennesima ala grande di un roster che ne è strapiena. Toppin è un giocatore della CAA, l’agenzia per cui Rose lavorava precedentemente, e non c’era alcuna chance che scendesse oltre alla 8 (anzi, si vociferava che i Knicks potessero anche salire pur di prenderlo), e per quanto abbia 20 punti nelle mani fin dal primissimo giorno, non sembra poter diventare molto più di quello che già è. In più difensivamente avrà il suo bel lavoro per guadagnarsi la fiducia di Tom Thibodeau.
Obi Toppin sarà immediatamente uno dei giocatori più spettacolari della lega, seguendo la tradizione familiare. Suo padre Obadiah è stato un famoso streetballer dei campetti newyorkesi con il nickname "Dunkers Delight".
Il voto negativo deriva soprattutto con quanto fatto nella zona bassa del Draft, nella quale i Knicks prima sono saliti alla 23 (cedendo la 27 e la 38) e poi sono tornati indietro alla 25 (e alla 33, che poi hanno ceduto) per la loro 23. Nell’aggregato sono anche riusciti a salire di posizioni, ma hanno scelto Immanuel Quickley da Kentucky, facendo un altro favore a “World Wide Wes” (il loro nuovo vociferato Vice President, da sempre molto vicino ai Wildcats) e al nuovo assistente Kenny Payne, che viene proprio dall’università di Calipari. Quickley peraltro sembra un reach al primo giro, visto che con ogni probabilità sarebbe comodamente scivolato al secondo: diciamo che la gestione degli asset non è stata ottimale, e il fatto che siano arrivati due giocatori “di amici” non depone a favore del primo giro di giostra di Leon Rose.
Boston Celtics
Per l’ennesimo Draft i Celtics non sono riusciti a impacchettare le loro tantissime scelte al primo giro (quest’anno ne avevano tre) per salire e prendersi un giocatore in grado di fare davvero la differenza per la loro rotazione. Hanno aggiunto due giocatori che possono dare una mano come l’esterno tiratore Aaron Naismith e la guardia senior Payton Pritchard, e può anche darsi che finiranno per dare il loro contributo ai playoff, ma non forniscono dei profili così diversi rispetto a quelli che ci sono già a roster.
I minuti a disposizione alle spalle di Tatum e Brown per Naismith non saranno così numerosi, specie ai playoff dove entrambi comunque si aggirano attorno ai 40 a testa, per quanto con le sue doti di tiro e le sue misure in difesa (2.08 di apertura di braccia) possa rendersi utile. Pritchard è un giocatore dalla mentalità vincente che i tifosi dei Celtics ameranno, ma non fornisce un profilo difensivo diverso rispetto a Kemba Walker, visto che sono entrambi sottodimensionati e “puntabili” in difesa. Questa mancanza di varietà è la vera pecca di Danny Ainge, che magari ha in mente di sopperire a queste carenze muovendosi sul mercato, ma che ancora una volta non è riuscito a dare la svolta che ci si poteva attendere.
Milwaukee Bucks
Le tantissime notizie legate al Draft hanno fatto passare un po’ sotto traccia il pasticciaccio brutto combinato dai Milwaukee Bucks con Bogdan Bogdanovic. Dopo aver fatto trapelare alla stampa i termini dell’accordo con i Sacramento Kings (di cui vi avevamo parlato anche qualche giorno fa), cedendo Donte DiVincenzo, Ersan Ilyasova e DJ Wilson, nell’immediata vigilia del Draft è emersa la notizia che Bogdanovic non avesse dato il proprio consenso allo scambio. Di fatto è come se i Bucks avessero dato per scontato che il serbo volesse firmare con loro (visto che è restricted free agent) e che si accontentasse di 16-18 milioni all’anno, oppure Bogdanovic aveva dato un suo primo assenso alla trade e poi magari qualche altra squadra gli ha fatto sapere che per lui avevano pronti più soldi di quelli che i Bucks avrebbero potuto dargli.
La scatola nera di quanto successo non è ancora del tutto emersa dalle macerie di quanto combinato, ed è possibile che ci siano dettagli fondamentali che ancora non sono ancora pubblici ma potrebbero presto diventarlo visto che l'NBA ha aperto un fascicolo. In ogni caso si tratta di una pessima figura per i Bucks, e anche molto pericolosa: cosa dovrebbe pensare Giannis Antetokounmpo davanti a una situazione del genere? Ha davvero senso legare il proprio prime a una franchigia che non riesce neanche a tenere nascosta una firma in free agency palesemente contro le regole (le squadre non possono parlare con i giocatori prima dell’apertura del mercato, prevista per la notte tra venerdì e sabato a mezzanotte) ma che tutti fanno abitualmente? A questa situazione dalle possibili ripercussioni gigantesche si unisce un Draft insipido da parte dei Bucks, che avrebbero potuto essere molto più aggressivi nel cercare giocatori da roster nel secondo giro (fondamentale per costruire una panchina pressoché nulla in questo momento) e che invece hanno preso solo Jordan Nwora e Sam Merrill.