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Come cambia l'Inter con Dumfries
16 ago 2021
Come può inserirsi nel gioco di Inzaghi il nuovo esterno destro olandese.
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10 min
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Foto di Alex Pantling/Getty Images
(copertina) Foto di Alex Pantling/Getty Images
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Dopo un lungo corteggiamento, l’Inter ha messo le mani sul giocatore scelto per sostituire Achraf Hakimi. Per 12, 5 milioni di euro (più 2,5 di bonus) dal PSV è arrivato Denzel Dumfries: già solo il costo del cartellino dovrebbe far capire che l’Inter non stava disperatamente cercando il “nuovo Hakimi”, ovvero un terzino in grado di avere un’influenza enorme sul gioco offensivo di una squadra di vertice (che va anche al di là dei numeri, comunque eccellenti di 7 gol e 8 assist), ma piuttosto un calciatore in rampa di lancio che possa trovarsi a suo agio nel gioco di Simone Inzaghi. Detto questo, Dumfries è stata una buona scelta?

Da dove arriva

Dumfries si è messo in mostra in maniera evidente quest’estate, grazie a due gol nelle prime due partite dell’Europeo contro Ucraina e Austria e, più in generale, per una partecipazione molto attiva alle azioni offensive dell’Olanda, partendo da destra nel 3-5-2 di Frank de Boer.

A 25 anni compiuti può sembrare un po’ tardi per accorgersi di un giocatore a livello internazionale, ma la storia di Dumfries è particolare e forse significativa (e comunque è un paio d’anni che sembra dover lasciare l’Olanda per uno dei cinque maggiori campionati).

A 17 anni giocava nel BVV Barendrecht, club amatoriale della sua città Rotterdam. Nello stesso periodo aveva addirittura esordito con la Nazionale di Aruba (dove ha origini per parte paterna) segnando un gol contro Guam in amichevole. In quel momento pochi avrebbero scommesso su una sua carriera tra i professionisti, lui però si era impuntato. Quando era arrivata un’altra convocazione per una partita ufficiale, Dumfries aveva rifiutato sostenendo di voler aspettare l’Olanda. «Con zero minuti di esperienza nel calcio professionistico, Dumfries ci ha detto che aveva scelto l’Olanda. All'inizio tutti risero, ovviamente, finché non capirono che faceva sul serio», così ricorda quella decisione Franken, l’allenatore di Aruba.

Poco dopo era riuscito a entrare nell’accademia dello Sparta Rotterdam, dove aveva debuttato tra i professionisti. Così era iniziata la sua scalata. A lanciarlo poi era stata un’ottima stagione con l’Heerenveen, che aveva convinto il PSV a puntare su di lui, facendolo passare in meno di 4 anni dal calcio amatoriale a una delle squadre più blasonate del paese.

Ora parte per Milano dopo 124 presenze in tre stagioni, di cui praticamente due da capitano. Dumfries arriva all’Inter in un momento fondamentale della propria carriera: se all’Europeo è stato uno dei migliori giocatori dell’Olanda, prima della competizione non era neppure un titolare inamovibile, dovendo giocarsi il posto con Veltman e Hateboer (e chissà se l’esterno dell'Atalanta non fosse stato infortunato). In Champions League ha un totale di 6 presenze, l’ultima proprio in un Inter-PSV 1-1 che era costata l’eliminazione ai nerazzurri. La Serie A e l’Inter sono il palcoscenico perfetto per mettersi in mostra e dimostrare di essere un calciatore di livello internazionale.

Come attacca

Le prestazioni all’Europeo ci hanno illuso che Dumfries fosse da tutta la vita un esterno destro in un centrocampo a cinque, ma al contrario quelle erano - praticamente - le sue prime presenze in quel ruolo. Dumfries ha infatti giocato la quasi totalità delle partite da terzino destro in una difesa a quattro. Se si è trovato così rapidamente a suo agio negli ultimi 30 metri di campo è perché nel PSV ha sempre interpretato il ruolo di terzino in maniera molto aggressiva e avanzata.

L’altezza media in questa partita di Europa League contro il Granada è la stessa delle punte.

Nell’ultima stagione al PSV, Dumfries toccava quasi 4 palloni ogni 90’ nell’area di rigore avversaria (nel 99 percentile tra i terzini dell’Eredivisie, dati Statsbomb). Numeri sicuramente influenzati dal gioco di Roger Schmidt, molto votato all’occupazione della metà campo avversaria, ma che indicano come Dumfries non sia uno di quegli esterni legati con una catena alla linea laterale o particolarmente preoccupati da quello che avviene alle loro spalle. Al contrario in questo somiglia un po’ agli esterni “gasperiniani”, abili nel tagliare dentro l’area di rigore partendo dall’esterno per aggiungere pericoli alla difesa avversaria. Così ha segnato il gol vittoria nel finale della partita con l’Ucraina, sovrastando di testa Zinchenko, ma anche l’ultimo gol con la maglia del PSV, contro l’Heracles.

In questo è sicuramente aiutato dal fisico: Dumfries è alto 189 centimetri per 80 chili e nei duelli aerei ha ottimi numeri sia in quantità che in qualità (5.47 tentati, di cui 4.06 vinti nell’ultima stagione), dati inusuali per un terzino, ruolo solitamente poco sollecitato da questo punto di vista. Idealmente Inzaghi potrebbe usarlo non solo come incursore sulla fascia, ma anche come riferimento più interno quando si tratta di alzare il pallone dalla difesa, un porto sicuro simile a come usava Milinkovic-Savic (anche se nessuno ha la qualità del serbo in questo fondamentale).

Non segna solo di testa però: Dumfries ha un buon istinto per la porta e in carriera ha già segnato una ventina di gol. Da giovane è stato per un breve periodo un attaccante e anche per questo il suo idolo è Dirk Kuyt. La sua stagione migliore per distacco è stata la 2019/20: 8 gol da terzino, numeri difficili da ripetere in Serie A. Nel PSV si è ritrovato anche a tirare i rigori, una scelta che può sembrare strana in una squadra con Malen, Zahavi e Goetze. Dumfries non ha una grande sensibilità, ma calcia molto forte e, soprattutto, sembra essere un giocatore deciso a livello caratteriale (non è da tutti diventare capitano di una squadra importante come il PSV dopo un anno).

Palla a terra, invece, la tecnica di Dumfries non è proprio di primissimo livello. Non ha un primo controllo pulito, né la qualità e la visione per essere un esterno-regista, ma sopperisce a questi limiti con la fisicità e un’applicazione abbastanza marziale. Questo gli permette di avere un apporto offensivo più che valido: in Eredivisie era il difensore con più dribbling per 90’ (3.6) e più tiri in porta (spesso cercate da posizioni anche piuttosto defilate, cercando la potenza più che la precisione). Per saltare l’uomo si affida totalmente alla sua bruciante accelerazione, buttandosi la palla avanti o con sterzate che lasciano buchi sull’erba. In Serie A però non avrà lo spazio e i tempi per aggiustare con la propria rapidità controlli imperfetti e tocchi difettosi.

Sul lungo non è velocissimo e in conduzione è piuttosto meccanico e questo è forse il suo limite più grande nell’adattarsi in un sistema che lo vede come esterno a tutta fascia (per fare un confronto, nella scorsa stagione Hakimi portava 7.55 palle progressive - cioè per almeno 4,5 metri, statistica Statsbomb - mentre Dumfries praticamente la metà, 4).

Quando si tratta di crossare preferisce farlo di prima, proprio perché toccare molto il pallone non è il suo miglior pregio. Se può farlo arrivando in corsa col piatto destro, riesce a mettere cross bassi e tesi molto invitanti, ma bisognerà vedere se è la soluzione ideale per un attacco con Dzeko, un centravanti non del tutto a suo agio nell’attaccare la porta. Va più in difficoltà quando si tratta di dover crossare da fermo oppure cercando parabole più elaborate.

Un’azione molto lunga del PSV, chiusa da un tipico cross di Dumfries (la squadra di Schmidt portava la maggior parte dei suoi attacchi e delle sue conclusioni da destra).

La soluzione migliore per Inzaghi potrebbe essere quella di usare Dumfries sul lato debole, facendolo ricevere in corsa negli ultimi metri di campo oppure chiedendogli di tagliare dentro l’area di rigore. La presenza di Dimarco e Kolarov a sinistra, due esterni che al contrario sono più a loro agio con il palleggio e con soluzioni di cross più elaborate potrebbe sgravarlo da troppi compiti in fase di costruzione o progressione del gioco. Per capire: nel PSV il terzino sinistro Max ha chiuso la stagione con 251 cross in totale, contro gli appena 55 di Dumfries (i due hanno giocato quasi lo stesso numero di minuti), anche se poi il numero degli assist non è stato così sbilanciato (11 a 7, ma Max tirava anche angoli e punizioni).

Come difende

Aver sempre fatto il terzino in una difesa a 4 dovrebbe aiutarlo nella fase difensiva da esterno a tutta fascia (sempre dando per scontato che il 3-5-2 sarà il modulo dell’Inter), tuttavia la superiorità del PSV su quasi tutte le avversarie in Eredivisie permetteva a Dumfries di non doversi preoccupare molto della fase difensiva, lasciando i due centrali e un centrocampista a equilibrare la squadra.

Proprio per la sua tendenza a spingere molto, va in difficoltà quando deve compiere transizioni negative. Più di una volta ha lasciato buchi alle sue spalle dove si sono sviluppate le azioni avversarie. Ma era evidentemente un rischio che il PSV era disposto a correre. Inzaghi ha un gioco più equilibrato e soprattutto tre centrali in grado di coprire eventuali salite di Dumfries con le loro qualità difensive. Inoltre come già accadeva con Hakimi da quel lato c’è Barella che può allargarsi per compensare i movimenti del compagno.

Limiti difensivi evidenti li ha mostrati piuttosto quando ha dovuto prendere delle decisioni più complicate. Nel quarto gol dell’Olympiacos nella sconfitta per 4-2 che è costata al PSV l’eliminazione, si fa trovare in mezzo tra l'esterno che porta palla e la copertura del centro dell'area; in questo gol è indeciso se rimanere sul suo uomo o seguire la sovrapposizione dell’avversario finendo per farsi saltare. Negli ottavi di finale degli Europei, dopo essere scalato in difesa per l’espulsione di de Ligt, legge malissimo l’azione aprendosi sulla destra prima che Wijnaldum riceva palla e lasciando campo libero a Holes che servirà il passaggio decisivo per Schick.

https://twitter.com/SkySport/status/1409395063625486338

Indecisioni dovute anche ai sistemi di gioco in cui si è trovato a difendere, dove spesso gli era chiesto di farlo andando in avanti, con tutti i rischi del caso. Sarebbe ingeneroso tacciarlo come un cattivo difensore: a livello fisico ha l’esuberanza e la forza per stare con gli avversari, sia che si tratti di uno contro uno sulla fascia, che in marcatura dentro l’area di rigore. Si esalta quando può recuperare arrivando alle spalle, entrare in scivolata, usare il corpo. Rimane un difensore “poco naturale”, che da questo punto di vista dovrà imparare molto.

Il tempo di adattamento alla Serie A è forse l’incognita maggiore. Per chi arriva da campionati meno competitivi come quello olandese è spesso invocato un tempo minimo per prendere le misure del nostro campionato, più tattico, difficile, bloccato, eccetera eccetera. Lozano, anche lui arrivato dal PSV, ha avuto una prima stagione complicata per poi trovarsi meglio nella seconda, lo stesso si può dire di Gosens o Justin Kluivert (senza successo). Altri come Strootman e de Vrij si sono dimostrati subito pronti e, per esperienza, Dumfries è più vicino a questi due profili, ma poi certo: servirà vederlo in campo.

Dumfries ha dei limiti piuttosto netti, soprattutto quando si tratta di fare un calcio più associativo o quando gli vengono affidate troppe responsabilità, ma anche qualità non banali fisiche e tattiche. In questo l’Inter di Inzaghi sembra una squadra adatta a lui, dove gli verrà chiesto di far valere la sua fisicità e la capacità di poter dare un contributo in tutte e due le fasi. Inoltre Inzaghi in quel ruolo è riuscito a cavare molto anche da giocatori con molte meno qualità di Dumfries. Forse però l’aspetto più positivo per i tifosi è che Dumfries sembra un giocatore “affamato” (come ha detto nella prima dichiarazione da interista), di quelli che si buttano e imparano in fretta. Che sia calcio amatoriale, Eredivisie, Europa League o Europeo, Dumfries fa il suo gioco, che non è elegante e letale come quello di Hakimi, ma che esprime grande solidità. Nel fisico (sempre oltre le 30 presenze stagionali in carriera), nella corsa, nei contrasti, nei passaggi.

In una squadra che è bruscamente tornata con i piedi per terra era difficile chiedere di meglio.

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