Parliamo anzitutto dell’assist di Justin Kluivert che ha occupato lo stesso spazio del gol di Dzeko, se non di più, sui nostri feed. Un diciannovenne alla sua prima presenza in Serie A, che entra in corsa per spaccare la partita, come si dice, che in effetti spacca una partita difficile per la sua squadra con un’azione personale merita tutto il nostro entusiasmo. Kluivert è il primo giocatore straniero nato nel ‘99 a realizzare un assist nel campionato italiano, smentendo così due luoghi comuni in un colpo solo: la Serie A non è un campionato per giovani; in Serie A non è facile adattarsi.
L’azione di Kluivert testimonia di un giovane sereno e sicuro delle proprie potenzialità. Che sa affidarsi al proprio istinto, quando si tratta di dribblare per non perdere palla e ricavare lo spazio necessario a respirare, e che mantiene la lucidità per fare la cosa più giusta possibile quando si ritrova chiuso in un angolo senza compagni vicini. Va detto però che il cross che gli esce dal piede non è granché, considerando anche N'Koulou è a distanza di sicurezza - anche grazie al doppio passo con cui Kluivert gli ruba qualche prezioso centimetro prima di allungarsi la palla.
“Ha messo un cross bellissimo”, ha detto Dzeko a fine partita. In realtà solo una magia lo avrebbe potuto trasformare in gol. È un cross bellissimo, cioè, perché alla fine dell’arcobaleno invece di un vaso pieno d’oro custodito da uno gnomo, c’è un calciatore bosniaco alto più di un metro e novanta.
Tra l’altro nel gergo economico la leggenda in questione, quella dell’oro alla fine dell’arcobaleno, viene usata per descrivere un obiettivo irraggiungibile, perché in natura l’arcobaleno è un effetto visivo ed è quindi impossibile arrivare fisicamente alla sua fine.
Il gesto tecnico di Dzeko, visto in diretta, ha avuto un effetto sorprendente e paradossale come se davvero guardando sotto a un arcobaleno vedessimo dell’oro. Colpire una palla spiovente di interno e metterla sul secondo palo con un angolo strettissimo scavalcando il portiere?
Impossibile.
Eppure Dzeko ha trovato il modo di finire in bellezza l’azione che aveva cominciato con una spizzata di testa finita proprio sui piedi del giovane olandese. Dzeko ha trotterellato senza particolare fretta fino al momento in cui Kluivert ha accelerato verso il fondo del campo: a quel punto era chiaro che non poteva che crossare e Dzeko ha sprintato per farsi trovare al posto giusto al momento giusto, cioè alle spalle di Ola Aina, che gli salta davanti senza guardarlo e senza arrivare sul pallone.
Ma ci sono cose un altro paio di cose che vanno ulteriormente enfatizzate del gesto tecnico di Edin Dzeko, senza dubbio il più bello della giornata e secondo lui uno dei tre più belli segnati in carriera:
1. Dzeko ha calciato di sinistro, che non è il suo piede forte anche se ci ha segnato alcuni dei suoi gol più belli con la maglia della Roma. Tipo quello al Chelsea dello scorso anno: e Dzeko ha pensato proprio a quello ieri dicendo che “forse” era “un po’ più bello”.
2. Ha colpito la palla con l’interno del piede, non proprio di piatto ma neanche di collo pieno. La scelta è funzionale all’esigenza di essere molto preciso: Dzeko ha fatto passare la palla nello spazio tra Ola Aina - che comunque rappresentava un ostacolo in movimento - e Sirigu, dando alla palla la forza giusta per alzarsi sopra la mano del portiere e abbassarsi sotto la traversa. Un tiro più dritto non sarebbe entrato. Diciamo allora che contro il Chelsea ha fatto nel modo migliore possibile la cosa difficilissima che andava fatta, ma contro il Torino si è inventato una soluzione che pochissimi altri avrebbero trovato.
3. Chiediamoci adesso: chi altro avrebbe messo dentro quel pallone? Lewandoski, ok. Ronaldo e Messi, d’accordo. Ibra di sicuro. Forse anche Benzema e giocatori come Cavani, Aguero, il Falcao dei tempi migliori. Chi lo avrebbe fatto con il proprio piede debole?
4. A fine primo tempo Dzeko ha avuto una quasi-occasione da gol su un passaggio orizzontale di Pastore giusto al limite dell’area. Non era un’occasione semplicissima, ma non era di sicuro più difficile da trasformare del cross di Kluivert. E Dzeko ha colpito malissimo, come solo Dzeko a volte colpisce il pallone. Ogni errore vistoso di Dzeko ci ricorda la sua tremenda prima stagione, e Dzeko fa quasi un errore vistoso a partita. Anche se oggi conosciamo bene la varietà del suo gioco, la capacità di dominare le difese migliori al mondo anche molto lontano dalla porta e l’incredibile creatività delle sue conclusioni - la partita contro il Barcellona, in questo senso, resta il suo capolavoro - solo chi ricorda le difficoltà di Dzeko può godersi davvero i suoi momenti di grazia assoluta. Ecco, con Cristiano Ronaldo abbiamo importato in Italia il piùperfetto dei modelli di perfezione, Dzeko invece ci ricorda quanto sia un attimo passare dall’essere Van Basten a una persona fallibile qualsiasi (e viceversa).
5. Questo gol è una splendida sineddoche dell’eccezionalità di Dzeko anche per un altro motivo. Se si guardano le foto immediatamente precedenti al tiro si vede Dzeko ingobbito, con il piattone aperto e le braccia larghe, il polso della sinistra disarticolato all’indietro. La bellezza di Dzeko sta in questa forma poco canonica di grazia. Una grazia sgraziata che gli permette di fare cose eccezionali che forse solo lui potrebbe fare.