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Perché l'Inter vuole Dzeko
08 lug 2019
Perché Antonio Conte sembra volere a tutti i costi l'attaccante bosniaco.
(articolo)
7 min
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Edin Dzeko è al centro di un’offerta d’acquisto da parte dell’Inter, voce confermata ancora poche ore fa dal DS Marotta, secondo cui la società milanese avrebbe un accordo con il giocatore. Il bosniaco, quindi, potrebbe lasciare la Roma dopo 4 stagioni a 33 anni, e adesso diventa interessante chiedersi cosa potrebbe aggiungere alla neonata Inter di Antonio Conte, e se l’età anagrafica non sia un limite per il livello delle sue prestazioni.

Cominciamo dalle evidenze delle scorsa stagione. Dzeko ha segnato 9 gol in campionato, una cifra che rapportata ai minuti giocati lo posiziona su un livello appena superiore rispetto al suo primo disastroso anno romano (nell’immagine qui sotto i gol sono rappresentati dalle barre in verde). Se Dzeko non è mai stato un attaccante capace di andare oltre le attese – infatti nelle ultime quattro stagioni i gol segnati non hanno mai superato la soglia degli Expected Goals (barre in nero) – le sue prestazioni nell’ultimo anno segnano comunque una discontinuità, in negativo. Rapportando tutti i numeri ai minuti giocati, Dzeko ha avuto una stagione, dal punto di vista realizzativo, appena migliore della sua prima in Serie A, con 0,25 gol segnati ogni 90 minuti.

A dispetto del forte calo nei gol, la qualità delle occasioni che ha avuto Dzeko in stagione è rimasta pressappoco costante rispetto agli anni precedenti. Le linee tratteggiate in verde e in nero, nel grafico qui sopra, indicano il contesto nel quale si è mosso l’attaccante bosniaco: la Roma ha avuto tendenze inverse negli ultimi due campionati, con i gol che sono di poco aumentati e gli Expected Goals leggermente in calo.

Questo perché la Roma ha cambiato il suo modo di stare in campo e di attaccare: da un anno all’altro la Roma ha perso 5 punti percentuali sulla media del possesso palla, e 16 punti sul numero di tocchi palla nella trequarti offensiva. Con meno occasioni per far male agli avversari, Dzeko si è mantenuto ugualmente pericoloso ma non è riuscito a realizzare gol con lo stesso ritmo.

Perché?

Ho riportato nel grafico sopra due percentuali: la prima rappresenta il rapporto tra il numero di gol che Dzeko ha segnato per il numero totale di tiri che ha scagliato (barre in verde); la seconda mette a confronto il numero di tiri arrivati nello specchio della porta sull’intero volume di tiro (barre in nero).

La prima percentuale, rappresentativa della capacità di convertire i tiri in gol di Dzeko, segue l’andamento dei gol, che ho riportato dal grafico precedente e che ho rappresentato con un tratteggio in verde.

Dzeko nell’ultimo anno ha convertito in gol il 5,6% dei tiri effettuati, una cifra inferiore persino a quella del suo primo anno (7,4%). Per avere un riferimento, basti pensare che un attaccante a fine stagione ha una media giudicata normale se è intorno al 12-14%, e i migliori finalizzatori, come Sergio Agüero, mantengono medie realizzative ben più alte, del 18-20%.

La seconda percentuale, in nero, mostra la precisione di Dzeko al tiro, che nell’ultima stagione non segue invece lo stesso andamento. È difficile capire cosa sia successo realmente, ma è poco credibile l’ipotesi che all’improvviso un calciatore del suo livello ed esperienza abbia un problema tecnico, che dipenda cioè da un suo calo di qualità impossibile da riparare.

Forse la scadente finalizzazione di Dzeko nell’ultimo anno è stata causata da una certa crisi di fiducia, nei mezzi della squadra e nei propri: d’altra parte, dopo gli errori al limite del fantozziano del primo anno, Dzeko ha migliorato le proprie medie realizzative quando ha sentito la fiducia dell’allenatore, della piazza e della stampa.

Se da un lato non è riuscito a far da sé, Dzeko è stato utilissimo per la sua squadra. In un contesto tattico differente, al quale accennavo più sopra, Dzeko ha diminuito la sua presenza nella trequarti avversaria (barre in grigio), ma ha alzato sia i passaggi completati in area per un compagno (barre in nero), sia gli Expected Assists serviti (barre in verde).

Gli Expected Assists sono una misura più efficace del contributo alla manovra di un calciatore rispetto agli assist: affinché un semplice passaggio si tramuti in un assist occorre una certa capacità di mettere la palla in rete del compagno servito (mentre gli xA misurano le “potenzialità” statistiche di ogni passaggio che manda al tiro un compagno di trasformarsi in gol).

Dzeko nell’ultima stagione è stato più utile alla Roma come giocatore creativo più che come uomo-gol.

Cosa può fare Dzeko per Conte?

Spalletti disse che Dzeko è un giocatore unico perché le sue eccellenti qualità tecniche accoppiate ad un fisico straordinario gli permettevano di essere influente nel cerchio di centrocampo tanto quanto nell’area avversaria. Per Conte, Dzeko potrebbe rappresentare una risorsa soprattutto per quanto riguarda il primo aspetto del gioco.

Ovvero, anziché incarnare tutti i compiti dell’attaccante perfetto in un solo giocatore, come è accaduto con Diego Costa nel primo anno del tecnico al Chelsea, Conte potrebbe chiedere a Dzeko di fare da “maniglia” per la risalita della palla, con la possibilità di lanciare un pallone sia alto che basso sul bosniaco. Al centravanti, il tecnico potrebbe accoppiare una punta veloce e più adatta alla ricerca della verticalità.

In pratica, Dzeko potrebbe rappresentare per Conte quello che fu per lui Llorente alla Juventus. In coppia con Tevez, lo spagnolo rappresentava la prima sponda offerta ai difensori per un’uscita sicura della palla, soprattutto nelle occasioni di uscita dalla difesa statica più che nella ripresa del gioco da fermo. Pur alternandosi nei compiti, Tevez era l’attaccante tra i due dedito più spesso alla ricerca dello spazio alle spalle della difesa nei primi due terzi di campo, e che si spendeva successivamente in un lavoro di raccordo tra centrocampo e attacco nell’ultimo terzo.

In questo momento Lautaro Martinez potrebbe essere il migliore partner d’attacco possibile per Dzeko: l’argentino (0,32 gol per 0,54 xG ogni 90 minuti alla sua prima stagione italiana) è sicuramente più a suo agio con i movimenti incontro alla palla tipici di chi ama cucire il gioco svariando su tutto il fronte d’attacco, ma è anche capace di dettare il lancio con movimenti profondi senza palla.

Certo, le corse verticali senza palla sarebbero una specialità dell’altro argentino in rosa, Icardi, sul quale sono in corso valutazioni da parte della società (per non dire che sembrerebbe già essere stato scaricato). Su Icardi sussistono probabilmente anche dubbi dal punto di vista tecnico: da una parte potrebbe contribuire a creare spazi per Dzeko abbassando la difesa, nelle fasi di costruzione e sviluppo, ma finirebbe poi per occupare le stesse zone dell’area di rigore del bosniaco in fase di finalizzazione.

Non è uno scoop che, con i proventi di un’eventuale vendita di Icardi, l’Inter si lancerebbe con maggior forza sull’attaccante del Manchester United, Romelu Lukaku, il sogno proibito dello stesso Antonio Conte. Ma allora è davvero immaginabile una versione dell’Inter con due panzer a litigarsi lo spazio in attacco?

Forse Conte immagina di utilizzare Lukaku come nell’ultima versione proposta da Ole Gunnar Solskjaer, ovvero da guastatore largo a destra, pronto a ricevere il pallone sulla corsa travolgendo tutto ciò che incontra. Solskjaer ha probabilmente mutuato la sua idea dall’Everton di Moyes, e il suo United ha condiviso con quella squadra la stessa idea di calcio reattivo — per non dire passivo.

Lukaku all’Everton aveva a disposizione tutto il fronte d’attacco e poteva piazzarsi al centro dell’area di rigore quando l’azione raggiungeva gli ultimi metri. Allo United, invece, ha diviso lo spazio con Rashford, un attaccante radicalmente diverso da Dzeko. Con il norvegese in panchina, Lukaku ha messo insieme 0,47 gol/p90 su 0,56 xG/p90, che rappresentano rispettivamente la quinta e la prima sua prestazione in carriera da quando milita in Premier League.

E se alla fine restasse alla Roma?

Se la Roma - che al momento pare l’unico ostacolo al passaggio di Dzeko in nerazzurro - decidesse di tenersi Dzeko a tutti i costi avrebbe un pivot offensivo straordinario per il gioco di Fonseca, in cui i terzini si alzano fin dal principio dell’azione d’attacco per provare ad allargare le maglie della difesa avversaria, e per permettere ai trequartisti e alla punta di dialogare centralmente.

Dzeko ha una tecnica sopraffina e le scelte di passaggio sono sempre intelligenti. Ciò potrebbe permettergli di erigersi a riferimento per il gioco di sponda dei trequartisti con attitudini di palleggio e inserimento (Zaniolo e Pellegrini su tutti).

Al di là delle scelte di mercato e delle ragioni tattiche, Dzeko sembra essere un giocatore che ha bisogno di un contesto tattico coerente in ogni aspetto — ricorderete i suoi richiami nella prima Roma di Di Francesco ad avere appoggi per il suo gioco a lui più vicini — e una fiducia incondizionata da parte di tutto l’ambiente per poter dare il meglio di sé.

Se riuscirà ad avere queste cose, qualunque allenatore riuscirà ancora a trarre il meglio dal bosniaco, anche al di là delle preoccupazioni per l’età anagrafica.

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