Quando Derek Brunson ha avuto la possibilità di mettere le mani su Israel Adesanya (non ancora campione dei Medi UFC) era l’autunno del 2018, circa tre anni fa. Il suo tentativo di prendersi la cintura si era però esaurito in sette tentativi di portare l’incontro a terra, tutti vanificati dal neozelandese, l’ultimo dei quali gli era costato una ginocchiata sul mento che lo aveva stordito e creato i presupposti per mandarlo KO alla fine del primo round. Allora i suoi capelli erano ancora scuri, un dettaglio che può sembrare irrilevante ma che i più scaramantici non hanno potuto fare a meno di notare. Dopo quella sconfitta, infatti, Derek Brunson si è tinto i capelli di biondo platino e con questa nuova acconciatura ha vinto cinque incontri di fila senza mai perdere. D’accordo, forse è stato più rilevante il cambio di palestra e team, ma lo sappiamo che la scaramanzia nel mondo dello sport professionistico ha un peso (anche psicologico) impossibile da ignorare.
Brunson in questa striscia di vittorie consecutive ha prima macchiato il record perfetto di Edmen Shahbazyan, poi ha superato anche Kevin Holland e, sabato scorso, il favorito Darren Till. Il Brunson selvaggio, verticale, aggressore ha lasciato spazio ad una versione più ragionata di se stesso, adottando il suo vecchio stile solo dopo aver sfiancato gli avversari. Questo cambio di strategia è diventato una costante dei suoi ultimi match, in maniera piuttosto evidente proprio contro Darren Till.
Il background da wrestler levigato di Brunson riesce a sopperire a una fase di stand-up striking non proprio perfetta, che alle volte lascia evidenti buchi nella guardia, ma che funge da invito ai suoi avversari per accorciare la distanza e quindi cadere nella sua trappola. Già dal primo round, un Till molto più pesante (almeno a vedersi) rispetto alle sue precedenti versioni, ha puntato sul suo solito gioco di jab e diretto, cercando di tenere in piedi l’incontro, ma per Brunson è stato un gioco da ragazzi spostarlo a terra grazie ad un double-leg takedown con le mani dietro le ginocchia.
Il takedown a segno da parte di Derek Brunson.
A terra, poi, non c’è stata storia. Brunson non ha avuto alcuna difficoltà a dominare Till, sfiancandolo con un uso massiccio del ground and pound, favorito da un’ottima stabilizzazione. Il controllo del peso da parte di Brunson, nelle fasi a terra, è davvero impressionante: Till ha provato a contorcersi per uscire dalla posizione di half-mount, ma Brunson ha continuato a controllarlo, stabilizzando all’occorrenza e mettendo a segno probabilmente i migliori colpi dell’incontro proprio in questa fase, fino alla conclusione del primo round.
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Per un fighter come Till, che aveva tenuto testa in maniera egregia all’ex campione Robert Whittaker, dev’essere stata una sorpresa vedersi in una posizione così svantaggiosa. In apertura del secondo round il fighter inglese ha provato ad evitare che Brunson spostasse l’incontro a terra. Brunson, dal canto suo, ha continuato a cercare in maniera forsennata il takedown, senza però esporsi troppo o iperestendendosi, com’era solito invece fare prima di questo incontro. Piuttosto ha fatto in modo di accorciare le distanze, ma senza mettersi in situazioni di estremo pericolo.
Dopo un minuto, Brunson ha tentato il primo atterramento, ma Till è riuscito a tenersi in piedi. Poi, però, dalla fase di clinch, Brunson lo ha trascinato a parete e poi di nuovo al tappeto. Nel resto della ripresa, Brunson ha mantenuto il match al tappeto, cambiando posizione e colpendo (ma più raramente che nel primo round), finendo così per fiaccare le energie residue di Till, che aveva già dichiarato al suo angolo di essere stanco tra il primo ed il secondo round. Fra i tentativi di stabilizzazione, Brunson aveva anche iniziato una arm-triangle choke, idea abbandonata praticamente subito in favore del mantenimento della posizione.
Nel terzo round, Till è partito bene, aumentando il ritmo e cercando di tenere il match in piedi. In alcune occasioni ha centrato benissimo Brunson, mandandolo knockdown, ma il fighter statunitense si è subito ripreso. Brunson ha capito rapidamente che doveva sporcare l’incontro per tornare a dominare: così ha accorciato e ha rischiato, subendo dei colpi importanti, ma riuscendo infine a legare ancora con l’inglese che, sfiancato dalle riprese precedenti, non ha trovato risposta al cambio di livello.
Non sono serviti gli underhook, a Brunson, che ha invece preferito piegarsi e spingere fino a parete Till. Da lì, solito piano: mani legate e double-leg takedown, al quale, ancora una volta, l’inglese non ha saputo rispondere. Nello scramble in caduta, Till ha provato a ribaltare Brunson, il quale però ha utilizzato la gabbia per passare in posizione di full mount. Dopo qualche colpo in ground and pound, Till è stato costretto ad offrire la schiena: Brunson non si è fatto scappare l’occasione e con una rapida rear-naked choke ha chiuso l’incontro.
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Till ha provato a togliersi di dosso Brunson, che però è rimbalzato sulla rete e gli è finito sopra. A volte c’è anche un po’ di sfortuna nei momenti cruciali di un incontro di così alto livello.
Brunson, come abbiamo detto, è sempre stato vulnerabile ad un certo tipo di counterstriking (chi ha detto Adesanya?) e sebbene Till non fosse dotato della stessa varietà di colpi del campione in carica, è comunque pericoloso per un fighter non molto chiuso come lui (Brunson ad inizio carriera veniva descritto come “chin up, hands down”, ovvero mento alto, mani basse, per il suo modo tipico di avanzare in maniera sfrontata e caricare i colpi dal basso). A 37 anni però è arrivato alla sua versione più matura: magari non sarà il fighter più dotato di categoria, ma ha capito finalmente quali sono i suoi punti forti e quali i suoi limiti, cosa che gli permette di sfruttare al massimo le proprie capacità.
Come ha ricordato Michael Bisping nell’intervista post-match, Brunson è nella forma migliore della propria carriera. Lui ha chiesto un rematch con Adesanya, che però dovrà affrontare per la seconda volta Robert Whittaker, e a questo punto sarebbe più interessante vederlo contro Jared Cannonier. La lotta nei piani alti dei Pesi Medi, che - non dimentichiamocelo - coinvolge anche Marvin Vettori, si sta facendo molto interessante.
È arrivato Paddy Pimblett
Nel corso della serata ha fatto il suo esordio l’ex campione dei Pesi Leggeri Cage Warriors, Paddy Pimblett. Per alcuni un vero e proprio fenomeno, Pimblett è riuscito, grazie alla grande abilità in gabbia e ad una personalità colorita a costruirsi un personaggio interessante e sfacciato. Taglio di capelli buffo da bravo ragazzo di una commedia italiana dei primi anni '80, modi aggressivi e stile di combattimento accattivante, Pimblett ha iniziato bene la sua esperienza in UFC, battendo per TKO il brasiliano Luigi Vendramini.
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Pimblett è un fighter molto interessante da vedere: guardia aperta, buon footwork, angolazioni a volte incredibili con i calci. Oltre ad essere un discreto pugile applicato alle MMA, è decisamente un grappler arcigno. Se proprio gli si volesse trovare un difetto, si potrebbe dire che non muove molto la testa e che a volte risulta troppo statico - anche Vendramini è arrivato spesso a segno all’inizio dell’incontro, ma Pimblett sembra avere un mento granitico - tutti tratti correggibili, in ogni caso, considerando la giovane età (26 anni).
Pimblett ad inizio match ha permesso a Vendramini di attaccarlo, lasciandogli modo di accorciare le distanze e cercando il colpo d’incontro appena il brasiliano era a distanza ideale. Forzando l’avanzamento e nascondendo sempre l’ultimo colpo della combinazione portata, Vendramini pareva essere riuscito a prendere un buon tempo ed a gestire il ritmo dell’incontro.
Ecco un’altra caratteristica positiva di Pimblett: quando un match sembra nel pieno del suo ritmo, lui riesce ad aggiungere caos, a cambiare le carte in tavola con un’azione improvvisa. Un tratto che è proprio, ad esempio, di Kelvin Gastelum. Pimblett ha subito Vendramini nel primo minuto, poi ha cercato il primo vero e proprio assalto frontale, ma si è ritrovato a barcollare con le gambe molli a seguito di un montante e di un gancio molto duri che, se non altro, hanno classificato la durezza del suo mento.
Vendramini centra col montante sinistro e poi col gancio Pimblett in pieno mento.
Vendramini è riuscito anche a portare a terra Pimblett, ma per poco: gli ha lasciato troppo spazio fra corpo e gambe e l’inglese si è rimesso in piedi, subendo una ginocchiata ma ritrovando la distanza. Pimblett allora si è ricomposto, ha raccolto le energie ed ha iniziato un lavoro di attacco in avanzamento, cercando di avere l’ultima parola sui colpi in uscita.
La fisicità di Pimblett si è fatta sentire da questo momento in poi e, gestendo bene le distanze, usando il calcio con la gamba avanzata quasi come un metro per misurare e ristabilire lo spazio ideale tra i due corpi, l’inglese ha riguadagnato lucidità. Ha atteso gli assalti di Vendramini prima di decidere di tentare un forcing poderoso, a seguito di due scambi selvaggi che lo avevano visto uscire meglio dei precedenti.
Vendramini col passare del tempo si è rilassato, pensando forse di poter passare le ultime battute del round in scioltezza. E invece Pimblett ha finalmente trovato il ritmo e le sue avanzate sono arrivate a segno con dei colpi chirurgici al volto: dopo un gancio in apertura che ha visto Vendramini barcollare verso la gabbia, Pimblett ha avanzato aprendosi la strada con combinazioni di ganci corti e con una ginocchiata, fino a schiantarlo grazie ad un’azione estremamente fisica, con un diretto a parete. Il match è terminato con una scarica di ganci corti à la Wanderlei Silva, uno dei quali ha raggiunto Vendramini alla tempia, mandandolo al tappeto.
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A fine incontro Pimblett ha dimostrato abilità anche al microfono. Incalzato dal connazionale Michael Bisping che gli ha subito sottolineato che Vendramini stava per mandarlo al tappeto, ha risposto: «Sono uno scouser (uno di Liverpool cioè, nda) noi non andiamo KO. Sono qui per prendermi tutto. Sono la nuova gallina dalle uova d’oro. Sono l’uomo nuovo».
Pochi esordi in UFC hanno impressionato come quello di Paddy Pimblett, che ha messo in scena un comeback senza esclusione di colpi spettacolare e che testimonia di qualità non banali. In una divisione già ricca come quella dei Pesi Leggeri sarà interessante vedere come si farà strada.