«Il dribbling è un trucco» ha detto Pep Guardiola. Persino il più grande pedagogo del calcio, con la sua ambizione a metà tra il titanico e il pedante, che tutto si può apprendere, si è arreso di fronte all’arte più sfuggente. Se il dribbling è un trucco, allora i dribblatori sono degli illusionisti: persone che sanno manipolare il tempo e lo spazio, che creano immagini inesistenti, giocano con le ombre, i fantasmi.
I dribblatori sono pochi e diminuiti col tempo. Più il calcio si è professionalizzato, più è diventato raro trovare giocatori capaci di eccellere in questa specialità egoista, estrosa, produttiva solo quando il dribblatore non è lasciato libero ma messo in una gabbia di dribbling da allevamento intensivo. In un calcio sempre più strutturato e ossessionato dal controllo, i dribblatori rappresentano la casella impazzita del sistema: possono causarne il cortocircuito, ma al contempo ne permettono anche la dinamicità. Se il calcio contemporaneo è arrivato a un punto di totale misurabilità, il dribbling resta l’ultimo lampo di creazione irriproducibile. Per questo quando compare un nuovo dribblatore sulla scena internazionale è come se comparisse un poeta: un essere umano capace di trovare nuove combinazioni linguistiche con i piedi. Un essere umano che usa la lingua in modo ignoto, seguendo ispirazioni lontane.
Il nuovo artista che dovreste conoscere - se già non lo conoscete - si chiama Edon Zhegrova. È nato in Germania ma ha nazionalità kosovara. Porta i capelli rasati e una barba disegnata da personaggio di The Wired. Dimostra più dei suoi 25 anni, come quei rapper francesi che sembrano avere 40 anni per tutta la vita. Ha il baricentro basso, le gambe tozze e pur essendo in giro da qualche anno magari avete fatto caso a lui solo quest’anno, in cui ha cominciato ad abbinare ai dribbling folgoranti anche diversi gol. Sono 9 dall’inizio della stagione con la maglia del Lille.
Zhegrova è nato in Germania da una coppia di genitori in fuga dalla guerra del Kosovo. Quando aveva due anni è andato a vivere a Pristina e dal 2018 ha già iniziato a collezionare presenze con la Nazionale kosovara, di cui oggi è praticamente già una leggenda. Ha già 36 presenze e 4 gol e la sua influenza in Nazionale ormai è così debordante che si mette a tirare punizioni tipo questa.
Suo fratello è un calciatore, sua sorella una cantante con una sua piccola fama in Kosovo. Se volete farvi un’idea di come funzioni essere una star in Kosovo potete guardarvi questa intervista doppia con sua sorella di qualche anno fa. Scenografia con peluche, pneumatici, tappeti pelosi, bottiglie di ogni genere. Conduce un uomo vestito in mimetica militare.
Dice che la sua vita è cambiata nel 2012, quando il Milan ha organizzato un campus in Kosovo e lui si è misurato insieme ad altri suoi pari età. In quel momento i suoi genitori si sono resi conto che avrebbe potuto in effetti diventare un calciatore professionista. Da lì un percorso di prove in giro per il Belgio, amichevoli con la maglia del Kosovo e partitelle in cui provava a fare del calcio uno sport individuale. I suoi compagni ricordano che da ragazzino tu gli passavi la palla, ma sapevi che non ti sarebbe mai tornata indietro. «Prendo la palla, dribblo tutti e segno. Per dimostrare che tecnicamente ci sono. Sono là». I suoi primi allenatori ricordano che Zhegrova si attivava solamente una volta che il pallone gli arrivava tra i piedi. Insomma, avete capito di che razza di giocatore stiamo parlando. Ma eccovi un elenco di caratteristiche giuste per far diventare Zhegrova il vostro nuovo feticcio:
- Origini esotiche ✓
- Nome da spia sovietica ✓
- Bagaglio di trick sconfinato ✓
- Storia famigliare interessante ✓
- Tesserato in una squadra del nord della Francia (tipo Lens, Rennes, Lille) ✓
- Carattere fumantino ✓
- Piede mancino ✓
Ho radunato un po’ di dribbling e trick e cose pazze varie fatte da Zhegrova sul campo. Giusto per costruirgli un portfolio di gif da usare per entrare nei vostri cuori.
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