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Quale futuro per Emre Can?
12 lug 2019
12 lug 2019
Come si inserisce il tedesco nel gioco del suo nuovo allenatore?
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Pur non ricevendo lo stesso livello di attenzioni riservate a Cristiano Ronaldo o Cancelo, l'arrivo di Emre Can alla Juventus la scorsa estate rappresentava una delle operazioni di mercato più interessanti nel nostro campionato, a maggior ragione per le modalità del suo acquisto: prelevato a parametro zero dal Liverpool, il profilo del centrocampista classe 1994 era adatto sia al progetto di svecchiamento della rosa avviato dalla società torinese, sia come soluzione ad alcuni problemi tattici emersi due stagioni fa.

È interessante andare quindi ad analizzare come è stata la prima stagione di Emre Can alla Juventus, che tipo di giocatore è stato all'interno del sistema di Allegri e quali sono le possibilità per il futuro, che ovviamente dipenderanno dal nuovo allenatore, Maurizio Sarri.

In stagione il tedesco ha complessivamente giocato 2255 minuti, andando a segno per 4 volte: tutte in campionato, tutte nel 2019. Impiegato inizialmente come giocatore da rotazione, è partito dalla panchina in 4 delle prime 5 partite ufficiali, come è spesso accaduto ai nuovi giocatori con Allegri, e ci ha messo un po' ad imporsi nelle gerarchie dell'allenatore (anche per colpa di un brutto nodulo alla tiroide che lo aveva tenuto fermo per oltre un mese).

Nell’ultimo terzo di stagione invece è diventato un punto fermo del reparto, sempre schierato titolare se disponibile (ha saltato la sfida contro la SPAL e l'andata con l'Ajax a causa di una distorsione, oltre al derby con il Torino per un problema muscolare), impiegato in diversi ruoli in base alle necessità della singola partita.

Come già evidenziato in carriera, al suo primo anno in Italia Emre Can si è dimostrato un giocatore molto duttile, una caratteristica perfetta per l'idea di calcio di Allegri. È però emersa una certa discontinuità nelle sue prestazioni a seconda della posizione che ha dovuto ricoprire di volta in volta: anche a causa di alcuni problemi strutturali della squadra, Emre Can è sembrato essere particolarmente suscettibile ai contesti tattici attorno a sé.

Le caratteristiche di Emre Can

Sintetizzando le caratteristiche di Emre Can nel suo pezzo di presentazione, Fabio Barcellona lo aveva descritto come «un centrocampista completo, ma maggiormente abile ed orientato alla fase difensiva». La scelta dell'aggettivo “completo” non è stata casuale: Can infatti è un giocatore polifunzionale, ma non è un calciatore totale.

Non ha la visione di gioco di De Bruyne o la tecnica di Kroos, non restituisce un senso di onnipotenza come Pogba; possiede però una buona esplosività su distanze medio-lunghe, che gli permette di rendersi utile quando c’è bisogno di guadagnare campo tramite una corsa palla al piede (anche non intervallata da dribbling).

Al tempo stesso, la robusta stazza lo rende particolarmente adatto alla difesa in avanti, sia nelle fasi di pressing alto che in situazioni di gegenpressing: Can predilige il contatto diretto con l'avversario per rubargli la sfera con un contrasto, ma sa anche temporeggiare e difendere più di posizione anziché cercare il duello individuale.

Anche le statistiche confermano le attitudini del giocatore: tra i centrocampisti della Juventus, Can è stato nettamente primo per dribbling provati (1.7, con una percentuale del successo del 76.47%) e contrasti tentati (4.1, vincendone il 78%) ogni 90 minuti durante lo scorso campionato. Dal punto di vista decisionale, quindi, è lo stesso giocatore che avevamo visto in Premier League, ma i suoi compiti tattici si sono discostati da quelli che svolgeva con Klopp.

Come ha giocato con Allegri

Durante la scorsa stagione Allegri lo ha principalmente schierato a centrocampo, come mezzala nel 4-3-3, ma è stato anche impiegato da vertice basso - quasi sempre subentrando a Pjanić - e più sporadicamente come mediano in un 4-4-2 con due esterni offensivi puri (ad esempio contro il Chievo a gennaio).

Un tema ricorrente nella carriera del tecnico livornese è l’utilizzo atipico degli interni: non hanno grosse responsabilità col pallone ed in fase di possesso si alzano quasi subito alle spalle del centrocampo avversario, allargandosi verso le fasce e occupando l'area di rigore sui cross; lo stesso tipo di lavoro chiesto ad Emre Can e che il tedesco ha interpretato in maniera diretta. Can quando, schierato da mezzala, tendeva ad allungare il reparto anziché accorciarlo, allontanandosi dal compagno in possesso invece di fornirgli una rapida opzione di passaggio.

Il suo atteggiamento ha finito per nuocere all'azione di risalita graduale del campo tramite fraseggi corti (di per sé farraginosa col passare dei mesi); inoltre, pur giocando alle spalle della linea di pressione avversaria, la sua posizione avanzata non fungeva da riferimento per le verticalizzazioni o la ricerca del terzo uomo (giocate poco sollecitate da Allegri per non esporre la scarsa organizzazione della squadra nel difendere in avanti a palla persa).

Le sue peggiori prestazioni sono arrivate quando lui e Matuidi hanno giocato come mezzali: i due agivano in maniera troppo simile provocando ridondanza a centrocampo, isolando quindi Pjanić e i terzini nelle zone arretrate.

Can scappa in avanti togliendo una soluzione corta di passaggio a Rugani, che dopo l’iniziale progressione è costretto a cambiare il lato di gioco un po’ alla cieca.

I dati relativi ai passaggi chiave illustrano bene lo scarso apporto dei centrocampisti in fase di rifinitura con Allegri: appena 0.98 passaggi dell’ex-Liverpool hanno mandato un compagno al tiro; Bentancur lo ha superato di poco (1.14) mentre Matuidi e Khedira si sono rispettivamente fermati a 0.85 e 0.75 passaggi chiave ogni 90 minuti in campionato. A livello qualitativo nessuno dei quattro è andato oltre gli 0.15 xA p90.

Con Allegri Emre Can si è trovato ad interpretare il ruolo di mezzala in maniera offensivamente più intraprendente (a volte anche meccanica), più sollecitata ad attaccare l’area di rigore; al Liverpool invece si inseriva poco e aveva soprattutto il compito di proteggere la difesa dato che Salah e Mané rimanevano molto alti in fase di non possesso, di conseguenza allungavano la squadra.

Se da un lato la nuova veste ha un po’ migliorato la sua produzione offensiva (il rapporto xG/tiri delle sue conclusioni in area di rigore è passato da una media di 0.10 al Liverpool agli attuali 0.13), dall’altro lato, giocando in una squadra che attacca poco in campo aperto, ne ha esposto i limiti tecnici nello stretto con frequenti perdite del pallone dovute a primi controlli non ottimali.

La sua difficoltà nel gestire il possesso in queste situazioni si è acuita quando ha dovuto occupare la posizione di vertice basso al posto di Pjanić: il tedesco distribuisce il pallone in maniera scolastica, con più tocchi per sistemarselo correttamente e cercando quasi sempre la giocata sicura; inoltre, rispetto al bosniaco, fatica a smarcarsi spalle alla porta ed eludere la pressione avversaria, a maggior ragione se le mezzali sono distanti (come successo nel primo tempo contro la Lazio a gennaio).

Ovviamente Emre Can non andrebbe totalmente bocciato in quel ruolo, ma è la dimostrazione che - per com’era strutturata la Juventus di Allegri - si trattava di una posizione complessivamente poco congeniale alle caratteristiche del tedesco.

Le indicazioni più positive sono arrivate quando ha giocato da mediano; a seconda del compagno di reparto nel centrocampo a due, Can ha sempre interpretato il ruolo in maniera complementare: contro il Chievo e con accanto un giocatore di rottura come Matuidi, ma anche assieme ad un facilitatore di gioco come Bentancur nella ripresa contro la Lazio, il tedesco ha accompagnato maggiormente le azioni offensive e difeso in maniera più aggressiva.

Il suo miglior partner - seppur sporadicamente in un centrocampo a quattro puro - è stato però Pjanić: il bosniaco è un catalizzatore di palloni e riusciva ad attirare la pressione avversaria su di sé in modo da generare spazi per le conduzioni palla al piede del compagno; di riflesso, Can lo ha aiutato nella coprire ampie porzioni di campo sia in avanti che lateralmente.

Can riceve il pallone a centrocampo e, grazie un rapido gioco a due con Pjanić, elude la pressione di Freuler e Pessina aprendosi il campo per la corsa palla al piede da cui nascerà il corner del definitivo 2-2.

Tuttofare

Benché il suo utilizzo sia stato complessivamente deludente, non sono mancate piacevoli sorprese: uno dei segreti della grande rimonta contro l’Atlético Madrid è stata proprio la duttilità dell’ex-Liverpool, che in fase di possesso e nelle transizioni difensive agiva da centrale aggiunto, mentre a difesa schierata occupava la zona del mediano destro.

Volendo dare un nome a questa posizione ibrida si può prendere in prestito la parola inglese half-back, la cui traduzione in italiano è letteralmente “mezzo centrale”. La strategia di Allegri in quella gara fu controintuitiva e mise in luce tutte le doti migliori del giocatore, cioè la conduzione palla al piede, la ri-aggressione e la straordinaria flessibilità tattica (ha concluso la partita da terzino destro).

Lo stesso centrocampista ha poi elogiato la scelta del tecnico in un’intervista rilasciata alla Bild: «Tatticamente non avevo mai fatto niente di simile, la linea passava in continuazione da tre a quattro e si è rivelata una mossa geniale dell’allenatore, da vero giocatore di scacchi. Il suo piano è riuscito alla perfezione».

Inoltre, a seguito dell’infortunio muscolare di Cáceres, Emre Can è stato impiegato come centrale di destra in un 3-5-2 durante gli ultimi trenta minuti della vittoria a Cagliari: dal punto di vista difensivo questo switch tattico non ha fornito grandi indicazioni, anche per colpa della mediocrità offensiva dei sardi; nonostante ciò, Can ha comunque messo in mostra le sue doti palla al piede nell’azione che ha portato al gol di Kean.

Il tedesco anticipa Barella su una palla contesa, avanza per una decina di metri e poi serve Bentancur con un bel filtrante in area di rigore.

L’ex-Liverpool è stato anche temporaneamente provato come centrale in una difesa a quattro nel pareggio casalingo contro l’Atalanta, dimostrando a suo agio in marcatura contro un avversario temibile come Zapata.

In generale il campione di partite da difensore alla Juve è troppo basso per poter trarre considerazioni significative sul medio-lungo termine, tuttavia Can ha mostrato che una futura evoluzione in questa posizione non è da escludere.

Quale futuro con Sarri

L'ex-allenatore di Empoli, Napoli e Chelsea ha già fatto intendere di voler costruire il suo centrocampo attorno al talento di Pjanić, dandogli ancor più centralità di quanta ne abbia avuta con Allegri: in queste settimane la Juventus sta conducendo diverse operazioni di mercato, che ovviamente incideranno sulle scelte di Sarri nella composizione del suo undici titolare, è arrivato ad esempio Adrien Rabiot; non possiamo sapere con certezza a quale modulo si affiderà il tecnico toscano, ma l'ipotesi più realistica in questo momento prevede la conferma del 4-3-3.

Quasi sicuramente rivedremo il bosniaco come vertice basso e fulcro del gioco: in base alle caratteristiche tecnico-tattiche e funzioni richieste da Sarri per il ruolo di mediocentro, è difficile immaginare Can in quella posizione nella nuova Juventus; come detto in precedenza, il tedesco ha qualche difficoltà nella trasmissione della palla e non ha la visione periferica di Pjanić o Bentancur, che al momento sarebbe l'alternativa più credibile al bosniaco come play basso, insieme ad Adrien Rabiot, di cui Can non ha certamente la qualità tecnica.

Per lui rimarrebbe dunque lo slot da mezzala: in fase di possesso, gli interni di Sarri hanno il compito di coprire ampie porzioni di campo facilitando la creazione dei triangoli/rombi di costruzione, nonché offrire soluzioni di scarico centrale ai difensori in caso di inaccessibilità diretta al regista; inoltre devono saper riconoscere e attaccare gli spazi alle spalle del centrocampo avversario.

Sulla carta Can avrebbe le doti fisiche e tecniche necessarie per giocarci, ma dovrebbe migliorare la sua capacità di lettura degli spazi in verticale quando non è in possesso di palla, oltre alla gestione della stessa in spazi stretti: ad oggi è un giocatore primariamente pericoloso in conduzione, grazie ad una combinazione di fisico e velocità. Non dovrebbero però esserci problemi da questo punto di vista dato che Sarri cura molto le ricezioni e gli smarcamenti per facilitare la circolazione del pallone.

In fase di non possesso, invece, Can sarebbe perfetto per svolgere compiti simili a quelli che svolgeva Allan nel Napoli di Sarri: la sua mobilità e bravura difensiva lo rendono un eccellente rubapalloni in sistemi difensivi basati sulla riconquista immediata del pallone in zone avanzate, aspetto in cui le formazioni di Sarri presentano affinità con l'ex-squadra del tedesco, il Liverpool di Klopp.

Nel complesso, il percorso dell’ex-Bayern Monaco è piuttosto promettente: a 25 anni rappresenta il presente e futuro prossimo della sua Nazionale e della Juventus. Oltre ad avere diversi margini di miglioramento, può vantare un bagaglio tattico ricchissimo, che gli permette di interpretare molteplici spartiti (anche durante la stessa partita), cosa che lo stesso Allegri aveva apertamente gradito; non è un caso che, prima di arrivare a Torino, l’ex-Liverpool sia stato cercato anche da un allenatore straordinario come Guardiola.

La speranza della Juventus è che Sarri riesca ad esaltarne il talento difensivo e magari anche aumentarne il potenziale offensivo.

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