La ridotta distanza in classifica dalla Juventus capolista ha forse spinto l’Inter a provare a rafforzare la squadra già a gennaio, invece di aspettare l’estate. Sembra quindi che le continue richieste di Antonio Conte, che più volte ha recriminato su una rosa a suo parere troppo corta, verranno presto soddisfatte.
Nel settore degli esterni, dove forse il solo Candreva ha fornito un contributo apprezzato dal suo allenatore, i nerazzurri hanno già preso dal Manchester United Ashley Young e, dopo il fallimento della trattativa per lo scambio tra Politano a Spinazzola, sembra che i nerazzurri siano vicini a prendere Victor Moses valorizzato da Antonio Conte al Chelsea.
In attacco l’Inter è interessata a Oliver Giroud - anche lui conosciuto e apprezzato dal tecnico nerazzurro, avendolo allenato ai tempi del Chelsea - che è divenuto la terza scelta nel ruolo di centravanti dei “Blues” dietro Abraham e Batshuayi. Il francese è un profilo molto più adatto di Politano e dello stesso Sanchez per ricoprire il ruolo di riserva di Lukaku e Lautaro Martinez, senza stravolgere le caratteristiche del reparto offensivo della squadra.
Il vero colpo di mercato, però, lo sappiamo dovrebbe essere l’arrivo a San Siro di Christian Eriksen dal Tottenham, da anni uno dei centrocampisti più forti d’Europa.
Le qualità indiscutibili di Christian Eriksen
Subito dopo la finale di Champions League persa contro il Liverpool Christian Eriksen aveva espresso esplicitamente la volontà di non rinnovare il contratto che lo lega al Tottenham fino al prossimo giugno, auspicando una fase nuova della sua carriera. In estate, tuttavia, nessuna offerta convincente è stata recapitata alla dirigenza del Tottenham e Eriksen ha iniziato la dov’era. Il Tottenham ha fallito tutti i tentativi di rinnovare il suo contratto e il danese è quindi pronto a partire a un prezzo ribassato nella finestra di mercato di gennaio.
Cominciamo col dire che il valore di Eriksen è indiscutibile. Forse uno statistica può suggerire la sua grandezza: è l’unico giocatore, assieme a David Beckham, ad avere messo a referto almeno 10 assist per 4 stagioni in Premier League e il miglior giocatore per numero di assist nel campionato inglese, da quando, nel 2013, vi ha esordito.
Va riconosciuto anche che il suo rendimento è apparso leggermente in calo nel corso di questa stagione. Pur senza avere sofferto alcun infortunio, Eriksen è stato impiegato in campionato solo 10 volte da titolare su 23 partite, e in 2 occasioni in Champions League. Nell’ultima di campionato José Mourinho lo ha tenuto in panchina per 73 minuti nonostante il moscio 0-0 contro il Watford. È probabile che le prestazioni del danese soffrano del limbo in cui Eriksen si è venuto a trovare al termine di quest’estate. Sul piede di partenza, con il club pronto a cederlo, ma costretto a rimanere per l’assenza di pretendenti abbastanza determinati e disposti a spendere le cifre richieste dal Tottenham. Il rendimento di Eriksen si lega a doppio filo alla complicata stagione dell’intera squadra, passata dalla finale di Champions League, all’esonero di Pochettino e all’ottavo posto in campionato a 30 punti dalla capolista Liverpool.
Christian Eriksen è un calciatore apprezzato per la sua squisita tecnica: il suo dominio del pallone è eccellente ed è uno dei migliori passatori del panorama del calcio mondiale. Nei passaggi utilizza con estrema precisione, sia sul corto che sul lungo, entrambi i piedi. In aggiunta, possiede un tiro in porta potente e preciso e può modulare le due qualità per rendere il più efficaci possibili le sue conclusioni a rete.
Alla tecnica Eriksen abbina una sensibilità tattica fuori dal comune, che si è rivelata fondamentale per emergere nel complesso sistema di gioco di Mauricio Pochettino. Sebbene la sua posizione di impiego privilegiata sia sempre stata quella di trequartista posto in verticale alle spalle di un centravanti, Eriksen è riuscito a giocare partendo dall’esterno nel 4-2-3-1 degli Spurs e anche a giocare interno in un centrocampo a 2 e mezzala in un reparto con 3 uomini. Indipendentemente dalla posizione occupata, la sua funzione all’interno del gioco degli Spurs è sempre stata quella di gestire i tempi e gli indirizzi della squadra nella metà campo d’attacco, manipolando la struttura difensiva avversaria con la sua capacità di trovare gli spazi giusti per ricevere e con le sue scelte di passaggio. Mauricio Pochettino lo ha elogiato con toni assoluti: «È un giocatore capace di fare girare la squadra e migliorare i compagni. È il cervello della squadra, il calciatore che aiuta i compagni a interpretare al meglio la partita».
Se quindi Eriksen è più conosciuto per la qualità dei suoi assist (0.35 assist per 90 minuti in carriera), la sua influenza sul gioco non si è limitata alla fase di rifinitura, ma ha abbracciato l’intera fase d’attacco del Tottenham, di cui ha indirizzato tempi e spazi.
Per capire di che giocatore stiamo parlando. Dal suo debutto in Premier League Eriksen è il giocatore che ha fatto più assist, creato più occasioni da gol, realizzato più gol da fuori area e da calcio piazzato. Inoltre è al settimo posto per somma di gol e assist
Eriksen nell’Inter: trequartista o mezzala?
Insomma le qualità di Christian Eriksen sono indiscutibili. Ma, nel complesso calcio di oggi, il contesto in un cui calciatore si trova a esprimerle, è diventato fondamentale per decretarne il successo ad alti livelli. Quello che Eriksen incontrerebbe in maglia nerazzurra, è un contesto tattico estremamente preciso, caratterizzato e forse poco incline a mutare forma per accogliere del tutto le qualità di un nuovo arrivato.
Già in fase di costruzione della rosa, durante il mercato estivo, i nerazzurri hanno disegnato la propria identità tattica. Il 3-5-2 fonda gran parte delle proprie fortune offensive sulle due punte - Lukaku e Lautaro Martinez - investite di grandi compiti e responsabilità. Alla coppia di attaccanti è assegnata la responsabilità di far salire la squadra in ripartenza dopo le fasi di difesa bassa che i nerazzurri non disdegnano. In fase di possesso consolidato alla coppia è attribuita buona parte dei compiti di rifinitura, che può premiare uno dei due attaccanti, al termine delle combinazioni di coppia insistentemente ricercate dai nerazzurri o, in alternativa, uno dei centrocampisti che giungono “a rimorchio” dopo avere giocato la palla sulle punte.
Sulle spalle di Lukaku e Lautaro Martinez sono riposte gran parte delle responsabilità di finalizzazione, sia al termine delle loro combinazioni strette che finalizzando il gioco degli esterni del 3-5-2. I gol dei due attaccanti rappresentano il 60% delle realizzazioni della squadra.
Un contesto tattico così definito appare difficilmente modificabile a metà stagione da Antonio Conte. Sembra quindi improbabile che il tecnico nerazzurro possa modificare il suo modulo di gioco inserendo in pianta stabile la figura del trequartista per impiegare Eriksen nella posizione che maggiormente preferisce. Oggi l’Inter si è schierata con il 3-4-1-2 in situazioni di emergenza, in finali di partita contro squadre chiuse e che non ne pressavano più la prima costruzione, in cui era quindi possibile fare a meno di una delle mezzali nei meccanismi di risalita del campo.
Il 3-4-1-2 dell’Inter nel finale di partita contro il Lecce.
Immaginare la presenza stabile di un trequartista implicherebbe in ogni caso una significativa ristrutturazione del gioco, ora molto schematizzato. Nelle fasi iniziali dell’azione spesso le mezzali si aprono nello spazio esterno lasciato libero dalle avanzate dei terzini per supportare i difensori nella costruzione dal basso. In un ipotetico 3-4-1-2 l’assenza delle mezzali costringerebbe a riprogettare buona parte dei meccanismi di impostazione bassa della squadra. Così come i tanti movimenti sulla catena laterale che coinvolgono movimenti coordinati tra mezzala ed esterno. Ma, ancora di più, in zone più avanzate di campo, la presenza di un trequartista stabile andrebbe a interferire con i consolidati sviluppi della manovra offensiva. L’inter svuota gli spazi centrali proprio per innescare le tante ricezioni delle punte.
Sembra quindi più probabile che Eriksen possa essere impiegato in posizione di mezzala, utilizzandolo per aumentare la qualità del palleggio della squadra e variare gli sviluppi del gioco offensivo, talvolta troppo prevedibili, della squadra di Conte.
Prima che Sensi soffrisse l’infortunio agli adduttori che lo ha tenuto fuori due mesi, l’Inter sembrava appoggiarsi meno sulle ricezioni delle punte, risalendo il campo in maniera più palleggiata. Bisogna citare come esempio almeno l’ottimo primo tempo al Camp Nou contro il Barcellona, in cui l’Inter, anche grazie a Sensi, aveva manipolato benissimo il pressing blaugrana.
Alcuni dei meccanismi visti con Sensi in campo potrebbero essere rafforzati. L’inter potrebbe inserire la mezzala dal lato debole nella zona alle spalle del centrocampo avversario per creare una linea di passaggio alternativa a quelle delle punte o per sfruttarne il gioco di sponda. Occupare dinamicamente la zona della trequarti con un giocatore della qualità in rifinitura e finalizzazione di Eriksen avrebbe di certo effetti benefici sulla manovra offensiva dell’Inter e alleggerirebbe forse i compiti di Lukaku e Lautaro Martinez.
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Sensi, dal lato debole, si muove a giocare alle spalle del centrocampo avversario.
Qualche dubbio potrebbe esserci sulla fase difensiva. L’abitudine dell’Inter a giocare in un campo grande e a non disdegnare frequenti fasi di difesa bassa potrebbero non rappresentare un habitat tattico ideale per le caratteristiche del danese. Le doti atletiche di Eriksen in spazi ampi non sono eccelse e il campo grande che l’Inter spesso vuole costruire con la sua manovra potrebbe rendere più difficoltosa sia l’efficacia dei movimenti di smarcamento del danese, costretto a coprire troppo campo, che le fasi di transizione difensiva. Grazie alla sua intelligenza tattica Eriksen è stato uno dei più efficaci interpreti del gegenpressing di Pochettino, favorito però da una compattezza di squadra che gli consentiva di leggere perfettamente le situazioni in spazi ridotti. Al contrario, spazi più ampi e fasi di difesa posizionale prolungata potrebbero invece costringere il danese a giocare in un ambiente tattico non favorevole alle sue caratteristiche.
È sempre difficile immaginare l’impatto di un giocatore sul tessuto di una squadra, a maggior ragione a gennaio e in una squadra dal disegno tattico perfettamente delineato come l’Inter di Antonio Conte.
Bisogna però considerare che il gioco di una squadra è solo in parte definito dalle scelte a tavolino di un allenatore, che, alla prova del campo, vengono inevitabilmente ibridate dalle caratteristiche dei giocatori. L’Inter di oggi non sembra la squadra ideale per esaltare le migliori qualità di Eriksen, che forse sarebbero maggiormente valorizzate all’interno di un gioco meno diretto e sviluppato in un campo più piccolo. Tuttavia l’Inter sarebbe influenzata dalle caratteristiche del danese. Eriksen possiede la versatilità sufficiente per interpretare bene spartiti tattici diversi. Bisogna dare alle considerazioni tattiche il giusto peso, ricordandoci che il valore assoluto di Eriksen non potrebbe che migliorare una squadra come l’Inter che in questo momento forse manca, in mezzo al campo, della qualità sufficiente a colmare il gap con la Juventus.