Il giorno dell’Epifania il Tottenham di Mauricio Pochettino ha interrotto al White Hart Lane la striscia di 13 vittorie consecutive del Chelsea di Antonio Conte, avanzando al contempo la propria candidatura al titolo della Premier League. Uno dei maggiori protagonisti della vittoria è stato Christian Eriksen, autore dei due assist per i gol di Dele Alli e vero grimaldello tattico della strategia pensata da Pochettino per prevalere su Conte.
E proprio la partita contro il Chelsea ha messo in mostra due delle virtù più peculiari di Eriksen: la capacità di mandare al tiro i compagni di squadra e la sua versatilità tattica, figlia dell’intelligenza calcistica di cui è dotato.
Predestinato
Christian Eriksen è nato e cresciuto in una famiglia di calciatori: il padre, Thomas, è stato il suo allenatore fino ai 13 anni, nella squadra del paese, Middelfart, in cui Christian ha cominciato a giocare all’età di 2 anni e 10 mesi (sì insomma, si fa per dire, ma è anche sul suo Wikipedia).
La sorella Louise gioca con il Kolding, nella massima serie femminile di calcio danese. A 13 anni Christian passa all’Odense BK. È già considerato un predestinato: gioca con l’under 16 e l’under 19, viene convocato nelle nazionali giovanili danesi e comincia a fare provini in giro per l’Europa. La prima squadra a convocarlo è il Chelsea: Eriksen gioca due partite amichevoli con l’under 18 contro Milwall e West Ham, ma i Blues non sono convinti del suo potenziale e gli propongono un terzo provino, che il padre rifiuta. Passa quindi tre giorni al Milan e cinque giorni al Barcellona. In Spagna gioca un’amichevole contro una selezione della Catalogna, dove, a detta sua, tocca letteralmente solo tre palloni.
A 16 anni compiuti ad aggiudicarselo è il settore giovanile dell’Ajax, che versa un milione di euro nelle casse dell’Odense BK. Dopo un anno, il 17 gennaio 2010, a soli 17 anni, Eriksen esordisce in prima squadra contro il NAC Breda disputando poi altre 15 partite in campionato. A marzo, a 18 anni appena compiuti, fa il suo esordio anche in Nazionale, contro l’Austria, e viene convocato per i Mondiali in Sudafrica, dove gioca 2 spezzoni di partita e 44 minuti in totale.
A 21 anni consegnava di fatto il titolo all’Ajax facendo un gol del genere nello scontro diretto in casa del PSV Eindhoven (via Ajax TV).
Dopo 163 partite, 66 assist e 32 gol con l’Ajax, nell’estate del 2013, a 21 anni, passa al Tottenham Hotspur. Per gli Spurs è una stagione complicata, che culmina con l’esonero di Andrè Villas-Boas dopo una roboante sconfitta casalinga per 0-5 contro il Liverpool di Brendan Rodgers. La stagione successiva inizia la gestione di Mauricio Pochettino al Tottenham.
Prima di Pochettino
Il giovane Eriksen è descritto come un classico numero 10 per la pulizia della tecnica, per la comprensione del gioco e per le doti di passatore. Il suo primo allenatore all’Ajax, Martin Jol, lo aveva avvicinato a Wesley Sneijder e Rafael Van der Vaart, altri due prodotti del vivaio dei Lancieri. Quello che arriva al Tottenham è un giocatore da 10 gol e 17 assist nell’ultima stagione di Eredivisie, giocata nel 4-3-3 di Frank De Boer nella posizione di mezzala sinistra.
Nell’Ajax, Eriksen gioca un calcio molto diverso da quello che si troverà a interpretare nel Tottenham e, in maniera più specifica, sotto la guida tecnica di Mauricio Pochettino. Il calcio di De Boer prevede ritmi lenti e una rigida struttura posizionale dove il contributo delle mezzali è quello di presidiare il centro del campo e dominare il possesso piuttosto che attaccare gli spazi o l’ampiezza, garantita dalle ali. Eriksen è un maestro nel trovare la giusta posizione dove ricevere per poi fare circolare il pallone con precisione ed intelligenza nei tempi e spazi relativamente generosi che De Boer e il calcio olandese concedono.
In Inghilterra prima Villas-Boas e, successivamente, Tim Sherwood lo impiegano principalmente sulla linea dei trequartisti alle spalle di un’unica punta. Le sue presenze da centrocampista puro sono piuttosto rare. La posizione in campo è piuttosto diversa da quella occupata all’Ajax: Eriksen si alterna tra la classica posizione di trequartista alle spalle dell’attaccante e una più defilata, che, partendo dalla sinistra, gli consente di entrare dentro il campo, sia con la palla al piede, che per ricevere. Il calcio della Premier è molto più frenetico di quello lasciato in Olanda: a centrocampo vengono preferiti giocatori più muscolari e bravi nell’interdizione; i suoi allenatori ritagliano per lui una posizione più avanzata per sfruttarne le capacità tecniche e di creazione di gioco e, facendolo partire dall’esterno, gli regalano più tempo e spazio per le giocate.
Nonostante la stagione sia pessima per gli Spurs e a dispetto di un impiego e di un calcio diverso da quello della Eredivisie, il ventunenne Eriksen si rivela il secondo miglior marcatore della squadra dietro Adebayor, con 7 reti, e, con 8 assist totali e 3.1 key pass/90 min, il giocatore del Tottenham maggiormente capace di mandare al gol e al tiro i compagni di squadra.
Al primo anno al Tottenham è capace di pareggiare al minuto 93 mostrando questa freddezza e questa tecnica (via Spurs TV).
Con Pochettino
L’inizio dell’avventura con Pochettino e con i suoi metodi di lavoro non è semplice per nessun giocatore degli Spurs. Lo “Sceriffo di Murphy” rivoluziona principi di gioco e sistemi di allenamento: introduce doppie o addirittura triple sedute giornaliere in preparazione per portare la sua squadra al livello di intensità da lui immaginato. Eriksen, come tutti gli altri, fatica ai ritmi di allenamento imposti da Pochettino, ma non è un atleta che ha paura del lavoro duro. I problemi maggiori ci sono in partita: il tecnico argentino impiega un po’ di tempo a trovare la quadratura complessiva del cerchio e, in particolare, a inquadrare Eriksen all’interno del suo calcio.
L’idea di base di Pochettino in fase di possesso palla è quella di abbassare il più possibile la difesa avversaria, favorendo così l’applicazione del gegenpressing al momento della perdita del possesso. Per questo la manovra offensiva prevede di arrivare nell’ultimo terzo di campo grazie a una connessione verticale tra il reparto arretrato e quello avanzato: la costruzione è affidata principalmente ai difensori centrali con il supporto di un centrocampista basso, mentre la zona alle spalle del centrocampo rivale si affolla di uomini, con lo scopo di tenere basso il maggior numero possibile di calciatori avversari.
Una volta innescata la manovra offensiva in zona avanzata, Pochettino predilige il gioco combinativo, con una rete di passaggi tra i propri giocatori d’attacco.
In quest’ottica, quindi, è fondamentale l’apporto dei giocatori che stazionano alle spalle del centravanti nel 4-2-3-1 (modulo prediletto del tecnico argentino), con le due mezzepunte esterne che entrano dentro il campo alle spalle del centrocampo avversario, occupando gli half spaces per la ricezione.
In un sistema offensivo così pensato, con le fondamenta della manovra nel reparto arretrato e lo sviluppo in zone avanzate di campo, il centrocampo non ha bisogno di giocatori particolarmente creativi o capaci di organizzare ed ordinare il gioco. Le qualità di Eriksen possono pertanto essere meglio sfruttate schierandolo, come avevano fatto Villas-Boas e Sherwood, sulla linea dei trequartisti, partendo indifferentemente dal centro del campo o dall’esterno, preferibilmente da sinistra.
La prima stagione di Pochettino non è esaltante: la squadra finisce nuovamente al quinto posto, facendo addirittura cinque punti in meno della stagione precedente. Per Eriksen è un anno di transizione: i gol in Premier League aumentano – al termine della stagione sono 10 - ma diminuiscono gli assist - solo 2 - e i key pass nei 90 minuti - 2.4.
La stagione successiva, però, vede la definitiva affermazione dei principi di gioco di Mauricio Pochettino: il Tottenham contende per gran parte della stagione il titolo alla favola Leicester e finalmente la stella di Eriksen brilla in tutto il suo splendore. Ormai il danese è perfettamente integrato nel gioco dello “Sceriffo”, che da parte sua ha compreso le potenzialità e la maniera più corretta di impiegare Eriksen all’interno del suo calcio.
Pensare calcio
Mauricio Pochettino ha definito Eriksen un giocatore “capace di fare girare la squadra e migliorare i compagni. È il cervello della squadra, il calciatore che aiuta i compagni a interpretare al meglio la partita”. Il suo impiego in campo si è stabilizzato nel ruolo di trequartista, ma l’intelligenza tattica e le doti tecniche lo rendono il giocatore chiave degli “Spurs” e un’ arma strategica fondamentale per Pochettino.
Eriksen è un calciatore estremamente tecnico: possiede un ottimo dominio del pallone ed è un fenomenale passatore sia sul corto che su lungo. È un destro naturale, ma utilizza con estrema disinvoltura anche il piede sinistro. Inoltre possiede un calcio forte e preciso che rende i suoi tiri dalla distanza, anche su calcio di punizione, estremamente efficaci.
Alla base del suo gioco c’è un’enorme sensibilità nel trovare la corretta posizione in campo per ricevere palla e, successivamente, trovare la soluzione più efficace per fare progredire la manovra. La sua intelligenza posizionale, unita alle sue doti di passatore e di decision-maker, gli permettono, da trequartista, di trovare gli spazi di ricezione nei buchi della rete difensiva avversaria e di scegliere dopo la ricezione se fare circolare il pallone, verticalizzare, mandare al tiro un compagno o, ancora, concludere in prima persona.
Ricerca della posizione tra le linee del Chelsea, controllo orientato e conclusione col piede sinistro. Un distillato del trequartista Eriksen (via Spurs TV).
Non è un giocatore particolarmente veloce su distanze medio-lunghe, ma sul breve ha gambe sufficientemente forti per liberarsi negli spazi più affollati della trequarti, utilizzando la sua tecnica e la sua capacità di ragionare velocemente, che lo porta frequentemente a giocare di prima, a testimonianza della capacità di pensare la giocata ancor prima di ricevere il pallone.
Dei trequartisti a disposizione di Pochettino - Alli, Son, Lamela, Moussa Sissoko - è Eriksen quello che ha il compito di gestire maggiormente tempi e distribuzione del gioco, con gli altri più orientati alla ricerca della profondità, al supporto di Harry Kane e alle percussioni esterne. Basterebbe questo, assieme al ruolo marginale in fase creativa assegnato al centrocampo, a rendere Eriksen il cervello della sua squadra. Ma le capacità di lettura del gioco di Eriksen consentono a Pochettino diverse variazioni tattiche sul tema, estremamente preziose per lo sviluppo del gioco della sua squadra.
Nell’interpretazione più semplice, quando le esigenze strategiche richiedono un gioco offensivo maggiormente manovrato, Eriksen è capace di abbassarsi e riempire il vuoto a centrocampo, aiutando la squadra a risalire palleggiando invece che verticalizzando immediatamente. In maniera più strutturata e sistematica Eriksen consente a Pochettino di passare fluidamente dal 4-2-3-1 al 4-3-3, ruotando i componenti del centrocampo. La diversità della funzione di Eriksen da quella degli altri trequartisti della squadra è fotografata dal numero di passaggi effettuati: almeno 15 su 90 minuti in più, in media, rispetto ad Alli, Son o Sissoko.
La sensibilità tattica di Eriksen consente a Pochettino sempre più variazioni di modulo, sia di partita in partita, che all’interno dello stesso match. Nelle ultime giornate di Premier League, da fedele bielsista Pochettino ha impiegato la difesa a 3 e schierato la sua squadra con un apparente 3-4-2-1, con Eriksen e Dele Alli alle spalle di Kane. Le raffinate letture di Eriksen tramutano in maniera fluida il 3-4-3 in un 3-5-2, con il danese che si abbassa sul centro destra e Dembelè che da interno si apre sul centro sinistra.
Contro il Chelsea e il WBA, schierati con soli due interni di centrocampo, gli smarcamenti di Eriksen sul fianco sinistro della coppia di centrocampisti avversari, hanno regalato costante superiorità numerica al Tottenham nelle due fasi di gioco e, nel match contro la squadra di Antonio Conte, i due assist decisivi per la vittoria.
In maniera simile, ad inizio stagione, Pochettino ha potuto sperimentare una sorta di 4-1-4-1 col solo Wanyama alle spalle di una linea di giocatori costituita internamente da Eriksen e Alli ed esternamente da due tra Son, Sissoko e Lamela. Anche in questo caso la capacità di Eriksen di leggere gli spazi e la trama della partita consente al Tottenham di transitare senza soluzione di continuità dal modulo iniziale al 4-2-3-1, con il danese che si abbassa al fianco di Wanyama per rendere fluide le fasi iniziali della manovra.
L’influenza di Eriksen nel gioco del Tottenham è aumentata esponenzialmente proprio grazie alle sue capacità di lettura che consentono alla squadra di variare la disposizione in campo. Già nelle passate stagioni il nazionale danese si era imposto come il giocatore fondamentale per la gestione dei tempi e degli indirizzi della manovra offensiva della sua squadra, ma da quella in corso il suo ruolo si è ulteriormente ampliato, estendendo la sua influenza anche in altre zone di campo e condizionando con le sue letture la struttura posizionale del Tottenham.
Oltretutto, a dispetto di doti atletiche non eccelse, Eriksen è particolarmente efficace nell’applicazione del gegenpressing, parte fondamentale del calcio di Mauricio Pochettino, grazie alla stessa intelligenza posizionale che mostra in fase offensiva. Un interessantissimo studio ha evidenziato come nella passata stagione il danese sia stato il giocatore degli Spurs che, secondo solo a Dembelè, ha recuperato più palloni in situazioni di gegenpressing, ma mediamente in maniera più rapida dopo la perdita del possesso rispetto al belga.
Oltre che della perfetta efficienza in tutte le fasi di gioco nel sistema di Pochettino, il dato testimonia ancora una volta la capacità di Eriksen di posizionarsi bene in campo in fase di possesso palla, da cui deriva il vantaggio in fase di gegenpressing.
Tutti i gol di Eriksen con la maglia del Tottenham, fino ad adesso.
Fondamentale
In un campionato troppo spesso dominato dalla frenesia e da basso controllo del ritmo, Christian Eriksen è come acqua nel deserto per chi ama giocatori in grado con la loro intelligenza calcistica di dominare gli spazi e i tempi di gioco.
Non è esclusivamente una questione di tecnica, di cui pure abbonda, quanto di capacità di influenzare il gioco con la propria intelligenza posizionale e la qualità delle decisioni prese in possesso palla. La sua importanza nel gioco degli “Spurs” è progressivamente aumentata negli anni e con la conoscenza reciproca con Mauricio Pochettino. Dopo la prima stagione in chiaroscuro, Eriksen si è gradualmente e con continuità imposto come il giocatore maggiormente in grado di indirizzare il calcio della propria squadra.
I numeri sono notevoli: Eriksen è il giocatore degli Spurs che gioca più passaggi chiave (3 key pass/90 min che generano 0.192 expected assist/90 min), che ha effettuato più assist (già 8 in metà stagione, con una media di 0.41 assist/90 min)e che tira di più in porta (4.1 tiri/90 min, più di Harry Kane che calcia 3.5 volte ogni 90 minuti, che hanno generato 5.44 expected Goal). Ma le statistiche restituiscono solo in parte l’importanza del danese nell’economia del gioco del Tottenham: Eriksen è il giocatore che decide l’indirizzo spaziale e temporale della manovra, fornisce soluzioni di passaggio e crea nuove linee di gioco, modificando con i propri movimenti la struttura posizionale della squadra.
Se il Tottenham è la squadra che è riuscita a spezzare l’incredibile serie di vittorie del Chelsea, e oggi forse è la sua più credibile rivale, una buona parte del merito è del talento e dell’intelligenza di Christian Eriksen. I suoi precocissimi esordi e la sua innata maturità tattica, ci fanno talvolta dimenticare che Eriksen ha solamente, ancora, 24 anni e potenzialmente gli anni migliori della propria carriera ancora davanti a sé.