Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Quindi Haaland è scarso?
05 apr 2024
La piccolissima crisi realizzativa recente ha aperto un dibattito assurdo.
(articolo)
11 min
(copertina)
IMAGO / Sportimage
(copertina) IMAGO / Sportimage
Dark mode
(ON)

Un video circola malignamente da giorni sui social. Dei giocatori del Manchester City sono in cerchio e si passano il pallone, mentre due sono in mezzo che cercano di prenderlo. È quel rito satanico catalano chiamato “rondo” e i giocatori di alto livello lo fanno scazzati o divertiti in allenamento, o prima della partita. Anche se a riposo, quasi distratti, riescono a far passare la palla in spazi inesistenti, con gesti tecnici minimali ma chirurgici.

Stavolta c’è qualcosa che non torna. C’è un uomo gigantesco che non sembra avere la tecnica degli altri, che non riesce a stare al loro ritmo. È Erling Haaland, uno dei migliori giocatori al mondo. Mentre i passaggi degli altri sono rapidi e affilati, i suoi lenti e sciatti. Mentre gli altri orientano il corpo con la morbidezza di un’auto sportiva in curva, quello è tutto legnoso e impacciato. Come fa un giocatore di quel livello a sembrare così inadeguato?

Questo video è diventato virale nel modo in cui le cose calcistiche lo diventano oggi: facendo sembrare uno scampolo di realtà la realtà stessa. Ha circolato poi come una conferma posteriore, o come un sintomo di quella che sarebbe stata la partita di Haaland contro l’Arsenal. Una di quelle giornate incubo dei centravanti che non toccano palla, che se ne stanno tristi davanti a guardare gli altri giocare. Dopo questa partita, in cui Haaland ha toccato 11 palloni, Roy Keane ha dichiarato che sembrava un giocatore di League Two - ovvero la quarta divisione del calcio inglese. Certo, Roy Keane non è celebre per la sua simpatia per il Manchester City di Guardiola. Qualche mese fa aveva commentato sarcastico la discussione che Haaland e Pep avevano messo in scena in un derby di Manchester: «Lo fanno per lo show. Puoi avere quella discussione nello spogliatoio». (A Keane non è venuto in mente che forse lo stavano facendo per lui: per farlo impazzire alla fine di un derby perso). Però è una leggenda del calcio inglese, un commentatore molto amato, che comunque ha costretto Guardiola a prendere posizione nella conferenza stampa successiva: «Non sono d’accordo. È il miglior centravanti al mondo», ha tagliato corto, con l'aria scazzata del dittatore permaloso.

Vi assicuro che questo scontro non è rimasto confinato a una piccola bega cittadina tra City e United. Haaland non segna da qualche partita e già si parla di lui in termini dubitativi, che ci sarebbero suonati surreali appena un paio di settimane fa. Se ne parla su ESPN, se ne parla su tutti i giornali inglesi. Fioccano i paragoni con Harry Kane, con Kylian Mbappé, con Karim Benzema. Ci si interroga sui limiti e i confini del talento di Haaland. Abbiamo forse avuto troppa fretta a volerlo inserire in un gruppo di discussione di élite con i migliori giocatori al mondo?

Chi ha visto la partita può riconoscere che commentare la prestazione di Haaland risulti piuttosto pretestuoso. È stata una gara supremamente noiosa, in cui lo scontro tra due allenatori che si conoscono troppo bene ha prodotto la più perfetta sterilità. Come se il prodotto ultimo del perfezionamento fisico, tecnico e tattico del calcio inglese potesse avere come esito solo e unicamente il nulla. In questo nulla bisogna trovare riflesse cose interessanti. E allora notiamo, per esempio, che il City non usciva da una partita casalinga senza gol dall’ottobre del 2021: 47 match consecutivi. Si segnalano minuzie statistiche a loro modo impressionanti: il più basso numero di tocchi in area di rigore del Manchester City, nel primo tempo, da quando è allenato da Pep Guardiola. E soprattutto Erling Haaland - un’arma di distruzione di massa - non ha segnato per la terza partita stagionale contro l’Arsenal. In queste tre partite ha accumulato la miseria di 0.24 xG.

Il City aveva in campo una formazione molto controllata, con Foden a sinistra a piede naturale, limitato nelle sue possibilità, e quattro centrali a comporre la linea difensiva. Haaland si è trovato spesso in mezzo tra i due centrali, Saliba e Magalhaes, a dover controllare palloni sporchi, spalle alla porta, in inferiorità numerica. Contro due dei centrali più forti e fisici al mondo. «Erling è giovane e gioca nella posizione più difficile in campo, circondato da 4 o 5 giocatori», ha ricordato Guardiola di recente. In questo contesto se l’è cavata tutto sommato discretamente. Non ha perso tutti i duelli giocati, ha ripulito qualche pallone, vinto qualche duello. Non è mai riuscito a rendersi pericoloso, o a dominare i suoi marcatori come gli capita altre volte. Ha giocato una partita modesta, eppure sui social è passata la narrazione secondo cui Haaland sarebbe stato umiliato. Che sarebbe un giocatore mediocre, limitato, il cui vero valore emerge quando affronta squadre forti e difensori di livello. Come se i numeri di Haaland fossero gonfiati - statpaddati, in gergo - contro squadre di basso livello. Come se Haaland, insomma, fosse una truffa. Il suo fallimento certificato dal fotogramma video che lo vede sbattere su Saliba e poi cadere a terra.

È un ruolo complicato, quello di toccare poco più di 10 palloni a partita e massimizzarne la resa. Fare tanto con poco. Chiunque abbia giocato in attacco su un campo a undici anche una sola volta nella sua vita conosce la sensazione che si prova a essere uno spettatore della partita che si dovrebbe giocare. E al contempo non potersi concedere alcun rilassamento, restare sempre allerta perché in qualsiasi momento potresti essere costretto a dover fare qualcosa di decisivo. Il ruolo del centravanti e quello del portiere, degli arbitri del destino delle due aree, finiscono per toccarsi in questo aspetto esistenziale: avere la responsabilità dell’esito della partita in singoli, brevi momenti.

Il momento in City-Arsenal per Haaland è arrivato all’84’ quasi dal nulla. Mentre la squadra batteva un calcio d’angolo, lui stazionava sul secondo palo e non c’era nessun segnale che la palla sarebbe potuta arrivargli; invece c’è una deviazione di Gvardiol e la palla gli arriva, sul sinistro, non marcato. Lo specchio è stretto ma Haaland è il tiratore più efficiente al mondo. E invece c’è una breve smagliatura della realtà. Calcola male la traiettoria, liscia la palla in modo nemmeno goffo, più incomprensibile, inspiegabile. Un singolo errore che lo ha inchiodato alla gogna pubblica.

Haaland sembra solo un po’ ingrigito insieme a tutto il City, che per ora sta lasciando un’impressione di squadra sopita, noiosa, che gioca a marce basse. Se nei suoi momenti migliori il City somiglia a a una civiltà aliena ipertecnologica che massacra altre civiltà arretrate, quest’anno il suo dominio ha assunto una forma più burocratica. Il City si mantiene ai vertici grazie alla propria superiorità intrinseca, ma è lontano dai momenti di brillantezza del finale dello scorso anno. Haaland al momento sembra appiattito da questo contesto, mentre è Phil Foden che sta lievitando e regalando alla squadra momenti di grazia e ispirazione. Contro l’Aston Villa, senza De Bruyne e Haaland, il City è sembrato più leggero, sfrontato, meno ossessionato dal controllo. Più vicino alla forma liquida precedente all’arrivo di Haaland.

Le sue statistiche avanzate sono quasi identiche a quelle dello scorso anno. Non è cambiato poi molto. Solo che è diventato meno cinico del solito sotto porta. È il giocatore della Premier League ad aver sprecato più “grandi occasioni”, secondo i dati della lega. Una statistica, a dire il vero, ambigua.

Ma davvero Haaland non segna contro le big six della Premier? Il dato è che in questi due anni ha segnato 12 gol in 19 partite contro queste squadre (a cui andrebbero aggiunti 7 assist). La sua media, quindi, è un invidiabile 0,6 abbondante a partita. Inferiore al suo ritmo normale, ma ci mancherebbe. Finora la sua media gol contro le big six è superiore a quella, per esempio, del “Kun” Aguero o di Henry, e cioè i due attaccanti con la media più alta tra quelli che hanno segnato più gol alle migliori squadre della Premier. Il campione di partite di Haaland è ancora basso e sicuramente regredirà, ma per ora è in linea con i migliori della storia.

Detto questo, proviamo a fermarci un attimo e a guardare la cosa da fuori. Haaland ha segnato quest’anno 24 gol in 30 partite tra Champions League e Premier League. Se teniamo in considerazione gol e assist nelle due competizioni è il terzo giocatore AL MONDO ad aver partecipato a più gol. Meglio di lui solo Harry Kane e Kylian Mbappé.

Eppure, se la guardiamo sotto una certa prospettiva, è un bottino magro per Haaland. Lo scorso anno il norvegese aveva una media di 1,1 gol a partita. Ora è solo a 0,8. Veramente un tracollo. Haaland non ha mai segnato così poco in carriera. Nei pochi mesi al Salisburgo - la cosa più vicina a uno sbarco alieno che si potrà mai verificare in Austria - aveva segnato 28 gol in 22 partite. Al Borussia Dortmund, in tre stagioni, aveva messo insieme 86 gol in 89 partite. Ci si chiedeva come avrebbe digerito il gioco di Guardiola, che per anni aveva fatto a meno di un centravanti. E Haaland ha segnato 52 reti lo scorso anno. In 53 partite.

Insomma, Haaland ci ha abituati a medie gol leggendarie, capaci di stare al passo dell’allucinazione statistica dell’era di Messi e Ronaldo. Ci ha abituati a un ritmo giustificabile solo nell’epoca paleocalcistica di Pelé, Gerd Muller, Puskas, o Bican. Giocatori che hanno segnato lontani dall’iper-esposizione televisiva, e i cui gol vivono in un orizzonte di credibilità più vacuo.

Da quando è comparso sulla scena internazionale, il valore di Haaland coincide e si riduce ai suoi numeri. È storto, strano, buffo, ma segna ogni partita. Gioca pochi palloni lontano dall’area, è grossolano, ligneo, impreciso, ma nei suoi tabellini il numero dei suoi gol sarà sempre superiore al numero delle sue partite. Possiamo non guardare le partite di Erling Haaland, non seguire la sua evoluzione, non chiederci come questo strano essere umano abbia trovato il modo di essere uno dei migliori calciatori al mondo. Sui siti statistici i suoi gol saranno sempre, comunque, più delle sue partite.

Haaland che appena sveglio guarda il cielo per incamerare luce solare buona per il ritmo circadiano. Haaland che a pranzo mangia cuore e fegato di mucca; lasagna del papà prima della partita. Haaland che tre ore prima di mettersi a dormire si infila gli occhiali blu per bloccare le luci della stanza. Fermo, ibernato, ad aspettare solo che il suo corpo si spenga. Appena prima si mette un nastro adesivo sulla bocca per forzarsi a respirare solo col naso. Garantirsi la migliore ossigenazione, recuperare ogni micro-particella di energia di sé stesso per convogliarla in un’unica direzione: il gol. Da quando è nato Haaland ha dedicato ogni singolo sforzo, ogni decisione della propria vita, a questo unico scopo. Giocare a calcio al meglio delle proprie possibilità, certo, ma segnare: soprattutto segnare. Intervistato nel podcast di Logan Paul l’ha detto chiaramente: «Mi alleno per fare al meglio il mio lavoro, cioè segnare. Specialmente in questo Manchester City. Sono quello che deve finalizzare il lavoro».

È la storia di Haaland, almeno quella che gli abbiamo cucito addosso, a ricondurre il giudizio su di lui a questo: ha segnato o non ha segnato? Haaland appartiene alla prima generazione di grandi giocatori post-CR7; a quei calciatori, cioè, che percepiscono il proprio valore attraverso i record di reti. Il modo in cui Haaland influenza la partita, in realtà, è più vasto. Nessuno ha la sua efficacia nell’attaccare la profondità, nessuno è più letale quando può calciare in porta, pochi sono più difficili da marcare quando il campo si spalanca e i giocatori di Premier diventano bufali lanciati sui pattini. Queste sue abilità, anche quando rimangono virtuali, in potenza, rappresentano un condizionamento tattico per le squadre avversarie. Haaland apre spazi, abbassa difese, stressa la mente dei giocatori che devono marcarlo. Il suo gioco spalle alla porta e in rifinitura non è ai livelli di Kane e Benzema; il suo controllo tecnico è inferiore a quello di Lewandowski. In tutti questi aspetti è migliorato da quando è arrivato al Manchester City, NON sembra un giocatore di League Two, ma è innegabile che la sua presenza sulla partita è notevolmente più sottile di quanto siamo abituati ad attribuire ai migliori attaccanti al mondo. E così ogni volta che non segna il suo valore è in discussione.

Kylian Mbappé, che vive con Haaland un confronto costante, ha un desiderio di incidere più grande, e un’influenza più vasta nella propria squadra e nelle partite. Haaland, nel City, accetta di avere un ruolo limitato: in favore del collettivo e per massimizzare la propria resa in finalizzazione. Haaland accetta di essere uno specialista, un ingranaggio. Vive per questo, e per perfezionare questa arte minimale, che lo fa restare ai margini, che ci fa dimenticare di lui. Guardiola ha detto che «deve imparare che se non segna deve mantenere un linguaggio del corpo positivo, uno spirito positivo e dirsi che “arriverà”». Tutta la carriera di Haaland si basa su questo equilibrio tra i suoi miglioramenti nel gioco associativo e il massimizzare comunque i suoi numeri offensivi. Restare il miglior finalizzatore al mondo, e nel frattempo imparare a fare altro.

Il modo in cui si muove, il suo corpo impossibile, lo fanno stare sempre in bilico tra la fantascienza e il ridicolo; tra il gol da fumetto segnato contro il Borussia Dortmund, o quell’errore ridicolo contro il Liverpool alla prima partita col City - quando ha tirato la palla sulla parte superiore della traversa a pochi centimetri dalla riga.

Per questo il suo valore resta più ambiguo rispetto a giocatori come Mbappé, Vinicius Jr o Bellingham, che vivono al centro energetico delle partite, e ne manovrano i destini in maniera sempre visibile. Haaland fa un lavoro diverso, e l’espressione della sua eccezionalità dipende più direttamente dall’aiuto dei compagni. Quando il Manchester City inciampa in una partita piatta e dura come quella contro l'Arsenal, la giornata di Haaland diventa difficile, e si fa presto a dimenticarsi della sua eccezionalità. Viene quasi da pensare che si giocherebbe meglio di lui, che a 24 anni ha già segnato 41 gol in Champions League, 54 gol in Premier League, 263 in carriera.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura