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Cosa c'è di interessante nel fallimento di Juric
14 nov 2025
Una scelta che sembrava sbagliata, e che in effetti si è rivelata sbagliata.
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11 min
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Foto IMAGO / ZUMA Press
(copertina) Foto IMAGO / ZUMA Press
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Certe volte il calcio sa essere veramente prevedibile. Qualcosa che TUTTI immaginavano potesse andare male, in effetti va male. Non c’era persona in Italia, probabilmente, che in estate avesse trovato una bella idea quella di assumere Ivan Juric come allenatore dell’Atalanta, e pochi mesi dopo siamo qui a scrivere di un esonero non certo imprevedibile ma comunque impressionante.

L'esonero è stato formalizzato dopo la sconfitta in casa contro il Sassuolo per 3-0. Una sconfitta di proporzioni inimmaginabili fino a un anno fa, quando in panchina c’era Gian Piero Gasperini e gli standard dell’Atalanta erano diversi. Non tanto per il risultato quanto per il modo in cui è arrivato.

Tuttavia la mossa dell’Atalanta è inconsueta, esonerare il proprio allenatore a novembre, per una società cauta e razionale nella programmazione. È come se si fossero svegliati da un incubo durato tre mesi, nel quale in qualche modo si erano convinti che fosse una buona idea assumere Ivan Juric come allenatore. La decisione arriva a margine di due partite contraddittorie, che già erano state annunciate come decisive per il destino di Juric.

Contro l’Olympique Marsiglia l’Atalanta ha vinto e controllato il gioco. Una partita strana decisa in fondo da un episodio. Il pallone rimbalza sulla mano di Ederson in area nerazzurra, l’arbitro non concede il rigore e sul ribaltamento di fronte Lazar Samardzic tira fuori dal cilindro uno dei gol dell’anno. L’impressione di casualità di questa vittoria ha inciso sulla decisione di Percassi? In realtà l’Atalanta ha giocato con personalità e organizzazione tutta la partita, soffrendo solo in alcuni casi l’Olympique Marsiglia - che è secondo in Ligue 1, anche se aveva qualche infortunato. Prima del gol di Samardzic era andata vicina al vantaggio varie volte: un calcio di rigore sbagliato da Charles De Ketelaere, il solito errore sotto porta di Krstovic, un gol di Lookman annullato dopo aver trovato un fuorigioco cervellotico.

L’Atalanta aveva pressato, gestito il pallone, creato occasioni, dentro il contesto difensivamente meno asfittico di una squadra non italiana. Pochi giorni dopo invece si è schiantata sul gioco di duelli e transizioni del Sassuolo di Grosso. Una partita in cui la squadra è sembrata semplicemente senza vita, e una sconfitta che ha messo sotto una luce diversa anche la vittoria contro l’Olympique Marsiglia. Come se la prestazione messa in campo fosse stata plasmata solo dalle motivazioni della Champions League, dal Velodrome, ma non poggiasse su alcuna base concreta. Una volta svanita la tensione, e davanti c’erano Thorstvedt e Pinamonti, l’Atalanta si è scoperta stanca e senza punti di riferimenti.

Chissà se fosse entrato il tiro di Lookman, respinto da una giocata da stunt-man di Idzes, se il destino di Juric sarebbe stato diverso. Chissà se se lo chiede anche lui, a casa. Dopo quell’occasione Pinamonti sembrava l’unica persona sveglia in un'area di rigore di persone addormentate - come se tutto lo sforzo di Marsiglia avesse trasformato i giocatori dell’Atalanta in morti viventi. Ha rubato il pallone a Hien, saltato Carnesecchi, guadagnato il rigore. Poi l’Atalanta ha giocato da squadra stanca e nervosa, che porta attacchi carichi di disperazione e privi di lucidità, mette Samardzic a fare la salida lavolpiana. Una squadra senza equilibrio, che attacca senza pensare a come difendere, proiettando su ogni pallone la disperazione e la scarsa lucidità dell'ultimo minuto di recupero.

Domenico Berardi, nel frattempo, pasteggiava sul cadavere dell’Atalanta di Juric. Faceva passare la palla tra le gambe di Samardzic, serviva l’assist a Pinamonti del 2-0; poi correva leggero e tranquillo verso il 3-0. Quando una squadra muore, e va in necrosi, c’è sempre Berardi che piomba sul suo corpo e finisce di spolparlo - vi ricordate Berardi in versione Henry contro il Milan di Pioli che va in pezzi?

Ivan Juric a bordo campo - tuta, occhiali rettangolari, capelli bianchi e neri -osservava la disfatta con disperazione crescente. Sono scene a cui ormai dovrebbe essere abituato. Il 10 novembre 2024 Juric veniva esonerato dalla Roma, esattamente un anno dopo, il 10 novembre 2025, Juric viene esonerato dall’Atalanta. Forse la cosa più incredibile è che nel mezzo è riuscito a fare male anche in Inghilterra, con il Southampton. In ciascuna di queste esperienze è sembrato uno dei peggiori allenatori della storia di quel club. Dopo essere andato via da Roma la squadra ha preso il volo, producendo un rimbalzo di forma e classifica francamente pazzesco. Come se i giocatori fossero talmente sollevati di non essere più allenati da Juric da produrre carburante di puro sollievo.

La Roma è la squadra italiana che ha totalizzato più punti nel 2025. Ranieri ha ripreso a far funzionare le cose con un'efficienza dai contorni quasi dimostrativi. Come se dovesse esibire nel modo più violento possibile - a suon di clean sheet, rendimento stratosferico in trasferta, vittorie nei big match - che quella che in mano a Juric sembrava una squadra pietosa era, in realtà, non una squadra decente, non una buona squadra, ma una grande squadra.

Per qualche ragione poi Juric è stato chiamato ad allenare anche in Premier League; come se una chiamata immeritata ne generasse in automatico un’altra.

Per questo il personaggio di Juric nell’ultimo anno ha assunto tinte comiche. Uno stregone goffo capace di peggiorare e incenerire tutto ciò che tocca. Un’immagine diversa dalla prima versione di Juric, il teologo negativo, il sacerdote oscuro del death metal, che al Torino aveva allevato un branco di cani rabbiosi che odiava il pallone. Una squadra che venerava il pressing: giocava per esso, attraverso di esso. Una squadra di fuoco, fiamme, distruzione, zero piacere, zero luminosità. Juric però non è più quell’allenatore. Il suo gioco addolcendosi si è banalizzato, e lui è diventato più normale. Uno che ha dovuto svestire i panni del pazzo eretico per indossare quelli del leader ragionevole, dell’allenatore di grandi squadre. Il tutto però con l’aria di chi si è trovato in quella situazione suo malgrado, come se fosse uno scherzo cattivo nei suoi confronti, fattogli per scoprire la sua inadeguatezza. Un esperimento socio-antropologico tipo Una Poltrona per due. Prendiamo questo allenatore oggettivamente intrattabile, spigoloso, tatticamente limitato e mettiamolo ad allenare squadre difficilissime da allenare.

Juric ha continuato a far carriera senza meriti apparenti. Più ha fatto male più gli venivano dati incarichi prestigiosi. La panchina della Roma, poi una in Premier League e infine quella della squadra modello del calcio italiano.

Ripeto: a tutti era sembrata una cattiva idea, e allora cosa ha spinto la proprietà dell’Atalanta a scegliere Ivan Juric in panchina?

Lo sapete già. L’Atalanta avrebbe voluto essere allenata da Gasperini per sempre e la paura della società era probabilmente la paura di tutti: che lo status della squadra fosse in realtà più effimero di quanto sembrasse, troppo dipendente dalla presenza di Gasperini. C’era vita oltre il mago di Grugliasco, colui che per la Dea è come Cruyff per il Barcellona?

È stata una scelta per la continuità, che potesse offrire l’illusione che ci fosse ancora Gasperini. Juric, in fondo, è il discepolo più esperto di Gasperini. È dopo di lui che si sono generati i vari Bocchetti, Palladino, Tudor, Motta, alunni della Divina scuola di Grugliasco. Juric è cresciuto sotto i precetti del maestro, aveva già dimostrato di poter replicare in Serie A un gioco simile, poteva prendere in mano una rosa costruita con lo stesso modulo, gli stessi principi, lo stesso stile di gioco. Come si dice, a Zingonia ci sono ancora le righe disegnate per terra. A Juric sarebbe bastato far seguire le linee tracciate per non sbagliare, recitare uno spartito.

Però è stato questo il problema: l’Atalanta di Juric è sembrata una squadra che ripeteva alcune idee e principi senza convinzione. Il gioco di pressing, marcature a uomo e dominio è sembrato spogliato della sua anima, privo di energia. L’Atalanta è diventata una squadra, come dire, manierista. Un falso d’autore.

La riconquista alta del pallone funzionava solo a tratti, la fase di possesso è diventata più compassata e prevedibile. La squadra ha perso una piccola parte di intensità che si è rivelata fatale. Come se quella macchina, implacabile con Gasperini, si fosse leggermente ingolfata. Anche le statistiche avanzate raccontano di una squadra normalizzata. L’indice PPDA - che misura il numero di passaggi permessi alla squadra avversaria prima della riconquista - si è alzato, passando dai 10.55 con Gasperini ai 12.03 con Juric - segno di una squadra che pressa meno e meno bene. Ci sono altri numeri in contrasto: l’Atalanta è comunque terza in Serie A per azioni difensive vicine alla porta avversaria e tira spesso dopo riconquista alta. Sono però momenti che l’Atalanta è riuscita ad applicare solo in certe partite specifiche - contro l’Olympique Marsiglia, per esempio, o contro il Milan - in cui la Dea è riuscita a strozzare spesso la compassata costruzione bassa rossonera. Come se non avesse l’energia, fisica e mentale, per supportare a lungo quel tipo di gioco.

Sul piano offensivo la squadra continua a essere tra le migliori di un campionato arido, ma anche in questo aspetto si è vista poca continuità. Oggi sono 13 i gol segnati: pochi per una squadra che negli ultimi anni ci ha abituati a infrangere ogni record offensivo. Un calo probabilmente non del tutto dipendente da Juric. Il cambio da Lookman a Sulemana e da Retegui a Krstovic/Scamacca ha fatto perdere alla squadra precisione negli ultimi metri. Nelle ultime partite il rientro di Lookman sembrava in effetti poter migliorare l’efficacia, ma non è nemmeno un caso che l’Atalanta abbia segnato poco con un allenatore che ha sempre avuto problemi a rendere le proprie squadre brillanti in attacco.

In effetti Juric ha cambiato parecchio la fase di possesso. Brescianini ha parlato della differenza di approccio fra i due tecnici: «Juric insiste molto sulla fase di possesso, ci chiede di non forzare le giocate e di mantenere il controllo del pallone anche sotto pressione. A livello di intensità e mentalità, però, non è cambiato molto: entrambi sono allenatori propositivi, che vogliono dominare la partita e trasmettono grande voglia di vincere». Juric in effetti è sembrato voler creare una squadra più controllata, meno verticale, meno sbilanciata; solo che ha prodotto l’effetto opposto. Diventando meno diretta l’Atalanta ha finito per perdere energia, il pressing si è fatto meno convinto, le scalate in marcatura un pochino in ritardo. Nel frattempo sono stati smontati la maggioranza dei meccanismi di avanzamento del pallone attraverso le catene laterali. Il centro del campo, che con Gasperini si svuotava, ha acquisito importanza, pur non avendo l’Atalanta centrocampisti costruttori. Strano, visto che in estate Massimiliano Bogni scriveva di un’Atalanta ancora più gasperinizzata nella fase di possesso, esasperata in tutti i suoi meccanismi distintivi.

Più che una squadra ingolfata l’Atalanta è sembrata una squadra più sfaldata tra fase offensiva e difensiva, meno coerente, meno sicura, più sfilacciata. Nello scarto tra l’originale e la copia l’Atalanta ha perso competitività; è diventata una squadra media, come recita la classifica. Oggi l’Atalanta è più vicina alla zona retrocessione che al primo posto.

Sono questi i contorni dell’esperienza fallimentare di Juric: non i tonfi assoluti e plateali fatti con Roma e Southampton, ma un abbassamento verso la mediocrità di una squadra che negli ultimi anni di Serie A non aveva niente di mediocre. Una squadra feroce, eccitante, che poteva perdere - anche in modo spettacolare - perché andava fuori giri, non perché mancasse di ritmo, idee, ambizione. L’Atalanta di Juric, invece, non è mai crollata davvero, almeno non prima di Sassuolo, ma continuava a pareggiare segnando poco. Prima della sconfitta contro l’Udinese la squadra ha pareggiato cinque partite di fila.

Non va sottovalutato che l’Atalanta ha vissuto questo inizio di stagione con Lookman fuori, Ederson e Kolasinac infortunati. I problemi, però, sembrano andare oltre la tattica e le assenze. Li possiamo solo indovinare, guardando Juric venire quasi alle mani con Ademola Lookman a Marsiglia; rispondere aggressivo a Carnesecchi che chiedeva più attenzione alla squadra: «Parli meno e pensi a parare». Dichiarazioni che fanno da contraltare ad altre in cui Juric era sembrato particolarmente accomodante. Un uomo che anche in altre esperienze non sembra conoscere vie di mezzo, tra bastone e carota, e che pare non riuscire a entrare in contatto umano con le squadre che allena. Magari c’entrano anche i recenti insuccessi di Juric: non c’è ambiente più darwinista di uno spogliatoio di calcio, i giocatori annusano il fallimento e non ti danno più rispetto. È anche così che gli allenatori perdono il tocco: collezionano fallimenti, lasciano la presa, e i calciatori smettono di dargli retta. Fanno sempre più fatica a far in pratica le proprie indicazioni. Sembra anche l’aspetto più delicato, questo psicologico, subentrando in squadre allenata dalla stessa persona per tanti anni. Riuscire a ricostruire le energie e la convinzione. Sfruttare il lato luminoso del cambiamento.

Il fallimento di Juric all’Atalanta è interessante perché talvolta le scelte più caute e coerenti sono in realtà le più rischiose. Cercando di creare una copia della squadra di Gasperini, l’Atalanta alla fine ha creato una sua caricatura. Ora sta a Palladino, un allievo più giovane, cercare di aggiustare la pennellata, cercando di dar vita a una copia più simile all’originale.

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