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5 cose che ci aspettiamo dagli esports nel 2019
02 gen 2019
Come l'ascesa dei card game e la crescita del movimento femminile, ma non solo.
(articolo)
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Gli sport elettronici cambiano anno dopo anno con una rapidità superiore a qualsiasi altro sport tradizionale. Non solo esordiscono continuamente nuovi personaggi, nuove regole e nuove meccaniche di gioco, ma spesso fanno anche comparsa sulla scena competitiva nuovi titoli.

Per gli esports, il 2018 è stato l’anno dei Battle Royale. PlayerUnknown’s Battlegrounds (PUBG) e Fortnite sono letteralmente esplosi senza che nessuno lo avesse previsto. Da fenomeno in streaming si sono presto trasformati in due dei maggiori titoli competitivi con le rispettive case produttrici, Bluehole ed Epic Games, che hanno saputo gestire la crescita del fenomeno senza perderne il controllo. I due videogiochi sono diventati talmente importanti nel 2018 che hanno dato vita ad una rivalità che non si vedeva dai tempi di Dota2 e League of Legends.

Forti di questo successo, sia PUBG che Fortnite hanno immediatamente cercato di sviluppare il loro lato competitivo. Il primo ha realizzato una serie di eventi dal vivo su invito, compreso il mondiale di fine stagione con 20 team e due milioni di dollari di montepremi. Il secondo ha puntato invece su eventi online settimanali e mensili, e una struttura competitiva from zero to hero, che permette un’ascesa semplice e rapida, valida sia per i giocatori più casuali che per i professionisti del settore.

Entrambi i produttori, comunque, hanno utilizzato il 2018 per testare quale sia la struttura competitiva migliore con l’obiettivo di applicarla l’anno venturo, che quindi vedrà ancora l’affermarsi di PUBG e Fortnite. Ma oltre i Battle Royale, cosa dobbiamo aspettarci dagli esports nel 2019?

Il superamento del miliardo di ricavi

Nel 2016 i ricavi totali degli esports si sono attestati a 493 milioni di dollari, valore che nel 2018 è raddoppiato. L’aspettativa più alta riguarda quindi il 2019, anno per cui è stato previsto il superamento del miliardo in ricavi. Un traguardo che sarebbe storico nella storia dell’esport ma che al tempo stesso pone una domanda imprescindibile: è una crescita sostenibile?

Allo stato attuale, la banca d’affari Goldman Sachs ha stimato che il 38% dei ricavi del settore esports è da attribuire alle sponsorizzazioni con brand endemici, quindi direttamente collegati al settore videoludico, percentuale che sale addirittura al 95% dei ricavi se si parla dell’economia dei singoli team. Seguono poi gli accordi per i diritti TV o di streaming con il 14%, mentre merchandising ed eventi si trovano a percentuali minori.

L’origine dei ricavi dell’industria esport secondo Goldman Sachs.

Secondo Goldman Sachs, però, per il 2019 la percentuale di sponsorizzazioni continuerà ad aumentare. Il primo esempio è l’accordo siglato il 13 dicembre 2018 tra ESL, la più grande azienda organizzatrice di eventi nel mondo degli esport, e Intel, con un investimento stimato di circa 100 milioni di dollari.

A fare il salto saranno anche i cosiddetti media rights, cioè all’incirca i diritti TV, con la prospettiva di raggiungere il 40% del totale. D’altronde il 2018 ha già visto l’accordo record di due anni da 90 milioni di dollari per trasmettere la Overwatch League in esclusiva su Twitch, la piattaforma streaming più utilizzata al mondo, Cina esclusa.

Le stime dei ricavi del settore esport, sempre secondo Goldman Sachs.

Secondo il recente report di Goldman Sachs, i gamer nel mondo sono circa 2,2 miliardi di individui sul totale di 3,65 miliardi che compongono l’intera popolazione online. In particolare gli spettatori di eSports rappresentano il 5% della popolazione totale online, ovvero circa 182 milioni, numeri che fanno gola praticamente a qualunque azienda. Per dare idea delle proporzioni: la finale dei recenti Mondiali di League of Legends è stata vista da 99,6 milioni di spettatori unici, secondo le dichiarazioni ufficiali di Riot Games. Più di sei miliardi di ore sono state dedicate nel 2018 a guardare tornei ed eventi competitivi, un incremento del 19% rispetto al 2015.

Sarà l’anno dei card game?

Hearthstone, probabilmente il videogioco di carte collezionabili a oggi più popolare, al suo quarto anno d’età sta vivendo un periodo di declino per quanto riguarda l’appetibilità come titolo competitivo. Nonostante abbia raggiunto e superato i 100 milioni di videogiocatori nel mondo, Hearthstone come esport ha subito un’inversione di tendenza dovuta principalmente a scelte strategiche compiute da Blizzard, che non sono state apprezzate dai giocatori, come delle meccaniche considerate troppo randomiche persino per un gioco di carte.

Il declino di Hearthstone lascia così lo spazio all’ingresso di due nuovi possibili competitor: Artifact, targato Valve (di cui è stata da poco rilasciata la versione beta di testing, non aperta a tutti), e Magic: The Gathering Arena, creatura di Wizards of the Coast.

Dalle prime impressioni, Artifact sembra poter avere un buon successo, con meccaniche simili e al tempo stesso nuove rispetto a Hearthstone. Ad affermarlo sono proprio gli ex-giocatori competitivi del titolo Blizzard, che hanno iniziato ad appassionarsi ad Artifact spinti dalla necessità di trovare altrove la competizione che ormai faticano a trovare su Hearthstone. Secondo alcuni, però, il gioco potrebbe essere troppo complesso per essere alla portata di tutti, un problema che potrebbe ostacolarne la crescita nel lungo periodo.

Un altro videogioco che potrebbe segnare il mondo degli eSports nel 2019 è Magic: The Gathering Arena. Negli anni passati Magic aveva iniziato a strizzare l’occhio ai videogiochi con tentativi più o meno convinti di ricreare anche su PC l’esperienza di gioco del classico gioco di carte collezionabili, probabilmente il più famoso al mondo. Arena rappresenta il frutto di questo sforzo. La versione definitiva, che ha già ricevuto innumerevoli attestati di stima e che si trova attualmente nella versione beta aperta al pubblico, unisce le meccaniche di gioco delle carte reali alle infinite possibilità di interazione dettate dalla natura di videogioco online.

Wizards of the Coast per la stagione competitiva 2019 ha messo in palio ben 10 milioni di dollari di montepremi e ha già dimostrato di tenere particolarmente ai feedback della comunità di videogiocatori, rinviando un aggiornamento dopo aver ricevuto commenti negativi sull’anteprima. Da poco ha anche annunciato la prima lega competitiva strutturata: la Magic Pro League a cui parteciperanno 32 giocatori, retribuiti con un contratto che, tra streaming e tornei, si aggira intorno ai 75mila dollari annui. Tra loro anche l’italiano Andrea Mengucci, campione del mondo con la nazionale italiana nel 2015 nella versione cartacea.

Un possibile outsider in questa corsa a tre è Majestic The Card Game, una realtà italiana che si sta rapidamente espandendo nella comunità di appassionati. Majestic The Card Game è caratterizzato da partite brevi e limitate nel tempo, ed è accessibile su PC, smartphone e presto anche su console. Sembra insomma avere la ricetta perfetta per conquistare un posto nel mainstream dei titoli più giocati, anche se finché non avrà una solida e numerosa base di giocatori non potrà davvero chiamarsi esport.

Brawl Stars potrebbe rivoluzionare il settore dei mobile games

Atteso per più di un anno, il nuovo titolo SuperCell è finalmente arrivato sugli smartphone di tutto il mondo. D’altra parte, SuperCell è ormai una garanzia nel mondo dei mobile games con titoli come Clash of Clans e Clash Royale, ormai praticamente onnipresenti negli smartphone dei giovani videogiocatori. Il secondo, in particolare, ha rivoluzionato l’industria dell’esport su mobile riuscendo a coniugare le esigenze e le richieste sia dei casual gamers che dei giocatori competitivi.

Adesso, però, arriverà anche Brawl Stars, un videogioco a metà fra un Overwatch tascabile e un Super Smash Bros per Nintendo Switch, che si promette di rivoluzionare ancora una volta il settore. In meno di 24 ore dal rilascio ufficiale, il 12 dicembre, è riuscito ad ottenere più di 5 milioni di download.

Brawl Stars è un real-time action che richiede abilità, riflessi e teamworking. La modalità competitiva è stata pensata per il 3 contro 3 con numerosi personaggi da poter utilizzare. Il principale punto di forza è tuttavia la breve durata dei game che fanno gola sia ai casual player che agli spettatori occasionali, che non devono necessariamente seguire una partita da trenta minuti per apprezzarlo o divertirsi. Bastano cinque minuti per appassionarsi e colmare il gap tra i fruitori del mobile e gli spettatori degli esports.

Counter-Strike diventa gratuito

Counter-Strike non può certo definirsi una novità, essendo l’esport più longevo di sempre insieme alla serie di Starcraft. Fatta esclusione per l’evoluzione grafica, Counter-Strike è infatti rimasto sostanzialmente uguale a se stesso: la partita si compone sempre di due squadre da cinque giocatori che si affrontano su una mappa, con terroristi e forze di polizia. L’obiettivo dei primi è far esplodere una bomba, i secondi devono evitare che accada. I tornei di CS:GO, l’ultima versione uscita nell’agosto 2012, sono gli eventi eSport più seguiti al mondo: Counter-Strike è stato il primo titolo a superare il milione di spettatori simultanei su un unico canale Twitch a gennaio 2018 e vanta una delle community di videogiocatori più fedeli e appassionate che esista.

Il perché si trovi nella lista degli esports da seguire nel 2019 risiede nell’annuncio del 6 dicembre: da quella data, infatti, CS:GO è diventato gratuito. Il titolo di casa Valve era rimasto uno dei pochi esport di successo a non aver abbracciato questa politica e la modalità gratuita Battle Royale, rilasciata nella speranza di strappare utenza a Fortnite e PlayerUnknown’s Battlegrounds, non ha avuto grande successo.

Con questa mossa, CS:GO ha cercato di risolvere uno dei suoi storici problemi, e cioè il ricambio generazionale: nonostante possa vantare di avere una della più numerose comunità di videogiocatori al mondo, Counter-Strike non è riuscito infatti ad attirare nuovi giocatori, vedendo la propria community invecchiare nel tempo. La scelta di Valve, in questo senso, ha un obiettivo di lungo periodo: iniziare ad aprirsi ora alle nuove generazioni, e di conseguenza alle sue esigenze, in modo da non perdere utenza quando l’attuale community deciderà di abbandonare il gioco.

L’ascesa delle gamer donne

Nonostante le donne siano più che presenti nel settore esport in veste di giornaliste, analiste, conduttrici, purtroppo il mondo competitivo è ancora per lo più dominato dagli uomini. Le donne gamer sono numericamente di meno rispetto ai loro colleghi uomini e statisticamente hanno minori possibilità di arrivare al top della scena: il numero di donne che lavorano o competono negli esports è stimato intorno al 5%, praticamente una su venti. C’è da dire, però, che l’immaginario collettivo che vede il mondo videoludico composto da soli maschi è sostanzialmente errato. Le ragazze, infatti, competono già su numerosi titoli. L’esempio più conosciuto è quello della coreana Se-yeon "Geguri" Kim, prima donna (e finora unica) a competere nella Overwatch League. La stagione con gli Shanghai Dragons non è andata nel migliore di modi: il team ha chiuso con 40 sconfitte su 40 partite partite disputate, stabilendo un nuovo record.

Le cose potrebbero però cambiare nel prossimo futuro. Secondo i dati di una ricerca condotta nel Regno Unito da Kids Insight, infatti, nella fascia d’età 13-15 anni sono più le ragazze che i ragazzi a seguire l’esport. Overwatch, Call of Duty e FIFA, in particolare, ma in misura minore anche Counter-Strike, Dota2 e League of Legends. L’84% delle ragazze intervistate ha dichiarato di trascorrere parte del proprio tempo libero sui videogiochi, in crescita rispetto al 75% del 2017.

La nuova generazione potrebbe quindi rappresentare il futuro delle donne negli esports. Molto semplicemente: più ragazze giocano, più ragazze, in futuro, avranno il desiderio di competere. Non solo: le donne rappresentano il futuro degli esports stessi, anche da un punto di vista economico. Quello femminile, infatti, è un mercato ancora totalmente inesplorato e che potenzialmente potrebbe fare gola ai brand girl-oriented, ancora assenti nel settore degli esports.

D’altra parte, non bisogna dimenticare che un videogioco si distingue da un ottimo esport sostanzialmente per la sua community di videogiocatori. E dato che le dinamiche che sono alla base del mutamento delle community dei videogiocatori sono difficilmente prevedibili, tanto vale augurarsi che il trend per il 2019 sia di un'ascesa prepotente delle loro componenti femminili. Per citare uno dei massimi esponenti dell’esport italiano, Simone “Akira” Trimarchi, gli esports non si possono prevedere, esplodono.

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