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Guida all'Italia
10 giu 2021
A quattro anni dal dramma con la Svezia, gli azzurri arrivano agli Europei in grandi condizioni.
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Ormai quasi quattro anni fa la Nazionale italiana toccava uno dei punti sportivamente più bassi della propria storia, fallendo la qualificazione ai Mondiali in Russia nel doppio confronto di spareggio con la Svezia. Quattro anni dopo l’Italia di Roberto Mancini, che nel maggio 2018, dopo l’intermezzo di Di Biagio, ha sostituito Gian Piero Ventura sulla panchina della Nazionale, arriva agli Europei da squadra appartenente al piccolo gruppo favorite, dopo un percorso di qualificazione fatto di 10 vittorie su 10 partite, 37 gol fatti e soli 4 subiti. Se non bastasse, gli azzurri hanno iniziato le qualificazioni ai Mondiali in Qatar con 3 vittorie su 3 partite disputate e in ottobre sono attesi alla final four di Nations League da disputare in casa, dopo avere vinto il proprio girone eliminatorio. Roberto Mancini ha perso solamente 2 delle 32 partite sin qui disputate con l’Italia, entrambe nel 2018 – in amichevole contro la Francia e in Nations League contro il Portogallo, unica sconfitta in una partita ufficiale per il tecnico azzurro – ne ha vinte ben 23 e giunge alla partita d’esordio contro la Turchia con una striscia di 8 vittorie consecutive senza subire reti.

Com’è riuscito Roberto Mancini a invertire in maniera così netta il percorso di una Nazionale che con Ventura pareva allo sbando, passando da un’eliminazione storica dalla fase finale della Coppa del Mondo a un posto tra le favorite per i campionati europei?

Come gioca?

Dopo le prime amichevoli dell’estate del 2018 e due partite iniziali della Nations League nel settembre dello stesso anno, Roberto Mancini ha definito il suo progetto tattico non guardandosi più indietro e iniziando la sua incredibile serie di risultati positivi e prestazioni convincenti. Il tecnico italiano ha deciso di costruire una squadra centrata sulle caratteristiche dei suoi uomini di maggiore qualità, disegnando loro addosso un abito tattico coerente e in grado di esaltarli, abbracciando a pieno l’idea di giocare un calcio proattivo.

Il possesso del pallone è il mezzo con cui controllare la partita e orientarla secondo l’indirizzo tattico desiderato. La circolazione del pallone, il più possibile corta, interna e insistita, ha l’obiettivo di muovere e disordinare la struttura difensiva avversaria attirandone la pressione per sfruttarla a proprio vantaggio, giocando negli spazi liberati dal palleggio. Il progetto tattico di Mancini è perfettamente aderente alle qualità di Jorginho e Verratti, i due migliori centrocampisti italiani e tra i migliori interpreti in Europa di un calcio di possesso giocato secondo i principi del gioco di posizione. A loro vanno aggiunti Leonardo Bonucci, la cui migliore qualità da difensore centrale risiede proprio nella sua capacità di iniziare l’azione dal basso in palleggio e di Lorenzo Insigne, che nel sistema ideato dal tecnico dell’Italia ha finalmente trovato anche in Nazionale un contesto associativo in cui esprimere al meglio il suo talento, che in maglia azzurra era stato spesso equivocato ed erroneamente sfruttato, utilizzando il giocatore del Napoli in isolamento sulla fascia.

L’idea di creare un ambiente tattico in cui la coesistenza di Jorginho e Verratti diventasse un punto di forza è certamente una delle chiavi del successo della Nazionale azzurra. Praticamente ignorato da Ventura, che lo aveva messo in campo da titolare solo nella partita di San Siro contro la Svezia, Jorginho è il giocatore della Nazionale più utilizzato da Mancini dopo Bonucci e Barella. Il suo gioco corto, capace di muovere il pressing avversario, è stato affiancato dal talento di Marco Verratti, impiegato da mezzala di possesso sul centro-sinistra, costituendo di fatto una rete di circolazione palla di livello qualitativo elevato, egualmente abile nel consolidamento del possesso e nella manipolazione della struttura difensiva avversaria. Il modello di gioco adottato dagli azzurri ha finalmente messo Verratti nelle condizioni tattiche ideali per esprimere al meglio il proprio talento anche con la maglia della Nazionale.

Da un punto di vista della disposizione degli uomini in campo, Mancini ha trovato in una sorta di 3-2-5 lo schieramento ideale da cui partire per lo sviluppo della sua fase offensiva e rendere concreti i principi del suo gioco. Il 4-3-3 con cui l’Italia si dispone in fase di non possesso palla si muove fluidamente verso il 3-2-5 con l’avanzamento sulla fascia sinistra del terzino, il contestuale avvicinamento del terzino destro ai due centrali e l’inserimento dell’esterno sinistro – in genere Insigne – nell’half-space di sinistra.

In mezzo al campo Mancini ha precocemente e con grande intuito individuato in Nicolò Barella, diventato titolare con l’allenatore azzurro sin dai tempi in cui ancora giocava a Cagliari, il perfetto complemento della coppia di possesso Jorginho-Verratti. La mezzala dell’Inter fornisce dinamismo e mobilità al centrocampo e inserendosi sulla linea avanzata partendo dalla zona di centro-destra, moltiplica le linee di passaggio dietro il centrocampo avversario, fornendo profondità e incisività al palleggio azzurro.

Come detto, il contesto tattico favorisce anche Lorenzo Insigne che, giocando prevalentemente nell’half-space di sinistra, in una squadra che vuole muovere il pallone, si trova in una rete costituita dal terzino sinistro alto e aperto sulla fascia, Marco Verratti che gravita nella sua zona, i movimenti profondi del centravanti e quelli sul lato debole di Barella e dell’esterno della fascia opposta. Lo stesso vale per Bonucci, che può giocare sul corto e assieme a Jorginho e Verratti provare a manipolare il pressing avversario. In alternativa il centrale della Juventus può utilizzare le sue capacità sul lungo per raggiungere i compagni presenti sulle due fasce, sempre presidiate al fine di dilatare le distanze tra i componenti delle difese avversarie, favorendo così il gioco interno e, al contempo, costituire una soluzione di gioco in ampiezza per la squadra.

Il 3-2-5 dell’Italia in fase di costruzione.

In fase di transizione difensiva e di non possesso, la scelta tattica naturalmente conseguente alla volontà di privilegiare un calcio centrato sulla capacità di manipolare per mezzo del pallone le strutture difensive avversarie, è stata quella di forzare il recupero palla con il pressing offensivo e con la riaggressione immediata dopo la perdita del possesso, approfittando della densità di uomini vicino al pallone nella precedente fase di possesso. Oltre che con i principi fondanti, la fase offensiva e la natura proattiva del calcio progettato da Mancini, un recupero palla fondato sul pressing e la riaggressione è perfettamente coerente con le caratteristiche dei giocatori azzurri. Jorginho e Verratti sono piuttosto abili nel difendere pressando in avanti, mentre possono avere maggiori difficoltà nel lavoro di protezione della linea arretrata dalle linee di passaggio avversarie in fase di difesa posizionale. La stessa energia di Barella è ben incanalata in una filosofia aggressiva di recupero palla.

Gettate le basi del suo progetto tattico, Mancini ha lavorato per affinarlo e trovare il gruppo di giocatori più adatto alla sua filosofia. Il modulo di gioco fluido, che transita dal 4-3-3 in fase di non possesso al 3-2-5 in fase di possesso, che all’inizio soffriva di qualche rigidità e scolasticità, è stato progressivamente interiorizzato e interpretato con maggiore consapevolezza e naturalezza dai giocatori. Un esempio concreto è fornito dai movimenti di Verratti e, in genere, della mezzala di possesso che, leggendo le situazioni tattiche, può alternativamente fornire supporto a Jorginho nella costruzione bassa o alzarsi dietro la linea del pressing per dare un’altra soluzione di gioco alle spalle del centrocampo avversario e qualità alla fase di rifinitura. La maggiore consapevolezza nei principi di gioco e nella loro concreta applicazione ha anche migliorato il gioco della squadra negli ultimi trenta metri di campo dove, specie all’inizio della gestione Mancini, gli azzurri trovavano qualche difficoltà nel fare proseguire con fluidità la manovra che brillantemente aveva portato il pallone nella zona di rifinitura.

Il 4-3-3 in fase di difesa schierata.

Chi va tenuto d’occhio?

L’unica sorpresa tra i convocati di Mancini è l’assenza di Moise Kean, sostituito da Giacomo Raspadori. La buona stagione di Kean con il PSG pareva assicurare all’ex juventino un posto tra i 26, garantito anche dalla possibilità di essere impiegato sia come centravanti che come esterno offensivo. In realtà Roberto Mancini non ha quasi mai impiegato Kean al centro dell’attacco – fatta eccezione per la partita contro San Marino di un paio di settimane fa - preferendogli Immobile e Belotti. Immobile garantisce un migliore attacco della profondità in ripartenza e sulle ricezioni dei compagni di squadra sulla trequarti. Belotti invece può essere più utile impegnando fisicamente la linea arretrata avversaria, tenendo occupati i centrali difensivi. Continuando ad analizzare le caratteristiche degli attaccanti a disposizione di Mancini, appare possibile che la scelta di Raspadori al posto di Kean possa essere motivata, oltre che dal suo indubbio talento, dalla possibilità del giocatore del Sassuolo di cambiare radicalmente le caratteristiche tecnico-tattiche del reparto, regalando sia qualità nel dialogo in spazi stretti sia rapidità in area di rigore.

Sulla fascia destra Domenico Berardi pare avere superato Federico Chiesa nella candidatura alla posizione di esterno offensivo. In ogni caso l’Italia ha a disposizione due ottimi giocatori, aventi caratteristiche diverse e per questo utilizzabili in maniera strategica in situazioni tattiche differenti, per il lato destro del suo attacco. Berardi può più proficuamente entrare dentro il campo con il suo sinistro, mentre Chiesa può garantire ampiezza ed energia alla squadra, oltre a poter essere impiegato in maniera quasi indifferente su entrambe le fasce del campo.

Nel reparto di centrocampo sono da verificare le condizioni di Marco Verratti, fermo ormai da più di un mese per un infortunio al ginocchio. La crescita di Manuel Locatelli consente comunque a Roberto Mancini di guardare con meno apprensione al recupero del centrocampista del PSG. Locatelli è stato impiegato in Nazionale sia da mediano al posto di Jorginho che, più frequentemente, come mezzala al posto di Verratti. L’interpretazione del ruolo di mezzala di possesso fornita da Locatelli è sempre stata molto convincente. Il giocatore del Sassuolo ha sempre individuato i momenti corretti per muoversi a supporto del mediano, per aprirsi lateralmente o per alzarsi dietro il centrocampo avversario. Il gol segnato contro la Bulgaria e gli assist realizzati contro Bosnia e Lituania testimoniano dell’abilità di Locatelli nel giocare in zone più avanzate muovendosi da mezzala. Tra i convocati completano il reparto Pessina, utilizzabile con diversi compiti in varie zone del campo, e Bryan Cristante. C’era anche Lorenzo Pellegrini, che però si è infortunato e lascerà il suo posto a Castrovilli. Manca forse un calciatore in grado di sostituire l’energia e il dinamismo di Barella in caso di indisponibilità del centrocampista dell’Inter.

In difesa accanto alla coppia Bonucci-Chiellini che, a meno di infortuni, appare intoccabile, Mancini dovrà scegliere a sinistra tra la velocità di Spinazzola e il mancino educato di Emerson Palmieri. A destra il titolare pare essere Florenzi, con Di Lorenzo e Toloi dietro l’ex romanista. Infine, oltre a Bonucci e Chiellini, nel ruolo di centrale difensivo Mancini ha convocato i due mancini Acerbi e Bastoni. Un’eventuale sostituzione di Bonucci potrebbe rivelarsi problematica sia per le peculiari caratteristiche dello juventino che per l’assenza in rosa di un centrale destro naturale.

La rosa dell’Italia sembra una bilanciata e brillante miscela tra giocatori di esperienza e giovani alle prime apparizioni in ambito europeo. Bonucci e Chiellini sono i giocatori più anziani della squadra e posseggono esperienza internazionale in abbondanza: Bonucci era tra i convocati dei Mondiali del 2010, mentre Chiellini è addirittura alla sua quarta partecipazione alla fase finale di un campionato europeo, iniziate nel 2008. Jorginho, Verratti e Florenzi hanno ormai maturato un ampio chilometraggio in ambito europeo di alto livello grazie alle esperienze con i loro club. Il loro rendimento appare assicurato. Altri giocatori sono invece praticamente all’esordio in una competizione internazionale di questa importanza. Locatelli, Berardi e, in misura minore, Barella e Chiesa sono i giocatori con minore esperienza. Il livello delle loro prestazioni potrebbe in qualche maniera regolare quello dell’intera squadra. In particolare i due giocatori del Sassuolo e Federico Chiesa saranno certamente parecchio utilizzati da Roberto Mancini e la loro risposta in campo potrà definire le fortune degli azzurri.

La presenza di Verratti nella partita d’esordio non è certa e Locatelli è il giocatore eventualmente destinato a sostituirlo contro la Turchia e nel resto del torneo. La funzione in campo della mezzala di possesso è fondamentale per lo sviluppo del gioco della Nazionale di Mancini perché, in funzione delle esigenze tattiche e delle situazioni di gioco, deve partecipare alla fase di costruzione, rimanendo basso o a quella di rifinitura, alzandosi alle spalle del centrocampo avversario. Le conoscenze tattiche apprese da Locatelli da De Zerbi, in un modello di gioco che presenta similitudini con quello della Nazionale, e il talento del giocatore del Sassuolo lasciano ben sperare nella bontà delle sue prestazioni agli Europei.

Locatelli si alza alle spalle del centrocampo lituano lasciando spazio alla conduzione di Bastoni, che serve il compagno tra le linee con un bel filtrante.

Berardi e Chiesa si contendono una maglia sulla fascia destra, che probabilmente divideranno in funzione delle esigenze del match e della loro condizione fisica. Il talento a lungo solo parzialmente espresso di Berardi pare avere trovato il giusto ambiente in cui esprimersi nel calcio di De Zerbi. La sicurezza e la maturità dell’esterno, acquisite dalle certezze tattiche del club, sembrano potere essere riportate in Nazionale. Se Berardi fosse capace di mantenere agli Europei il livello di gioco ormai raggiunto nel Sassuolo, le fasi di rifinitura e finalizzazione della Nazionale potrebbero aumentare in maniera notevole la loro qualità e pericolosità.

Nella stagione non troppo positiva della Juventus, Federico Chiesa ha rappresentato una fonte di gioco fondamentale per i bianconeri, evidenziando miglioramenti netti sia nella continuità di rendimento che nella lettura e nelle interpretazioni delle situazioni di gioco. Alla generosità, agli spunti e alla determinazione già mostrate alla Fiorentina, Chiesa ha aggiunto, salendo di livello, la capacità di diversificare il suo gioco e di muoversi in accordo al resto della squadra, aumentando la sua pericolosità offensiva. Sia sulla fascia destra che, in alternativa a Insigne su quella sinistra, l’energia di Chiesa potrebbe essere davvero utile per l’incisività dell’Italia nell’ultimo terzo di campo.

Ha dei punti deboli?

I gironi di qualificazione agli Europei e ai Mondiali, e quelli delle due edizioni della Nations League finora disputate, hanno regalato all’Italia di Mancini avversari non certo impossibili. L’incredibile serie di risultati positivi non può però essere attribuita ai sorteggi favorevoli avuti dagli azzurri, ma esclusivamente alle ottime prestazioni della Nazionale. Mancano tuttavia test ai più alti livelli contro le migliori Nazionali continentali o mondiali. L’Italia è riuscita praticamente in ogni partita a imporre il proprio calcio, forte della superiorità tecnica e della migliore organizzazione di gioco rispetto agli avversari, ma non ha nel proprio background troppa esperienza contro formazioni capaci di contenderle il dominio del pallone e di costringerla a prolungate fasi difensive, che la struttura del centrocampo azzurro potrebbe soffrire. Analogamente, la coraggiosa transizione difensiva è stata ancora poco sfidata da formazioni in grado di ribaltare con velocità e tecnica il fronte del gioco. Una maggiore abitudine a confronti di livello ancora più alto di quelli sin qui disputati avrebbe di certo fatto comodo per ampliare il bagaglio di esperienze tattiche ed emotive della squadra. Rimane inoltre qualche dubbio sulla capacità di Immobile e Belotti di mantenere le loro capacità realizzative al livello di quelle dei club di appartenenza anche in una competizione internazionale come gli Europei.

Dove può arrivare?

Giocando sempre in casa e con i favori del pronostico, l’Italia è seriamente candidata alla vittoria del proprio girone, che la proietterebbe verso un ottavo contro la seconda del gruppo C (Olanda, Austria, Ucraina e Macedonia del Nord) e, successivamente, verso un incrocio ai quarti con la vincente dell’ottavo di finale riservato alla vincente del gruppo B, quello del Belgio. L’obiettivo minimo degli azzurri non può che essere un posto tra le prime otto del continente, pareggiando il risultato ottenuto da Antonio Conte nel 2016. Giungere in semifinale dovrebbe essere considerato un successo per una Nazionale che meno di quattro anni fa ha toccato uno dei punti più bassi, dal punto di vista dei risultati, della propria storia. In un campionato europeo che vede probabilmente la Francia un gradino sopra le altre contendenti, l’Italia può essere inserita assieme a Belgio, Spagna, Germania e Inghilterra nel gruppo di squadre che partono appena dietro i transalpini nella griglia di partenza del torneo.

A ogni modo il lavoro fin qui svolto da Roberto Mancini, a differenza di quello del 2016 di Antonio Conte, appare di ampio respiro e finalizzato, oltre all’ottenimento di risultati immediati, anche a gettare la basi del futuro della Nazionale italiana. Non solo per il fresco rinnovo del contratto fino al 2026, ma anche per il lavoro svolto sul campo che, oltre a disegnare un abito tattico ideale per i migliori giocatori italiani, sembra perfettamente coerente con alcuni concetti fondanti del modello di gioco proposto da Maurizio Viscidi, coordinatore delle Nazionali giovanili e dell’area Match Analysis della nazionale. Il 3-2-5 offensivo progettato da Roberto Mancini pare infatti intercettare perfettamente il sistema di macroprincipi C.A.R.P. (Costruzione, Ampiezza, Rifinitura e Profondità) teorizzato nel Club Italia per la definizione di un modello di gioco per le Nazionali italiane. Indipendentemente dal risultato che otterrà agli Europei, il lavoro di Mancini può essere già giudicato positivamente e proseguirà ancora per parecchio tempo.

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