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Il bello dell'Europa League 2020 vol. 8
28 feb 2020
Momenti rassicuranti di una competizione antistress.
(articolo)
28 min
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Cosa aspettarsi dagli ottavi

Oggi alle 13 si è ripetuto il rituale del sorteggio degli ottavi di Europa League, dove tutti potevano capitare con tutti. A estrarre le palline di metallo c’era Dietmar Hamann, che se avete riconosciuto senza cercare su Google, beh: bravi voi.

Inter - Getafe

Livello Europa League: 13/20

Bellezza: 18/20

Equilibrio: 14/20

Giocatori da seguire: Marc Cucurella, Christian Eriksen, Lautaro Martinez, Deyverson il simulatore.

Ci sono tutte le condizioni apparecchiate per la grande prova del Getafe.

- La condizione di underdog.

- Una squadra suscettibile davanti a sé.

- Una serie di avversari impegnati in una logorante corsa in campionato e timorosi di farsi male.

Il Getafe ha già fatto saltare la testa della squadra simpatia della competizione e probabilmente è felice di affrontare una delle squadre favorite con niente da perdere. Nessuna squadra riesce a entrarti sotto pelle come il Getafe, e Conte dovrà essere bravo a mantenere i nervi più salti di quelli del suo collega Erik Ten-Hag, capitolato in maniera isterica di fronte al sergente Bordalas, tecnico tanto bravo quando insopportabile del Getafe. Oltre ai problemi psicologici ci saranno quelli tattici, perché l’Inter contro gli spagnoli dovrà dimostrare di aver superato i propri problemi ad attaccare blocchi difensivi bassi. Il brodo di Bordalas è pronto, l’Inter dovrà essere brava a non diventare minestra.

Roma - Siviglia

Livello Europa League: 16/20

Bellezza: 16/20

Equilibrio: 18/20

Giocatori da seguire: Justin Kluivert, Lucas Ocampos, Suso.

Tra tutte le partite degli ottavi di Europa League è forse quella più incerta ed equilibrata, nonostante il Siviglia parta leggermente avanti per uno stato di salute decisamente migliore di quello dei giallorossi. I punti di interesse della sfida sono molti, a partire da due allenatori esponenti del gioco di posizione sebbene interpretato in modo differente. È inutile girarci intorno: la sfida è insaporita narrativamente dal ritorno a Roma di Ramon Monchi, ds della Roma per due anni nei quali ha portato la squadra in semifinale di Champions, ma ha gettato anche le fondamenta per le difficoltà che la Roma si trascina dietro da ormai due anni.

Dopo l’eliminazione della Roma dalla Champions contro il Porto Monchi è stato accolto a Fiumicino dai tifosi che gli rimproverano di aver sfasciato la squadra. Lui rispose con “Vi vengo a prendere uno a uno”. Poco dopo arrivarono le sue dimissioni.

LASK - Manchester United

Livello Europa League: 20/20

Bellezza: 13/20

Equilibrio: 8/20

Giocatori da seguire: Marko Raguz, Anthony Martial, Bruno Fernandes.

È la partita rollercoaster del turno, quella tra la squadra con meno blasone e quella con più blasone, ed è quindi automaticamente la partita col più alto grado di Europa League. È anche naturalmente una delle sfide più squilibrate: il Manchester United non perde da un mese - che in questo periodo storico è significativo - e sembra essersi in parte aggiustato nel mercato di gennaio. Le potenzialità tecniche della propria rosa sembrano imparabonabili rispetto a quelle del Lask, di cui è difficile distinguere anche un solo giocatore.

Gli austriaci sono però primi in campionato e stanno giocando un’Europa League fantastica, nella quale hanno fatto fuori una squadra sulla carta più forte e talentuosa come l’AZ Alkmaar. È la partita il cui giant killing sarebbe più clamoroso, quindi una di quelle da seguire con più interesse. Come sarebbe un gol di Marko Raguz a Old Trafford, il teatro dei sogni?

Wolfsburg - Shakhtar

Livello Europa League: 10/20

Bellezza: 12/20

Equilibrio: 14/20

Giocatori da seguire: Maximilian Arnold, Wout Weghorst, Tetè.

Come ormai tutte le squadre di lingua tedesca, il Wolfsburg è allenato da un tecnico formatosi alla scuola del Salisburgo. Quindi il gioco è quello che potete immaginarvi. Oliver Glasner però si è consacrato sulla panchina del LASK, dove ha allenato quattro fantastiche stagioni in cui ha fatto crescere la squadra di Linz fino a portarla in questa rubrica. L’avvio non è stato brillantissimo ma ora il Wolfsburg è in grande forma ed è ricco di giocatori interessanti come Schlager, bomber Weghorst e il talento di culto del centrocampista Maximilian Arnold, uno dei giocatori più sottovalutati in Europa. Al gioco basato sull’intensità della squadra di tedesca si opporrà quello basato sulla tecnica dello Shakhtar, che è in un anno meno entusiasmante degli altri ma che ha mantenuto l’identità che lo ha caratterizzato negli ultimi anni: un allenatore che dà grande centralità ai trequartisti e talenti brasiliani da mettere in vetrina. C’è sempre Taison, ma c’è anche il meno conosciuto Tetè, 20 anni, mancino, dribbling mortifero.

Basilea - Eintracht o Salisburgo

Livello Europa League: 16/20

Bellezza: 8/20

Equilibrio: 10/20

Giocatori da seguire: Kamada, Kostic, Ramires, Omlin

L’Eintracht deve formalmente giocare tra pochi minuti il ritorno dei sedicesimi con il Salisburgo, ma la squadra austriaca svuotata dei suoi migliori giocatori non sembra una minaccia reale dopo il 4-1 dell’andata. La squadra tedesca è diventata all’improvviso una forza della competizione, che affronta con la sicurezza di una corazzata, coraggio che gli manca in Bundesliga dove è solo undicesima. Il Basilea invece è la classica squadra che vince sempre contro le squadre inferiori e mai contro quelle più forti. In Svizzera hanno appena fermato il campionato a causa del coronavirus, questo magari gli darà l’occasione di concentrarsi sull’impresa in Europa League, ma rimane improbabile.

İstanbul Başakşehir - Copenhagen

Livello Europa League: 18/20

Bellezza: 10/20

Equilibrio: 18/20

Giocatori da seguire: Visca, Aleksic, Zeca, Bryan Oviedo.

Due squadre che nessuno si aspettava di trovare a questo punto, quindi un bell’ottavo Europa League. Da una parte la squadra di Erdogan, dall’altra la squadra del welfare dei sogni. Nel 2015 una famiglia danese è andata da Copenaghen a Istanbul in kayak, ci vuole parecchio tempo, ma ne vale la pena. In campo è difficile dire chi è favorito, allora non lo diciamo.

Glasgow Rangers - Bayern Leverkusen

Livello Europa League: 14/20

Bellezza: 16/20

Equilibrio: 11/20

Giocatori da seguire: Havertz, Morelos.

È sempre un bel momento quando in Europa League si incontrano due giocatori destinati ad un futuro radioso. Da una parte c’è Kai Havertz sembra trovarsi in questa competizione come un pesce nell’acqua e che in due partite ha segnato due gol e servito due assist, dall’altra c’è il bufalo Morelos, molto meno talentuoso ma che in questa stagione è in stato di grazia, e tra qualificazioni e gironi ha segnato 14 gol in 15 partite. La squadra tedesca in panchina ha un allenatore che è arrivato già in finale, Bosz, mentre i Rangers hanno un allenatore che la finale l’ha disputata da giocatore quando ancora si chiamava Coppa UEFA.

Olympiacos - Wolverhampton

Livello Europa League: 18/20

Bellezza: 10/20

Equilibrio: 8/20

Giocatori da seguire: Diogo Jota, Tsimikas, Ruben Neves, El Arabi.

L’Olympiacos è riuscito nell’impresa di eliminare l’Arsenal a Londra grazie ad una partita storica di cui parleremo più avanti. Tuttavia il 3-5-2 del Wolverhampton di Nuno Espírito Santo sta distruggendo l’Europa League e i greci non sembrano in nessun modo poter competere con una squadra che ha in rosa una specie di dio mitologico che sta imparando a giocare a pallone. Certo anche l’Olympiacos può vantare un allenatore portoghese, Pedro Martins, ma difficilmente sarà sufficiente. Insomma si prospetta una sfida tra tecnici lusitani che propongono un calcio reattivo e fisico, non proprio quello che sognavamo per la nostra competizione preferita.


Conosci la tua squadra di Europa League: Ludogorets

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A metà del III secolo le frontiere orientali dell’impero stavano diventando friabili. I barbari avanzavano sempre più numerosi, sempre più compatti, sempre più organizzati e sempre meno disposti a convivere con i romani. Roma non poteva più tergiversare: doveva affrontare i suoi nemici sul campo. I goti erano entrati nelle province danubiane, razziando tutto e si stavano ritirando col bottino quando Decio decise di intercettarli prima che passassero il confine. È la battaglia di Abritus, dove i Goti vinsero con una tattica che sorprese i romani. Si schierarono su tre linee, con la terza nascosta dietro uno stagno. Dopo aver penetrato facilmente le prime due linee i romani si impantanarono e vennero sorpresi dalla leggerezza dei soldati barbari. Decio perse la vita, e così anche suo figlio Erennio Etrusco, “principe della gioventù”.

La sconfitta è considerata dagli storici una delle più pesanti nell’economia della caduta dell’Impero. C’è da considerare che Abritus era un sito militare fondamentale, con delle mura impressionanti per l’epoca. Oggi quelle mura si estendono su uno dei parchi archeologici più interessanti dell’est-europa. Sulle macerie di Abritus, sulle sponde del fiume Beli Lom, è sorta un’altra città, e il suo nome è Razgrad, che in lingua bulgare significa “Città oscura”.

Non è l’unico luogo del pianeta chiamato così. In Antartico, sull’isola di Greenwich, si staglia poderosa una cima di ghiaccio alta 550 metri. Il suo nome è Cima Razgrad grazie all’esploratore bulgaro che l’ha scalata per primo.

Oggi a Razgrad l’architettura sovietica e post-sovietica si mescola a quella islamica, con la terza moschea più grande della penisola balcanica. È dedicata a Ibrahim Pascià, primo gran visir dell’impero ottomano e al suo esterno si impone enorme - i monumenti in Bulgaria sono tutti giganti - una statua di un uomo baffuto e alato che non sono riuscito a scoprire chi sia. Una statua tremendamente affascinante per la sua spigolosissima e massimalista estetica sovietica.

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Sono tre le attrazioni di Razgrad: l’area archeologica di Abritus, l’industria farmaceutica e la squadra di calcio, il Ludogorets. Da ormai nove anni gli ultimi due elementi vanno insieme. Da quando cioè Kiril Domuschiev - magnate farmaceutico - ha acquistato questo piccolo club fondato nel 2001 rendendolo una superpotenza del paese. Il Ludogorets ha vinto gli ultimi 8 titoli bulgari e non sembra ci sia modo per fermarlo. Oggi è di nuovo primo con 7 punti di vantaggio sulla seconda nonostante una stagione opaca, in cui è stato anche sostituito l’allenatore. La squadra ha ottenuto anche risultati europei significativi negli ultimi anni, come l’eliminazione della Lazio ai sedicesimi di Europa League qualche anno fa. Anche quest’anno, prima di arrendersi all’Inter, ha superato un girone in cui era data per spacciata, insieme a Espanyol, Ferencvaros e CSKA Mosca.

Il Ludogorets ha un’aquila nello stemma, e da qualche anno anche come mascotte. L’aquila Fortuna vola prima delle partite casalinghe della squadra. Fu donata al club da Claudio Lotito qualche anno fa.




Gustiamoci la tecnica di Eriksen

Ai numeri 10 si chiedono primi controlli fuori dal mondo che anche guardarli al replay finché non ci bruciano gli occhi non riusciamo a capire come abbiano fatto. Eriksen riceve questo passaggio forte da Sanchez, sente l’arrivo di un avversario, e allora fa un leggero tocco col sinistro per fargli passare la palla sopra la testa mentre arranca da dietro. Anche riguardandolo più volte non si capisce qual è la parte del piede con cui tocca il pallone.

Questa giocata è meno incredibile ma restituisce comunque il senso di controllo tecnico di Eriksen sulle partite.


5 foto in cui Adama Traoré sembra più grosso di The Rock

Flessuoso sul pallone? No, POTENTE sul pallone.

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Ha le cosce letteralmente più grandi del cranio e non fate finta che sia una cosa regolare.

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Quella è la faccia che le persone normali fanno normalmente quando devono marcare una persona il cui corpo non ha nulla di normale.

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Appena prima della trasformazione.

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Guardate quelle escoriazioni sul braccio. Quando Adama Traore sbatte sui muri non si sbuccia ma gli si attacca la calce come alle carrozzerie delle macchine.

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I III atti della tragedia dell’Arsenal (e vari dettagli che la rendono così cruenta)

C’è un meme che descrive la situazione dell’Arsenal meglio di ogni altra cosa. Un bambino passeggia tranquillo zaino in spalla e cappuccio in testa, ignaro che dietro di lui un altro bambino lo sta per colpire con un bastone.

Il bambino che passeggia ignaro della tragedia è l’Arsenal, il bastone è l’Arsenal e l’aggressore, beh, è l’Arsenal.

Se esiste un DNA nei club calcistici, quello dei Gunners è un DNA autodistruttivo. Forse nessuna squadra riesce a sabotare sé stessa con la stessa, pirotecnica efficacia. La partita di ieri contro l’Olympiakos rappresenta già uno dei capitoli più oscuri della propria storia. Uno di quei momenti in cui una squadra sembra ridursi a una specie di dispositivo infernale congegnato per provocare la massima infelicità possibile ai suoi tifosi.

Il contesto è questo: l’Arsenal ha vinto la partita d’andata in Grecia per 1-0. Un risultato da molti considerato di ferro per il passaggio del turno.

Al ritorno a Londra ovviamente l’Arsenal è riuscito a perdere 1-0 nei tempi regolamentari facendosi portare ai supplementari. Un gol di Papis Cissè a metà del secondo tempo, dopo una partita sbiadita, arrivato puntuale come la morte e le tasse. Nella partita dell’Arsenal va sottolineata un’azione che le rappresenta tutte. Quando Pepe prende palla sull’esterno destro e salta tutta la difesa dell’Olympiakos, arriva sul punto di fare una grandissima azione, qualora la scaricasse al centro dell’area per Lacazette libero di concludere. Invece continua a dribblare come fosse andato in cortocircuito. Concluderà la partita con 12 dribbling su 14 tentati, di cui utili zero.

Nel primo quarto d’ora dei tempi supplementari l’Arsenal ha giocato con la tragedia al gatto col topo. Si è messo nella metà campo dell’Olympiakos studiando il modo più tortuoso per rovinarsi la vita.

I atto: il gol di Aubameyang

All’Arsenal la tragedia non arriva mai pura e semplice, come suggeriva Aristotele ci deve essere una condizione salute e di prosperità degli eroi prima che la tragedia arrivi. Quella condizione arriva quando al tredicesimo Pierre Erick-Aubameyang - unico cuore pulsante dell’Arsenal - sbatte in porta un pallone in mezza rovesciata facendo crollare lo stadio. Dopo il gol Aubameyang implode come se tutta la sua emotività repressa nei 113 minuti di sofferenza fosse stata stappata. Corre come al solito verso le tribune ma poi deve letteralmente fermarsi per gridare, e grida così forte che sembra sovrastare i tifosi, e questo grido gli trasfigura il viso fino a farne una specie di maschera trash metal; con gli occhi stretti e la bocca che si spalanca e mangia tutto il resto.

Guardare queste immagini a posteriori, sapendo che sono il preludio alla tragedia, le rendono più drammatiche. Aggiunge il buio alla luce. È l’effetto che le narrazioni ricercano quando lo spettatore ne sa più dei personaggi, lo descriveva bene il critico letterario Tzvetan Todorov. Il dettaglio peggiore, allora, è quando Aubameyang assume finalmente una posa glaciale, si porta le mani alle orecchie e vuole gustarsi tutto l’amore che i suoi tifosi possono tributargli.

Ecco il video di Ian Wright dopo il gol di Aubameyang: cosa poteva andare storto?

II atto: El-Arabi segna

Dopo il gol di Aubameyang, Pape Cissé recupera la palla dalla rete e la porta al centro con la massima tranquillità. Mentre i giocatori dell’Arsenal bollono di emozioni, e i tifosi dell’Olympiakos hanno gli occhi disperati, i calciatori sembrano tranquilli.

Al minuto 118 Leno riceve un retropassaggio e lo trasforma in uno spot per gli haters della costruzione dal basso. Si addormenta. Poco prima aveva ricevuto lo stesso retropassaggio e lo aveva spazzato lungo. Ora invece si è allungato la palla e sul pressing avversario la manda fuori, regalando un’ultima goccia di speranza all’Olympiakos. In area sale anche Josè Sa e il dramma comincia a essere nell’aria. L’angolo in realtà è corto e viene sputato fuori. Sul secondo cross, però, quando la palla sta per partire dal piede di Masouras la difesa dell’Arsenal è oscena.

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Sulla palla arriva, con la suola, Youssef El-Arabi, 33 anni, 102 gol in 88 partite in Qatar e ora 22 in 27 in Grecia. Nel gioco del capro espiatorio ha più colpe Leno che non è riuscito a spazzare il pallone o la difesa che non si è schierata in modo dignitoso in uscita dal calcio d’angolo.

Dopo il gol Aubameyang è steso per terra con le mani dietro la nuca, non sa che il peggio deve ancora venire.

III atto: l’inferno di Aubameyang

Quante volte la vita concede una seconda occasione?

Quando l’Arsenal rimette la palla al centro manca poco più di un minuto al fischio finale, il telecronista parla già della partita dell’Arsenal al passato. Il portiere dell’Olympiakos blocca il pallone tra le mani, i tifosi gunners cominciano ad andarsene. Poi sull’ultimissima palla in area un rimpallo finisce esattamente sul piede di Aubameyang, ed è il momento in cui Dio concede all’uomo l’occasione di riscattarsi, o un motivo per disperarsi ancora della propria fallibilità. Fermando l’immagine è difficile pronosticare l’errore dell’attaccante.

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La palla colpisce il palo di sostegno e dà persino l’impressione del gol. Quando tutti realizzano la portata di quello che è successo sembra il compianto. Hanno tutti le mani alla faccia, o alla testa. Persino due difensori dell’Olympiakos che sono dalla parte opposta dello spettro emotivo di Aubameyang ma che si esprimono allo stesso modo.

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Chiedere che la partita finisse dopo il gol di Aubameyang sarebbe stato troppo. Ma perché non poteva finire tutto dopo il vantaggio dell’Olympiakos? Quell’errore è stato solo un ulteriore modo che Dio ha scelto per punire l’Arsenal? Forse è questo che si chiedono i tifosi.


Simon Deli para un tiro (ma è un difensore)

L’Europa League si compone di momenti misteriosi in cui ci chiediamo perché i giocatori in campo si comportano in un certo modo. Ieri per esempio è successo che Simon Deli, difensore ivoriano del Club Bruges, ha parato un tiro di James come se fosse un portiere. Cosa è passato per la testa di Deli in quel momento? Quale istinto lo ha portato a improvvisarsi portiere?

Bello che l’arbitro poi abbia dovuto usare il VAR per sanzionare l’azione. Non era così chiaro in effetti.


La mezza rissa tra Bordalas e ten Hag

Quella tra Getafe e Ajax è stata la partita più interessante dei sedicesimi finali. Non solo perché ha prodotto una delle sorprese più grandi, con l’eliminazione degli olandesi. Ma anche per la contrapposizione filosofica e antropologica che c’era in campo. L’Ajax la squadra del bello, del gioco che piace a tutti, che mezza Europa ha tifato nella scorsa campagna di Champions League, dei talenti infinitamente commercializzabili, della tecnica sopra a tutto. Dall’altra parte il Getafe, la squadra del brutto, del gioco sporco, dei trucchetti. Era una battaglia morale prima che tecnica e i cattivi hanno vinto anche stavolta.

La scorsa settimana raccontavamo l’arte del fallo del Getafe. Ieri invece è andata in scena l’arte della perdita di tempo. Il pubblico della Johann Cruyff arena fischiava per sottolineare tutte le perdite di tempo dei giocatori del Getafe, che sembravano nutrirsi di quest’odio. E dopo ogni scontro sembravano andare a terra con ancora più gusto, richiamando l’intervento medico, congelando il cronometro. Al 15° già si è arrivati alla crisi diplomatica, con ten Hag che va sotto a Bordalas dopo quella che considerava un’altra perdita di tempo del Getafe.

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L’unico vero rimpianto è che non vada ancora in onda Celebrity Death Match per mettere sul ring due pupazzi di plastilina dei due allenatori che si picchiano.


Tre grandi sconfitte storiche del Portogallo che ricordano il disastro delle portoghesi in Europa League

L’Europa League è anche la coppa delle squadre portoghesi, che di solito non hanno la forza economica per competere in Champions League ma hanno il talento nel proprio movimento per far brillare i propri giovani in Europa League. Negli ultimi anni però Mendes ha facilitato l’esportazione precoce dei talenti portoghesi, e i maggiori club quest’anno si trovano in una situazione di impoverimento con pochi precedenti recenti.

La sconfitta di Alcazarquivir

Nota come “La battaglia dei tre re”, si combatté nel 1578 in Marocco tra le truppe portoghesi e quelle del regnante di Marocco aiutato dai giannizzeri ottomani. Il Portogallo voleva far crollare il trono e metterci un sovrano amico, ma perse. Tutti e tre i re persero la vita sul campo di battaglia. La casa reale portoghese si estinse ufficialmente e diede il via a una crisi di successione sanguinosa.

La sconfitta di Alcantara

Dove le scarse truppe portoghese provarono ad opporsi agli spagnoli ma vennero sconfitti, nel 1580. Gli Asburgo regnarono allora in Portogallo con la penisola iberica unita fino al 1640.

La sconfitta di Chaul

Siamo nel 1507: la flotta portoghese affronta quello del mamelucco egiziano nell’Oceano Indiano. È la prima sconfitta portoghese, che porterà all’assedio di Cannanore e quindi a una gloriosa resistenza della guarnigione lusitana. Chissà che anche queste sconfitte europee non rappresentino un’occasione di riflessione e una possibilità di ripartire alla grande nella prossima Europa League, che è anche la coppa dei portoghesi.


Calcio + vento perché no

Formalmente i sedicesimi di Europa League non sono finiti: oggi alle 18 si dovrebbe infatti recuperare il ritorno tra Salisburgo ed Eintracht Francoforte, rimandata per allerta meteo. Nessun problema per gli affabili tifosi tedeschi che si sono gettati sulla partita di hockey tra Red Bull e Klagenfurt, per scampare ai venti fino a 120 km/h previsti, tuttavia una domanda aleggia su questo rinvio: davvero non si può giocare a pallone con tutto questo vento? Ecco 5 possibili accorgimenti per non rimandare più le partite per cose belle e poetiche come il vento.

1. Sassi

Sassi nel pallone, sassi nelle tasche dei giocatori, la squadra con i migliori strateghi nella scelta del rapporto peso giocatore/numero di sassi si troverà avvantaggiata, tipo con le gomme in F1.

2. Aquiloni

22 aquiloni miliardari in pantaloncini che corrono dietro ad un aquilone.

3. Mulini

11 mulini miliardari in pantaloncini che combattono contro un mulino a vento perdendo sempre.

4. Corrimani tipo Trieste

I calciatori possono reggersi a dei corrimani sparsi per il campo, lungo la linea laterale, sulla trequarti, a centrocampo: il calcio diventa totalmente geometrico, bisogna seguire dei corrimano dritti e lunghi. Ci si può staccare, ma a proprio rischio e pericolo.

5. Tutto uguale

Lasciamo che i giocatori se la vedano da soli: non si possono fare lanci lunghi, non si può tirare in porta da lontano quando si è controvento, mentre si può solo tirare quando è a favore. Sullo sfondo van Gogh immortala la scena con le sue pennellate nette e materiche.


Michael Santos e la rivoluzione

Cosa sei disposto a perdere? si chiedeva Jovanotti qualche anno fa e chissà a cosa si riferiva. Quello che sappiamo è cosa è disposto a perdere Michael Santos pur di esultare con i suoi compagni e i tifosi: la libertà. Il giocatore del Copenaghen è stato accusato di assalto a pubblico ufficiale dopo essere entrato a contatto con un poliziotto scozzese dopo il gol del compagno Pep Biel.

Ora è possibile che Michael Santos si trasformi nel martire della competizione, il Bobby Sands dell’Europa League. Perché ovviamente la competizione più rivoluzionaria d’Europa è malvista dalla borghesia conservatrice che preferisce integerrima Champions League. Questo evento potrebbe essere lo scoppio della miccia rivoluzionaria, il primo passo verso una rivoluzione Europa League. Ecco quello che dovremmo fare qualora arrestassero davvero Santos.

1. Sequestro Cristiano Ronaldo

Lo prendiamo dalla sua casa sulle colline di Torino e lo portiamo a LASK, tutti i giovedì è costretto a giocare un sedicesimo di Europa League fino a che la UEFA non libera Santos e ci concede lo status di competizione speciale senza VAR, senza eliminazioni e con le squadre scelte da un comitato centrale.

2. Si bombarda Manchester fino a che non lo liberano

Il rischio che il ricco Manchester United possa vincere di nuovo l’Europa League è troppo grande, bisogna prendere provvedimenti. Se succede qualcosa anche ai giocatori del City tanto meglio.

3. Mandiamo il Getafe a giocare tutte le partite

Portiamo i giocatori del Getafe in ogni partita dei cinque maggiori campionati, loro entrano in campo, fanno un fallo, simulano, si lamentano con l’arbitro. A bordocampo Bordalás fa Bordalás.

4. Infiltriamo Aduriz nei vertici della UEFA

Vestito bene, barba tagliata, sorriso sornione: Aritz Aduriz diventa il prossimo delfino della UEFA, scala le gerarchie fino ad assumere il controllo del calcio europeo. A quel punto avviene la defenestrazione dell’antico regime per instaurare una dittatura dell’Europa League.


Chi sa solo di Europa League non sa niente di Europa League

Il ritorno dei sedicesimi di Europa League è il momento in cui la fede vacilla: le squadre ai limiti dell’impero iniziano a cadere, trafitte dalla superiorità economica dei club calati dalla Champions League. Ma, nel calcio di oggi, cosa c’è ai limiti dell’impero? Fino a qualche anno fa eravamo abituati a vedere eserciti di squadre spagnole e portoghesi razziare l’Europa League come i lanzichenecchi Roma, mentre le squadre dell’est stavano a vedere. Ora però è Jorge Mendes ha saccheggiare il Portogallo creando uno scompenso dove tutte le squadre portoghesi (Braga, Benfica, Porto, Sporting Lisbona) vengono eliminate ai sedicesimi, mentre la squadra più portoghese, ma non in Portogallo, il Wolverhampton sembra una delle favorite alla vittoria finale. Un anno di certo non fa tendenza, ma siamo qui soprattutto per essere catastrofici, allarmare tutti con previsioni strampalate e allora ecco un bel quiz etnologico sulla terra del Fado, del baccalà, della persona meno Europa League di tutte.

1. Cosa rende tanto speciale il pudding di Braga, il Pudim Abade de Priscos, creato dall’abate Manuel Joaquim Machado Rebelo?

a) bacon e vino Porto

b) cannella e riso

c) crema catalana e baccalà

2. Nel 1807 l’esercito di Napoleone iniziò la sua marcia verso Lisbona, cosa fecero invece gli abitanti di Boticas?

a) giurarono fede all’Imperatore francese passando alla storia come traditori

b) seppellirono tutto il vino della città per non farlo cadere in mano ai francesi

c) abbandonarono la città e si rifugiarono nei sugli alberi, dando l’idea per il futuro libro di Calvino Il barone rampante

3. Quale grande opera letteraria ricorda il parco Quinta da Regaleira?

a) Il Don Chisciotte

b) Il libro dell'inquietudine di Pessoa

c) La Divina Commedia

4. Per cosa è famoso il ponte di Esperanca?

a) da qui si è gettato Carlo I, ultimo Imperatore d’Austria in esilio in Portogallo

b) è il più piccolo ponte a collegare due paesi tra loro

c) è il ponte che attraversava tutte le mattine Bruno Fernandes per andare a scuola

5. Cosa ha come tema centrale l’album 1755 della band gothic metal portoghese Moonspell?

a) Cristiano Ronaldo

b) il re portoghese Michele I, detto l'Assolutista o l'Usurpatore

c) il terremoto di Lisbona

Risposte:

1-a: Bacon e vino Porto, gli altri ingredienti sono zucchero, cannella, limone, uova (qui la ricetta se vi interessa);

2-b: Quando poi lo disseppelirono scoprirono che l’oscurità e le basse temperature ne avevano migliorato il sapore. Oggi è conosciuto come Vinho dos mortos (il vino dei morti).

3-c: Il percorso tracciato all’interno del parco dall’italiano Manini (e che si trova a Sintra) prevede di passare dal mondo intermedio, il Purgatorio, al mondo inferiore, l’Inferno, e infine al mondo superiore, il Paradiso.

4-b: lungo poco più di tre metri, collega il municipio portoghese di Arronches con lo spagnolo La Codosera.

5-c: lo trovate qui.


Il Var distrugge sogni

Per qualche secondo il Cluj ha pensato di aver fatto lo scalpo degli scalpi, lo scalpo dell’Europa League eliminando il pentacampione Siviglia con un gol fortunoso negli ultimi minuti di gioco. L’intervento del VAR, a segnalare che l’azione era viziata da un fallo di mano, ha però riportato tutto alla normalità: Cluj fuori, Siviglia dentro. Sappiamo come il rapporto tra VAR e falli di mano sia al limite, così come sappiamo che la legge che regola i tocchi con le braccia in questa stagione è diventata cervellotica. Non doveva però saperlo Dan Petrescu, l’allenatore del Cluj che in conferenza stampa si è stampato un qualche regolamento per leggero davanti a tutti. Non si capisce tutto, ma si capisce quanto italiano e romeno siano lingue simili.




Giocatore più Europa League: Sven Kums

Quanto ci abbiamo creduto: 6

Quanto è stato realmente forte: 6

Quanto è caduto in disgrazia: 4

Quanto sembra depresso: 7

Sven Kums fa parte di quella categoria dello spirito che sono i giocatori dell’Udinese che a un certo punto ci sono sembrati buoni, poi no. Giocatori che finiscono dopo i 30 a diventare capitani delle loro squadre mitteleuropee, ricordandoci la loro esistenza solo grazie all’Europa League.

Oggi ha 32 anni, gioca come mezzala nel Gent e porta un pizzetto da persona che si odia e sembra totalmente un’altra persona rispetto all’angelico ragazzino uscito da un quadro di Jan Vermeer dei primi anni all’Anderlecht.

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Il campionato belga è spesso terra di caccia per i maggiori campionati europei e Kums ad un certo punto - dopo due anni in Olanda e alcune stagioni non del tutto convincenti - con la maglia del Gent è letteralmente esploso segnando 16 gol in una stagione, tra cui 2 in Champions League che hanno trascinato la sua squadra agli ottavi di finale. In quell’anno viene eletto miglior giocatore del campionato belga e il Napoli di Sarri pensa a lui per il suo centrocampo. A spuntarla è però l’Udinese dei Pozzo, passando per il Watford dei Pozzo, che decide di puntare su di lui, ottenendo in cambio una stagione mediocre. Quanti giocatori però possono dire di aver tenuto il posto di comando - centrocampista davanti alla difesa - in una squadra di Serie A? Kums è durato una stagione per poi tornare in patria, dove il suo calcio compassato ha meno limiti. Su youtube si trovano video dove viene chiamato maestro come capita a tutti i centrocampisti senza particolari qualità fisiche che sanno però come giocare il pallone. Non tornerà più a segnare 16 gol in una stagione, ma ancora per un po’ lo vedremo calcare i periferici campi dell’Europa League, col suo pizzetto e la faccia gentile, e questo è tutto quello che ci serve.


Gol più Europa League: Romelu Lukaku

Virilità: 0

Assurdità: 10

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 8

Vabbè: non potevamo sottrarci. Lukaku è un lusso per questa Europa League, uno dei giocatori più forti della competizione, forse il più forte a pensarci bene. Eppure tutti possono segnare un gol Europa League, un gol che affonda le sue radici nel caso, dell'inadeguatezza, nel ridicolo. Insomma questo colpo di testa involontario ha scalato le gerarchie dei gol Europa League perché proprio non ha niente di normale: a Lukaku la palla va letteralmente a sbattere in testa, mentre lui è a terra senza volontà, in uno stadio vuoto, durante una partita che a quel punto sta lentamente scivolando sui binari dell’inutile.

Da uomo di mondo Lukaku lo sa di aver fatto un gol Europa League e allora non esulta, porta rispetto come alle cose più pure, eppure è un fatto: benvenuto tra noi!


Il momento Europa League

Torna l’unico momento che tu lo guardi e dici “ma questo è un momento Europa League!”. Sono momenti incredibili, ma in senso ridicolo: cose che non siamo abituati a vedere su di un campo da calcio, almeno non il venerdì, il sabato, la domenica, il lunedì, il martedì e il mercoledì.

Il momento Europa League arriva a coinvolgere anche tre giocatori in contemporanea, per creare qualcosa di imponderabile: prima Pedrosa cicca un banale retropassaggio, poi Prieto decide di uscire nonostante fosse palesemente in ritardo rispetto l’avversario, infine Pedro Neto. Beh, che dire di Pedro Neto? L’attaccante dei Wolves sarebbe potuto entrare con il pallone in porta, segnare di testa dalla linea di porta, o anche più semplicemente appoggiare di piatto nella porta vuota, invece finisce per colpire con il malleolo, un tiro storto che finisce alla sinistra di nessuno, perché insomma la questione è proprio quella, in porta non c’era nessuno. Un errore inutile ai fini della qualificazione della sua squadra, ma molto utile per noi per ricordarci che l’Europa League livella, almeno per un secondo, noi e Pedro Neto non siamo così lontani.


Ma quanto sono belli i capelli di Valentin Stocker?

Valentin Stocker è un calciatore svizzero, centrocampista svizzero dello svizzero Basilea. Ieri si è guadagnato il rigore che ha permesso alla sua squadra di vincere anche a Cipro contro l’APOEL. L’immagine dei suoi capelli perfetti che si muovono come un’onda mentre cade a terra è rimasta ipnotica su una partita che aveva davvero poco da dire. I suoi capelli sono perfetti, la cosa più bella della Svizzera dopo il segreto bancario. Non ci credete? Ecco alcuni tagli di Stocker da copiare per avere successo in campo come nella vita.

1. Valentin Stocker ha una parte in Mad Men

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Tenere i capelli lunghi tirati indietro con il gel o la cera è difficilissimo, ci vuole molto lavoro e un viso antico, spigoloso. A Stocker rimangono perfetti come durante uno shooting di moda mentre corre e suda sul campo, indossando la bellissima maglia del Basilea col collo alla coreana.

2. Valentin Stocker è Brad Pitt in Troy

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Il capello schiarito dal sole, lo sguardo profondo, la barba accennata. Valentin Stocker è l’unico essere umano, oltre a Brad Pitt, a cui stanno bene questi capelli da surfista coatto che infesta le spiagge di Bali parlando di new age con una catenina di conchiglie.

3. Valentin Stocker in Sons of Anarchy

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Può essere la duttilità dei capelli una qualità? Valentin Stocker può portare anche i capelli lunghi, rasati ai lati, legati in un bun alla nuca e sembrare sempre una persona perfetta, un centrocampista svizzero di sicuro affidamento a cui daresti i tuoi soldi, i tuoi figli, la tua squadra del cuore.


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