Il gol più Europa League
In questa edizione dell’Europa League sono stati segnati 565 gol - 9 in più della scorsa edizione - 2,76 a partita, uno ogni 32 minuti. Da ognuno di questi gol abbiamo provato un piccolo o grande piacere, un minimo o enorme dispiacere. Alcuni sono stati inutili, altri importantissimi, tutti hanno significato qualcosa. Vorremmo quindi premiarli tutti, ma il premio è uno e nessuno è stato virile, assurdo, anti-epico e con il giusto timore della morte quanto il gol di Ibrahim Benjamin Traoré in Slavia Praga Siviglia 4-3.
Forse un giorno diventerà la partita del secolo del nostro secolocome Germania-Italia lo è stata dello scorso, per ora è la partita più mistica di questa Europa League, il momento in cui abbiamo pensato che i pianeti si stavano allineando, e il gol della qualificazione è il gol che più ha incarnato lo spirito della competizione, l’eterna lotta tra il Siviglia e la Mitteleuropa. Da una parte la squadra che ha reso grande la competizione, l’invincibile armada dell’Europa League, dall’altra gli scappati di casa sbucati dalla nebbia dell'Alto Palatinato, per marciare sui cadaveri degli avversari.
Una sfida che poteva essere risolta solo da un’azione assurda, magnifica, flipperesca, arrivata dopo 118 minuti di partita, che trasforma la volontà dello Slavia Praga e dei suoi tifosi in gol.
La gloria sui taccuini se l’è presa Traoré, ritenuto l’autore materiale della rete, ma è probabilmente la cosa più vicina al calcio totale come lo intendeva Cruyff, uno che avrebbe amato questo torneo. Un gol di tutti, anche vostro, un gol Europa League.
Autogol più Europa League
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Durante tutto il corso della stagione abbiamo mischiato gol e autogol, che se poi ci pensate sono la stessa cosa. Il gol più Europa League, ad esempio, non è un autogol per un millimetro. A scorrere l’album degli autogol di questa edizione, così al volo, c’è quello di Zapata nella disfatta del Milan in Grecia, contro l’Olympiacos, oppure quello ridicolo ma indolore di Nacho Monreal contro il Rennes.
Nessuno però ha ribaltato il tavolo come questo autogol di Luiz Gustavo: se il Marsiglia nella scorsa Europa League era stata la sorpresa, la squadra in grado di issarsi fino alla finale contro l’Atletico Madrid grazie ad un gioco spericolato ed appassionante, quest’anno è stata un vero disastro: 1 punto in 6 partite, l’ultimo posto nel girone, dietro anche all’Apollon, 6 gol fatti e 16 subiti.
L’incomprensione tra Luiz Gustavo e il suo portiere, Pelé, è profonda come uno squarcio nella terra, come il giorno e la notte non potrebbero essere più distanti. Un autogol che sfalda il gioco del calcio per come lo intendiamo noi, ovvero che i compagni si passano la palla e gli avversari provano a fare gol nella tua porta. E cosa c’è di più Europa League dello sfaldamento dell’ordine costituito?
Essere umano più Europa League: Ari
Ari - Ariclenes da Silva Ferreira - ha una collezione di cappelli che porta il suo nome, ma non tipo il marchio di mutande di CR7, ovvero business, è solo che gli è sembrato una buona idea riempirsi di cappelli in cui autonomamente si è fatto stampare il proprio nome o la lettera A e il numero 9.
L’ingenuità di questa mossa spiega bene la naturalezza con cui Ari interpreta il suo ruolo di brasiliano infilato nel campionato russo. Così inserito da aver anche esordito con la Nazionale russa, finendo nel tritacarne del razzismo ruteno. In questa Europa League ha segnato uno dei gol più belli, un chip dal limite dell’area in controtempo mentre indossava una fascia per proteggersi le orecchie, scelto al quinto posto dei migliori gol dai tecnici della UEFA. Col Krasnodar è arrivato ad un minuto da eliminare il Valencia negli ottavi, rimanendo trafitto da un gol di Gonçalo Guedes ben oltre il novantesimo, come succede alle persone troppo buone in Europa League.
Il giocatore più Europa League: Nacho Monreal
Turno dopo turno, venerdì dopo venerdì, la rubrica sul giocatore più Europa League ha ridefinito il concetto stesso della competizione, guadagnandosi una cattedra di Filosofia del linguaggi all’Università UniCusano, che dell’anno prossimo terrà un corso di laurea in Europa League (il corso di laurea perfetto per voi, se anche voi vi sentite almeno un po’ Europa League).
Come sapete questo premio riguarda più la sfera emotiva dei nostri ricordi che non il calcio vero e proprio, emozioni magari malinconiche, ma in qualche modo confortanti: l’abbraccio di un vecchio amico, un cane che corre in un prato spelacchiato, i soprammobili sbeccati di casa dei vostri nonni. Tutte sensazioni che nella vita di tutti i giorni teniamo nascoste in qualche anfratto, ma che segretamente vorremmo sputare fuori sotto forma di lacrime mentre ci accampiamo nei boschi con i giocatori dello Spartak Trnava.
Il giocatore più Europa League di questa edizione non poteva che essere Nacho Monreal, l’antieroe per eccellenza, l’essere umano più vicino all’idea di un gattino infreddolito sotto la pioggia e che - nonostante tutto - si è spinto fino alla finale di Europa League.
Nacho Monreal è sempre in bilico: come ogni giocatore Europa League che si rispetti, ad un certo punto qualcuno ha creduto in lui, magari anche qualcuno di voi. Ci hanno creduto così tanto che Nacho è riuscito a scalare le gerarchie del calcio mondiale: 21 presenze con la Nazionale spagnola, forse la singola in cui è più difficile emergere in questo secolo, 184 con l’Arsenal - che comunque è l’Arsenal.
Eppure in campo sembra sempre a disagio, mai adatto al contesto. Ci ricordiamo di lui per gli svarioni, gli autogol, la volta in cui è uscito dal campo per andare in bagno, non il primo a farlo, ma l’unico che ha spinto i tifosi a chiedersi se si fosse lavato le mani dopo.
Nacho Monreal pur bistrattato dalla storia non ha mai mollato. Negli ultimi giorni ha celebrato il primo compleanno della figlia, ha perso una finale ed è finito nel mirino del Fenerbahce. A breve il suo contratto con l’Arsenal scadrà, ma forse Nacho Monreal continuerà a rimanere al suo posto.
La squadra più Europa League: Slavia Praga
Ricapitoliamo brevemente le caratteristiche della squadra che possiamo considerare ideale nell’Europa League: deve appartenere all’ex impero austro-ungarico; la sua rosa deve dare chiari segni di inadeguatezza; deve farci emozionare.
È bello che a vincere questo premio quest’anno sia la squadra di una vecchia capitale europea. Una squadra con una maglia che rifiuta apertamente l’estetica moderna, con la maglia biancorossa e sul petto una stella gigantesca e sproporzionata. Una squadra che nella sua storia ha subito la discriminazione antisemita nonostante non abbia nessuna radice ebraica. Una squadra che quest’anno ha giocato un grande calcio, che ha dato vita alla più bella partita di quest’edizione della Coppa, un 4-3 inflitto al Siviglia con il gol decisivo segnato da Ibrahim Traoré al 119’.
Ci manca già tutto di questa squadra leggendaria: il capitano Tomas Soucek, che forse verrà a giocare in Italia, l’uomo dei gol impossibili Miroslav Stoch, il clone di David Luiz, Alex Kral, il talento dal nome affascinante Lukas Masopust.
Lo Slavia Praga è riuscito a spingersi fino alle colonne d’Ercole di qualsiasi squadra media d’Europa League, i quarti di finale - dopo aver preso lo scalpo del Genk - lì ha affrontato il Chelsea e avrebbe forse meritato di passare il turno. Dopo una partita d’andata mal giocata, persa 0-1, lo Slavia Praga è andato sotto 0-3, poi però ha segnato 3 gol, ha perso 4-3, ha dato battaglia fino alla fine rendendo onore alla competizione.
Lo Slavia è uscito dall’Europa League ma ha coronato la sua grande stagione con la vittoria del campionato ceco, in finale contro gli eterni rivali dello Sparta. Abbiamo già nostalgia dello Slavia.
La città più Europa League: Sarpsborg
Sarpsborg è stata fondata poco dopo l’anno 1000 dal Re Olav, Sant’Olav, il martire, il santo, colui che si fece battezzare e cominciò a rendere cristiana la Norvegia pagana. È attraversata dal fiume Glomma, il più imponente fiume di Norvegia. Il suo nome originario era Glumr, da raurm, ovvero tuono.
Sarpsborg è il capoluogo nella contea di Ostfold, dove si trovano i più antichi insediamenti umani nell’area norvegese. Una zona che ha avuto una dominazione danese e svedese, e che non ha mai trovato una sua identità unitaria.
A Sarpsborg è andato in scena il primo e unico concerto dei Mayhem con la formazione completa, con Dead alla voce prima che si suicidasse. Il live ha ancora oggi dei contorni leggendari ed è possibile “guardarlo” su YouTube in video di bassissima qualità, dove i membri della band ogni tanto spuntano fuori sotto una luce verde inorganica. Eccolo, se volete provare l’esperienza.
Per noi italiani Sarpsborg non è semplicissima da raggiungere. Un volo per Oslo da Roma con Norwegian Airways, quindi senza scali, è sui 300 euro andata e ritorno e ci impiega poco più di 3 ore. Poi da Oslo a Sarpsborg ci vuole un’altra ora e mezza di treno. Buon viaggio!
Momento più Europa League
Quando Benjamin Kololli è scomparso dalla faccia della terra per diversi secondi.
Forse ve lo ricordate, Kololli dopo aver segnato il rigore dell’1 a 0 contro l’AEK Larnaca è andato ad esultare sotto il settore dei suoi tifosi, un gruppo di fedelissimi che si è sobbarcato il viaggio tra Zurigo e Larnaca. Durante l’esultanza Kololli è finito per precipitare in un cunicolo spazio-temporale, uno squarcio tra dimensioni che - neanche troppo inaspettatamente - si trova tra il campo e le tribune del Neo GSP, lo stadio di Nicosia che ospitava la partita (il fatto che alcune squadre debbano cambiare stadio per giocare in Europa League è una delle poche infamie che si porta dietro la competizione). Kololli è scomparso per circa una decina di secondi, che possono sembrare pochi, ma immaginate che probabilmente in quel frangente di tempo su qualche altro campo di Europa League qualcuno ha fatto almeno un gol.
Forse non sapremo mai dove cacchio è finito Kololli; forse tra vent’anni Roberto Giacobbo ci farà uno speciale sopra; forse Kololli è finito semplicemente in un fossato. Insomma molti forse, uno svizzero-albanese mega coatto, due squadre improbabili, pochi appassionati tifosi: grazie Europa League.
Momento più Europa League, se l’Europa League fosse fatta dai gatti
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Il momento più Arsenal in Europa League
Lo ha scritto anche il Telegraph, quindi non è più una teoria che deve rimanere all’interno di questa rubrica: L’Arsenal è una squadra da Europa League, con un budget da Europa League e dei giocatori da Europa League. Dobbiamo quindi abituarci a vederla spuntare in queste righe, tra prestazioni esaltanti e momenti di sconforto. In questa edizione in alcuni momenti è stata la squadra più solida, come nel doppio confronto contro il Napoli, in altri momenti è sembrato semplicemente l’Arsenal, come all’andata con il Rennes e il BATE Borisov.
Tuttavia il momento che più ha definito l’Arsenal come una squadra Europa League è stata la finale contro il Chelsea, persa in maniera tanto netta quanto inaspettata. Sono qui che si annidano i momenti Arsenal, momenti calcistici semplicemente assurdi in situazioni semplicemente assurde.
Lo stile più Europa League
Clement Grenier è un modello prestato al calcio. Quando scende in campo non si toglie mai il completo scuro, non perde una goccia di sudore, gestisce i ritmi del Rennes con in bocca una Gitanes. Non che sia una buona idea. Se il Rennes è un disastro nell’assorbire le transizioni avversarie è anche per l’assoluta inconsistenza di Clement Grenier, che a 28 anni sembra un ex giocatore da almeno 6 stagioni.
Clement Grenier è un modello prestato al calcio, ma non un modello d’alta moda, un modello vero. Piuttosto un modello di quei brand che copiano le case d’alta moda offrendo al pubblico una versione sbiadita e normalizzata delle innovazioni che l’alta moda fa. Clement Grenier sembra un influencer di Zara che si fa le foto con gli skinny jeans al Primavera Sounds rompendo la sacra regola del mai abbinare giacca elegante ai jeans. Sotto la giacca una maglietta degli Iron Maiden rivisitata da Zara per rimuovergli l’alone di sfiga che hanno sopra le maglie degli Iron Maiden autentiche, aggiungendo paradossalmente più sfiga.
Se conoscete abbastanza l’Europa League avrete capito che Grenier è il giocatore dallo stile più Europa League. Come le giacche fiorite di Zara stanno alle giacche fiorite di Gucci; così la classe di Clement Grenier sta alla classe di Christian Eriksen, e così l’appeal dell’Europa League sta all’appeal della Champions League.
Lo stemma più Europa League: Krasnodar
Quando il tuo stemma somiglia all’insegna di una bisteccheria russa hai fatto un buon lavoro e meriti di vincere il premio di stemma più Europa League.
In alto possiamo ammirare due trombette ai lati di un pallone che si staglia su un piccolo vessillo a rombi bianco-verdi che richiama tutta la parte inferiore dello stemma. Un prato a rombi come una bella tovaglia da biergarten, sovrastato da un toro che lo calpesta selvaggio. Poi la scritta Krasnordar con un font che sembra gridare GRIGLIATA MISTA e sotto un ferro di cavallo. Dettaglio kitsch completamente a caso.
Non esiste nessun legame storico-culturale fra questo logo e la città di Krasnodar, fra le più grigie dell’Europa League, e per questo abbiamo deciso di premiare lo sforzo creativo che ha creato un logo così da ristorante.
Lo stadio più Europa League
Nel Sarpsborg Stadion giocava lo Sparta Sarpsborg prima che il club cadesse in disgrazia. Come potete immaginare, quindi, nonostante sia stato fondato nel 1930, poche partite di prestigio si sono giocate nel Sarpsborg Stadion. Le più importanti: Svezia-Norvegia Under 21 nel 1972; Sarpsborg-Leeds del 1971.
Lo stadio fino allo scorso anno aveva poco più di 5500 posti, e per partecipare all’Europa League è stato ampliato fino a 8022, superando di poco la soglia minima per poter partecipare alla competizione giocando nel proprio stadio.
Il Sarpsborg Stadion non ha nessun tipo di atmosfera, e in questo senso sta agli stadi tedeschi, portoghesi e turchi come il ying allo yang. Tanto questi stadi sono intensi, chiassosi, identitari, quanto quello del Sarpsborg è freddo, anonimo e non comunica niente fuorché la funzione stessa di uno spazio adibito al gioco e alla visione del calcio.
C’è una gloriosa tribuna, davanti ad essa un’altra tribuna molto meno gloriosa, i settori sul lato corto sono due mini-tribunette scoperte da 100 posti. Da quest’anno quei due settori sono stati ingranditi e coperti. Eppure, quando si vuole vedere del calcio europeo, si può andare verso lo stadio anche senza biglietti, solo ben coperti e con un thermos di caffè. Accostarsi agli angoli del Sarpsborg Stadion e sbirciare al suo interno.
Il miglior gol di Carlos Bacca
Carlos Bacca, detto El Pescador, detto El Peluca, è un vero monumento dell’Europa League. Bacca ha 48 presenze e 20 gol in Europa League, ha vinto due volte il trofeo, segnando una doppietta nella finale della stagione 2014/15.
Quest’anno continua la sua esperienza nella sua competizione preferita con la maglia del Villareal, e anche quest’anno ci ha deliziato con magie 100% Carlos Bacca, in verità solo una, ma magnifica. Dopo appena 44 secondi dal fischio d’inizio ha deciso di trafiggere il Glasgow Rangers di Steven Gerrard con questo tiro di esterno sul secondo palo incredibilmente sensuale.
Il tifoso più Europa League: i due che si sono fatti fermare a Baku con la maglia di Mkhitaryan
Se avete anche un minimo di interesse verso l’Europa League, sarete a conoscenza della storia di Mkhitaryan (che potete approfondire qui), che ha preferito evitare la trasferta a Baku a causa delle tensioni tra la sua nazione di nascita, l’Armenia, e il Kazakistan per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh.
Se Mkhitaryan è rimasto a casa, lo stesso non si può dire delle due uniche persone al mondo ad avere la maglia dell’Arsenal con il nome dell’armeno sulle spalle (oltre ad un pessimo gusto in fatto di occhiali). I due sono stati fermati dalla polizia a Baku mentre camminavano beatamente e lasciati andare dopo un rapido controllo.
Ora dire che hanno rischiato il carcere è esagerato, ma cosa c’è di più Europa League di provare a rompere l’ordine costituito indossando la maglia di un trequartista armeno?
Coreografia più Europa League: Eintracht vs Lazio
Il contest per la più bella coreografia di questa edizione dell’Europa League era conteso tra l’Eintracht Francoforte contro l’Apollon Limassol e l’Eintracht Francoforte contro la Lazio. Contro l’Apollon la tifoseria è stata quasi modesta, tirando su solo il disegno dell’aquila simbolo del club intervallato dalla scritta “Eintracht”. Niente di eccezionale, specie a confronto di cosa hanno tirato fuori contro la Lazio, con lo stadio trasfigurato in un gigantesco teatro scenico. Su una tribuna la scritta 1980, a ricordare la vittoria della Coppa UEFA in finale contro il Borussia Monchengladbach; su una curva il disegno di un’aquila che digrigna i denti, disegnata con uno stile fumettoso un po’ da vecchio adesivo. Su un’altra tribuna le strisce dei colori del club stese verticalmente.
Organizzare una coreografia è estremamente complesso per una curva, figuriamoci per uno stadio intero. Ma del resto i tedeschi sono quelli che con la loro organizzazione minuziosa ci hanno inflitto la catastrofe di Caporetto, una coreografia è un gioco da ragazzi.
Questo premio è soprattutto un premio ai migliori tifosi dell’Europa League, dalla prima all’ultima partita. Un esempio di invasamento mistico per la propria squadra, sbronze fuori dallo stadio, invasioni di campo, coreografie da maniaci. Ode all’Eintracht.
La partita più Europa League: Slavia Praga-Siviglia 4-3
Nella partita d’andata il Siviglia aveva pareggiato in casa per 2-2 contro lo Slavia Praga, e la sfida di ritorno è completamente impazzita.
Tutto è cominciato con un gol di Ngadjui, camerunense di 29 anni diventato professionista a 24, quando si è trasferito al Football Club Botosani, in Romania. Prima di allora giocava in Germania e studiava ingegneria civile.
Poi è arrivato il gol dell’1-1 di Wissam Ben Yedder, francese di origini tunisine di 29 anni soprannominato Benyebut, diventato professionista a 20, quando è andato al Tolosa. Prima di allora giocava a futsal.
Il 2-1 è arrivato dai piedi di Tomas Soucek, ceco di 24 anni, capitano dello Slavia Praga. Nella sua vita ha sempre giocato a calcio, nonostante il suo fisico sembri più quello di un tennista.
Il 2-2 lo ha segnato Munir con un tiro assurdo e improvviso di esterno sinistro da fuori area. Munir, di 24 anni, talento incompiuto che ha iniziato a giocare nel parco, dove suo padre si è accorto del suo talento e ha deciso di portarlo a una scuola calcio. Il telecronista grida “que muniraazo!”.
La partita è andata allora ai supplementari e al 97’ ha segnato "El Mudo" Vazquez tagliando sul primo palo e spingendo la palla sotto la traversa.
Mancavano 20 minuti alla fine e in qualsiasi altra competizione la partita sarebbe finita. Lo Slavia Praga avrebbe dovuto segnare 2 gol per passare il turno: un’impresa complicata per qualsiasi squadra forte, figuriamoci per una dell’Est Europa costruita con gli scarti delle altre squadre.
Il 3-3 lo segna proprio uno scarto: Mick Van Buren, olandese di 27 anni con una carriera più che mediocre e comunque peggiore di quella di suo padre - Leo Van Buren - e di suo nonno - Theo Laseroms.
A un minuto dalla fine il 4-3 lo segna Ibrahim Traoré, centrocampista ivoriano di 31 anni in prestito dal Fastav Zlin, arrivato in Repubblica Ceca dagli Emirati Arabi del Taborsky, seguendo una direttrice di traffico che non vogliamo davvero conoscere.
Durante questa incredibile partita i destini della qualificazione sono cambiati 7 volte e possiamo tranquillamente definirla La Ajax-Tottenham dell’Europa League.
Sorpresa Europa League: Shapi Suleymanov
Shapi Suleymanov non ha mai giocato più di venti minuti in Europa League: 8 presenze per un totale di 128 minuti. Eppure è stato fondamentale per il passaggio dei gironi, degli ottavi e quasi di quello dei quarti.
Nel suo pochissimo tempo in campo, infatti, Shapi ha segnato 3 gol dimostrando di avere un sinistro semplicemente pazzesco, come ricorda il suo primo allenatore, che non ha avuto paura di scomodare il miglior giocatore del mondo: «Aveva un sinistro pazzesco, come quello di Messi. Forse meglio».
Ed effettivamente vedendolo segnare gol tanto belli, quanto decisivi il dubbio viene: sarà Shapi il Messi dell’Europa League? Intanto un suo gol su punizione ha regalato il passaggio del turno negli ottavi contro il Bayer Leverkusen, mentre quello al Valencia - anche più bello - è stato vanificato solo nel recupero.
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Il sinistro che fa tremare l’Europa League
Suleymanov dovrebbe avere appena 19 anni, il che lo rende un prospetto ancora più eccitante (dico dovrebbe perché in Russia si dice che abbia in realtà 22 anni). Secondo Sport24, infatti, il calciatore avrebbe dichiarato su VKontakte, una specie di Facebook russo, di essere invece nato il 16 dicembre 1995, quattro anni prima della data dichiarata dai documenti.
Ora la storia non sembra avere tantissimi appigli, ma è sicuramente il tipo di storia che glorifica e rende tanto interessante l’Europa League. Speriamo di poter continuare ad indagare il prossimo anno, con il Krasnodar regolarmente al suo posto (al momento è ai preliminari di Champions League, però incrociamo le dita).
Giocatore più grosso dell’Europa League: Pape Abou Cissé
Pape Abou Cissé ha 24 anni, è sempre sorridente, gioca nell’Olympiakos ed è alto un metro e 97. Anche prendendo delle sue foto in cui è isolato, scontornato su uno sfondo bianco, è gigantesco. Certo, rispetto al vincitore della scorsa edizione, Leandré Tawamba - uno degli esseri umani più umani più grandi mai vissuti - Cissé sembra quasi minuto. Ma stiamo comunque parlando di una persona diversi gradi più grande di un essere umano normale. Guardatelo mentre se ne va in giro con i suoi compagni dell’Olympiakos.
Wow.
Come tutte le persone troppo grandi per giocare a calcio Pape Cissé gioca difensore centrale ed è meno lento di quanto possiate immaginare. Oggi gioca nell’Olympiakos, il più grande club greco, ma è nato calcisticamente nel Pikine, una piccolissima società senegalese. Quando deve dare una parola di incoraggiamento ai suoi amici che sono rimasti a Pikine Cissé non si risparmia: «Voglio dire ai miei fratelli di lavorare molto, essere pazienti, credere in stessi e lasciare tutto nelle mani di Dio. Ogni cosa ha i suoi tempi nella vita».
Lo zero a zero più Europa League: Akhisar - Standard Liegi
Lo sappiamo: l’Europa League è un tripudio di gol. Tuttavia esistono delle partite che resistono, combattono lo status quo dello spettacolo mettendo in mostra tutta la natura profondamente scialba del gioco del calcio anche quando non è una partita a scacchi.
Lo 0-0 tra Akhisar e Standard Liegi è stato quasi un atto di fede, come si può capire da questo video di highlights solamente testuale, una cosa a metà tra Zork e la Bibbia.
Centravanti più Europa League: Munas Dabbur
Dabbur ha un taglio troppo arzigogolato, il pizzetto da ortodosso e le sopracciglia spioventi. Fino a 18 anni ha giocato nel Maccabi Ahi Nazaret, la squadra più forte del paese che ha dato i natali a Gesù, oggi gioca invece in una squadra che si chiama come una bevanda energetica, il Red Bull Salisburgo.
Una leggenda racconta di come dovesse andare al Liverpool, ma Salah ha minacciato di andarsene se fosse accaduto (sempre secondo la leggenda perché israeliano, ma è più probabile perché non si mischia l’Europa League con la Champions League). La realtà è che il suo futuro è al Siviglia, la squadra più interessata a comprare attaccanti che segnano più o meno un gol a partita in questa competizione.
Dabbur è uno di quegli attaccanti che sembra cresciuto in una gabbia, in grado di gestire il pallone in uno spazio strettissimo, di lottare dentro l’area di rigore, di spizzare in rete palloni che arrivano dal nulla. In questa edizione ha segnato 8 gol in 10 presenze, nella prossima chissà.
Premio per la squadra che meno poteva partecipare ad una competizione europea, qualunque competizione europea: Dudelange
La favola Dudelange è stata sviscerata in lungo e in largo dai media tradizionali quando questa squadra di miti lussemburghesi è finita nel girone con lo storico e ingombrante Milan. Una squadra che ha la propria sede tra una brasserie e un venditore di kebab, composta da calciatori semi-professionisti, con un attaccante che fa il postino.
Tuttavia esistono dei risvolti spiacevoli in questa storia: il Dudelange in appena 6 partite ha subito 16 gol, praticamente 4 in meno della Juventus 2015/16 in Serie A, riuscendo a conquistare un punto solo all’ultima giornata, grazie alla benevolenza del Betis Siviglia, in una partita in cui hanno avuto il 23% di possesso palla e subito 14 tiri per pareggiare 0-0.
Il Dudelange è stata la squadra a fare meno tiri in porta a partita in Europa League (5.5), quella ad avere più corner contro (7.83), la squadra con meno falli subiti tra quelle che hanno giocato almeno 6 partite. È stata la peggiore anche nella media gol fatti e in quella dei gol subiti e solo per miracolo ha un punto di percentuale di possesso medio in più dell’ultima in questa classifica.
Insomma il Dudelange non ha onorato questa Europa League, ma sembra prontissima per l’Europa League 2.
La persona meno Europa League in Europa League
Hazard è arrivato primo nel ranking dell’Europa League, che traccia le performance dei giocatori. Ha totalizzato 10915, oltre duemila in più del secondo, Giroud. Sebbene non sia molto chiaro come queste performance vengano tracciate, il fatto che sia riuscito a totalizzare almeno un quinto più di tutti gli avversari, dovrebbe far capire quanto Hazard sia inadatto a questo torneo.
Forse per questo motivo, Sarri l’ha centellinato all’interno delle 15 partite che sono servite al Chelsea per vincere il trofeo. In alcuni momenti Hazard è sembrato semplicemente infastidito da tutto quello che gli succedeva intorno, passeggiando per il campo come un bambino viziato, in altri - come in finale - è sembrato semplicemente troppo.
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Consapevole della sua superiorità, appena vinto il torneo, Hazard è andato ai microfoni dicendo che la sua speranza in estate è quella di andare al Real Madrid, la squadra meno Europa League di tutte le squadre del mondo.
Maglia più Europa League: Spartak Mosca
Diciamo che partire con addosso i colori dell’Armata Rossa ti offre un certo vantaggio su tutti i concorrenti, ma quest’anno la prima maglia dello Spartak Mosca era mozzafiato. Dietro la maglia rossa Nike ha scelto un pattern geometrico ispirato al nuovo stadio dello Spartak, la Otkritie Arena.
Il rosso, indirettamente, richiama anche il soprannome della squadra “Myaso”, la carne, in onore dello sponsor che hanno portato per tanti anni. Il marchio di un’azienda collettivista che inscatolava la carne a Mosca.
Peccato per l’assenza del colletto bianco di vero culto quando si tratta della maglia dello Spartak. Già così però è perfetta da regalare al vostro amico nostalgico dell’Unione Sovietica e di tutti i simboli ad essa correlati.
Peggior quasi omonimo: Adolf Hutter
In Italia, per legge, non si può chiamare il proprio figlio Adolf Hitler, ma non è chiaro se non si possa chiamarlo Adolf Hitler Rossi (esempio) o Adolf se di cognome fai Hitler (cosa comunque estremamente rara). Una legge che probabilmente esiste uguale in Austria, dove Adolf Hutter è nato nel 1970, ma dove nessuno ha pensato di farne una per vietare di chiamare un figlio Adolf quando si ha un cognome così simile ad Hitler, immaginando - credo - che sarebbe bastato il buonsenso.
La famiglia Hutter ha dimostrato invece di avere zero buonsenso, arrivando a scegliere un nome catastrofico, azzoppante, in totale controtendenza con tutto quello in cui crediamo. Oggi, unico Adolf famoso in Austria, Adolf Hutter deve farsi chiamare con uno sgradevole nomignolo “Adi”, in modo che chi voglia chiamarlo possa usare le parole Adi Hutter, comunque ancora troppo vicine ad Adolf Hitler.