Antonio Gagliardi è un allenatore e un analista tattico. È nello staff tecnico della Nazionale dal 2010 e la scorsa stagione è stato anche uno dei collaboratori tecnici di Andrea Pirlo alla Juventus. È appena tornato dalla spedizione vincente a Euro 2020 e ha accettato di parlare con noi per offrirci uno sguardo dall’interno sul lavoro svolto giorno dopo giorno dalla nostra Nazionale.
Tanti CT dell’ultimo Europeo sono sembrati a loro agio nel commento della prestazione attraverso i dati. È stato il primo torneo per nazionali pienamente informatizzato, secondo te? Intendo dire: siamo partiti tutti alla pari, con gli stessi strumenti e le stesse conoscenze?
Se siamo partiti esattamente alla pari è difficile da stabilire, perché bisognerebbe conoscere il metodo di lavoro di ogni staff. La percezione è che negli staff ci sia sempre più cultura sui dati statistici, e questa cultura ora arriva fino alle conferenze stampa. Se prima solo qualche allenatore utilizzava i dati e neanche ne aveva familiarità, ora che più allenatori li utilizzano, è più facile che se ne arrivi a parlarne pubblicamente. Forse a noi pubblico italiano, poco abituato all’utilizzo dei dati sia sui media sia nelle dichiarazioni dell’allenatore, ci è sembrato ancora più evidente questo passaggio, che però effettivamente c’è stato.
A proposito di Serie A: in passato ho sempre avuto la sensazione che molti considerino l’utilizzo dei dati per interpretare una partita come un modo per sminuire le capacità di analisi dell’allenatore. Dici che l’abbiamo superata?
Secondo me in Italia non ancora. Ci sono addetti ai lavori che hanno capito che l’approccio ai dati può essere una risorsa in più, e altri che ancora non ci credono abbastanza. Se invece parliamo dell’Europa, direi che questo passaggio c’è stato e neanche da poco tempo. All’estero quella sui dati è una dialettica non solo accettata, ma anche stimolata.
Facci capire fattivamente quali sono i dati più interessanti per lo staff di una squadra come la nostra Nazionale. Per esempio, appena finita la partita, tu cosa vai a cercare prima?
Il mio metodo di lavoro cerca sempre di aggiornarsi ma ha una base ferma, che sull’utilizzo dei dati si esprime soprattutto nell’Indice di Pericolosità e nei passaggi chiave (questi due dati sono raccolti da SICS, che si è occupata dell'intera raccolta dati durante l'Europeo, nda).
Più in generale posso dire che abbiamo integrato l’area di Match Analysis della Nazionale A con un’altra persona, che è Simone Contran, anche per migliorare l’utilizzo dei dati, in cui lui è specializzato. I dati che noi andiamo a vedere sono correlati strettamente al modello di gioco del Commissario Tecnico. Di solito distinguiamo tre macro-categorie: la prima che ci interessa vedere è la pericolosità che abbiamo avuto o che abbiamo subito, che si traduce attraverso appunto l’IDP e gli Expected Goals. La seconda categoria è il dominio territoriale che abbiamo imposto all’avversario, quindi guardiamo il numero di passaggi per zone di campo, il cosiddetto field tilt, e il possesso palla, diviso per zona del campo e per stato del punteggio. Sono dati che cambiano molto e sono indici dell’atteggiamento generale di una squadra. In Italia spesso anche squadre abbastanza dominanti, una volta passate in vantaggio, cedono campo.
La terza categoria riguarda il recupero palla, quindi guardiamo a pressing e riaggressione. I nuovi dati messi a disposizione da Statsbomb ci hanno aiutato molto. Ma ci sono anche dati che raccogliamo internamente, ad esempio ci interessa sapere quanto tempo passiamo in fase di pressione alta.
Quindi, come funziona? È il coaching staff che organizza e presenta i dati più interessanti al CT? Oppure il CT ha dato delle linee guida, per cui è più interessato ad un dato piuttosto che a un altro?
Siamo noi analisti che filtriamo i dati e presentiamo quelli che ci sembrano più interessanti. È chiaro che lo facciamo tenendo un occhio al modello di gioco proposto dall’allenatore. Ma la proposta è sempre partita da noi. Ogni analista deve guardare ai dati secondo le necessità del modello di gioco, rappresenta l’insieme delle nostre linee guida.
Si guarda a dati diversi a seconda dell’avversario? Qual è la tua routine pre-match?
Abbiamo tutta una serie di dati, sostanzialmente un Excel che andiamo a completare con i dati dell’avversario di turno e ragionando sulle stesse tre macro categorie di prima. Guardiamo alla pericolosità che una squadra ha; abbiamo un occhio di riguardo per le palle inattive, sia in attacco che in difesa. Guardiamo al dominio del gioco, al recupero palla aggressivo che una squadra può avere. Per esempio l’Austria aveva numeri molto importanti da questo punto di vista e ci aspettavamo un certo tipo di partita, ciò che effettivamente è avvenuto.
Poi andiamo a guardare quali dati sono fuori media e ti possono far accendere una lampadina. È il bello dei dati. Per esempio, la Turchia nelle qualificazioni era una delle prime squadre in assoluto per tiri da fuori area e effettivamente aveva ottimi tiratori; il Belgio era una squadra che concedeva, in rapporto al possesso palla, diversi tiri da fuori. E infatti siamo andati a vedere che i difensori centrali tendevano a restare in linea e ad accorciare poco in avanti. Il dato statistico fuori media aiuta a evidenziare qualche altra peculiarità.
A me non piace tanto la definizione di molti, quando dicono: utilizzo il dato per confermare ciò che ho già visto. Io invece uso i dati perché mi mostrino qualcosa che non ho visto. Se sono sicuro di quello che ho visto dal punto di vista tattico, che il dato mi conforti mi importa poco. Mi importa molto di più quando il dato mi segnala un aspetto particolare che in precedenza mi era sfuggito. Ci credo talmente tanto nel dato che deve darmi qualcos’altro. E spesso me lo dà.
Abbiamo visto parte della preparazione della sfida contro il Belgio nel documentario RAI “Sogno Azzurro”. Come si viviseziona tatticamente un avversario così forte fino a trovarne un punto debole?
Su questo aspetto bisogna chiarire che il video la fa da padrone rispetto ai dati. Ci sono prima la visione dal campo con le relazioni degli osservatori, e poi le sedute al video con gli analisti, con l’aiuto degli assistenti tecnici del CT (Alberico Evani, Fausto Salsano, Attilio Lombardo e Daniele De Rossi, ndr). C’è stato poco tempo per farlo, in un giorno e mezzo abbiamo guardato le partite dell’Europeo del Belgio e letto le relazioni su quelle partite. Avevamo già un lavoro di base preparato, le big le avevamo già analizzate prima dell’inizio del torneo. Però questo è un lavoro che serve più per capire la filosofia di gioco e qualche caratteristica dei giocatori principali. Le squadre nazionali cambiano così velocemente in dipendenza delle caratteristiche dei giocatori che schierano, che non puoi affidarti ad un’analisi pre-Europeo. Devi per forza analizzare le prestazioni più recenti. Noi due ore dopo la fine di Belgio-Portogallo stavamo già analizzando quella partita.
È il lavoro più bello di un analista, quando cerchi di individuare punti di forza e di debolezza di una squadra nuova: parti da un materiale enorme, se guardi cinque, sei partite le clip raccolte diventano quasi duecento. Ci sono poi tre differenti possibilità di arrivare a una sintesi, che è il lavoro più importante, da fare in pochissimo tempo, prima di presentare il proprio rapporto al CT. La prima, la più comune tra gli analisti, è individuare le costanti tattiche. Cioè una squadra fa sempre una giocata sul centravanti? È un pattern che si ripete e va evidenziato. La stessa cosa va fatta difensivamente.
La seconda possibilità è capire come le singole situazioni, che non fanno parte delle costanti perché magari si sono verificate una o due volte nel corso di cinque, sei partite, sono comunque rilevanti. Qualcosa che non si è verificato spesso, ma è talmente importante da balzare all’occhio sia per quanto riguarda i punti di forza che per i punti di debolezza.
La terza e ultima via, la tendenza che ha un match analyst che è anche un collaboratore di campo, quello che io ho fatto ad esempio alla Juventus, è riconoscere le situazioni di gioco dell’avversario che sono rilevanti per la nostra proposta di gioco. Faccio un esempio: se la squadra avversaria subisce molto i cross a centro area, ma noi siamo una squadra che non fa di quella situazione una caratteristica determinante, perché cerchiamo l’ingresso in area con le combinazioni tecniche palla a terra, noi non la segnaliamo perché comunque è una situazione che non ci interessa, è poco probabile che possiamo farla. Al contrario: la Danimarca tirava fuori Tielemans con un particolare movimento del mediano di parte (Thomas Delaney, ndr), in questo modo liberavano tanto spazio al centro. È un movimento che noi abbiamo nelle corde, sia Verratti che Locatelli sono bravi ad aprirsi per ricevere il pallone. Quella è una situazione che noi analisti abbiamo segnalato.
La preparazione alla gara contro il Belgio è stata fatta soprattutto in base alla volontà del CT, che è stata quella di dare un’impronta offensiva alla partita da subito, con dominio sulla palla e con il pressing. È stata poi sua la scelta sul modo di pressare, con i collaboratori tecnici che hanno mostrato diverse soluzioni al video. Il pressing fatto dall’Italia aveva tre attaccanti molto alti sui tre uomini in impostazione; l’uscita forte sui loro quinti anche alzando di molto Spinazzola e Di Lorenzo. Questo ha sporcato molto il loro inizio gioco, l’uno contro uno di Chiellini su Lukaku è stato semplificato anche dall’atteggiamento di squadra. Abbiamo registrato il record di recuperi nella metà campo offensiva in quella partita. E credo che abbia dato un'impronta alla gara importante.
Le partite di un Europeo sono molto intense, possono anche durare centoventi minuti. Ti chiedo: c’è un supporto, per esempio con i dati, che lo staff fornisce al CT in partita?
Davamo supporto live, coordinandoci con gli altri assistenti tecnici, Salsano, Lombardo e De Rossi collegati con Evani in panchina. Non si arrivava a dare il numero direttamente. Il nostro supporto resta un supporto tattico, noi guardiamo la partita dall’alto, segnaliamo alcune particolari situazioni tattiche. Il dato serve a noi analisti come integrazione, le considerazioni tattiche che facciamo si avvalgono anche di alcuni dati live, però senza arrivare a comunicarli direttamente al CT e alla squadra. Fanno parte del processo, pur non essendo visibili.
C’è qualcosa che avresti voluto avere con te durante la spedizione? C’è qualcos’altro che potremmo mettere in campo in Qatar il prossimo anno?
Credo che l’integrazione dei dati di tracking con le informazioni tecnico-tattiche sia quello che può aiutare a fare il salto di qualità agli staff tecnici. Qualcuno lo sta già facendo, so che il Liverpool sta lavorando in questa direzione. Nel novanta per cento degli staff il dato del tracking è utilizzato solamente per i parametri atletici. Sono dati importanti, ma che non hanno correzioni con la tattica e con i risultati finali.
Stai parlando di una macchina capace di riconoscere la situazione tattica mentre raccoglie i dati?
Mi piacerebbe usare di più gli stessi dati che oggi abbiamo per misurare i chilometri percorsi, la velocità e l’accelerazione dei giocatori. Dentro hanno già un sacco di informazioni. Hanno tutti i posizionamenti, i movimenti di tutti i calciatori, registrati più volte al secondo. Vorrei che fossero utilizzabili per avere informazioni tattiche, che fossero facilmente interrogabili: quanto lunghi eravamo sul campo? Che distanza mantenevano gli attaccanti durante il pressing?
In Italia qualcosa si sta provando a fare, mi riferisco all’esperimento del Virtual Coach. Ma ancora, secondo me, siamo lontani dall’individuare chiavi di lettura utili, coerenti e personalizzabili per ogni staff e ogni allenatore. I dati basati su eventi, che abbiamo utilizzato finora, sono e restano importantissimi. Ma nei dati di tracking c’è tutto il mondo di ciò che avviene lontano dalla palla, ed è ancora una enorme ricchezza inesplorata.