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Max Verstappen è cambiato
10 ott 2022
Un ritratto sportivo e umano del campione del mondo di F1.
(articolo)
9 min
(copertina)
Motorsport Images / IPA
(copertina) Motorsport Images / IPA
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C’è una nuova scuderia al via del Campionato mondiale di Formula 1 del 2006. Si chiama Toro Rosso ed è qualcosa in più di una costola della casa madre Red Bull. Dietrich Mateschitz, il patron della bevanda energetica e della scuderia, ha fiutato l’aria e ha capito che di lì a poco la Formula 1 sarebbe cambiata per sempre.

Ufficialmente Toro Rosso deve essere lo sbocco naturale per i piloti che crescevano all’interno del Red Bull Junior Team, un programma che serve a finanziare la carriera di alcuni dei migliori giovani talenti del volante. Nel 2008 però la Federazione Internazionale vara un nuovo insieme di regole, tra queste c’è l’abolizione dei test privati. Qual è allora il miglior modo possibile di raccogliere dati in pista, se non quello di raddoppiare il numero di macchine schierate durante i weekend di gara? L’intuizione di Mateschitz è vincente e porterà la sua prima scuderia su un nuovo livello di competitività.

Nel 2012 Sebastian Vettel domina al volante di una Red Bull. Ha solo venticinque anni, ma ha già vinto due titoli mondiali e si appresta a vincere il terzo. Dopo sole sei stagioni dall’acquisizione, l’idea che la Toro Rosso potesse essere la propaggine del Red Bull Junior Team in Formula 1 ha già funzionato: con la Toro Rosso Vettel ha vinto il Gran Premio d’Italia – il più giovane vincitore in Formula 1 fino a quel momento – prima di fare sfracelli a bordo di una Red Bull.

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Nello stesso anno, molto lontano dai riflettori luccicanti del Circus, un ragazzino olandese viene abbandonato in un autogrill campano, presumibilmente sulla A30 dalle parti di San Vitaliano. È il figlio di Jos Verstappen, un ex pilota di Formula 1, ricordato per lo più per aver diviso il box con Michael Schumacher e per aver rischiato di finire arrosto nella sua Benetton Ford.

Il figlio di Jos, Max, per tutto il weekend è stato il pilota più veloce sul circuito internazionale di Sarno e per vincere il titolo in palio alla domenica gli basta un piazzamento. Il Mondiale Kart non è solo una palestra per giovani talenti, è un mare agitato dove navigano grandi predatori, piloti adulti ed estremamente esperti che non sono riusciti a trovare i fondi per fare il salto di categoria e che ora sguazzano nei circuiti in cerca di prede. Alla domenica, nella finale che vale il titolo, Verstappen parte in pole position ma ha gomme nuove, al contrario degli avversari che hanno potuto rodarle. Il kart di Verstappen scivola e Max perde una posizione appena dopo il semaforo verde. Il circuito di Sarno ha un lungo rettilineo, seguito da due curve a destra e una serie di altre curve che rappresentano la parte più lenta della pista. Poi c'è la curva 8, una piega veloce che immette in un altro breve rettilineo. Ed è qui che Verstappen crede di vedere lo spazio per infilare l’avversario che lo precede, sbagliando i suoi calcoli. Centra il kart del venticinquenne Bray e finisce fuori pista. Lo zero in classifica gli costa il titolo mondiale e papà Jos va su tutte le furie. Max, nel loro minivan diretto in Olanda, cerca di spiegare la sua versione e per tutta risposta Jos accosta in una stazione di servizio e lo fa scendere.

Max non ha nemmeno compiuto quindici anni e a Jos Verstappen quell’errore sembra la fine del mondo, un’interruzione irrimediabile di un percorso di crescita fino a quel momento immacolato.

Due anni dopo, il 18 agosto 2014 la Toro Rosso annuncerà l’ingaggio di Max Verstappen. Sarà uno shock per tutto il motorsport, al momento dell’annuncio il ragazzo non ha neanche sedici anni e potrà salire su una Formula 1 prima ancora di aver preso la patente di guida. È da pochi mesi che Verstappen gareggia con la sua prima monoposto nel campionato europeo Formula 3. Il salto di categoria è arrivato dopo che nel 2013 Verstappen ha dominato il karting, con due titoli europei e un titolo mondiale vinti.

Arriverà alla classe regina senza passare nemmeno per le categorie mondiali attraverso le quali si formano i piloti. È come LeBron James che arriva in NBA dalla high school senza passare per il college basketball. Verstappen è un asso del giro secco e vola sul bagnato, ma compie troppi errori. In Formula 3 vince dieci gare, in altre otto arriva un ritiro. Il talento c’è, puro, cristallino, certe irruenze si metteranno a posto da sole, deve aver pensato Helmut Marko, il superconsulente della Red Bull. L’unico modo che Marko ha di strappare Verstappen alla concorrenza di Mercedes e Ferrari è metterlo subito su una Formula 1.

Dopo otto stagioni in Formula 1, Max Verstappen è un pilota completamente diverso. Guida con una qualità e una sicurezza che non ha mai avuto prima, al punto da scomodare paragoni importanti. Masashi Yamamoto, il boss di Honda, ha detto che Verstappen gli ricorda il giovane Senna. Ross Brawn, il direttore tecnico della Ferrari di Michael Schumacher, ha sottolineato come il dominio di Verstappen a Spa gli abbia ricordato quello del Kaiser nei suoi anni in rosso. Verstappen ha dalla sua un mezzo perfettamente settato sulle sue esigenze – con un anteriore preciso e facile da inserire in curva – un mezzo che puntualmente finisce per mettere in difficoltà qualsiasi pilota gli si affianchi. Quella di Verstappen è una simbiosi con la macchina, che ora gli permette di spostare le sue energie sugli aspetti più tattici della gara, sul prevedere e anticipare le mosse degli altri piloti, sul gestire i momenti in cui conservare un vantaggio e quelli in cui dare tutto quello che si ha.

Questa sicurezza non gli arriva dal nulla. Per anni Verstappen ha dovuto costruirsi combattendo innanzitutto la sua fama di pilota irruento e pericoloso. Per un periodo è stato per la Formula 1 quello che per il tennis era stato John McEnroe, il SuperBrat con un talento indiscutibile ma offuscato da un carattere ingestibile. Nessun rimprovero gli sarà sembrato più dolce quanto quelli di Lewis Hamilton e Sebastian Vettel, due campioni del mondo che solo rivolgendo il loro sguardo verso di lui ne legittimavano l’ambizione. In particolare lo sfottò coniato da Hamilton nel 2019, quel “Torpedo Max” che paragonava Verstappen a un siluro lanciato contro la propria auto, è stato il momento di svolta di una carriera. Max è salito di rango, è passato dall’essere un semplice talento a un vero contendente.

Lo scontro con Hamilton era inevitabile ed è nella natura stessa della Formula 1. Lo stesso Hamilton, nell’anno del suo esordio, ha affilato le lame contro quelle di Fernando Alonso. Lo spagnolo a sua volta aveva strappato lo scettro dalle mani di Michael Schumacher, Schumacher da quelle di Senna, Senna da quelle di Prost. Nel mucchio dei pretendenti, il vecchio leone riconosce sempre il giovane più pronto a sostituirlo e quasi sempre parte all’attacco per primo. La lotta per il Mondiale 2021 è stata cruenta, si è risolta solo negli ultimi minuti dell’ultima gara. Verstappen è finito all’ospedale a Silverstone, Hamilton ha rischiato di finirci a Monza. Per diventare campione del mondo, Verstappen non ha solo destituito il re, si è anche spogliato di una parte ingombrante della propria identità. È diventato un pilota più riflessivo, quando non ha potuto centrare il bersaglio grosso si è accontentato dei piazzamenti. Dentro di sé ha svestito la tuta del ragazzino che aveva combinato un casino a Sarno.

Quest’anno è come se si fosse liberato di un peso. Aver conseguito il titolo mondiale lo ha rasserenato. Anche quando all’inizio del campionato le cose si sono messe subito male – due ritiri per problemi di pescaggio della benzina – Verstappen ci ha riso su. Poi sono arrivate le gare europee e la pioggia, quando Leclerc e la Ferrari sembravano invincibili. L’asfalto bagnato ha reso il posteriore della sua Red Bull più leggero e ha compensato quel leggero sottosterzo con cui combatteva da inizio anno. Da quel momento in poi è stato imprendibile, è come se avesse capito come estrarre il massimo del potenziale dalle macchine di nuova generazione. Una cosa del genere gli è capitata ogni volta che è passato di categoria, dai kart con il cambio alla Formula 3, fino alla Formula 1: dopo un apprendistato minimo Verstappen iniziava a mostrare le perle del suo talento. Tre vittorie di fila in primavera, cinque vittorie di seguito in estate, così Verstappen si è preso il suo secondo Mondiale, con un dominio calmo, incontestabile. A tratti è sembrato persino fortunato, la stessa “macchia” che si imputava a un altro vincente come Hamilton. In realtà in Red Bull tutto ha funzionato: dal pilota alla macchina, dalle strategie allo sviluppo. Ogni tassello che è stato aggiunto alla macchina un Gran Premio alla volta ha incrementato il vantaggio di un infinitesimo, finché Verstappen e Red Bull sono diventati imprendibili.

Il punto di non ritorno della stagione è proprio il Gran Premio del Belgio, quando Verstappen è stato il più veloce durante tutto il weekend in ogni condizione atmosferica e di asfalto, come sempre molto variabili sulle Ardenne. In gara, nonostante sia partito più indietro, è risalito in mezzo al gruppo con una naturalezza disarmante. Dal muretto box a un certo punto gli hanno detto di intravedere per lui una possibilità di vittoria, ma che avrebbero dovuto buttare via i piani fatti al sabato, che avrebbe dovuto fidarsi di loro. E Max si è fidato, battendo il ritmo che gli ingegneri gli suggerivano alla radio, rispettando le nuove tabelle di marcia al centesimo di secondo, con una precisione – questa sì – schumacheriana.

Quanti titoli ancora può vincere? Può raggiungere Schumacher e Hamilton a quota sette? Può sperare di superarli? Verstappen ha lasciato intendere che non vede davanti a sé una carriera longeva come quelle di Vettel ed Hamilton. Il suo contratto in Red Bull scade nel 2028, quando Max avrà compiuto da poco trentuno anni. Sarà quella la data giusta per smettere? Secondo Helmut Marko, Verstappen potrebbe lasciare la Formula 1 «prima di quanto tutti pensiamo».

C’è da credergli quando Max dice che non vede una carriera lunga davanti a sé. Il modo di affrontare le corse che ha è sfibrante: Max nella lotta si accende, ma si consuma anche. Non ha né la freddezza monolitica di un Raikkonen; né prova quel piacere sadico nell’infliggere una sconfitta che ricava invece Hamilton; nemmeno mostra una cultura didascalica per il passato storico della F1 e l’orgoglio di farne parte, come invece fa Vettel in ogni occasione.

La prima cosa che ha fatto Verstappen quest’anno, quando ha capito che il suo avversario non sarebbe stato Hamilton ma Leclerc, è stato abbassare i toni. Lo ha fatto in nome di una vecchia amicizia dei tempi dei kart che, a ben vedere, non era neanche così stretta. Un altro anno ad altissima tensione come il 2021 forse Max non l’avrebbe retto.

Dall’esterno sembra quasi che il ragazzo che ha battuto ogni record di precocità si senta, in fondo, solo un ragazzo. Per quanto aggressivo si sia mostrato in pista, nessuno degli ex compagni di scuderia ne ha mai parlato male. Alcuni di loro lo frequentano regolarmente nel privato. I suoi meccanici e gli ingegneri lo adorano; Christian Horner, il DT di Red Bull, se lo coccola. Chi lo conosce racconta che Max è una persona molto diretta, come forse solo gli olandesi sanno essere, ma anche molto trasparente.

Che Verstappen abbia un indiscutibile talento è vero; che sia sinceramente appassionato ai motori e alla velocità anche. Ma il demone della perfezione sembra non riguardarlo, quello è un tic paterno, non certo suo. Il giorno che toglierà il casco una volta per tutte, si guarderà indietro a contare i trofei o si rivolgerà al futuro, incerto e tutto da scrivere, riuscendo persino a sentire – finalmente – un po’ di paura?

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