Non c’era bisogno di un finale del genere per far passare alla storia il Gran Premio di Abu Dhabi 2021 di Formula 1. Paradossalmente, se fosse stato frutto di una sceneggiatura, come da più parti si è detto, poteva passare come una scrittura banale, da film in cui le cose vengono fatte capitare per forza. Eppure c’è stato, in 58 giri di pista, un così numeroso incrocio di storie, ribaltamenti e drammi che di banale non ha avuto proprio nulla.
Partiamo dal vincitore. Per Max Verstappen, il Mondiale 2021 è diventato una sorta di percorso di formazione in cui le prove da superare sono state tante, e per meritare la corona di Campione del Mondo si è dovuto aggiudicare il duello dei duelli, quello contro il suo rivale all’ultimo giro dell’ultima gara. Abu Dhabi 2021 passera alla storia per aver consegnato il primo titolo mondiale personale a Verstappen, l’ultimo pilota ad aver debuttato in Formula 1 da minorenne.
Ma c’è anche la sconfitta di Hamilton. Il sorpasso all’ultimo giro ha impedito all’inglese di superare Michael Schumacher per numero di titoli – rimangono 7 pari – ma anche di agganciarlo per titoli vinti consecutivamente: i 5 del tedesco dal 2000 al 2004 restano quindi ancora inattaccabili. Come se non bastassero le storie dei due duellanti, che anche quella del figlio di Schumacher, Mick, che resistendo al tentativo di sorpasso di Nicholas Latifi ha innescato una catena di eventi che poi, alla fine, hanno permesso a suo padre Michael di mantenere il record.
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Se la Formula 1 è lo sport dove in assoluto è più possibile pianificare – e in effetti si pianifica molto, si è pianificato anche in questo weekend - quello che è successo ad Abu Dhabi rientra nel margine dell’imponderabile, a dimostrazione che in ogni competizione c’è un margine che semplicemente non può essere controllato.
Ma come il Gran Premio dell’Arabia Saudita, anche quello di Abu Dhabi è stato talmente complesso sotto tutti i punti di vista che vale la pena provare a mettere in ordine tutto il caos che ha portato a celebrare un nuovo Campione del Mondo.
Come avevano preparato la gara
I piani di Mercedes e Red Bull per Abu Dhabi erano cominciati qualche mese fa. In Brasile la casa di Stoccarda ha portato un supermotore nuovo, consapevole della penalità di 5 posizioni sulla griglia di partenza – era il quinto motore, se ne possono portare tre in un anno – ma con la possibilità di averne uno fresco per le ultime due gare, perché in Qatar non è stato usato. La Red Bull non ha imitato questa strategia. Avrebbe potuto farlo a Jeddah, dove la relativa facilità di sorpasso della pista poteva permettere una penalità per poi avere una power unit fresca per vincere ad Abu Dhabi, ma ha preferito rimanere con il vecchio motore.
Col senno di poi, cambiare come fatto da Mercedes, sarebbe stato giusto: se negli ultimi tre o quattro Gran Premi Helmut Marko aveva continuato a ripetere che a Verstappen mancava una sola vittoria per portarsi a casa il titolo, la superiorità mostrata dalla Mercedes, anche per via del motore fresco, era sul punto di far aggiudicare a Hamilton la quarta gara consecutiva ad Abu Dhabi, e con essa il titolo mondiale.
Per compensare qualche deficit di velocità di punta, infatti, Verstappen ha adottato un assetto piuttosto estremo per la gara di Abu Dhabi. Nelle FP2 del venerdì il suo set up sembrava lento in qualifica ma molto efficiente sul passo gara, ma in Red Bull potrebbero aver pensato che, pur avendo un ritmo gara apparentemente superiore a quello di Hamilton, partirgli dietro e passarlo in pista sarebbe stato complicato anche per via della superiorità di velocità di punta della Mercedes. E allora, al sabato, ecco le modifiche: le ali, soprattutto quella posteriore, vengono scaricate per migliorare l’efficienza in rettilineo. Teoricamente questo aspetto favorisce anche la qualifica, perché sul giro secco il grip sulla pista lo danno comunque le gomme morbide fresche che devono durare un solo giro. Inizialmente, però, la Red Bull sembrava aver perso efficienza anche in qualifica nel terzo settore, quello più guidato. In Q3, però, Verstappen ci ha messo del suo: ha rifilato esattamente 347 millesimi a Hamilton nel primo tentativo solo nel T3 e, senza migliorare nel secondo tentativo, ha comunque conservato sull’inglese un margine di 182 millesimi dopo il secondo crono del sette volte Campione del Mondo.
Al sabato gli uomini Red Bull hanno però commesso un altro piccolo errore. In Q2 erano forse indecisi su quale gomma usare per partire la domenica e alla fine hanno optato per la soft, forti della superiorità mostrata al venerdì sul passo gara con la gomma morbida contro la media di Hamilton. Con questa scelta Verstappen voleva rendersi insuperabile nel primo giro della gara, ma forse ha sottovalutato un elemento: e cioè che, con l’assetto più estremo deciso al sabato, i passi gara visti nelle FP2 del venerdì fossero poco attendibili.
I punti di svolta
L’errore in partenza di Verstappen ha ulteriormente complicato questa fase di gara per la Red Bull. Matteo Bobbi su Sky ha sottolineato come, fermi sulla griglia aspettando che si piazzassero gli altri 17 piloti, Verstappen e Hamilton abbiano avuto un comportamento diverso: l’olandese ha inserito la prima marcia troppo presto, mentre l’inglese lo ha fatto negli ultimi 5 secondi, appena prima dell’accensione dei semafori. Forse solo Verstappen e i suoi ingegneri potrebbero dire quanto questo comportamento sia stato più o meno inopportuno e abbia rappresentato una leggerezza che poteva essergli fatale.
In curva 6 al primo giro Verstappen ha provato a riprendersi la posizione con la staccata della morte, ma Hamilton – probabilmente sorpreso dalla manovra perché non ha preparato l’incrocio – ha ritenuto possibile tagliare la chicane. La direzione gara non ha investigato l’accaduto e da quel momento è cominciata un’altra gara, nella quale era Verstappen a cacciare Hamilton ma con la gomma sbagliata, al punto che al momento del pit stop l’olandese aveva circa 6 secondi di ritardo e non poteva sperare in alcun undercut.
Dopo la sosta di Hamilton è arrivato il secondo turning point della gara. Un episodio che al momento sembrava solamente aver regalato un po’ di spettacolo e che invece, col senno del poi potrebbe aver deciso il Mondiale. Sergio Perez, sull’altra Red Bull, non si è fermato subito per il suo pit stop aspettando che Hamilton lo raggiungesse per dargli fastidio. La resistenza del messicano nel giro 20 è stata semplicemente stratosferica nei due rettilinei centrali della pista e in staccata, forse anche un po’ scorretta nel terzo settore dello stesso giro dove Perez ha permesso a Verstappen di recuperare esattamente 3.7 secondi rallentando Hamilton come se fossero nel traffico di una metropoli. Ma ormai valeva tutto.
Se prendiamo però gli ultimi due settori del giro 20 e i primi due del giro 21, contiamo esattamente quanto Verstappen abbia recuperato su Hamilton grazie al proprio gregario: 7.5 secondi. Un’enormità che poi si rivelerà decisiva dal punto di vista della strategia nei due momenti in cui la corsa verrà neutralizzata: al giro 36 la Virtual Safety Car per rimuovere l’auto di Giovinazzi e soprattutto la decisiva Safety Car del giro 53.
Al giro 36, infatti, Hamilton aveva un vantaggio di 5.8 secondi, che avrebbe potuto essere molto più ampio senza le acrobazie di Perez. Forse, però, non abbastanza ampio da superare i 14-15 secondi che permettono una sosta sicura sotto Virtual Safety Car. Il gap era però in ascesa vista la superiorità di passo gara della Mercedes con la hard: è possibile quindi pensare che, senza i 7.5 secondi persi dietro a Perez, Hamilton nel finale avrebbe potuto conservare un margine che gli avrebbe permesso una sosta tranquilla con la Safety Car, consentendogli di giocarsi l’ultimo duello con la gomma soft nuova anziché con la hard ormai consumata.
I corpo a corpo decisivi
Abu Dhabi 2021 è stata anche una gara estremamente completa, proprio perché non solo decisa con le strategie preparate fin dal venerdì, ma anche e soprattutto con i corpo a corpo.
Hamilton ha perso, o ha vinto troppo tardi, quello con Perez. Lo ha fatto perché ha commesso il grave errore di sottovalutare la difficoltà del sorpasso. Pensava di averlo già completato nel rettilineo che conduce in curva 6, ma alla staccata ha lasciato una porta apertissima a Perez all’interno: uno spazio che, ovviamente, il pilota Red Bull non ci ha pensato due volte a prendersi tutto, senza nulla da perdere. E l’errore di Hamilton è stato grave anche perché, in un recentissimo precedente in Turchia, Perez aveva già dato prova di estrema resistenza.
Il duello di Istanbul.
Ma Hamilton ha sbagliato anche nel secondo rettilineo, quello successivo che conduce a curva 9, lasciando uno spazio seppur piccolo all’interno quando, con la nuova conformazione della curva, passare all’esterno alla 9 è diventato impossibile a meno di aver già preso diversi metri di vantaggio in frenata. Perez tira anche una staccata memorabile ma ha ovviamente molto meno da perdere, anche perché la Red Bull aveva già ceduto il titolo costruttori. In ogni caso, le imprecisioni di Hamilton, seppur non macroscopiche, si sono rivelate decisive per avergli fatto poi perdere tutto quel tempo.
Hamilton vs Perez, edizione Abu Dhabi.
Arriviamo poi al corpo a corpo finale. Hamilton non ha 14-15 secondi di margine su Verstappen ma solamente 12 al momento dell’incidente di Latifi: alla Mercedes temono che la corsa finisca sotto Safety Car e decidono di non fermarlo, ma sarà l’errore decisivo. Verstappen ovviamente si ferma per montare le soft che serviranno per un solo giro, dove avrà un vantaggio di quasi 3 secondi ma non il DRS per attaccare nei due rettilinei del secondo settore.
Verstappen avrà sicuramente progettato a lungo l’attacco durante la Safety Car e deve aver deciso di farlo in curva 5, quindi prima dei due rettilinei, per diversi motivi: da un lato vuole garantirsi un’occasione in più, quindi tre colpi – curve 5, 6 e 9 – anziché due; poi perché, non avendo il DRS, considera più complicato passare Hamilton nei due rettilinei dove l’inglese sicuramente se lo aspetta di più. Hamilton appare infatti impreparato di fronte all’attacco a sorpresa in curva 5 e proprio per questo motivo non riesce a organizzare una contro-risposta, uscendo male in trazione proprio dalla curva 5.
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Tutto il duello finale.
Come abbiamo visto in MotoGP nelle dinamiche dei duelli tra Marc Marquez e Andrea Dovizioso, infatti, aspettarsi un certo tipo di attacco permette di preparare anche il famoso “incrocio” attraverso cui chi viene inizialmente infilato all’interno ha però poi un’uscita di curva migliore, che gli permette di contrattaccare nella curva successiva. Hamilton è riuscito a incrociare nelle curve 6 e 7 preparandosi meglio per la 9, ma Verstappen sapeva che in quella curva sarebbe stato molto più complicato ri-sorpassarlo rispetto, invece, a curva 6. Curva dove, invece, è riuscito a difendere la posizione con un certo margine assicurandosi il titolo mondiale.
Nel dopo gara l’olandese ha anche raccontato un altro dettaglio che fa assumere contorni ancora più epici alla lotta finale: «Nell'ultimo giro mi è venuto un crampo alla gamba destra dopo le curve veloci 2 e 3». Ha quindi fatto il sorpasso decisivo per vincere il suo primo titolo in Formula 1 con un dolore fisico. «E poi ho fatto i due rettilinei difendendomi da Lewis con questo crampo, è stato veramente faticoso. Per fortuna dopo curva 9 ho potuto mollare un attimo il gas».
Le questioni regolamentari
Ma come avvenuto a Jeddah anche Abu Dhabi non poteva esimersi dal diventare una gara piena di episodi controversi, al punto che il titolo di Verstappen, almeno in teoria, è ancora sub judice. Le questioni si sono protratte dal primo all’ultimo giro, dal corpo a corpo di curva 6 tra i due duellanti fino alla gestione della Safety Car nel finale.
Nella lotta del primo giro Verstappen ha tentato un attacco durissimo ma apparentemente corretto, un tipo di frenata abbastanza simile a quella di curva 5 dell’ultimo giro. Ovviamente alla base di questa aggressività c’era anche la consapevolezza che, se Hamilton non si fosse mosso con circospezione, un incidente tra i due avrebbe dato il Mondiale all’olandese. Anche in questo caso Hamilton era parso sorpreso e anche in questo caso non aveva preparato l’incrocio, venendo effettivamente un po’ forzato a tagliare la chicane. La decisione dei giudici di gara di lasciar correre, però, appare in contrasto con quanto visto in gare precedenti. Non solo, ma c’è un momento in cui Hamilton potrebbe frenare e incrociare, ma non lo fa: cerca invece di girare e ovviamente all’interno c’è la vettura di Verstappen, quindi deve raddrizzare il volante e andare lungo. Hamilton è stato solamente preso alla sprovvista o c’è anche un po’ di malizia nella sua manovra?
Attacco di Verstappen decisamente duro, ma in frenata non va lungo e non esce dalla pista. Hamilton, nella prima immagine, si accorge già che l’olandese è completamente affiancato e all’interno: potrebbe frenare forte e incrociare, ma invece prova a girare e poi va lungo.
A Jeddah era avvenuto più o meno l’opposto, alla prima chicane della seconda partenza, e Verstappen era stato penalizzato per aver “tagliato la chicane traendone vantaggio”. Ad Abu Dhabi, in diretta, sia i commentatori italiani che quelli inglesi hanno immediatamente detto: «Adesso però Hamilton dovrà ridare la posizione». Effettivamente un po’ tutti ci eravamo abituati a questo metro di giudizio un po’ sconfessato all’ultima gara, forse per limitare l’interventismo della direzione corsa. Ma il non-decidere è esso stesso una decisione.
Anche in questo caso Hamilton ha forse sottovalutato l’aggressività di Verstappen e solo l’apparente clemenza dei commissari, che hanno forse valutato più importante il fatto che sia stato forzato, lo ha salvato dal dover ricedere la leadership. Ed è vero che poi anche nel primo stint si è dimostrato superiore, ma vanno fatte notare due cose: la prima, che se Hamilton avesse ceduto la leadership, Verstappen avrebbe avuto aria fresca per gestire meglio le gomme soft e comunque andava passato in pista, operazione non semplice visto poi quanto è stato complesso nell’episodio con Perez. La seconda: eventuali 5 secondi di penalità avrebbero molto condizionato la strategia, perché comunque al momento di entrare al box Verstappen era a 6 secondi dall’inglese, quindi come se fosse a 1 secondo e di conseguenza a tiro di undercut.
Si arriva poi al caos della Safety Car finale, un momento dove la quantità di tensione, per tutti, è stata impareggiabile. La Mercedes ha contestato due violazioni della procedura: quella di aver fatto sdoppiare solo alcuni piloti, nel caso specifico quelli frapposti tra Hamilton e Verstappen, e quella di aver fatto rientrare la Safety Car ai box nello stesso giro in cui ha fatto sdoppiare i piloti, mentre da regolamento dovrebbe farlo nel giro successivo e, a quel punto, la corsa sarebbe finita dietro la Safety Car con Hamilton Campione del Mondo.
Va detto che la direzione si è dimostrata inadeguata proprio perché, nel giro precedente alla segnalazione della possibilità di sdoppiarsi, era stato deciso invece che nessuno avrebbe potuto sdoppiarsi. Far sdoppiare tutti nel terzultimo giro avrebbe fatto rientrare la Safety car al box al penultimo, lasciando comunque un giro di gara senza alcuna violazione della procedura. Non c’è infatti l’obbligo di aspettare che si accodino i doppiati per far ripartire la gara, e difatti già altre volte è capitato che i doppiati abbiano recuperato il giro di ritardo senza però accodarsi al serpentone.
Invece Michael Masi è andato in confusione per l’ennesima volta: a Christian Horner, capo della Red Bull, in merito a spiegazioni sul perché inizialmente non avesse fatto sdoppiare i piloti aveva risposto «dammi un minuto» e poi ha cambiato idea. Stava per rovinare il Mondiale più incredibile di sempre.
Il campione
Come nel 2008 il titolo mondiale di Formula 1 è stato deciso all’ultimo giro dell’ultima gara. Stavolta, però, nel modo ancora più spettacolare: con un duello diretto e secco tra i due contendenti. Verstappen alla fine, con qualche giorno di ritardo rispetto a Fernando Alonso, è diventato il quarto pilota più giovane della storia della Formula 1 a diventare Campione del Mondo. Ed è incredibile che i quattro più giovani siano tutti piloti recenti e ancora in attività, nell’ordine: Vettel, Hamilton, Alonso e Verstappen.
Forse questo non è un caso e forse questa dinamica è propriamente figlia di una politica Red Bull che, con le sue asprezze a firma Helmut Marko, ha fatto però scuola ed è sempre più imitata da Ferrari, Mercedes, McLaren e ora anche Alpine-Renault: quella di coltivare piccoli campioncini fin dai kart o dalle prime esperienze in monoposto e selezionarli man mano fino a portarli sul sedile più importante. Verstappen, in questo senso, è stato il più precoce e sbalorditivo di tutti: nel 2015 ha esordito in Formula 1 nel team satellite della Red Bull, la Toro Rosso, quando nel 2013 era ancora in kart. Ha fatto due doppi salti: dal kart alla Formula 3 – saltando la Formula 4 – e dalla Formula 3 alla Formula 1, saltando in quel caso la vecchia GP2 – oggi Formula 2.
Verstappen non ha mai perso un duello interno, sconfiggendo nettamente Carlos Sainz – anche lui debuttante – al primo anno in Toro Rosso, mettendo in crisi Daniel Ricciardo in Red Bull già nel 2016 e poi ridicolizzando due piloti come Pierre Gasly e Sergio Perez che, con altre monoposto, sono sembrati piloti di spicco nel circus della Formula 1. Negli anni la Red Bull è diventata una vettura sempre più estrema e difficile da guidare, in netta contrapposizione con le vetture costruite dal 2009 in poi che sembravano inattaccabili in fatto di guidabilità. Ma forse è stato proprio Verstappen a dettare la direzione tecnica, consapevole delle proprie straordinarie capacità di guida che gli permettono di emergere ancora di più con una vettura in realtà non facile da portare al limite.
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Con Verstappen anche tutta l’Olanda ha riscoperto la profonda passione per la Formula 1, trascinando sponsor pesanti e anche un tracciato in calendario, quello di Zandvoort, pur essendo piuttosto obsoleto per le vetture attuali. La sua impresa è stata anche quella di impedire il Grande Slam della Mercedes, che per colpa di Verstappen non è riuscita ad aggiudicarsi tutti i 16 titoli, piloti e costruttori, dell’era ibrida con le gomme da 13 pollici.
L’ultimo atto che ha testimoniato la sua straordinaria forza mentale, pur sfociando spesso nell’arroganza, è stato il commento sarcastico via radio durante l’ultima Safety Car, mentre gli hanno comunicato inizialmente che i piloti tra lui e Hamilton non potevano sdoppiarsi. Verstappen ha sempre mantenuto il controllo anche nel suo essere ai limiti delle regole, nonostante la pressione di un traguardo che vale una vita intera, perfino quella di suo padre che in Max ha visto l’opportunità di realizzare i propri sogni non raggiunti da giovane negli anni Novanta.
Verstappen non è un personaggio estroverso alla Hamilton o alla Valentino Rossi, ma uno che preferisce restare a casa giocare a casa su iRacing. E differentemente ad altri piloti della sua generazione, come Lando Norris, non ha mai temuto di risultare arrogante con il team fin dalle prime esperienze in Formula 1. Forse a lui sono state perdonate molte situazioni che non sono state lasciate passare ad altri piloti Red Bull, ma quest’anno ne abbiamo capito il motivo.