Nel percorso di crescita di un calciatore, i 24 anni di età sono spesso un momento cruciale, quello in cui si stima che un atleta raggiunga la propria maturità tecnica, tattica e atletica. Il momento in cui si completa, cioè, la definizione di quelle che sono le sue abilità. Fabian Ruiz deve ancora compiere 23 anni, ma sta già mostrando certe qualità in maniera continua, una buona prestazione alla volta.
Ruiz sta confermando quanto di buono si diceva di lui, per senso tattico e per abilità tecniche si è rivelato l’ottimo giocatore che si raccontava che fosse. Eppure non era affatto scontato che ciò accadesse. Il suo è stato un percorso brillante ma ha conosciuto degli inciampi: il suo ex allenatore al Betis, Quique Setien, che pure è stato testimone e fautore del primo vero salto di qualità tra i professionisti di Fabian Ruiz, si era detto scontento dell’andamento del suo anno di prestito all’Elche.
La sua stagione nella seconda divisione spagnola (quella 2016/17) si chiuse infatti con 18 presenze, giocate per lo più da trequartista, mostrando poco del giocatore dominante che Ruiz è sembrato poter essere successivamente.
Inoltre, c’è da considerare anche un altro aspetto, che è poco più di un'ipotesi visto che non sapremo mai com’è andata veramente, ma è perlomeno verosimile, visto che le dinamiche di mercato sono più lente di quelle che immaginiamo e i primi contatti di solito anticipano di mesi gli annunci. La trattativa che ha portato Ruiz al Napoli potrebbe essere nata quando si pensava di dare il giocatore in dote a un altro allenatore, e per un altro scopo. Ovviamente sto parlando di Maurizio Sarri.
Hamsik sembrava realmente destinato a lasciare il Napoli per fare volta in Cina e Ruiz lo avrebbe sostituito nel suo ruolo naturale, la mezzala sinistra nel 4-3-3: la mancata conferma dell’allenatore toscano ha sparigliato tutte le carte, Ancelotti ha convinto Hamsik a restare e lo ha inserito in un sistema differente con compiti nuovi. È possibile, quindi, che Ruiz si sia trovato in una condizione diversa da quella che lo aveva spinto ad accettare il Napoli.
Ciò nonostante ha trovato il modo di imporsi lo stesso.
Come lo sta impiegando Ancelotti?
Ruiz ha fatto il suo esordio in maglia azzurra direttamente in Champions League, al Marakana di Belgrado contro la Stella Rossa, la prima partita del girone, schierato dall’inizio come interno sinistro di centrocampo accanto ad Allan. Nelle partite successive è stato utilizzato da Ancelotti da laterale, sia destro che sinistro, nella linea di centrocampo a 4.
In questa posizione, in fase di possesso, Ruiz poteva sistemarsi più in alto sul campo, per cercare di ricevere il pallone appena al di là della linea di pressione avversaria. In una posizione più interna, per dare spazio alle sovrapposizioni del terzino, Ruiz finiva per battere le stesse zone di campo solitamente occupate da una mezzala di un centrocampo a tre, almeno quando il Napoli aveva la palla.
Le cose migliori del suo repertorio, Ruiz le fa vedere quando può spostarsi sul lato destro del campo. Nell’immagine sopra riceve palla da Callejon, e già prima di ricevere il pallone ha girato la testa più volte per scandagliare tutte le possibili opzioni di passaggio. Ruiz fa due passi all’interno del campo mentre si sposta il pallone sul sinistro, e poi taglia le linee avversarie in due come burro, servendo Insigne in profondità.
La qualità delle giocate cambia drasticamente a seconda del piede che usa: Ruiz pensa al passaggio in avanti quasi esclusivamente quando ha la palla sul sinistro, altrimenti preferisce un appoggio laterale privo di rischi.
In fase di non possesso, i compiti di un esterno in un centrocampo a 4 e quelli di una mezzala in un centrocampo a 3 possono essere molto diversi. Da esterno, Ruiz ha mostrato una certa propensione ad attaccare gli avversari in avanti. Le grandi falcate di cui è dotata la sua progressione gli permettono di recuperare la posizione nel caso di interventi a vuoto, anche se in alcuni frangenti è apparso pigro nei rientri difensivi.
Nella partita di Coppa Italia contro il Sassuolo, e in quelle successive di campionato contro Lazio e Milan, Fabian Ruiz ha giocato dall’inizio come interno nel centrocampo a 4, mettendo in mostra tutte le sue qualità associative, cucendo il gioco ora al di quà, ora al di là della prima linea di pressione avversaria.
Ruiz ha mostrato soprattutto grande adattamento alle caratteristiche del compagno di reparto. Contro il Milan, è rimasto ad agire centralmente, giocando di sponda e favorendo il primo palleggio dei difensori centrali, soprattutto perché Zielinski, che preferisce ricevere palla già orientato verso la porta avversaria, si allargava in una posizione da falso terzino alla sinistra di Koulibaly. Contro la Lazio, con Diawara che rimaneva al centro, con le spalle rivolte alla linea di centrocampo, Ruiz si è allargato a destra.
Le letture che Fabian Ruiz fa in un ruolo per lui sostanzialmente inconsueto, sono in alcuni casi davvero ottime. Nell’azione che vediamo qui sopra Diawara esce in fretta dalla linea, per aggredire su Luis Alberto che era andato incontro alla palla. Ruiz invece si abbassa e si allarga per coprire il compagno e frapporsi tra Luis Alberto e Milinkovic-Savic. L’intercetto sulla linea di passaggio tra i due laziali permette a Ruiz di recuperare il pallone e di iniziare immediatamente una nuova azione offensiva, grazie al passaggio taglia-linee giocato su Zielinski.
L’attenzione che pone nelle fasi di non possesso è ancora discontinua e, coniugata con una tendenza all’aggressione in avanti, può essere pericolosa, soprattutto quando è impiegato davanti alla difesa. Lo è ancora di più quando l’intesa con il compagno di reparto è solo abbozzata. Contro il Milan, Ruiz si è fatto spesso sorprendere fuori posizione, attirato dalla marcatura del vertice basso rossonero Bakayoko: in questo modo ha permesso più di una volta la ricezione di una mezzala avversaria alle sue spalle. E in quelle occasioni Zielinski non era mai così vicino da poter tamponare l’uscita del compagno.
Abbiamo visto cose diverse da quelle che ci aspettavamo?
Ovunque sia stato impiegato, Ruiz ha mostrato le sue qualità, quelle di cui si parlava già la scorsa estate. Su tutte, spicca la grande capacità associativa, le letture del gioco e dello schieramento avversario che gli permettono di farsi trovare sempre disponibile per ricevere il pallone. Avvicinato alle punte, Ruiz ha creato occasioni per i compagni, generando 3,3 passaggi chiave ogni 90 minuti. Tra i giocatori azzurri che hanno giocato più di 500 minuti, nessuno ha fatto meglio di lui.
Il Napoli aveva anche iniziato a cercarlo alzando il pallone, à la Milinkovic-Savic, soprattutto dal lato sinistro, quando a essere messo sotto pressione sul giro palla in fase di costruzione era Mario Rui.
Dal punto di vista tecnico, Ruiz parte da una buona base ma ha sicuramente dei margini di miglioramento: perde 3 palloni ogni 90 minuti per un cattivo controllo o per un contrasto perso contro un avversario. È vero che giocatori con maggior esperienza come Zielinski e Allan ne perdono di più, rispettivamente 3,4 e 3,1 ogni 90 minuti. Però Ruiz deve ridurre i margini di rischio se vuole diventare un calciatore di primissimo livello giocando davanti alla difesa in coppia con un altro mediano.
Il dribbling è uno dei suoi punti di forza: la meccanica di Fabian Ruiz in questo fondamentale non è particolarmente esplosivo ma è molto efficace. Quando sposta il peso del corpo da un piede all’altro ricorda i saltelli sul ring di un peso massimo. Pur non avendo la reattività da fermo di un brevilineo, è sempre in anticipo sulle intenzioni del diretto avversario, non si sa come.
Tra i giocatori del Napoli che hanno giocato almeno 500 minuti in campionato, Ruiz è secondo solo a Malcuit per numero di dribbling riusciti (1,8 ogni 90 minuti per lo spagnolo, 2 per 90 minuti per il francese). Numeri, peraltro, in leggera flessione rispetto a quelli registrati la scorsa stagione al Betis, dove Ruiz aveva 2,3 dribbling riusciti ogni 90 minuti. Il calo potrebbe essere stato provocato da un atteggiamento meno aggressivo degli avversari del Napoli rispetto a quelli del Betis (l’altezza media degli interventi difensivi in fase di non possesso dei primi è più bassa di 2 metri, e il baricentro in fase di possesso è più basso di 6).
Però potrebbe anche darsi che Ruiz stia facendo scelte meno rischiose, e non è detto quindi che possa salire ulteriormente di livello in questo fondamentale, quando si sentirà più sicuro.
La forte influenza di Fabian Ruiz sul gioco del Napoli, ovunque abbia giocato.
Le contingenze del momento hanno offerto ai tifosi del Napoli una finestra sul futuro. Per la squalifica di Allan e l’infortunio di Hamsik, Ancelotti è stato costretto a schierare Ruiz e Diawara come coppia di mediani davanti alla difesa. Questa potrebbe essere la cerniera di centrocampo su cui reggere un futuro 4-2-3-1, che potremmo vedere il prossimo anno, o addirittura già in questa stagione.
Fabian Ruiz è a suo agio in questa posizione. Più che il giocatore box-to-box che si pensava fosse inizialmente, magari un freak alla Pogba o alla Milinkovic-Savic che alcuni avevano descritto; Ruiz potrebbe costituire per il Napoli una versione educata, iberica, di Nemanja Matic. Un giocatore in grado di dare copertura su spazi ampi, come non erano riusciti a fare i vari Inler, Dzemaili, Jorginho e David Lopez nell’ultima iterazione napoletana del 4-2-3-1, durante l’era di Rafa Benitez.
Ovviamente parliamo di un giocatore che, rispetto a Ruiz, ha maggiori capacità difensive e un gioco con la palla decisamente più semplice e regolare, ma è la sfera di influenza a centrocampo che potrebbe essere simile.
In definitiva, Fabian Ruiz è un giocatore capace di scegliere per sé la miglior posizione in campo, andando a calpestare zone magari anche lontane dalla sua posizione di partenza ma garantendo sempre un’efficace risalita del pallone. Quando poi si avvicina alla porta, con la palla sul sinistro, può fare da innesco alla conclusione dell’azione. Chissà che quando arriverà a 24 anni, non sarà diventato uno dei centrocampisti più completi del nostro campionato, imparagonabile a chiunque altro. Uno di quelli, anzi, su cui costruire i paragoni futuri.